Itaca

Giorni d’estate, trascorsi in solitudine, a scrivere. Fossimo eterni, capirei, ma non lo siamo. Quanto tempo ho trascorso in mezzo a una vita che non era questo, che non era il viaggio di Ulisse, il mio personale viaggio per ricongiungermi con Itaca? Cosa avrei pensato di me, senza compierlo, una volta giunto alla fine?

I personaggi della storia che uscirà a settembre mi ronzano intorno. In verità non sono solo, ci sono loro. A volte mi scopro a parlarci, a voce alta. Ma non credo di essere impazzito. Ho parlato altre volte con i personaggi dei miei romanzi, ma sempre in silenzio, sottovoce. Nella città, sul lavoro, non si poteva fare. Mi pare che la faccenda sia anche questa: parlare a voce alta con i personaggi delle proprie storie.

La mattina, quando sto per mettermi a scrivere, l’atmosfera è fatata. Prendo il caffé, intorpidito dal sonno, con la mente e il cuore che viaggiano veloci, che seguono piste indicibili mentre aspetto che il sole sorga. Mangio un biscotto solo, con la marmellata di limoni delle Cinque Terre, fumo una sigaretta. Sono avvolto nella meraviglia di questo bosco, col mare non troppo lontano, dunque senza languore.

Attendo che qualche amico mi venga a trovare. E’ bello desiderare l’incontro con gli altri, con quelli lì, proprio loro, dopo giorni di solitudine. Se qualcuno sta per arrivare pulisco meglio la casa, mi preparo, li accolgo. Anche questa cura è nuova, richiede tempo, disposizione d’animo. E’ bello attendere.

Per la prima volta in vita mia, dopo le 11.00 sto ancora scrivendo. Poi faccio altro, ma spesso torno a scrivere, cosa mai accaduta. L’altro giorno sono andato a dormire verso l’una di notte, mi sono accorto che avevo scritto per più di dieci ore. Difficile spiegare quale fosse il mio stato d’animo.

Tra qualche settimana partirò per la Rotta di Ulisse. Un bel viaggio a vela, 2.500 miglia per il Mediterraneo, il mare tanto amato. Anche partire è diverso. Quando partivo, prima, pensavo di ricongiungermi con qualcosa che aveva atteso invano per tanto tempo. Ora parto lasciando Itaca, sapendo che ci tornerò. Ma due mesi in mare non sono un viaggio. Sono un prolungamento, una continuazione.

I pezzi di cui ero composo, sparsi per una vita in gran parte altrui, sono tutti qui. Questo non elimina l’angoscia della vita, la sua assurdità. Ciò che non ha senso, che non possiamo comprendere, è lì, come per tutti. Però sono saldo, quello che posso, poco o tanto che sia, lo faccio tutto. Quello che mi è dato lo vivo appieno, ci sono immerso. Per resistere, per essere forte, io devo studiare, meditare, scrivere, vivere. La condizione interiore di un uomo ha molto a che fare con le sue scelte. Non farle, farle attendere, significa allontanare il momento dell’unione, dell’approdo ai pontili di Itaca. Siamo tutti così fragili, fuori dal nostro mondo

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144 pensieri su “Itaca

  1. Ma quale off-topics, per capire cos’è il dashsfisuting basta vedere il gattaccio! Io lo studio il maledetto, lo scruto, lo invidio!

    Adesso, in questo momento, è qui e non se ne vuole andare perchè fuori c’è una tempesta di vento. Sono cinque ore che ci ascoltiamo Vivaldi! OK, a me piace, ma vorrei sentirmi un po’ di radio in podcast, ma vederlo così tranquillo, il dromedario, rilassa anche me, ci credi?

    E’ steso su di una stola e sonnecchia. Di solito a quest’ora invece va via a vivere la sua vita.

    Ecco, l’essenza della libertà: lui si adatta alle cose, non le forza, le sfrutta fino all’osso con il minimo dispendio di energie. E, avendo una moltitudine di “interessi” (case in cui intrufolarsi nel quartiere) non si annoia mai. Però non capisco bene perchè sta tanto tempo con me, dato che non gli faccio mai una carezza, sarà la musica.

    I gatti sono grandissimi “vastasi” (siciliano, lo puoi tradurre con maleducato, opportunista, menefreghista, etc…). Noi umani dovremmo imparare tante cose dal loro stile di vita, in primis il dormire 25 ore su 24!!!

    Ciao!

  2. # Exodus

    Eheheh! Ma i gatti sono così, sono loro i padroni di casa sempre e comunque; e dovresti vedere come sono bravi a educare i cani: i miei gatti ci hanno messo mezza giornata a spiegare ai miei cani le regole di convivenza con i felini, io per fare lo stesso con le regole di convivenza con gli umani ci ho impiegato qualche mese…!

    Ho letto che in caso di catastrofe globale che sterminasse gli esseri umani, tra gli animali domesticati (comprendendo quelli da compagnia ma anche da allevamento e da lavoro) solo i gatti sarebbero in grado di cavarsela, sopravviere e adattarsi alla scomparsa degli uomini.

    Niente da fare, quindi, sopporta con gioia il tuo cinghialotto, sappi che non sei il solo a essere comandato da un felino, e consolati pensando che puoi condividere la vita con una creatura unica e inimitabile (è un onore, ne è convinto anche il cinghialotto)!

    E ora basta, ché siamo assolutamente off topic! Chiedo scusa al padrone di casa e agli altri ospiti se mi son fatta prendere la mano ;-))

  3. # Annie:

    Com’è che tu riesci a gestire l’arca di Noè ed io sogno di bollire vivo quell’opportunista di gattaccio (bellissimo) che mi ha eletto a Bed & Breakfast, centro relax (adora Vivaldi), animale da compagnia (l’animale sono io, non gli piace stare da solo) e, quando c’è brutto tempo, albergo quattro stelle?

    C’è uno strano rapporto tra lui e la mia casa in cui io sono l’incomodo. Dopo la megadormita di ieri, in cui si sceglie il posto più aerato della casa per godere della frescura in questi giorni di Sahara, la sera è andato via. Senza salutare, ovvio, lo fa solo quando si presenta, col suo miahoooo… Ed io a pensare: “Riecco il cinghiale”. Sì perché non è un gatto, è un pony!

    Se va via è meglio, altrimenti mi sveglia alle due del mattino perché vuole:

    A) entrare nel letto con me. Neanche per sogno! Io glielo dico a quel cinghiale travestito da gatto: “Questa stanza è off- limits per te, dromedario!”. Zac! non ho finito di parlare che si fionda sotto il letto, e vallo a ripescare!

    B) Se non lo accontento allora vuole uscire, è un gatto dorondoshifter anche lui, ma alle due del mattino!

    Io non ho il cuore di svegliarlo la sera per farlo andare via. Lui non si fa problemi invece a grattarmi la porta finché assonnato ma col desiderio di dormire sono costretto ad aprirgli per farlo andare. Ma no! Il maialaccio non esce subito, prima studia la temperatura esterna fermandosi sull’uscio così non posso chiudere la porta, ed io a pensare: “Chissà se un gatto gettato dalla finestra riesce a planare come un aliante?”.

    Stamani avevo fretta. Zac! Al momento di uscire eccolo “miahoooo”. Ed io gli dico: “Miahooo sta minchia! Str… non puoi arrivare prima, che devo andare al lavoro”? Trac! Aspetta la sua ciotola e non si muove, lo prendo per la collottola e lo metto fuori, due volte, due volte rientra quella faccia da… Alla fine l’ho lasciato lì, a sbafare crocchette, lascio la finestra aperta così può uscire, m’ha espropriato la casa il scacco di pulci!

    Cmq ho trovato questo:

    http://www.corriere.it/animali/10_luglio_05/scatto-al-gatto-fase-due_7a10cf28-8846-11df-adfd-00144f02aabe.shtml

    gli manderò le foto del cinghiale della Brianza mentre fa Yoga nella sua cuccetta!

    Ciao!

  4. Claudio ha raccontato del suo cane e io, che in questo blog ho già così tante cose da condividere e in cui riconoscermi, adesso vi devo per forza rifilare la storia di come è cominciato il mio downshifting.
    Ve la rifilo in tranquillità, il bello della scrittura è che chi legge è libero di scorrere rapidamente, saltare a piè pari, stufarsi e smettere a metà.

    Vi risparmio gran parte delle premesse, la storia è un po’ sempre la stessa, quella di un’educazione all’essere (qualcuno agli occhi degli altri) e all’avere (più dello stretto indispensabile). Aggiungendoci un innato e decisamente eccessivo senso del dovere si arriva poi sempre allo stesso punto, dove arriviamo in tanti per molte vie diverse: una vita frenetica, magari anche di qualche soddisfazione, in cui ci si ritrova catturati senza nemmeno mai, o nemmeno più, accorgersi che qualcosa non va, che qualcosa non fa per noi.
    Fine delle premesse, i dettagli sono quasi tutti superflui, la cosa importante è che si arriva lì, nel punto in cui a qualcuno capita di pensare al downshifting.

    L’unico dettaglio rilevante, nel mio caso, erano gli animali: la mia passione da sempre, proprio da sempre. Perché da giovane non ho scelto una vita e un lavoro che mi facesse stare con gli animali? Ah, non saprei. Perché a quel tempo c’era poca informazione e poca fantasia, forse: animali = veterinario, e io proprio non ero adatta a fare la veterinaria. Perché a scuola ero brava e appassionata di materie «più nobili» degli animali, e quelle sì che portavano a «importanti mestieri», eh! Perché forse mi hanno convinta che per saziare la mia passione bastava avere a casa un cagnolino o un gattino, ad aspettarti al ritorno dal lavoro. Mah, è che da giovani a volte si è troppo giovani, non so. O forse serve attraversare certi luoghi per poter arrivare con soddisfazione in altri, migliori. Può darsi.

    Comunque io, appunto, mi sono fatta convincere: ho fatto quello che «dovevo» fare e intanto a casa c’era sempre un cane ad aspettarmi, o magari anche due o tre.
    Poi un giorno muore di vecchiaia l’unico cane che avevo in quel momento, il giorno stesso trovo per strada un gattino e lo porto a casa. Era il periodo in cui il mio lavoro e la vita che ne conseguiva cominciavano a prendere il sopravvento senza che io me ne accorgessi, non avevo un momento libero, facevo continuamente brevi viaggi di lavoro, non esistevano orari né finesettimana né vacanze: un gatto sembrava un’ottima soluzione per conciliare il bisogno di animali e quella roba lì che chiamavo la mia vita. Così non ci ho più pensato a prendere un altro cane.
    Tra me e il gatto, inutile dirlo, è stato amore sviscerato.

    Sei anni dopo mi capita per caso di incontrare un amico di gioventù, uno che fra l’altro mi aveva rifilato una randagina trovata per strada che lui non poteva tenere (altro grandissimo amore della mia vita). Ci raccontiamo un po’, come si fa sempre, ridiamo dei vecchi ricordi, gli presento il mio fantastico gatto, poi lui mi chiede: «E cani? Non ne hai più?».
    «No», rispondo io, «non faccio una vita adatta a un cane, adesso, finirei per trascurarlo.»

    Ecco. Non subito, ma pochissimo dopo, questa frase mi ha lasciata senza fiato:
    «non faccio una vita adatta a un cane, finirei per trascurarlo».
    E dov’ero io, allora? A chi era adatta la mia vita? Cosa stavo trascurando?
    Risposta facile, ci è voluto meno di un secondo: una vita non adatta a un cane non è adatta nemmeno a me.
    E quindi era me per prima che stavo trascurando.

    La storia potrebbe anche finire qui, tanto il resto è facile da immaginare (un po’ meno da fare, ovvio, ma si può). Downshifting, ovviamente.
    Ma ormai che ci sono vi racconto qualcosa del resto.

    Due mesi dopo aver pronunciato quella frase il mio fantastico gatto ha acquisito una fantastica sorella-cane, un anno dopo tutta la famiglia si è trasferita in un piccolo paese di mare e poi si è arricchita di un’altra gatta e un’altra cagnolina.
    Io lavoro serenamente, a casa mia, senza più viaggiare per dovere, senza più essere costretta a frequentare persone per dovere, mai più di sei ore di lavoro al giorno che però distribuisco come accidenti mi pare, o per essere corretti come accidenti pare alle mie bestie.
    Tra le bestie e il lavoro mi avanza un po’ di tempo, che uso per risparmiare: comprando verdure di stagione dai contadini, cucinando manicaretti a partire da cartocci sporchi di terra e non da scatolette e sacchetti, persino cucendomi le tende da sola e armeggiando in casa con trapano e martello.
    Ma ho scoperto che di tempo me ne avanzava ancora un pochino, ed è stato facilissimo decidere cosa farne: adesso, oltre alle mie quattro bestiacce, ho 230 cani e una ventina di gatti con cui giocare e a cui insegnare le buone maniere per aiutarli a trovare una casa e una famiglia. Stanno tutti in un canile qui vicino, e quando sono là con loro non posso fare a meno di pensare che, sì, adesso sì, questa vita è proprio adatta a me anche se non sono «qualcuno» e non «ho» che lo stretto indispensabile. Per le mie 4+250 bestie, comunque, ho la sensazione di essere importante e avere tutto quel che serve.

    Anzi, sapete una cosa? Da queste parti c’è anche un centro di recupero per gli animali selvatici: se ci riesco, nel giro di un anno o due vorrei riuscire a stringere ancora di più la cinghia e liberare un altro po’ di tempo anche per loro!

  5. Le prospettive della vita dipendono dalla diligenza: l’artigiano che vuole perfezionare la sua opera deve prima affilare i suoi utensili.
    Confucio

  6. # Zazie, dimenticavo:

    ovviamente non occorre fare di tutta l’erba un fascio, ci furono uomini e donne che seppero accompagnare la loro predicazione con un esempio sfolgorante. Dato che non cercavano pubblicità, conosciamo solo coloro che le cronache ci hanno poi riportato. E dato che non assoldano esperti di marketing per “aggiornare” la loro figura, ci sembra che il loro insegnamento sia “superato”.

    Di recente mi ha stupito l’opera di Jiddu Krishnamurti , non tanto per ciò che insegna, ma in quanto ha rinunciato letteralmente ad “essere un Dio”. Il percorso inverso di tanti guru di oggi. Era già considerato la reincarnazione di una divinità da un nutrito circolo di teosofici, ma ha preferito distruggere tutto ciò che era stato creato, restituendo la libertà ai discepoli. Ed erano gente, anche in quel caso, con moltissimo denaro!

    Ciao!

  7. # Zazie:

    già, lo so, è così difficile discernere…

    L’unico modo che mi è rimasto per valutare un’idea è questo, credo sia un ottimo metodo:

    se una persona mette in pratica quello che predica, vuol dire che ciò che dice è POSSIBILE. C’è una prova, una dimostrazione, le parole possono diventare realtà.

    Se invece, come nel caso di molti Guru, conoscendoli, ci si accorge che le loro parole e le loro azioni seguono percorsi diversi… Io, prima ancora di pensare che possano essere disonesti, penso una cosa molto peggio: che le cose proposte siano semplicemente false, impossibili, solleticano le orecchie ma sono menzogne. Infatti neanche chi le propone è in grado di metterle in pratica.

    Penso sia un buon metodo. Magari non si scoprono realtà eclatanti, ma tanta tanta verità.

    Ciao!

  8. # exodus
    Non so.. io sai, vedevo e ascolatvo alcuni amici a proposito di osho, sono stata alcune volte ai loro gruppi e li studiavo con il distacco dovuto al non innamoramento, ho letto alcuni libri. poi sai è anche verro che … tuttoil bene dell’uomo ha o può avere una faccia inquietante, specie quando non è solo lui a gestire una macchina fin troppo grande, improvvisamente. Vedi tu… conosci una corrente, una idea… un’intenzione che poi nella pratica abbia messo a dure prova l’essere umano tanto da annullare e/o osccurare tutto il bello. Magari è quella di Simone…la prima.!

  9. davide

    vero quello che dici.
    Oggi ho provato ad iniziare un approfondimento e a esercitarmi in quanto mi ha suggerito simone.
    Bel compito, anche di soddisfazione. Certamente di grande lavoro, come tutti i cammini di cambiamento
    Si scopre immediatamente che l’upshift iniziale è inderogabile ed è parte fondante di tutto il progetto.
    Senza non si può fare, a meno di essere ricchi, ma allora è una attività da snob, non un ds.
    io la penso così

  10. eh si…sono d’accordo anch’io con Stefano… hai toccato punti fondamentali…
    Io aggiungerei anche l’idea di Angelo…
    E’ vero…sono tante belle parole, ma mi verrebbe voglia anche a me di usarle anche su qualcosa di concreto…Ad esempio: chi vuole puo’ esporre il suo programma ideale per fare il cambiamento tanto discusso…
    Essendoci già posti domande su domande per quello che riguarda le nostre motivazioni, e appurato che tali motivazioni siano piu’ che ottime per non morire facendo gli schiavi e per iniziare il processo di strategia, prima mentale e poi di fatto, quali sono i prossimi progetti? Secondo me bisogna domandarsi: quale è la mia situazione attuale? Cosa devo fare? A piccoli gradini devo costruirmi una scaletta, ipotizzare un tempo di riuscita, che ovviamente dipende dalle possibilità attuali e prossime…L’idea di comprare un piccolo appartamento da spendere una cifra irrisoria, è secondo me l’inizio di un programma…
    E’ chiaro che forse per qualcuno non è irrisoria come cifra… Questo dipende dal lavoro che stai facendo… ma, pur facendo il semplice dipendente, io non credo sia impossibile farsi un piccolo mutuo… Opterei per mutuo lungo per pagare meno quote mensili…Purtroppo questa è la spesa di primaria esigenza…Si dovrà pure dormire in qualche buco di casa…
    Questa è secondo me la prima cosa del programma…

  11. # Zazie,

    magari tu avessi ragione, circa lo sbagliarmi intendo.

    Ho sempre cercato un tipo di vita “comunitario” e negli anni ’80 “gli arancioni” mi sembravano averlo realizzato. Poi…

    Allego un link, se hai curiosità puoi dargli un’occhiata, parla proprio di Osho e dell’incubo che era in realtà ciò che era stato creato. Naturalmente è lecito concedere a ciascuno il beneficio del dubbio. Però io poi ho approfondito e sono rimasto sconvolto. E sì, è così che i sogni dei ragazzi si rivelano illusioni. Anche se sono ragazzi ricchi, o com’ero io, inquieti.

    http://www.fuocosacro.com/pagine/maestri/osho2.htm#_Toc52625051

    Ne ho viste troppe per fidarmi dei guru (di qualunque tipo intendiamoci). Ho anche provato a vivere esperienze comunitarie, ma sembra una maledizione, si finisce sempre nello stesso modo: il “leader” che diventa despota, che sceglie il suo entourage ed esilia gli altri; il sogno spezzato.

    Scusa la divagazione, lo so, tu intendevi solo dire che, alla fine, sono cose da ricchi annoiati. Ma, ripeto, per me è normale, chi di soldi ne ha pochi vive nell’illusione che quelli siano la risposta. D’altronde la Rivoluzione Francese e il Risorgimento Italiano partono da classi istruite e borghesi, non dal proletariato, anche se poi lo illudono e lo strumentalizzano… Lasciamo ai “poveri” il loro sogno ($$$) chi siamo noi per toglierglielo? Se è un falso dio morirà da solo.

    Una cosa che apprezzo di Simone è che, finora, non si è trasformato in guru. Va riconosciuto. Spero che abbia successo ma che il successo non cambi tutto.

    E’ un piacere leggerVi. Continuo a dire che dovremmo traghettarci dal “taglio” alla “passione” (senza stress!), ma la consapevolezza è già tanto. E poi, mi autocito:

    “Se abbiamo impiegato venti anni ad incasinarci, non speriamo di liberarci in meno di venti anni”.

    Ciao!!!

  12. Dico l’ultima e poi dovrò recuperare un pò sul lavoro purtoppo…
    Ragazzi ma mica è un mistero che Simone con tutto questo musichiere ci campi! Ha cambiato vita ma non per questo non dev’essere più lecito avere senso degli affari e trarne benefici economici. In fondo non mi sembra che a noi che leggiamo non chieda un euro (se non comprando un libro di nostra iniziativa) e noi rinforziamo un pò le nostre convinzioni (o cambiamo idea) su un argomento che ci sta a cuore.

    Mi auguro che Simone non si sia inventato tutto per portare via il trono al suo mega direttore generale… mi sembra probabile che la sua storia sia onesta.

    Veramente non capisco il motivo di stare qui e giudicare… a presto.

  13. LO DICO E LO PENSO, CI VOGLIONO EQUILIBRIO E CORAGGIO A CAMBIAR VITA, MA… CHE DUE PALLE ‘STO BLOG! IO, CHE CI STO LAVORANDO (ALLA STERZATA), E CHE NEL FRATTEMPO CONTINUO A TIMBRARE IL CARTELLINO, PURE MI GODO MOLTI MOMENTI DI PACE E CONCENTRAZIONE FUORI DALLA MISCHIA, A FARE ANCHE IN CITTA’ I MIEI LAVORETTI IN COMPAGNIA DEI GATTI, CON QUALCHE VASO DI GERANIO COME STUPENDO ORIZZONTE SULLA RINGHIERA DEL BALCONE, O NELLA QUIETE TRAPUNTATA DI TACCOLE NELLA MIA CASETTA IN MAREMMA. HO GIA’ TAGLIATO TANTI RAMI SECCHI, HO GIA’ CAPITO QUELLO CHE MI SERVE, CHE E ‘ NECESSARIO, E QUELLO CHE SI PUO’ (O SI DEVE) EVITARE. MA NON MI SOGNEREI PROPRIO, NE ORA NE’ IN FUTURO, DI FARE TUTTA ‘STA MOINA,’ST’AUTOINCENSAMENTO, O, PER BEN CHE SE NE VOGLIA PENSARE, ‘STA SBRODOLATA (VEDO E CAPISCO CHE FRUTTA BENE, MA QUANT’E’ NOIOSA! E OLTRETUTTO CONTRADDICE IN PIENO L’IDEA DI UN VIVERE SANO, APPARTATO E “MINIMALISTA”).

    • Carola, serena. Se non ti piace il blog basta che non ci vieni. Mica è obbligatorio. Io poi ho la mia idea: se tu dici cose che non condivido, più che stigmatizzarle, le contrasto con altri argomenti. Non mi viene da sbottare di fronte alla dialettica tra diversi. Nè mi viene da ipotizzare tornaconti altrui e amenità del genere. Avrei paura di buttare via energie invece che usarle per la mia vita. Ma è solo una mia idea. ciao e buone cose.

  14. “…è molto più semplice lasciarsi andare che nuotare contro corrente…”
    Stefano coglie in pieno. Anche Giovanni probabilmente. Ma nessuno ha una risposta pratica.
    Perchè non ne esistono, esse sono pura teoria. A noi spetta applicarle nella pratica.

    In questi giorni di fervida attività celebrale pensando al downshift (o dindondero che dir si volgia) ho pensato di essere una macchina:
    Letteralmente vuol dire scalare marcia, quindi se noi viaggiamo tutto l’anno in quinta per i ritmi che sappiamo, dobbiamo essere consapevoli che dobbiamo in granare la sesta prima di gustare la discesa: fare upshift (o ipipurrà!).
    Questo richiede una gran fatica. Dobbiamo essere disposti ad una gran fatica e convincerci che le conseguenze non ci fanno paura, anzi devono essere di stimolo a spingere sull’acceleratore.

  15. exodus…

    credo tu faccia confusione con qualcun’altro.
    ma la cosa non ha importanza.
    Io poi, non appartengo a niente e nessuno e il mio credo è altro.
    saluti

    (ps… nessuno di quelli che seguivano o seguono osho sono “povere persone…eheheh torno a dire)

  16. # Zazie,

    ciao, io ho letto “Bhagwan, il dio che fallì” e mi sono convinto che quella setta (i capi intendo, non le povere persone che li seguivano) era un associazione a delinquere pericolosa e colpevole di omicidio e tentata strage

    Lo stesso per Ron Hubbard e Dianetics.

    Poi sono vissuto anni in una Comunità religiosa cattolica, bellissima esperienza, ma anche lì la legge del gruppo è schiacciante, c’è poco da fare. Alla fine o ti conformi in tutto o “non puoi stare lì”.

    Bhagwan che poi cambiò il suo nome in Osho mi ricorda tanti guru del marketing e della formazione: grandi venditori.

    Non credo che potremo mai assomigliargli (grazie a Dio), ci manca una cosa fondamentale: la capacità di “lasciarci andare” (che se è assenza di senso critico, delegata ad altri uomini, diventa una cosa terribile) e la voglia di dare davvero un taglio al passato.

    Poi è normale: il povero si illude di migliorare la sua condizione arricchendosi. Il “ricco” ha già sperimentato questo fallimento e cerca altro. E’ così che deve andare. In fondo, si compie uno step alla volta.

    Non siamo “rivoluzionari”, anzi cerchiamo con fatica di migliorare qualcosa senza avere un piano preciso (almeno per ora). Non essere troppo severa con noi, alla fine, stiamo solo facendo del nostro meglio e il nostro meglio per adesso è… tutto qui!

    Ciao!

  17. Sai Davide che mi hai colpito?
    Questa storia del dare il meglio di se’ quando va bene 2-3 settimane l’anno e’ profondamente vera.

    Ma perche’ accettiamo ruoli in cui non ci riesce se non di dare il peggio, o il “medio ” di noi stessi?

    Finche’ non mi do una risposta capisco che non mi muovero’ di molto…

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