La vedo male…

La vedo male per il Sistema. Troppa gente che vuole cambiare vita…
Come mi sentirei se in famiglia mia moglie volesse un altro uomo, mia figlia un altro padre, mio figlio un’altra casa? Come ci sentiremmo a condurre un’azienda in cui i dipendenti agognano soltanto vacanze, o mandassero curriculum a valanga per trovare un altro padrone, in un’altra città? Cosa diremmo se, parroci di una chiesa un tempo florida, osservassimo che alla messa non viene più nessuno, che la gran parte dei fedeli prega altri Dei?

Non so chi sia il Maitre del Sistema, il Cardinale della nostra Società, ma fossi in lui non dormirei su quattro cuscini. Migliaia di persone, forse milioni tra breve, spendono il tempo della fantasia a vagheggiare di essere altrove, fuori da lui, lontano dalla sua giurisdizione, a fare cose diverse, con compagni diversi, nello spazio rimasto libero, se ancora ce n’è. Queste anime, e le loro menti produttive, battono per un’altra vita, regolata da leggi più blande e umane. Al primo spiraglio potrebbero fuggire via in massa. Ma già oggi, mentre ancora restano, la loro attenzione vola, è sugli altipiani ventosi, sui mari rasi dalla brezza. Navigano più che camminare, volano più che trascinarsi.

Il Sistema se n’è accorto? Il responsabile del Campo ha già preso le sue contromisure per evitare un’evasione inarrestabile? Chissà…

C’era un tempo in cui poteva ridurre le guardie, licenziare i secondini, lasciare perfino aperto il cancello d’ingresso, togliere l’elettricità ai reticolati. Un bel risparmio. Non serviva vigilare. I detenuti restavano in cella con le porte aperte, i chiavistelli sguainati. C’era perfino chi premeva alle porte della prigione, e il suo lamento infastidiva. Ognuno che passasse di là sperava di avere il suo posto al chiuso.

Quei tempi sembrano tramontati. Chi chiede d’entrare è ancora là, al limitare del bagno penale. Soffre e muore per aggiudicarsi uno spazio. Ma dentro c’è tumulto. In molti scostano la grata, rimasta aperta per distrazione. Si aggirano nei corridoi, deambulano i primi passi di una vita già liberata. Cosa accadrà quando il Comandante del carcere si accorgerà che la sua forza lavoro, la sua ricchezza, sta svicolando per la pianura circostante, fuori controllo, dove è ormai tardivo insegurla?

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28 pensieri su “La vedo male…

  1. Calm down Simone. Fusse che fusse vero quello che dici, che a milioni voglion downshiftare. Non è così. Noi che la pensiamo così, siamo una piccola minoranza. E di questa piccola minoranza, solo pochissimi, i Tiger, lo fanno. Per gli altri, resta un desiderata nel cassetto pour parler e dopo letto il tuo libro. Per downschiftare ci vuole un fisico bestiale e mente d’acciaio. Il sistema è potentissimo, non solo seduce, ma ci lega. Siamo imbrigliati da una massa di lacci lacciuoli economici che ci impedisce anche di downshiftare easy: uno dice: voglio vivere con poco: come faccio? la casa costa un botto in affitto o acquisto + tasse in ogni parte d’Italia civilizzata e quindi non ti puoi spostare(salvo le stamberghe dimenticate da dio in montagna, come la tua) il lavoro, qualsiasi, non si trova se non di tipo schiavistico in concorrenza con gli immigrati, farsene un altro tutto suo è impossibile se già non lo sai fare prima (come hai fatto tu con lo skipper).Prima era più facile vivere con poco: ora il sistema ti terrorizza e dice: o continui così, o fai il barbone sotto i ponti.
    Siamo la solita minoranza. Non illuderti, non metti in crisi nessun sistema. Il downshifting è solo per sè.

  2. ciao simone, ti ho sentito su radio 2 stasera e una domenica mattina credo sempre per “adesso basta” .credo in tutto quello che hai scritto, perchè l’hai vissuto, con coraggio e rischio di “perfetta” solitudine. io ho fatto qualcosa di simile 3 anni fa affrancandomi da comode sicurezze famigliari che erano ormai stantie e similpalude e ho corso il rischio della solitudine andando a stare da sola ma facendo la mamma il pomeriggio nella vecchia casa( di proprietà). ho trovato nel mio ex marito la comprensione che mi ha permesso di fare questa scelta in serenità e senza opposizioni infantili,perchè una rinascita è possibile per tutti quelli che capiscono che come era prima era un non-vita, mentre in noi c’è un enorme potenziale di vitalità e creatività,che ci fa colorare il grigiore che spesso ricopre stanche esistenze trascinate per routine e iposcrisia. quando lo specchio in cui ti guardi è di nuovo limpido riesci persino a farti l’occhiolino e a sorriderti. e ogni giorno è veramente un giorno nuovo. piccoli grandi passi verso l’affrancamento da un sistema fatto di regole che mirano ad appiattire piuttosto che a valorizzare le intelligenze individuali,per fortuna ci stiamo svegliando. qualcuno diceva che il giudizio altrui ci tocca quando non abbiamo un nostro progetto di vita. vero, l’ho provato e vissuto.il mio lavoro di insegnante non mi permette di sentire la monotonia della routine, anche perchè quando è successo, ho cambiato di netto dopo 15 anni scuola e ambiente,e comunque nel lavoro di insegnante c’è una grande dose di creatività da trasmettere ai ragazzi per far sì che comincino…prima di me…a essere protagonisti del loro apprendimento.con stima, nicoletta50

  3. Che dire della tua risposta Simone ?
    Che è di una saggezza rara da trovare … Oserei dire una saggezza quasi orientale (e lì mi sa che oltre alla tua passione per la cucina giapponese c’è forse una tua passione anche per la cultura e per la filosofia orientali).
    Ho letto e riletto la tua risposta.
    Mi convince davvero in tutto e per tutto.
    Sono consigli equilibrati e riflessioni giuste. E poi pensandoci bene sono d’accordo sul fatto che i miei genitori non mi diserederebbero e sul fatto che, pur vivendo da solo, vivo però nella loro stessa città e mi sa che il “cordone ombelicale” che mi lega a loro è ancora troppo forte.
    Ci lavorerò come mi hai detto tu e sono sicuro che, se saprò prenderli per il verso giusto, mi capiranno ( o almeno faranno un grosso sforzo per farlo ) e mi aiuteranno.
    Nonho parole per ringraziarti.
    Augh, Simone e a presto( o forse potrei dire sayonara ?! ).

    • andrea grazie a te per la tue email. sono stato tre mesi in giappone, nel 1986, e mi impressionò molto. Poi in altri luoghi tra medio ed estremo oriente. Ma non sono un discepolo di niente. non tollero liturgie e affiliazioni. Leggo, ascolto, faccio mio quel che serve. Molti mi scrivono “sei zen!” “sei buddista!” “shakyamuni nelle tue parole!”. Il buddismo mi affascina, ogni tanto recito il na mio-ho renghe kio, prendo anche da quello ciò che ha di buono. Ma la via è personale, sempre, occorre prendere sempre le distanze da queste religioni, pratiche, filosofie, come dai genitori… Un caro saluto. a presto. s.

  4. Ciao Simone.
    Innanzitutto mi presento, sono Andrea, 40 anni tondi tondi.
    Che dire di “Adesso Basta” ?
    Semplicemente che per un 40enne come me è stato ed è anche oggi che l’ho finito di leggere ( o dovrei forse dire di studiare ?) uno strumento assai prezioso, oltre che un saggio davvero godibile in ogni sua parte.
    Mi è servito per darmi un’ultima scossa per intraprendere il mio percorso verso il downshifting, anche se, come ti spiegherò, mi trovo di fronte ad un ostacolo.
    Io sono un avvocato di provincia e non impiego più di cinque minuti per andare da casa a studio e da studio al tribunale ( e neppure impiego più di dieci minuti da casa alla stazione se devo andare in un tribunale di un’altra città).
    Non ho quindi i problemi di essere intrappolato in una metropoli che fagocita i suoi abitanti.
    Però sono ugualmente stressato ed esausto, perchè lavoro da 12 anni sempre e comunque 55 ore a settimana (che fanno all’incirca 11 ore al giorno, perchè il sabato non lavoro).
    Inoltre io non sono consumato come tanti da un’azienda che mi ruba l’anima ma da un padrone che è un vero tiranno: il mio capo infatti sono io stesso.
    Corro come un matto dalla mattina alle 8.30 alle otto di sera, orari in cui mi trascino fino a casa per cenare.
    Odio la Tv, detesto ogni forma di consumismo, guadagno discretamente e non butto via in soldi per acquistare gli status symbols.
    Non ho il macchinone ma una delle utilitarie più economiche in circolazione.
    Eppure non riesco ancora a fare il salto verso la libertà.
    Tu Simone, se dal tuo libro ho imparato un pochino a capire come ragioni, se tu fossi qui accanto a me, mi chiederesti subito cosa me lo impedisce io arrivo subito al punto: nel mio caso il problema risiede in un punto che in “Adesso basta” è accennato ma non è molto sviluppato.
    Infatti tu parli, e molto giustamente, del senso di colpa che la società vuole iculcare nella testa di chi, come me, vorrebbe “scalare una marcia”.
    Però nel mio caso ti assicuro che non sono condizionabile dalla società.
    Non permetto ai mass media di farmi il lavaggio del cervello.
    Chi mi condiziona davvero molto sono i miei genitori, ed in particolare mio padre.
    Sono loro che mi farebbero pesare il fatto di aver scalato la marcia, di avere mollato dopo aver ben intrapreso la mia carriera e dopo averla fatta crescere giorno dopo giorno a costo di tanti sacrifici ( miei ma anche, ahimè, loro ! ).
    Tu mi dirai – sempre se ho imparato a capire il tuo modo di ragionare – che dei genitori che amano il loro ( unico ) figlio dovrebbero andare al pratico,e cioè preocuparsi di vedere il loro figlio davvero felice ( e io non lo sono più, perchè ho amato moltissimo la mia professione ma ad oggi sono “saturo” ed anche un pò schifato da come hanno ridotto la giustizia nel nostro Paese ).
    Senonché i genitori magari non ragionano correttamente come fai tu nel tuo saggio. Sbagliano. In buona fede, naturalmente.
    Non credono magari al fatto che io possa essere felice cambiando lavoro, mollando il mio studio legale ben avviato e dedicandomi alle mille altre mie passioni ( che negli ultimi vent’anni ho trascurato per “fare Carriera” ) e che possa un giorno pentirmi di quella mia scelta.
    Nel tuo libro un caso come il mio non l’ho trovato ed è anche per questo che ho deciso di scriverti.
    Il problema è che ho provato a parlare con loro ma minimizzano; dicono che sono periodi di crisi transitori, momenti che poi si superano e tutto ritorna come prima.
    Insomma non capiscono. Forse proprio perchè appartengono a quelle persone, nate in tempo di guerra (e di cui tu parli in “Adesso basta”) che non riescono proprio a capire come il lavoro, ad un vcerto punto, possa diventare una vera prigione che ci autoimponiamo.
    Il problema è già complicato così.
    Si complica ulteriormente quando andiamo a fare i conti del prezzo che devo pagare per liberarmi dal mio lavoro.
    Infatti tu giustamente consigli di fare un piano di fattibilità, nel concreto, del progetto di abbandonare il lavoro.
    Ed nalizzando la mia questione ti dico che i miei sono benestanti e qundi io, al capitolo “eredità”, sarei messo, in teoria, piuttosto bene.
    Il problema è che, nel mio caso, ci corre come dal giorno alla notte tra i conti che posso fare considerando quello che potrei ereditare ( forse potrei fare il salto nel giro di due anni ) oppure se quella eredità saltasse in aria ( magari sulla base del vecchio adagio per cui se smetto di lavorare divento, agli occhi dei miei genitori, una sorta di parassita e quindi non merito di ereditare il frutto dei loro sacrifici e che, a quel punto, è meglio che se i soldi se li goda chi li ha fatti – cioè loro – anzichè il loro ( pur amato ?! ) figlio.
    In buona sostanza in me non c’è soltanto il senso di colpa nei confronti dei mii genitori a pormi un freno, ma anche la paura ( fondata o meno non so ) di essere “diseredato”.
    Che conti devo fare ?
    Devo farli solo sulle mie forze e trovare un coraggio leonino di lottare ( per altri 10-12 anni circa, stando ai miei conti ) da solo per raggiungere la libertà oppure aspettare, resistere “al pezzo” finché magari i miei vedano un mio prepensionamento come un qualcosa di comprensibile ?
    Accetto consigli non soltanto da Simone ma, naturalmente, anche da tutti coloro che vorranno contribuire a darmi una mano.
    grazie

    Andrea

    • andrea, un uomo si stacca dalla famiglia e prende la sua via, cioé assume su di sé la responsabilità della propria vita. Io non farei affidamento sull’eredità, ma sulle tue forze. Quei denari sono dei tuoi genitori, e ne faranno quel che vogliono (se pensi davvero che ti dieserederebbero, allora pensi male di loro, dunque vuol dire che sono negativi per te, ma io a questo non credo affatto. i genitori amano quasi sempre i figli, anche se pensano cose diverse). Tu puoi e devi:
      – preparare la exit strategy organizzandoti per vivere con le tue passioni. Per questo occorrono anni
      – mettere da parte i denari che ritieni, per 4 o 10 anni lodeciderai tu. Io ne ho per 5 anni, ma non posso toccarli, saranno la mia pensione.
      – prepararti psicologicamente (per te sarà il tema genitori, da cui devi staccarti, sei un uomo adulto. Li amerai ma senza vincoli interni)

      Per fare queste cose occorre tempo. Non andare per le vie del mondo all’avventura se hai ancora questo legame eccessivo con i tuoi genitori. Sarebbe imprudente. Lavoraci su, con l’aiuto o senza l’aiuto di qualcuno, ma poi staccati serenamente. Loro capiranno. Coinvolgili su questo punto. Digli “mamma, papà, vi voglio molto bene, aiutatemi: io non sono libero, dipendo troppo da voi”. Non fermarti perché solo l’idea di farlo ti pare assurda e strana in seno ai vostri attuali rapporti. E’ quel che occorre fare. Se ti vogliono bene capiranno e ti aiuteranno. Augh!

  5. Hai ragione Fulvio, il sogno è parte integrante di questo sistema, è un mezzo per tenere legata la gente, sono coloro che hanno progetti che destabilizzano il sistema, il sogno serve a far sopportare meglio le catene. C’è una frase di Lawrence d’Arabia tratta dal suo meraviglioso libro “I Pilastri della saggezza” che adoro e condivido e che ricalca almeno in parte i concetti che stiamo cercando di esprimere: “….Tutti gli uomini sognano, ma non allo stesso modo. Coloro che sognano di notte nei ripostigli polverosi della loro mente, scoprono al risveglio, la vanità di quelle immagini, ma quelli che sognano di giorno sono uomini pericolosi, perchè può darsi che recitino il loro sogno ad occhi aperti, per attuarlo….”
    Noi dobbiamo sognare ad occhi aperti.
    Ciao a tutti
    Donatella

  6. Complimenti Simone !

    Ho appena finito di leggere il tuo libro “Adesso Basta” comprato circa una settimana fa presso la Feltrinelli della Galleria di Milano. Mi sono ritrovato molto nel tuo libro. Io ho 46 anni e ho lavorato per multinazionali e medie aziende per diversi anni (dal 1987). Non sono mai stato dirigente perchè quando è nata mia figlia (1997) ho voluto rifiutare l’opportunità di ricoprire un ruolo dirigenziale all’estero (Barcellona) con sorpresa di tutti, e ho deciso di cambiare lavoro incominciando il mio percorso di downshifting…appunto cambiando lavoro, e cercando una posizione “necessaria e sufficiente” presso una azienda italiana di medie dimensioni dove ho lavorato per 7 anni. Così non mi sono perso i momenti più belli dello sviluppo di mia figlia. Poi a inizio 2008 ho mollato anche questa azienda. Ora vivo a Gorgonzola vicino a Milano che non è certamente una ridente e salubre località turistica, ma che trovo comunque più in linea con le mie aspettative della provinciale Treviso dove gli skei ed il suv erano l’argomento principale di discussione al bar e in piazza. Non sempre il contesto naturale è importante ma anche il contesto umano. Poi se sono felice lo sono anche sotto un ponte. Sono molto contento della mia scelta che porto avanti con tutta la famiglia. Riesco a dedicare del tempo anche al sociale: per due/tre notti al mese “lavoro” come centralinista 118. Il sostentamento l’ottengo lavorando come consulente sfruttando la mia esperienza passata, e quindi sono ancora lontano dal tuo modo di vivere da downshifter, ma il target è quello. Certamente lavoro meno e ho più tempo. La cosa che una volta mi faceva imbestialire era l’enorme quantità di tempo persa in riunioni, in viaggi e trasferte. Delle volte attraversavo mezzo mondo per riunioni che duravano 2 ore, per le 72 ore perse e tolte alla famiglia erano perse per sempre. Oggi delle volte finisco il lavoro alle 11 del mattino e poi studio musica o faccio un giro. Al supermercato mi chiedono se sono in ferie quando vado a fare la spesa alle 15 🙂 Vorrei dire che per me il percorso di downshifiting non è visto come salto ma come passaggio graduale, dove tra gli steps può anche essere previsto un cambio di azienda, poi magari un passaggio ad una attività in proprio e poi via via fino alla realizzazione del proprio sogno. Il mio sogno è la musica ed in particolare la chitarra classica, flamenco e jazz, come per te andar per mare. Ora ho molto più tempo per studiare musica e a breve inizierò a suonare in qualche locale (ristorante) di Milano affinchè la mia passione possa diventare anche fonte di guadagno, anche se suonerei gratis perchè a me piace vedere felice la gente mentre suono. Mi sono anche comperato un piccolo ampli per suonare per strada (busker) e raccolgiere soldi da dare in beneficienza. Potrei scrivere ancora tante cose, per esempio che questi cambiamenti nella mia vita sono avvenuti in momenti molto pesanti, visto le gravi malattie che hanno colplito mia moglie, etc. etc….ma non è quello che voglio dire. Volevo solo far presente che i downshifting può essere gestito passin passin…come anche tu spieghi bene nel tuo libro, ma iniziando magari cambiando azienda e poi….staccare un pò alla volta. Lo spirito di avventura serve come dici giustamente tu, ma io aggiungerei anche un vero e sano fatalismo, perchè nella vita quando si sente di fare la cosa giusta non può andare che bene.
    Grazie per il tuo libro e per aver condiviso la tua esperienza. Bella anche l’idea finale della comune proposta nelle ultime pagine.
    Ciao,
    Marco

  7. @galla: ti ringrazio per l’incoraggiamento…
    L’intervento che ho chiesto di ritirare e che in effetti non è stato pubblicato non era quello che hai letto ma era una risposta a Fulvio; ho deciso di ritirarlo perché penso di non aver capito a chi si riferisse quando scriveva “vorrei maggiore responsabilità, senso di sé, voglia di vivere”…
    che però oggi è passato dopo la partecipazione al B-day… ragazzi che intervento ha fatto il fratello di Paolo Borsellino… se potete ascoltatelo!(spero si posa scaricare il podcast dal sito RAI NEWS 24 o da quello del B-day). Io non scorderò la sensazione di non essere sola (eravamo in tanti…forse 1 milione di persone…esono tante…) e l’appello fatto dagli organizzatori della rete a restare in contatto tutti con tutti , che poi si può considerare come quello che tu dici, un modo per canalizzare le energie… oggi l’invito era quello di esibire qualcosa di viola… noi potremmo scegliere un fazzoletto di un altro colore oppure un fiore o…non so…
    @Donatella e tutti… Io, tanto per rispondere alla domanda di Donatella che si chiede cosa potrebbe fare, ci ho impiegato 5 anni per giungere alla decisione attuata a settembre di mollare il fantastico 😉 posto che avevo nella mia ex multinazionale-matrix, per tentare di cambiare vita e fare un lavoro che mi piace e che mi consenta di vivere una vita più vera e comunque una vita che ho scelto in maniera consapevole. Perché il mio sogno è tutto mio… era “svenuto” dentro di me e ha richiesto un lungo lavoro per essere riportato a livello cosciente… quindi il consiglio è … lavorare con se stessi, cercare e non perdere mai il contatto con se stessi e non trascurare mai la propria vita interiore …
    @Simone…nella mia testa riappare la domanda che ti fece il tuo editore… sono felice per la quinta edizione ma non ho capito quanto tu sia realmente sicuro di non voler convincere nessuno… e fino a che punto pensi che la tua scelta sia e possa rimanere una scelta “personale”…

    • Vedi Filippa, io sto girando l’Italia e trovo tanta gente “già convinta”. Non è possibile convincere mai nessuno che non sia già della tua idea (cioé della sua). L’idea della persuasione politica o commerciale (quella in cui io induco te a fare qualcosa che, altrimenti, non faresti) non è propria della comunicazione vera, quella interiore, in cui è chi fa che sceglie, non chi gli parla. Dove io posso forse fare qualcosa, anzi, dove può farlo “Adesso Basta”, è l’ambito delle paure, delle incertezze, delle ritrosie. Lì forse l’esempio di qualcuno che ce l’ha fatta è utile, preziosa, fa da sostegno. Io non avevo qualcuno accanto che testimoniasse la decisione che stavo assumendo, ma mi sarebbe stato prezioso. Qualcuno che aveva già fatto un passo simile che mi dicesse “Vai si può fare”. Forse è questo quello che può fare il mio libro, è forse non è neanche poco. E in queste settimane di giri per l’Italia vedo tantissime persone che mi somigliano, già convinte, a cui io servo solo come puntello temporaneo della paura, contro l’ignoto. Ed è bello…

  8. E’vero che molte persone vogliono o vorrebbero fuggire dall’ambito del proprio lavoro fisso, dall’azienda dove lavorano. Perchè? Perchè in molti di questi ambienti non si rispettano le persone, si cerca di gettare fango su di esse, si sbarra la strada a coloro che vogliono fare qualcosa di logico e costruttivo, perchè da queste persone traspare malgrado tutto, serenità e positività e quindi vanno distrutte. Insomma per i lavoratori dipendenti è un mobbing continuo sia dall’alto che dai parigrado. Le persone che mobbizzano quelle più positive, è sempre così, non amano cambiare vita, ma godono nel far del male agli altri e quel luogo è ad hoc per loro, sono “le vittime”, io non mi sento tale anche se ho subito angherie del genere, che anelano a cambiare vita. Vorrei vivere sul mare, è il sogno della mia vita,(isola del Giglio o Isola d’Elba)e vorrei scrivere o fare qualche lavoro che mi permetta di vivere con calma e godermi i miei genitori, la natura e i miei cocchini(un cane Ugo e una gattina, Prezzemolina), chissà cosa potrei fare?

  9. @blackout:

    una guida democratica??? (IMHO) fantascienza…

    Leader carismatici? beh, leader ci nasci ma sopratutto ci diventi. G&K hanno guidato folle (nel senso di “to lead”) ma prima si sono guadagnati sul campo questa possibilità ed erano fortemente ispirati.

    più che una guida serve chi riesce a canalizzare gli sforzi e i desideri in un vero movimento di opinione (una cosa molto 2.0).

    Si potrebbe provare con un raduno dei downshifter in una piazza o più piazze… una folla di “folli” che con un “fazzoletto al collo” o qualunque altra corbelleria si faccia riconoscere mediaticamente e faccia sentire “la propria voce”

    adesso non ricordo più le parole precise di Simon… ma il sistema lo si può far tremare!

  10. Caro Simone,

    ti do del tu, hai appena tre anni più di me, in pratica siamo coetanei, e mi piacerebbe considerarti anche come un amico e non solamente come un autore di libri.
    Innanzitutto, complimenti per il coraggio e la riuscita, sono contento per te e per il fatto che hai intrapreso la strada che volevi; vittoria e riscatto – anche se credo che tu non la veda in questi termini – devono avere un buon sapore: la libertà (e quindi la gestione del proprio tempo) è tutto nella vita, ne sono convinto anche io, soprattutto per il fatto che la vita, anche quando è lunga, è sempre molto breve ed uno dovrebbe impiegarla dedicandosi maggiormente alle cose che ama e non ad altro. Purtroppo per molti di noi le cose vanno esattamente come le hai molto ben descritte tu nel libro “Adesso Basta!”. Capita, spesso la vita sceglie per noi. Non sempre è sufficiente la sola volontà per cambiare: i fattori che devono incastrarsi sono molti di più, per questo è così difficile (non impossibile) uscire dagli schemi.
    Mi presento: mi chiamo Aldo, sono nato nel 1968, figlio di padre muratore e madre inserviente di ospedale. Raccontare la mia formazione sarebbe troppo lungo e non mi piace tediare le persone, mi limito a dire che nonostante gli scarsi mezzi di famiglia (non mi riferisco solo a quelli economici) e le conseguenti ristrettezze, sono (ma il termine giusto sarebbe il “siamo” perché l’aiuto ed il sostegno degli affetti è stato determinante) comunque riuscito a laurearmi, a trovare dei lavori che mi hanno consentito di contribuire alle spese per gli studi e poi di mantenermi, sono riuscito a completare un master di alta formazione in informatica (una passione che con lo studio è diventata per un po un mestiere) ed infine sono riuscito anche io a fare il “salto di categoria” andando a lavorare presso un Assessorato Regionale come capo di gabinetto, incarico conquistato dopo quasi dieci anni di attivismo politico. Stipendio sicuro e puntuale (2000 euro al mese, il doppio di quello che riuscivo a guadagnare prima), lavoro nuovo, stimoli nuovi, incontri con personalità anche di spicco, sempre informato su tutto e in anteprima, sempre sul pezzo e sempre in movimento: una bella differenza di vita per me che ero abituato a ben altri ritmi e vita sociale. Con queste condizioni, ho potuto sposarmi e prendere un mutuo per comprare una casa. All’inizio anch’io credevo molto in quel lavoro, in quelli che rappresentavo, ero convinto che la causa fosse giusta e nobile, soprattutto la nostra. Il tempo e la pratica, ma soprattutto l’osservazione e l’aver messo in correlazione diversi fatti e vicende hanno portato ad un crollo verticale della mia fiducia verso quelle che sbandieravo come sacrosante verità con conseguente disaffezione per quel lavoro e quell’ambiente. Ho cercato anche di fare critica, di stravolgere gli assetti, di influenzare le coscienze in modo da poter cambiare il corso delle cose, ma ho fatto più che altro quella che tu chiami “la penosa figura di chi sputa nel piatto in cui mangia” con immediato isolamento socio-professionale. Forse sono stato un ingenuo, ma tant’è: io cercavo davvero di “cambiare lo stato di cose esistenti”, era una prerogativa intrinseca del mio essere. Ad oggi, dopo il terremoto politico del 2008 e vari rimescolamenti di fronte interni, data la mia posizione, so che con il prossimo rinnovo delle amministrazioni regionali non avrò più il lavoro. Ad essere sincero, da tempo ero diventato insofferente dello stesso e dentro di me avevo maturato l’idea di cambiare, ma poi le questioni economiche prendevano sempre il sopravvento: il mio stipendio da solo rappresenta i 4/5 delle entrate in famiglia, perderlo potrebbe significare anche perdere la casa, ma sicuramente sarebbe di un impatto molto forte sulla vita quotidiana.
    Ho saputo del tuo caso e del tuo libro da un articolo del “Fatto Quotidiano”, poi ho cercato in internet, quindi ho acquistato il libro. A finirlo ci avrò messo si e no tre o quattro giorni. La premessa c’è tutta: concordo in pieno. La proposta è allettante: prima di fare questo lavoro mi occupavo di musica e di pittura, due immense passioni che insieme al cinema ed alla pesca mi hanno regalato gioie immense. Ritornarvi, anche a scapito di uno stipendio basso, per me non rappresenterebbe un problema, anzi! (purché però sia in grado di mantenermi la casa – questa è quasi un questione di principio: non ho mai avuto nulla di veramente mio, perderla sarebbe una vera sconfitta). Per mia moglie non so se sarebbe lo stesso, abbiamo caratteri diversi e visioni differenti delle cose: spesso ciò ha rappresentato una ricchezza, ma in questo caso non saprei. Sui conti che tu presenti nel libro ho qualche perplessità perché credo che ogni caso sia un caso a se e quindi ognuno si deve fare i propri conti, ma l’idea del downshifting calcolato mi pare sensata.
    Ho solo un forte dubbio. Riguarda me. Io mi troverei nella condizione forzata del downshifting e non per vera scelta, consapevole, agognata, cacolata e messa in pratica nel tempo: ha valore? Quello che voglio dire è che un conto è come hai fatto tu che hai “mollato da padrone”, un conto è quando non ti lasciano altra via. La differenza è il coraggio è il senso di credere fortemente nelle proprie capacità. Io no so se posso considerarmi all’altezza di una scelta del genere.
    Mi piace pensare di sì, ma non nascondo un po di timore.
    Grazie per averci fatto partecipi della tua esperienza. Spero di poter venire domani all’appuntamento di Orvieto, in ogni caso a presto, magari a pesca!
    Un Saluto

    Aldo

  11. Anch’io sento molto aria di cambiamento. Come suggeriva però Tiziano Terzani, l’unico vero cambiamento possibile è quello interiore. Non dobbiamo preoccuparci molto di quello che “dovrebbe” avvenire intorno a noi, ma prevalentemente di ciò che ci succede dentro. Tutto il resto accadrà di conseguenza. Se in tanti vivremo profondamente questo desiderio di cambiamento il cambiamento avverrà.

  12. @galla:
    perche deve essere cosi “brutto” farsi guidare? cosa ce di male?
    ovviamente il “come” dipende da noi.
    farsi guidare “passivamente” vuol dire cedere potenzialmente ad eventuali cirlatani, quelli che fino ad adesso sono riusciti ad incatenarci alle bugie
    farsi guidare “attivamente”, restando parte attiva, chiedendo, proponendo, CRITICANDO non è una ipotesi assurda..
    e se ci fosse questo “uomo” carismatico DISPOSTO a farsi carico di questo peso (perche e’ un peso)..
    se ci fosse un “gandhi” o un “king”, perche non cedere alla lusinga dei loro illuminanti pensieri?
    il modello comunitario, formicaio, funziona sempre, tanti piccoli sforzi canalizzati fanno una forza TREMENDA
    tante piccole voci, fuori dal coro fanno solo da sfondo…

  13. In un mondo dove ti educano alla paura e dove per poterti spolpare e prosciugare ti fanno credere di essere debole ed indifeso è difficile riuscire a prendere queste decisioni. Importanti ed educativi sono questi esempi di libertà e coraggio. Grazie.

  14. Chi sta bene non si muove ,ci sarebbe da chiedersi e definire bene cosa vuol dire star bene.Non ho letto i tuoi libri ma lo farò al più presto, quindi ,prendi quello che scrivo con le pinze ,penso che qualcosa stia cambiando è nell’aria o almeno la volontà è questa ,il mondo è cambiato,scielgliere significa lasciare e non è facile sopratutto per la mente che è ormai abituata a progettare secondo i canoni che la società ci impone e dopo aver scielto a difendere il nostro schema mentale .Prima o poi se sei fortunato il treno fischia e ti rendi conto che forse q.cosa deve cambiare, lo devi cambiare, ma non capita a tutti è un privilegio di pochi.Sei tu stesso che lo chiedi alla vita ma ti rendi conto solo quando hai fatto il giro di boa allora si,tutto ti è più chiaro ,un conto è vagheggiare di essere altrove un conto è lasciare ed essere altrove ,il giro di boa è delicato va fatto bene perchè è un attimo e di colpo ci si trova in altra direzione ,siamo ancora noi,a poci metri da dove eravamo prima, ma in una direzione diversa e con obiettivi diversi.
    Quello che proviamo non è una novità ,questo mondo è duro con la gente,non possiamo fermare quello che deve avvenire ,è solo semplice vanità.

  15. @Filippa: perchè vuoi ritirare il post? non per farmi i fatti tuoi ma penso che sia proprio pertinente, anzi forse dovresti raccontare un po’ di più della tua esperienza.

    @ tutti: non credo che il sistema si possa cmabiare solo perchè un “catalizzatore” ha innescato una reazione…. se le energie si disperdono non si conclude nulla, fuori dalla porta ci sono altri pronti a prendere il posto di chi lascia e il sistema non cambia.

    Forse è necessario che tutta questa energia venga canalizzata in qualche modo. Non voglio dire guidata perché mi sembra eccessivo ma comunque indirizzata in qualche modo.

    CZ

  16. … caro Simone dici bene ( ancora una volta !!!) . quando , presto , sara’ troppo tardi per il sistema non ci sara’ proprio niente da fare , o meglio , all’italiana si troveranno soluzioni palliative che di fatto serviranno solo a COLORO a tenersi strette le loro care poltrone . Meno male che gia’ da quattro anni ho cominciato a fare downshifting e tra un anno o due saro’ pronto per la conquista della liberta’……

  17. Troppa gente? Mah…a me sembra invece poca, rispetto alla maggioranza che anela a catene sempre più strette e dorate. Certo è vero che moltissimi sognano di scappare via. Appunto, sognano secondo gli schemi che hanno imparato nella società di cui siamo parte, sognano l’esotico, l’agrituristico, il giocoso. Questo sognano, ma questi sogni sono parte integrante della “cura” sociale per tenere legate le persone a questa società, fattà così, consumistica senza coscienza. Vorrei maggiore responsabilità, senso di sé, voglia di vivere e meno sogni, progetti, idealizzazioni.

    • ahimé… credo che per certi versi tu non abbia tutti tutti i torti… però hai mai visto un simile movimento di gente tutta insieme che, fino a ieri, non avrebbe detto la sua neanche sui temi più cari? qualcosa, forse, cambia…

  18. Non riesco a smettere di piangere, stamattina.
    E tu penserai : “Povera, un’altra che non ce la fa”.
    E invece non è questo.
    Un’amica mi ha detto di essere stata, un paio di giorni fa, ad una tua presentazione “Sai, parla di te” mi ha detto. “Come si permette, che neanche mi conosce!” le ho risposto.
    E sono andata a vedere. Sono storie che fanno sempre notizia, queste, e la tua ne ha fatta più delle altre e io ho snobbato la tua e le altre perché conosco già la MIA storia ….e perché mi rode arrivare seconda (l’invidia confessata non vale più come peccato, vero?)
    Però non bisognerebbe essere né supponenti né invidiosi e allora ti ho ascoltato.
    Ora non riesco a smettere di piangere.
    Per vedere la mia faccia mi basta raggiungere lo specchio. Ma quando ti ho “incontrato” ho visto me stessa da fuori, come mi vedrebbe un altro.
    Non per affinità di pensiero, non per ammirazione, non per desiderio di emulazione, non per simpatia né per empatia. Solo uno specchio, davanti a me. Sconcertante. No, di più.
    Pace. Non dovrei commentare post con temi fuori luogo e senza nemmeno sapere bene cosa sto dicendo e questa è la mia impulsività, la perdonerai facilmente saltando il commento e passando al successivo!
    Il tuo libro, scusa, non mi serve ma oggi mi hai fatto un regalo grandioso e io, se vuoi, mi sdebiterò volentieri. Ti piacciono i dolci?

  19. peccato non aver letto il tuo libro prima del grande salto anche se non credo che sarebbe cambiato molto con un avvocato…a fine settembre ho mollato la grande azienda-matrix (l’ho sempre chiamata così…) in cui avevo un posto di tutto rispetto…eppure mi firmo Filippa perché nessuno dei miei ex-colleghi ha capito la mia scelta quando si è saputo che non avevo nessun altro lavoro…sono rimasti tutti a bocca aperta e per fortuna che ho avuto modo di dire che me ne andavo solo l’ultimo giorno di lavoro…Non sono d’accordo con te sulla solitudine: mi sentivo molto più sola prima quando ero costretta a passare le giornate con gente che non mi capiva o che non stimavo, ora invece ho più tempo da passare con gli amici veri. Però ti scrivo anche perché s ho una sola amica che mi capisce veramente e mi incoraggia…mi credi? eppure ne conosco tanta di gente, sono del ’64 e in 45 anni ho conosciuto gente anche in giro per il mondo…Molte cose vorrei dirti Simone, hai scritto quello che pensavo a partire dalle esperienze “usuranti” che si fanno nelle multinazionali dove per 4 soldi ti rubano l’anima e pretendono di entrare nella parte più intima del tuo cervello: ma al lavoro non si dovrebbe giudicare la prestazione lavorativa e non la vita delle persone??? Mi indigno e infine il grande salto. Mi fermo qui ma non prima di dirti che il moderno kibbutz era, è la seconda release del mio sogno … :))), anche se con la prima release avrò un bel da fare…grazie di esistere

  20. Sei grande!…E’ piacevole e confortante leggere le tue riflessioni…Costituiscono ottimi spunti e incoraggiano nella vita di tutti i giorni!

    Da uno studente/viaggiatore…sempre alla ricerca…

  21. Ho riascoltato proprio l’altro giorno “il discorso all’Umanità di Charlie Chaplin” su Youtube: sento riecheggiare nelle parole : “il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo e qualsiasi mezzo usino la libertà non può essere soppressa”, i sentimenti, le parole, l’outing corale di questi giorni. Vorrei farlo sentire a tutti, è commovente, vero, pulsante, attuale. Penso a tutte le mie giornate con le mie colleghe che reclamano sempre la bontà della gestione aziendale. Donne, mamme, che magari delegano ad altre donne la vita coi propri figli e questa ondata di risveglio che scuote il sistema è per me una boccata d’aria pura, per un istante ho fatto pace con quella parte di me che si negava certi pensieri di libertà giudicandosi ” irresponsabile”. Mentre vado giù mentalmente lungo lo scivolo del downshifting mi sento come un istante prima di volare e staccare i piedi dalla pesante materia, e stavolta mi sento autorizzata dall’appoggio di una moltidudine scalpitante. Un abbraccio a tutti. S.

  22. tutt’ora secondo me non è avvenuta la fuga di massa per la paura, paura dell’ignoto
    da sempre l’uomo ha avuto paura di quello che non riesce a vedere, siamo terribilmente terrorizzati dalle cose che non capiamo e questo meccanismo subconscio viene sfruttato a dovere dai nostri invisibili carcerieri
    ma la nostra resa intellettuale, spogliata della volonta, è ben oltre che una prigione con dei carcerieri,è una soffice cella dove giungono solo voci e rumori ovattati dall’esterno
    è un filtro, e ce chi è contento di vivere sotto l’ala protettrice del suo aguzzino
    se vogliamo è una sorta di simbiosi, più che un parassitismo
    alcuni necessitano un carceriere
    alcuni semplicemente hanno paura
    alcuni semplicemente non immaginano la liberta
    ma molti l’agognano e attendono, pronti allo scatto finale, la corsa verso la liberta
    e sono esperienze altrui, come vedere il compagno di cella che si getta a una liberatoria corsa, spremendo i suoi muscoli con la sola forza di volonta, e lo vede raggiungere la liberta e sparire all’orizzonte
    questo ci da forza, l’occhio vede e il cervello elabora: forse anch’io ce la posso fare
    forse anch’io posso essere libero, la retina processa come una macchina fotografica e queste diapositive si dipanano davanti ai nostri occhi come prove, tangibili, che il sistema non è l’unico sistema – è solo uno dei tanti
    piu diapositive, piu convinzione piu forza
    e alla fine non occorrera manco fuggire, non dovremo scappare
    avremo la forza di rompere le catene, la forza di abbattere le grate e la forza di uccidere il carceriere con la semplice preponderanza numerica
    non sappiamo certo cosa faranno gli aguzzini, se difendere l’ultimo barlume del sistema parandosi fra noi e la liberta, o semplicemente si metteranno da parte sperando di raccogliere i cocci, quel che resta della prigionia, forse faranno entrambi le cose, ma la mano armata della tagliente biforcuta lama non potra nulla contro una selva di mani che strapperanno l’arma al nemico, lo lanceranno lontano disprezzandolo e ignorandolo
    la chiave, come sempre, che apre la nostra gabbia sta dentro di noi

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