Simboli

 

In un’indagine sui personaggi-simbolo della nostra epoca, occorrerebe inserire anche Marcello Lippi, il commissario tecnico della nazionale di calcio. Tralascio che suo figlio è stato processato (e credo assolto) per le questioni emerse con calciopoli, e soprattutto che faceva (e fa, credo) il procuratore di giocatori di calcio. Come se il figlio del Ministro della difesa vendesse armi, all’esercito. Ma queste sono quisquilie. Il punto è che Lippi è sempre nervoso. 

L’uomo pienamente attivo nella nostra società, l’uomo-simbolo dei nostri tempi, è sempre infastidito, polemico, critica i servizi, il giudizio degli altri, lo Stato, i media, come se avesse ben chiaro che il mondo dovrebbe funzionare diversamente da come è, dunque come ha in mente lui. L’uomo-simbolo della nostra società è infastidito che il mondo non lo esalti, che non colga la sua genialità, che non lo osanni, tanto quando fa bene come quando sbaglia. L’uomo-simbolo non ammette i suoi errori, anzi, di errori non ne fa, e pretende che il semaforo diventi verde quando sta passando con la sua automobile. Qualcuno mi ha detto, recentemente, che io sono così. Mi auguro proprio che non sia vero…

 Lippi invece è certamente così. Se lo critichi si indurisce. Mai che dica “abbiamo giocato proprio male. Sono deluso dal mio lavoro”. No, lui parte subito all’attacco, sostiene col viso e le parole che chi lo sta per intervistare, salvo prova contraria, è un pericoloso contestatore, mosso da qualche forma di malanimo, un oppositore malmostoso. Lippi, come l’uomo-simbolo, è sempre sulle difensive, pensa sempre che ci sia un complotto contro di lui. Mi ricorda qualcuno…

 Marcello Lippi è proprio una brutta persona, almeno da quel che si vede su giornali e tv. Stasera la sua squadra ha giocato male e vinto con due autogol degli avversari. Inutile aspettarsi un sorriso e una strizzatina d’occhio a ringraziare la fortuna. “Abbiamo segnato due gol” ha detto “le autoreti sono anche il risultato di un’azione che mette in difficoltà l’avversario”. Che pena…

Lippi non mi piacerebbe come marito, se fossi una donna, né come padre, né come amico. Mi spiace che la nazionale di calcio giochi sempre molto male (anche quando vince il mondiale), ma soprattutto mi spiace che Lippi sia il ct della nazionale. Preferirei che un uomo così in vista fosse umile, bravo, sorridente, si comportasse con stile, avesse senso critico. Uno alla Ericcson, alla Liedholm, alla Ancelotti. Non foss’altro che per una questione di simboli.

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