L’altro

Uno studio americano parla della rabbia verso i Downshifters. Un sentimento violento e irrefrenabile, che secondo la ricerca riguarda i conoscenti (soprattutto) e perfino gli estranei. Qualche giorno fa un lettore mi scrive: “Ho parlato delle mie idee di cambiamento a qualche amico, a qualche famigliare. La reazione più normale sono stati sorrisini, come a dire che ero spiritoso, che avevo fatto una bella battuta. Da altri ho avuto reazioni violente, al limite con l’insulto. Nessuno che mi abbia detto: ‘Ma dai, che idea interessante. Parliamone!’. Mi è parsa invidia, a tratti anche qualcosa di peggio”.

A pensarci bene, questo sentimento è il reciproco della soddisfazione che prova tanta gente a parlare delle disgrazie altrui. Un piacere quasi fisico, che porta alla sovraeccitazione (tipica dei funerali), ridona vita e energie. Una tragedia altrui è una nostra mancata tragedia, dunque festeggiamo.

Per restare al Downshifting, tuttavia, accade qualcosa in più: “se lui pensa di cambiare dovrei farlo anche io. Solo che io non ci riesco, ho paura. Allora vuol dire che sono peggio di lui!”. Anche questo è pubblicità, vendita di nulla. Lo schema della nostra civiltà contemporanea si impossessa di noi. Dash lava più bianco, è lui il punto di riferimento. La cultura del benchmark, ovvero l’altro, considerato “giusto”.  Ci pensavo ieri sera. Qualcuno, intervistato di fronte alla tomba di Taricone (mi spiace che sia morto, era un ragazzo simpatico), ha detto: “era uno che ce l’aveva fatta”. Ce l’aveva fatta a fare che?

Il cambiamento passa anche da qui, dall’assunzione di consapevolezza che rabbia e soddisfazione per i successi e i fallimenti altrui sono il modo più efficace per non occuparci della nostra vita. Siamo troppo impegnati a guardare fuori, a vedere le pubblicità di altri prodotti, a misurarci attraverso di loro, a dire “sbaglia!” oppure “bravo!” per essere responsabili della nostra storia. Se prendiamo un brutto voto ma gli altri sono andati peggio, ci rincuoriamo. Però resta un brutto voto…

Troppo presi a parlare dei soldi, dimentichiamo spesso un punto molto importante: la nostra vita. Quello è il nostro terreno, la tela da dipingere è lì. Se abbiamo bisogno di un confronto, facciamolo con noi stessi (almeno giochiamo alla pari). Il mio romanzo di tre anni fa è migliore o peggiore di quello che sto scrivendo ora? La mia reazione a quando un amico non viene alla mia festa, è più serena o meno serena di un tempo? Il lavoro che mi ero prefisso per non farmi travolgere da certe emozioni prosegue o si è interrotto? Quando parto, quando torno, quando cambio, le mie sensazioni sono positive o ancora negative? Se incontro qualcuno in gamba, lo invidio o lo ammiro, lo prendo a modello o lo evito? E se provo rabbia, continuo a proiettarla verso l’esterno o comprendo che, evidentemente, qualcosa ha fatto breccia nelle mie debolezze, dunque in qualcosa di vero?

La nostra quotidianità è eccessivamente promiscua. La solitudine serve anche a questo, ad evitare troppo inutile contatto con gli altri. E’ con la nostra storia che serve avere contatto, non con quella altrui. Non saremo mai soddisfatti se non voltandoci e scoprendo che l’uomo che eravamo era più debole e disequilibrato di quello che siamo oggi. La rabbia e l’invidia che nutriamo verso gli altri sono un enorme spreco di energia. Se riuscissimo a piegarla nella direzione favorevole faremmo molta più strada. E sorrideremmo delle nostre piccole o grandi mediocrità.

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125 pensieri su “L’altro

  1. ciao Simone,ci siamo incontrati a Reggio E.alla presentazione del libro.Sono la tua dirimpettaia di porto Mirabello.Sto scrivendo un libro sui porti partendo dalla mia collezione di francobolli.Dopo una parte generale, con cenni storici,presento 300 francobolli, foglietti ed annulli che celebrano i porti italiani e del mondo.La sequenza è intervallata da citazioni, proverbi e curiosità.Gradirei un tuo giudizio (critiche e suggerimenti).Posso inviare in pdf. Se non vuoi, più amici di prima.
    Grazie per il tempo che vorrai dedicarmi.
    Ciao, Silvia
    P.S. Se l’idea del casale in collina è ancora viva, aderisco subito.

  2. Ciao Simone, ciao Alberto

    Simone ho capito cosa intendi e non è tanto il pensiero di uscire dalla massa quello che mi spaventa… Forse è l’idea di non essere più utile agli altri alla società ma solo a me stesso…

    Però domenica non potrò andare in barca con i miei amici a causa del lavoro… e come mi hai insegnato quella domenica non tornerà più…

    Proseguo con le mie riflessioni, se un giorno deciderò di fare il grande salto sarai uno dei primi a saperlo.

    Buon vento!

  3. Ciao Marco,
    Finisco la risposta di stamattina.
    A sentire lui (il mio capo) non è possibile che una persona non abbia un lavoro, non produca niente, non consumi niente di ciò che altri producono. Mi cita l’esempio dell’andare in bici. “Per andare in bici ti serve la bici da corsa ultra leggera, le scarpette con l’attacco,l ’abbigliamento giusto, il caschetto, il Gatorade , il programma d’allenamento giusto fatto dal preparatore, l’apporto di aminoacidi ecc… ecc… e come fai a procurarti questi oggetti se non lavori e non hai i soldi per comperarli? “
    Ora…. capisco la passione di un praticante domenicale, ma sinceramente mi è venuta in mente l’immagine di Bartali o Coppi con uno zaino da 20 kg sulle spalle che sorpassavano il mio capo sverniciandolo più volte su un’ovale d’allenamento. ☺
    Per me il piacere di andare in bici è andarci, punto. Che sia vestito col mutino perché fende meglio l’aria non credo sia necessario, quantomeno non è indispensabile come non avere la sella (alla garibaldina!!!).
    Questo per dire, è proprio tutto necessario? La “reputazione” prevede cene, abiti,macchine. Insomma puoi mica essere benestante e fare il barbone come direbbe il milanese doc (con l’accento del cumenda). Siamo sicuri di tutto questo o lo diamo per scontato perché è così che gli altri ci devono vedere? Ce l’ha fatta…. Lui si che è arrivato.
    Sono scelte personali e non entro in merito, certo è che le persone che pensano a se stesse prima di tutto sono quelle che indirettamente ne aiutano tante altre .
    Vedi Zanardi, oggi di lui dicono che è un esempio da seguire, per la sua capacità di trasformare il dramma che lo ha menomato nella sua vittoria più importante. Viene invitato a convegni trascorre una porzione importante della sua vita su e giù per il mondo, per dare alla gente un messaggio di speranza, per incitare gli altri a non mollare mai. Un giornalista lo definì “un maestro d’altruismo”…
    Questa è una frase di Zanardi in persona:
    “Certamente scoprire che qualcuno possa aver tratto forza da quanto mi è successo fa piacere, sono lieto se sono stato utile ad altri, anche se tutte le cose che ho fatto le ho fatte anzitutto per me”

    Un saluto
    Live simply take it easy

  4. ahahah GIULIA (quella critica) lo riscrivo ancora…
    “buongiorno e bentornati sulla terra! Guadagnate 3.500 € al mese? No? Peeeeee!!!! Squalificati!!”. Troppo bellino… e anceh vero! Eccome!
    Sono totalmente d’accordo con te, anche sul resto che hai scritto.
    Come se, poi, la crescita personale e interiore non potesse (come avviene) avvenire anche in persone che lavorano come schiavi tutto il giorno. Eccome… se ci son persone che nelle difficoltà quotidiane, trovano la propria via ineteriore. Quindi… parliamo del tempo??!!:-)))

  5. Se lo facessero tutti? Ma fare downshifting non significa affatto starsene con le mani in mano! Se lo intendiamo così, non abbiamo capito niente. Significa recuparare i tempi umani della creazione e della riflessione, ma a mio parere non è per niente una pratica individualista. Fare downshifting non significa mollare tutto e dedicarsi alla coltivazione delle fragole o alla pulizia delle barche. Questo ha scelto l’autore del blog, ma non è la sola forma, come Perotti ha spesso scritto. Scalare marcia: si può fare, anzi si deve fare anche restando “dentro”, magari solo a metà…Riducendo i ritmi, dedicandosi a creare con le proprie mani, recuperando visioni perdute. E comunque è un percorso molto lungo, lento, da preparare nel corso degli anni.

  6. @ Marco:

    probabilmente se tutti al mondo facessero DS, nel senso di evitare di sprecare tempo risorse e vita nel fare cio’ che non porta a nulla o cio’ che porta malcontento, ed invece facendo CIO’ che veramente si sentono di fare nella vita, avremmo tutta gente che lavorerebbe comunque, ma nei settori a loro congeniali, per magari uno stipendio equo, e che porterebbe a termine i propri doveri con passione e al 110 %.
    DS non vuol dire secondo me, smettere di fare, ma indirizzarsi verso cio’ per cui si e’ portati: ad esempio, quanti medici ci sono oggi che praticano perche’ hanno avuto ‘spintarelle’ per entrare in una professione che non e’ la loro ?? Se praticassero solo coloro che lo fanno perche’ credono in cio’ per cui hanno studiato, avremmo ugualmente moltissimi medici , ma tutti motivatissimi, entusiasti di fare cio’ che fanno. Secondo me il grande male del mondo odierno e’ che pur di far girare i soldi, si mettono le persone sbagliate nel posto sbagliato. Se invece chi una cosa la fa per passione, potesse avere ‘vita facile’ per poterla tramutare in occupazione, avremmmo gente come Simone che porta in giro persone in barca, appassionatamente, autenticamente, persone come me che sono appassionate di fotografia ed illustrazione che lo fanno senza sentirsi ‘costretti a farlo’, gente come quelli appassionati di cucina e di natura, che aprirebbero fior di agriturismi… il mondo sarebbe sicuramente piu’ autentico, migliore, genuino.
    E finalmente scomparirebbero mestieri logoranti e schiavizzanti nati dalla mente malata dell’uomo, scomparendo necessita’ inutili, scomparirebbero bisogni inutili e sprechi inutili… io la vedo cosi..

    Buona vita

  7. # Marco:

    E se tutti smettessero di uccidere, rubare, se fossero onesti, se non fossero invidiosi, ladri di risorse altrui…

    E’ come chiedersi cosa succederebbe se tutti facessero doxshifting: non può succedere e basta… ma magari succedesse!

    # Alberto:

    preso nota, veramente non vado molto a Monza, ma non si sa mai!!!

    Ciao!

  8. # Marco
    Ciao Marco, la domanda se tutti facessero DS nel mio caso, non me la sono posta io, me lo ha fatto notare il mio Capo. La risposta che gli ho dato è stata egoistica ma sicuramente molto sincera.
    “Sinceramente di quello che dicono o fanno le altre persone a me non interessa, lo faccio per me stesso”.
    Devo andare, ma torno dopo con un’aggiunta a quanto detto.

    Hem… nel post precedente ho indicato Giulia ma in realtà era Exodus.
    Alberto
    Live simply

  9. Ciao Simone, qualche mese fa passeggiavo per Milano, era un venerdì pomeriggio, che mi ero preso libero dal lavoro, per pianificare e prenotare le ferie.
    Dopo aver prenotato, con grande soddisfazione, il mio corso di vela a Caprera sono entrato in una libreria del centro cercando qualcosa da leggere sulla vela per approfondire un po’.
    Mi sono imbattuto nel tuo libro e da li mi hai incasinato la vita! Ho iniziato a leggere, ho smesso, ho ripreso, in due giorni l’avevo finito. Sono ancora oggi a pensare a pianificare ma di sicuro mentirei se dicessi che non ci sto pensando sul serio.
    Certo la cosa che mi blocca di più e che anche tu scrivevi nel tuo libro è proprio l’idea di lasciare la posizione raggiunta, la laurea, la “reputazione” e imbarcarsi in un nuovo viaggio radicalmente diverso… che forse quel venerdì pomeriggio ho incominciato sfogliando la copertina del tuo libro.

    Ma permettimi una domanda, che si ricollega a molte altre, se tutti facessero DS… cosa ne sarebbe del mondo? Intendo chi guiderebbe gli autobus, chi progetterebbe i ponti e le strade, chi curerebbe gli ammalati negli ospedali? Non voglio credere che il DS debba solo essere una vita per pochi eletti, ma fatico ancora a pensare che possa essere per tutti… Forse questo è il grande scoglio che mi frena dal mollare gli ormeggi, non lo so, ma se mi vorrai dire cosa ne pensi te ne sarò molto grato.

    Marco

    • Ma quando mai questo è accaduto marco? Quando mai l’uomo ha fatto la stessa cosa di tutti? è l’obiezione finale marco, quella prima della resa. Non tutti faranno downshifting, come non tutti, mai, hanno fatto in massa la stessa cosa. Ma non è questo l’ostacolo, lo sappiamo… ciao!

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