USV. Il video

Uomini Senza Vento, un video per raccontarlo. E’ stato scritto prima di Adesso Basta, anzi, ne è stato il laboratorio narrativo. Un noir mediterraneo e ambientalista. Cioé avventura, mare, e quello che c’è fuori dalla bolla dove viviamo. Spero vi piaccia. Ciao! (Non fate caso alla maglietta… Era l’unica pulita e sono sbarcato da poco…)

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Pausa

La cosa che mi colpisce di più, quando torno a Milano, è l’ora della pausa pranzo. Resto imbambolato a guardare i piccoli gruppi di colleghi che escono e si dirigono verso il bar. Quella scena si ripete ogni giorno…

Mi pare di capire quasi tutto, solo osservando. C’è il più alto in grado che cammina con lo sguardo basso, come perso nelle sue profonde riflessioni. Accenna un sorriso, ogni tanto, come dire “ascolto, certo, ascolto…”, oppure guarda avanti e pontifica, come stesse arringando una folla. La differenza sta solo nella sua stanchezza, nel suo bisogno di conferme. Poi c’è il suo antipode naturale, il più basso in grado, che guarda i volti, da uno all’altro, sorridendo. Tutto gli sembra significativo, non osa dire la sua, a volte invece si lancia… da una battuta migliore o peggiore sente che dipende molto della sua storia. E poi gli altri, esseri occasionali, che sono media nel ruolo e nella compagnia, incerti se restare in silenzio come il più giovane o prendere parte, esprimersi, ma che non sembri troppo, che non sia eccessivo. Nessuno guarda mai in alto, verso il cielo. Eppure ci sono splendide nuvole oggi…

Quei ragazzi (che poi di ragazzi si stratta, basta immaginarli adolescenti, nel cortile, correre dietro a un pallone, ed è facile vederli) sono lì per denaro, sono lì per circostanza, per occasione e convenienza, per bisogno. Il loro buonumore deriva in parte dalla pausa che stanno effettuando, dal riposo meritato a cui hanno diritto. Per il resto galleggiano, in relazione con quello che c’è, compagni di viaggio quotidiani che non sono stati scelti, a cui non corrispondono, in luoghi assurdi, da cui dovrebbero evadere. Ma ostentano allegria, un’allegria costosissima, che li logora, che li renderà esangui, la sera, quando si ritroveranno nella loro casa dove potrebbero essere autentici, finalmente, ma troppo stanchi perfino per tentare.

Mi censuro, in questo sguardo. Provo tenerezza. Quei ragazzi fanno del loro meglio, si impegnano. Poi però non riesco, non ce la faccio… Li guardo con compassione, mi chiedo perché passare la vita su un palcoscenico tanto duro. E penso che la via c’è, che si può vivere in modo differente. Penso che qualunque sforzo, qualunque privazione sarebbero più giustificati della fatica di quella pausa pranzo a rincorrere parole, ruoli, giurisdizioni tra esseri che non comunicano, che se cambiassero datore di lavoro scomparirebbero, sostituirebbero con altri la funzione degli uni senza alcuna discontinuità.

Ogni volta che li vedo, mi ricordo. Ricordo la fatica delle parole al vento, sprecate, delle energie dissipate a non costruire niente, dello sforzo duro a essere-come-si-doveva, non come-si-poteva, come sarebbe stato giusto. Penso alla violenza di uno, due anni, dieci, trent’anni trascorsi così, o tutta la vita perfino. Sorrido, perché mi tornano a mente i discorsi di tante persone incontrate quest’anno, che hanno capito almeno questa pausa pranzo, almeno questo momento, e si rivolgono altrove. Qualunque impegno, qualunque costo, è inferiore a questo. Qualunque tentativo offre in cambio, almeno, la dignità.

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Non sono io…

Mi arrivano i primi commenti a “Uomini Senza Vento“, uscito qualche giorno fa. E’ sconcertante che un romanzo ci voglia così tanto a scriverlo e così poco a leggerlo…

Comunque, una precisazione: il protagonista non sono io. Non mi somiglia per nulla (se non per cose esteriori come il lavoro, Milano, Ponza…) e condivide con me, dentro, solo la passione per il mare e la navigazione. Renato è indeciso, ipocondriaco, si fa trascinare dagli eventi, si trova in posti cruciali casualmente, osserva l’architettura della sua vita crollare quasi senza reazione. Renato è un uomo senza vento, simbolo di una generazione, eternamente in bilico tra progetto e azione, colpe non commesse e atti mancati. Io direi che sono diverso, almeno lo spero.

Anche il percorso che compie durante il romanzo non è il mio, anzi, ne è l’opposto. Renato sceglie suo malgrado, forse si fa spingere inconsciamente, e la sua vita muta per un ordine naturale degli eventi. Solo alla fine diventa scelta, quando si è ormai compiuta. Se uno scrittore descrive se stesso fa il minimo del suo lavoro. L’ambizione, qui, come in ogni romanzo, è descrivere chiunque, dunque la vita.

La barca è un First 36.7, che effettivamente somiglia assai alla mia. Oreste e Antonio sono proprio loro, amici veri e in carne ed ossa. Se andate a Ponza ci parlate. Sara, l’ex moglie del protagonista, gli ufficiali della capitaneria, Luigi, Vittorio, etc, somigliano a gente che conosco ma non hanno collegamenti con personaggi reali. Non direttamente almeno.

Inoltre, solo per completezza, questo romanzo è stato scritto poco prima di Adesso Basta. Molte parti di AB sono state prese da qui tanto che, al momento della lavorazione del romanzo, ho dovuto riscriverle o toglierle. Soprattutto le pagine in cui si discetta sulla generazione dei quarantenni.

Buona lettura.

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Film e storie (infinite)

Le cose vanno veloci. Mentre esce il nuovo romanzo (di “Uomini Senza Vento” pare che ce ne siano pile alte un metro nelle librerie, e che la sera siano alte la metà… mah!) un’importante casa di produzione compra i diritti del mio Adesso Basta per farne un film del cinema. Un film. Incredibile…

Ci vedremo, vedremo noi stessi, la Generazione C, quelli che cambiano vita, seduti nella sala buia, dove di solito vediamo altro. Se fanno un film di questa storia, vuol dire che non è una moda, che non è un fenomeno da lifestyle. Solo della realtà fanno i film. Solo la finzione ci dice qualcosa della verità.

Mentre fioccano le idee per attori, regista, e ognuno la vede a modo suo, io continuo a scrivere. Idee tante, voglia di metterle su carta ancora di più, desiderio di vivere questa nuova vita in tutte le sue forme, alle stelle.

Leggete, se avete voglia, l’intervista su infinitestorie.it: http://www.infinitestorie.it/frames.speciali/speciali.asp?ID=910

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Rientri e nuovi inizi

Bloccato al Porto di Roma dal fortunale. Prima libeccio robusto, ora caos di vento, pioggia, mare formidabile. Ieri sera mi sono infilato dentro appena in tempo.

Pochi giorni al rientro, meteo permettendo. Sarò a Spezia un paio di giorni dopo la partenza da qui, cioé quando il grande Tirreno deciderà. Pochi giorni ancora dopo due mesi di mare, vento, onde, baie, pesca, e soprattutto… persone. Gente diversa, tanti lettori di Adesso Basta, ragazzi e ragazze che mai come quest’anno erano per gran parte simpatici, interessanti, curiosi, pieni di vita e di storie. Se avessi denaro a sufficienza per vivere smetterei di fare charter, inviterei la gente a bordo gratis, però perderei questa grande opportunità d’incontro, di comunicazione… Le sveglie all’alba, su l’ancora e si parte, le notturne in alto mare, per giorni, i ripari dal vento, con l’ansia che non peggiori, le sere sui moli, con le gambe a penzoloni e mille nostalgie nella testa. Persone e angoli di Mediterraneo, senza tempo, senza fretta. Regali.

E poi domani, il 9 settembre, data di uscita di Uomini Senza Vento. Un nuovo libro, un romanzo, e nuovi incontri, nuovi commenti. La storia di un uomo senza vento nelle vele, di una donna misteriosa, di amici, di inseguimenti a vela, di cambiamento. Un inizio mentre questo viaggio termina. Quante cose…

Torno pieno di immagini negli occhi, di parole ascoltate, di musica del mare, di pesci enormi tirati a riva mentre la barca avanza, al tramonto, e la gente si emoziona. Riparto domani con un viaggio che porterà colori e suoni, storie e immedesimazioni. Che uomo fortunato, quello che si mette in cammino…

Buon vento a tutti, allora, a chi è stato a bordo, a chi verrà, a chi non verrà mai ma è in contatto con questa grande comunità, e agli altri tutti. Forza e coraggio, il tempo che abbiamo davanti va usato con intensità e autenticità. Due cose alla nostra portata.

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