Ribelli

main_jpg[1]Un recente numero di “D”, il settimanale di Repubblica, riportava in copertina la foto di due noti personaggi: Giovanni Allevi e Carolina Kostner, uno musicista, l’altra pattinatrice, intitolando: “Vi raccontiamo il nostro futuro di angeli ribelli“. La cosa mi ha colpito, anche perché sto ragionando da giorni sul concetto di accettazione e di ribellione.
Secondo le normali regole dalla comunicazione giornalistica, quel che si mette in copertina può essere giusto o sbagliato, bello o brutto, ma deve certamente attrarre. Deve dunque riunire in un breve sintagma un concetto che chiunque possa comprendere, che vada incontro al sapere comune in modo accattivante. Evidentemente a Repubblica devono aver pensato che due giovani artisti/sportivi di successo e il concetto di ribellione fossero un messaggio appealing e condiviso.
L’editore Chiarelettere con cui sto discutendo i particolari del libro che andrà in stampa a settimane, mi ha stimolato a cercare un titolo in questa direzione. Alzarsi, muoversi, alzare la testa, ribellarsi, cambiare andando in contrasto col flusso generale. Il libro, va detto, racconta la mia scelta di smettere di lavorare, dire addio alla carriera, ai soldi, al “potere”, per cambiare vita, e offre al lettore una mappa da seguire per fare altrettanto.
Uno dei titoli che ho pensato è infatti “Stand Up! – Alzare la testa, lasciare il lavoro e cambiare vita. Filosofia e strategia di chi ce l’ha fatta” (vi piace? Piccolo sondaggio..). Dopo l’epoca delle grandi rivoluzioni (gli ultimi due secoli), che hanno prodotto molte cose ma certo grande dolore, morte, guerra civile e poi restaurazione, mi pare infatti che la strategia per battere il sistema che opprime e avvilisce sia un altro: smettere di accettare le regole individualmente. Se ognuno si assume la responsabilità di reagire, di non accettare le obbligazioni subdole del materialismo, del consumismo, della produttività a tutti i costi, può avvenire ben altra e ben più duratura rivoluzione, incruenta e doverosa, che può forse contribuire a fare un passetto in avanti. Insomma, ribellarsi oggi mi pare necessario, ma solo come individui, assumendo su di sé ogni costo dell’azione, agendo da esseri maturi, non aderendo ad alcuna ideologia che non sia la propria coscienza di uomini e donne in equilibrio.
L’epoca è decadente, i ribelli mi sembrano sopiti. Perfino Repubblica individua cenni di ribellione in due milionari super acclamati. Ma cosa volete che si ribellino quei due lì, bravissimi, stimabilissimi, ma certo non proprio l’icona della rivolta…
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2 pensieri su “Ribelli

  1. Il titolo sarebbe “Stand Up!” il resto è un sottotitolo. E’ anche il titolo di un disco dei DMB, e poi si usa per dire “Stand up and fight”, non è così? Comunque tu sei madrelingua dunque grazie dei consigli. Il blog era di nuovo in difficoltà. La tecnologia mi perseguita. Ho dovuto cambiare format perché quello precedente non rispondeva più…

  2. Penso che il titolo sia un po’ troppo lungo, mio caro. Penso anche che “get up” sia meglio di “stand up”, se cerchi un idiom in inglese di effetto immediato. “Stand up” è un po’ scolastico, mi sa di rispondere a un appello, non certo quello che cerchi di conveire tu… Ma è solo la mia umilissima opinione 🙂 bacio!
    Oh by the way, come mai non si riesce più ad entrare nella home page del tuo nuovo blog? http://www.simoneperotti.com porta direttamente al tuo post più recente, niente frames, windows e links. Magari è più lineare così…
    Aribacio!

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