Nomina non sunt…

repubb[1]La parola chiave della nostra epoca è balzata all’attenzione generale qualche settimana fa. Riassume in un solo termine i tratti salienti della decadenza della cultura occidentale, segnatamente quella del nostro Paese. Fino ad oggi era conosciuta solo come il nome proprio di un modello d’auto, un’utilitaria americana prodotta dalla Ford negli anni Ottanta. Questa parola è: escort.

In inglese vuol dire: accompagnatore/trice, cavaliere (nel senso di “fare da cavaliere a qualcuno”), scorta. Come si sa le indagini di una Procura della Repubblica hanno svelato le attività di un imprenditore, dedito al reperimento e all’indirizzo di belle ragazze (neanche tanto ragazze, viste le età) in feste di importanti personaggi politici. Le ragazze prendevano del denaro per andare alle feste, ne prendevano anche di più se rimanevano la notte intera col padrone di casa offrendogli qualche extra.

Trombare con un uomo o con una donna per denaro si chiama prostituzione. Colei o colui che lo fa si chiamano rispettivamente mignotta e marchettaro, o se volete, più dolcemente, meretrice e gigolò. Questo mestiere viene sovente definito “il più antico del mondo”, visto che veniva praticato in epoca antichissima e considerato che, simbolicamente, Eva, la prima donna, mangiò la mela (una mela con un morso sopra, oltre al simbolo della Apple era il logo della società porno di Riccardo Schicchi) per compiacere un serpente (non mi dilungo sulla simbologia del rettile). Quel che c’è di nuovo sta tutto nel nome. Come mai è venuto fuori il sostantivo escort?

Nella nostra epoca quello che conta è la comunicazione, che come si sa vive di parole azzeccate o sbagliate. Se una nigeriana attende i suoi clienti su una strada non è una escort. Se una ragazza tromba con un politico al termine di una festa dove è andata percependo denaro, non è una mignotta. Nomina non sunt consequentia rerum.

Personalmente non ho mai avuto nulla contro la prostituzione. Non mi è mai piaciuta la falsa coscienza o il perbenismo secondo i quali la prostituzione andrebbe bandita o nascosta o limitata. C’è un mucchio di gente brutta, spiacevole, che non ci sa fare con le ragazze, e che dunque o una donna la paga oppure non saprebbe come fare diversamente. Per tutti gli altri (gente normale, che potrebbe non pagare una donna per andarci a letto) mi limito a non capire. Io ho sempre pensato che il bello della faccenda non fosse soltanto e unicamente l’atto sessuale, ma la seduzione, la comunicazione, l’attrazione, insomma tutto quello che c’è tra un uomo e una donna e che determina la conseguenza inevitabile del contatto. L’idea che una donna venga con me solo per denaro mi irriterebbe, svilirebbe l’idea che ho di me, farebbe perdere al tutto quel briciolo di eccitazione e desiderio che invece conserva. Però, come dire, ognuno fa ciò che crede.

Un tempo le ragazze andavano di corsa a una festa, per il piacere di andarci. Se poi il padrone di casa era un tipo importante, ricco, con qualche elemento di fascino anche immanente come belle macchine, proprietà etc, le donne volavano (“ogni sera ne porta a casa una diversa, per me è la macchina che c’ha che conta!” Vasco Rossi). Oggi pare che la faccenda si sia capovolta. Sembra che per andare a cena dal Presidente del Consiglio le donne si facciano pagare. Perché? Se non avessero dato loro del denaro non sarebbero andate? Che pena… Alle mie feste le ragazze (alcuen anche molto belle) sono sempre venute gratis, e non sono neppure ricco e famoso.

Ho il sospetto che percepiscano denaro per qualcosa di più del semplice invito. Credo sia facile comprenderlo. Il denaro serve a convincere una splendida ragazza, che potrebbe scegliersi un cavaliere giovane e bello, a offrire i propri favori a un uomo vecchiotto e neppure bellissimo. Anche qui: un tempo le ragazze col potente (a volte, sia chiaro) ci andavano a letto gratis, sperando in qualche favore, un lavoro da velina, una parte in un film, un posto in banca per il loro fidanzato. Oggi le cose si sono fatte più complesse. Prima mi paghi per trombare, poi mi trovi anche un lavoro, dopodiché magari ti ricatto mandando fotografie e tutto a un giornale. Se continua così il potere non avrà più alcun potere.

In tutto ciò, sebbene il cambiamento dei valori in campo mi riesca ostico, l’unica cosa che non torna è la parola escort. Fino ad oggi nessuno l’aveva mai usata sui giornali o nei tg. Stavolta sì. Pare che questo derivi dall’imbarazzo dovuto alle personalità coinvolte. Cristiano Ronaldo è stato trovato insieme a tre mignotte. Lapo Elkann con un paio di travesta (pure lui, uno dei due, si chiamava Patrizia, come la D’addario). Il Berlusca con le escort. Per sommo paradosso, pare che sia il manager Tarantini sia Berlusconi non sapessero neppure che le ragazze fossero delle escort. Chissà cosa pensavano…

La parola escort mi fa sorridere. Cumannari è megghiu ca futteri, ma trombare ha sempre il suo fascino. Il nostro Presidente del Consiglio va a mignotte. E vabè, chissà che scandalo! Non lo fanno anche milioni di altri uomini? E le ragazze che accettano la proposta, non sono libere di dire di no e invece dicono di sì? Perché però non chiamiamo le cose col loro nome? Chi parla male pensa male e vive male, ci avvisava Nanni Moretti in Palombella Rossa. Lui si riferiva al termine trend negativo. Il nostro commento su questa storia… anche.

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Danze mediterranee

turchia e altre 051

Istanbul, Ponte di Galata. Le barche della Seastar danzano sul Corno d’oro. Le cime che le trattengono a terra s’allascano, poi si tendono, poi giù ancora. Da quanto dura questa danza? Sono secoli che il metronomo della risacca misura il tempo in questo angolo di mondo.

La mia famiglia è di origini genovesi. Fino a me, nessuno è mai nato fuori dai confini dalla Superba, con qualche eccezione piemontese, lombarda. Io dunque sono un discendente di Andrea Doria, il più grande ammiraglio della storia italiana degli ultimi cinque secoli. Forse molto di più. Il suo nemico era la Sublime Porta, l’impero ottomano, e segnatamente Trugut Rais, il più invincibile ammiraglio dell’epoca, forse il più temerario e scaltro navigatore ottomano. Io, il nemico, ero lì, l’altro ieri, a guardar danzare le barche della Seastar, piccola impresa di ristorazione sulla riva occidentale di Istanbul.

Tre barcozzi (come chiamarli diversamente?), indefinibili, incapaci di navigare se non su una tavola d’acqua immobile, infatti ormeggiati senza speranza di salpare mai, per nessun luogo. Non è navigare la loro missione. Sono chiatte a forma di barca, imbarcazioni ridotte a semplice estensione della terraferma. Sul ponte nessun comandante, nessun ordine marinaro, bensì una grande plancia ardente, una piastra su cui cinque o sei uomini girano e rigirano il pesce azzurro appena pescato, spinato, steso, condito, pronto ad essere offerto agli avventori sul molo, avidi di sapori del mare. Uomini capaci di navigare, però. Nessuno resisterebbe cinque minuti con un simile rollio…

Guardo queste barche, l’alacre organizzazione di chi spina il pesce, lo insaporisce, lo cuoce, per poi passare il cartoccio a uno di loro, coi piedi al sicuro sul molo, che lo porge ai clienti. Una scena portuale, di fronte a uno degli scenari marini più entusiasmanti del mondo: il Bosforo. Io, il discendente del nemico; loro, i discendenti del nemico.

turchia e altre 032 Poche ore dopo ho detto a Tarek: “Non credo molto nell’Europa. E’ il mio continente, certo, ne faccio parte. Credo di più nel Mediterraneo, nella comune cultura di chi si è incontrato per millenni, ha navigato le stesse burrasche, ha bordato le stesse vele, mangiato lo stesso pesce, apprezzato le spezie l’uno dell’altro. Credo in questo grande ventre, dove ogni cosa ha avuto inizio, dove oggi i nemici masticano la dolcezza delle carni di un pesce guizzante pescato con tecniche simili, da sempre, mutuate da pescatori stranieri, eppure fratelli, incontrati una notte in una baia sottovento. Tarek era d’accordo. Ha imbastito la sua opinione solo per darmi ragione. Ci siamo sorrisi.

Poi ho pensato a una sera a Mantova, anni fa, alle chiacchiere con Bjorn Larsson durante la cena. Lui è svedese, fa parte con me dell’Europa. Ho sempre pensato che uno scandinavo fosse un uomo molto diverso da me. La sua pelle chiara, il suo sguardo dritto, la mancanza di rughe intorno agli occhi. Come posso essere un europeo anche io, o un europeo anche lui, cosa ci unisce? Ma Bjorn è un uomo di mare, e parlavamo un idioma comune. Soprattutto, io sono un uomo del Mediterraneo, che vuol dire un uomo aperto a chi fa approdo sulle mie coste, curioso di ogni diversità, pronto a prendere l’ormeggio a qualunque barca si appressi al mio molo. Forse è per quello che con Bjorn stavamo bene di fronte a un piatto di buon cibo. Lui, navigatore dei mari gelati, non era lontano da me che posso immergermi ogni giorno dell’anno per verificare la mia ancora sul fondo.

Le barche della piccola compagnia di ristorazione Seastar danzano sul Corno d’Oro. E danzeranno per sempre, finché un viaggiatore passerà di qui, che sia dei nostri mari, che sia di mari altri, finché un uomo venuto da un lato diverso del vento, un altro porto d’armamento, getterà uno sguardo al bacino d’acciaio di fronte alle moschee, osserverà la torre di Galata, le rive di Ortakoy e formulerà un qualunque pensiero sul mare.

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Dopo il silenzio…

IMG_6507 Scomparso. Il mio blog era scomparso. Non un grave danno per l’umanità, ma un certo lutto per me. Tre anni e oltre di commenti, dialoghi, parole, persone, fotografie. Poi, di colpo, più nulla.

Il motivo? Non lo conosceremo mai, come non conosceremo il responsabile di questo piccolo omicidio. Nessuno da sfidare a duello… Tutto funziona, tutto va avanti. Per un blog bruciato mille nuovi ne nascono. Le parole sul video valgono meno di quelle sulla carta. Si possono sterminare senza correre rischi… E’ un’epoca di decadenza. Se vendessi tani romanzi come Wilbur Smith sarebbe finita con una causa miliardaria.

Ora ripartiamo. Anzi, riparto… Un nuovo inizio. Nuove parole, nuovi appunti, nuove immagini. Un nuovo sorriso per rimettermi in marcia. Ci vorrà tempo, ci vorrà pazienza. Rinascerà questa piccola comunità? Un uomo in mare è un’isola bastante per un essere soltanto (Hamilton Paterson). Da lì in poi, si naviga. Ancora un Piccolo Cabotaggio, il II, per navigare intorno alle idee, ai fatti, alle sensazioni. Tenendo un diario di bordo.

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