Si naviga per molti anni, in quello che qualcuno chiama un “piccolo mare”. Tanto piccolo non è, se Odisseo vi si è perduto senza saper tornare nella sua isola. Non lo è neanche per chi ci naviga dentro, in lungo e in largo, incontrando porti sconosciuti, solo sentiti, dove la prua non ha mai fatto accesso.
La natura di questo mare è assai bizzarra. Si somiglia terribilmente, dovunque. Qualcosa lo trascorre, lo abita, che ci si trovi nei Balcani o in Africa, in Asia minore o nel mare di Alboran, in Medioriente o nell’Egeo. Tracce del suo spirito unitario sono sparse nei suoi fondali, nella fauna ittica, negli elzeviri delle nuvole che lo sfogliano di continuo. Eppure… Eppure nelle Proquerolles si respira il nord, come all’Elba, come nel Golfo del Quarnero. Ma c’è sud qualche miglio dopo, alle Incoronate, a Capraia, a Folegandros, a Cipro. La Corsica sa di Pais Basco, eppure alcune sue baie sono sarde, caraibiche. La Sardegna ha sapore d’Africa e al tempo stesso di Spagna. A Crotone pare di atterrare in un porto Libico, a Tel-Aviv sembra di incontrare l’Europa. E poi la Turchia, ponte, laccio, ormeggio, e la Macedonia, laccio, ormeggio, ponte.
La storia di questo mare non ha che inizi, e tra le sue onde vive uno stormo d’emozioni. Ogni angolo di pontile, ogni riflesso delle sue acque, sono gravidi di incontri, e non lasciano mai soli. Navigare per i porti del Mediterraneo ha molto a che fare con la cultura, con la riflessione, con le relazioni. Ma più di ogni altra cosa, con l’anima.
Posso dire “Io c’ero!”
è stato il meritato premi dopo una navigazione intensa e piena di emozioni.