Con Bjorn Larsson a Milano

Io e Bjorn Larsson faremo insieme un dialogo pubblico a Milano, il prossimo martedì 30 novembre (vedi Agenda). Il titolo è emblematico: “La libertà è un sogno realizzabile”. Lo è stato per entrambi, e i nostri libri “Bisogno di Libertà”, “La Saggezza del Mare” (Iperborea), “Adesso Basta” (Chiarelettere) e “Uomini Senza Vento” (Garzanti) hanno avuto successo, suppongo,  proprio perché raccontano cose vere, accadute, emblematiche, simboliche, che non riguardano solo noi ma anche tanta, tanta altra gente. L’omologazione è tale, oggi, che se un autore riesce a scrivere una cosa vera, migliaia di persone escalamano: “Esatto! E’ così anche per me!”

Ho conosciuto Bjorn anni fa, dopo aver letto gran parte dei suoi libri, dopo che aveva scritto cose bellissime sul mio romanzo “L’Estate del Disincanto” (Bompiani). Cenammo insieme a Mantova, e parlammo di mare tutta la sera. Non poteva che essere così. Oltre alla libertà, ci unisce un profondo amore per il mare, per la navigazione, che condiamo ognuno dei propri miti, celtico per lui, mediterraneo per me. Entrambi navighiamo parecchi mesi all’anno, tra tutto, ed entrambi non abbiamo particolare desiderio di fare il giro del mondo o la traversata di qualche oceano. Non sono le metafore he ci ineressano, ma la realtà del mare. Ci basta e ci avanza stare a bordo, navigare con spirito di avventura vivendo della libertà che solo un uomo su una barca a vela (o un uomo su una montagna, o un uomo in un bosco…) può sperimentare. Il suo mondo sono i mari del Nordeuropa, il mio le acque del Mediterraneo. Ho navigato nel Baltico, e lui ha navigato da noi, ma ognuno ha la sua acqua, ed è bene che ci stia dentro.

Bjorn è un uomo libero. Un uomo che ha seguito la sua linea di minore resistenza. Ha creduto di poter diventare l’uomo che non era ancora, quando da ragazzo andò a Parigi per “fare” lo scrittore. E infatti lo è diventato. Io per anni ho avuto solo il sospetto, cibandomi di sogni per analogia, ma senza mettere niente di davvero consistente nello stomaco dell’azione. Poi, forse non troppo tardi, anche io sono andato. Ci unisce certamente (perfino più dell’amore per il mare) l’aver molto creduto, il non aver mollato, aver elaborato ognuno un suo personale credo, un suo originale disegno. E averlo seguito.

Quando pensavo e ripensavo a come agire, come entrare nella mia vita di “uomo senza vento” e modificarla, mi colpì molto un breve passo del bellissimo Long John Silver. Metteva insieme i due aspetti su cui stavo maggiormente ragionando, l’uno vincolo e l’altro opportunità. Invitandovi tutti a venire martedì, lo cito come omaggio alla nostra scrittura, alla nostra comune cultura marinara, al nostro condiviso bisogno di libertà:
Solo, dunque, finché morte non mi separi. Questo è il prezzo, suppongo, che si deve pagare a questo mondo per aver voluto essere libero. E’ caro o a buon mercato, mi domando? Dovrei ridere o piangere? Chi lo sa! Ad ogni modo, non me ne sono mai crucciato, finché ero in vita. E ora è troppo tardi per fare i conti. Ma forse ci si può domandare se libertà e solitudine non vanno mano nella mano a questo mondo, così come appare, se si vuole rimanere un essere umano.

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Se cade Berlusconi esporrò il tricolore

Il Fatto Quotidiano

Quando cadrà il Governo Berlusconi io metterò la bandiera italiana sul davanzale. Esporrò il tricolore della marineria, quello con lo scudetto delle quattro repubbliche in campo bianco, l’unico che ho. E lo farò per celebrare un giorno importante.

So bene che l’eventuale caduta di questo Governo non apre a nessun futuro particolarmente roseo. So bene che non è stata ancora partorita alcuna alternativa. So che, legittimanete, potrebbe nascere un altro governo mediocre, senza idee, incapace di amministrare bene le nostre cose. So anche che se tornassimo a votare non saprei cosa votare, oggi, e non avrei affatto la sensazione di poter contribuire a una concreta e duratura svolta per l’amministrazione del Paese.

Nonostante questo, con convinzione, metterò il Tricolore sul davanzale.

Lo esporrò perché questi anni, con molti responsabili ma con uno in particolare, sono stati contraddistinti più che mai dal culto del denaro, dal consumismo (vi ricordate “Grazie!”, la campagna di Berlsuconi che invitava a comprare, comprare, comprare…), dalla fuffa materialista e cialtrona, dai politici puttanieri e immuni, dal sentimento di impunità che spinge a varcare ogni limite della decenza. Io, che non sono né un santo né un bacchettone né un moralista, ma sono italiano, ho patito tutto questo.

Lo esporrò perché odio la mafia e i mafiosi, chi è colluso con loro, chi non li isola ma ha costruito la propria fortuna sul denaro riciclato, rubato con la violenza ai miei concittadini. Dunque a me.

Lo esporrò perché considererò auspicabilmente finito il tempo delle leggi ad uso personale, della prevalenza degli interessi particolari su quelli collettivi, dei tagli alla scuola, alla cultura, a ciò che, come ha detto esplicitamente Tremonti, “non si mangia”. Lo esporrò perché sia chiaro che io mangio anche quelle pietanze, e come me tanta gente. Ne ho bisogno per vivere.

Lo esporrò perché mentre il pensiero consumista e materialista berlusconiano si affermava e si radicava, il nostro Paese è stato dimenticato, violato nel territorio, nelle acque, lasciato privo di salvaguardia, tutela, restauro, privo di qualunque progetto di rinnovamento e difesa, e ogni giorno cade a pezzi per incuria e ignoranza.

Lo esporrò perché Bondi rappresenta Berlusconi, non l’enorme cultura del nostro Paese; perché Alfano rappresenta Berlusconi, non la nostra giustizia; perché la Gelmini rappresenta Berlusconi, non la scuola e l’università di cui hanno bisogno i giovani italiani.

Lo esporrò perché sono contrario al reato di immigrazione, contrario alla TAV, contrario al Ponte sullo Stretto, contrario ai tagli alla cultura, contrario al nucleare, contrario alla riforma Gelmini, contrario alle ronde in camicia verde, contrario al Lodo Alfano, contrario alla depenalizzazione del reato di banda armata proposto da Castelli, contrario a questa legge elettorale, contrario al conflitto d’interessi, e sono stato contrario alla depenalizzazione del reato di falso in bilancio, contrario ai tagli alla ricerca scientifica, contrario al decreto salva-ladri, contrario al rientro dei capitali con una multa simbolica, contrario a chi dice irrispettosamente che Barack Obama è abbronzato o fa le corna a un collega in una foto ufficiale mentre rappresenta il nostro Paese all’estero. Mentre rappresenta me.

Lo esporrò perché sono un uomo di mare, e quando guardo le coste del nostro Paese dal largo vedo da anni un Paese in decadenza, dove imperversano ignoranza, televisione d’accatto, informazione violata, consentite e sospinte dal laissez faire travestito da libertà propugnato dalla cultura berlusconiana.

Lo esporrò perché per anni sono andato all’estero e ho dovuto subire le ironie di colleghi, amici, semplici conoscenti che, sentendo che ero italiano, si sono sentiti autorizzati a sorridere, a fare battute, a costringermi ad abbozzare, o a motivare, o peggio: a ridere anche io. Di quel riso mio e altrui ho sofferto, ne ha sofferto il mio orgoglio, il mio amore per me stesso e per il nostro Paese. Di quel riso provo vergogna.

Lo esporrò perché non l’ho mai esposto, neanche quando abbiamo vinto i mondiali di calcio, ma stamattina ho pensato che lo farò, che serve farlo, e che se lo faranno anche altri potremo passeggiare per le nostre strade con la sensazione che in tanti vogliamo un Paese con altri presupposti e altre basi sociali, culturali, politiche, amministrative. Esporrò la nostra bandiera per me, per la mia speranza, non certo per fiducia in un cambiamento che non vedo, che non c’è, che non è pronto, che non mi convince, che nessuno in questi anni ha ancora pensato.

Lo esporrò perché provo vergogna anche di questo.

Community “Se Cade Berlusconi Esporrò il Tricolore

Gruppo: “Se Cade Berlusconi Esporrò il Tricolore”

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Intervista su “Il Bosco dei 100 sogni”

Pubblico volentieri l’intervista apparsa oggi sul frequentatissimo e interessantissimo blog “Il Bosco dei 100 Sogni“, di Emanuela (che non conoscevo). La ringrazio per la sua cortesia.

Quattro chiacchiere con Simone Perotti

Ho già parlato in altri post di vivere semplice, di scalare marcia: è un argomento sul quale mi interessa particolarmente un confronto. E ho parlato anche di Simone Perotti, che oggi sembra essere diventato il “downshifter più chiacchierato d’Italia” (dico io), un comunicatore che ha scalato marcia, ed è diventato un personaggio. C’è chi condivide il suo stile di vita, chi lo critica aspramente, chi con calcolatrice alla mano “gli fa i conti in tasca” … e lui risponde a tutti, criticanti e non, sostenitori e non. In questi giorni è uscito un suo nuovo libro “Uomini senza vento”. Io ho avuto l’opportunità di leggerlo. E anche l’opportunità di scambiare con Simone alcune chiacchiere: volevo tentare di andare oltre il discorso denaro, perché non mi sembra questo il punto cruciale per una scelta di vita come la sua: mi incuriosiva capire come era arrivato a questa decisione. E’ stata un’esperienza arricchente per me, interessante confrontarsi con semplicità su argomenti anche personali, bello scoprire la disponibilità al dialogo e all’apertura tra persone estranee. Ecco le nostre chiacchiere.

E – “Uomini senza vento” ha una trama avvincente, non sono un’appassionata di mare ma l’ho letto tutto d’un fiato. Mi pareva di respirare l’aria salmastra e di avvertire la disperazione della balena. Ma … sulla copertina è riportato un prezzo di 17,60 €: immagino che la casa editrice avrà imposto determinate condizioni, ma mi sembra in contraddizione con lo stile di vita sobrio di cui sei “promotore”.

S – I prezzi dei libri dipendono dalle collane, dalle pagine, e li decide l’editore. Io da tempo dico che i libri fino a 120 pagine dovrebbero costare 8 euro e quelli oltre le 120 pagine 14 euro, ma servirebbe un contributo statale per la cultura per fare questo. Il mercato non lo consente. Oggi è uscito l’eBook di Uomini Senza Vento, costa meno. E’ un’opportunità in più.

E – Con “Adesso Basta” hai reso pubblica la tua decisione di cambiare vita, hai messo nero su bianco i tuoi conteggi, progetti, sogni, difficoltà … Perché hai sentito il bisogno di urlare a tutti questa tua scelta? Perché, tutt’oggi, hai bisogno di confrontarti con tutti quelli che contestano questa tua scelta e si permettono di farti i conti in tasca?

S – Mah, non lo so esattamente. Io sono un uomo in eterno assetto di comunicazione, che vuol dire che quando posso comunicare con qualcuno ritengo che sia una grande opportunità, per entrambi. Ho il massimo rispetto della comunicazione fisica, telefonica, elettronica, insomma … parlare dei miei libri, delle mie idee, di quelle degli altri, lo trovo splendido. Il mio libro racconta una testimonianza individuale, che per me ha valore politico. Quando un uomo fa qualcosa che diventa simbolo di una potenziale possibilità in più per tutti, beh, allora sta facendo politica, e deve comunicarlo. Il mondo si evolve anche per repulsione o consenso a questi simboli.

E – Tu sostieni che l’aspetto economico sia il minore dei problemi in un drastico cambio di rotta come il tuo. Io penso che l’equilibrio interiore sia l’unico elemento cui fare riferimento. Eppure questo equilibrio non è cosa facile da trovare e mantenere e … se mi posso permettere … aggiungerei anche che in persone che, come ti definivi tu, hanno come scopo di vita il successo, il denaro, la fama, l’affermazione professionale, la definizione “equilibrio interiore” deve risultare piuttosto buffa, lontana e insensata. Tu come hai fatto a intraprendere questa ricerca?

S – Ci ho lavorato tanto, con costanza, quotidianamente, ho riflettuto, mi sono consultato, ho vissuto e fatto prove. Insomma: mi sono occupato della mia spiritualità, del mio equilibrio, per anni, come andassi in palestra, per rafforzare quel che c’era da rafforzare, per prepararmi. Gli esempi che faccio sulla solitudine, gli esercizi a cui accenno, io li ho fatti davvero. Io ero un uomo che sapeva stare assai poco da solo, che pativa l’isolamento. Dove pensavo di andare in quella condizione? Ero debole, alla mercé del primo che passasse di lì. Su quello, come su altro, ho fatto esperimenti, mi sono forzato, perché volevo essere autonomo. Se un uomo, come ritengo, lo si giudica da dove parte e non da dove arriva, io sono partito da lontano.

E – Cosa intendi quando parli di “spiritualità”?

S – Innanzi tutto rivendico la possibilità, anzi, la necessità di un pensiero spirituale laico. Il punto è: perché non si dedica tempo, non si insegna, non si parla di spiritualità come mezzo del te ipsum novi, cioè della crescita e dell’equilibrio? Perché si tace totalmente su un aspetto così centrale della nostra vita tanto che pochissimi praticano la propria spiritualità, dedicano tempo ad essa, ritagliano spazi, denaro, occasioni, energie per viverla? Come ci si può domandare perché la società decade, senza tener conto del fatto che è proprio per questo che avviene questa decadenza? La gente è preda del denaro, dei simboli, e per di più è triste e sola proprio perché non trova l’equilibrio.

E – Quindi per te spiritualità è realizzazione delle proprie aspirazioni.

S – L’equilibrio è il fine, l’armonia è il fine. Per cercare queste condizioni occorre lavorare su tutti i fronti: corpo, anima, mente e relazioni. E’ indispensabile spendere energie e tempo per occuparsene lavorarci, esserci, diversamente non c’è possibilità di un percorso spirituale, il come non è un punto ma il fatto in sé sì.

E – Qual è stata la “molla” che ti ha spinto a cambiare rotta, la “goccia che ha fatto traboccare il vaso”?

S – L’assunzione di consapevolezza che stavo perdendo tempo e vita nel traffico, in riunioni inutili, con gente che non aveva a che fare con me… e non mi stavo dedicando alla mia vita vera, alla conoscenza, alla ricerca, all’autenticità … dunque non una sola goccia, ma un cascata di gocce quotidiane. Per anni non ero libero, e questo era insopportabile. Soprattutto era un ostacolo enorme a fare quel che dovevo, volevo e potevo per tentare la via dell’autenticità, cioè essere il più possibile simile all’idea che avevo di me, all’uomo che volevo diventare. Ora ci sto provando ed è già molto…

E – Un sogno: Spesso concludo così i miei post, oggi concludo con una frase di Simone, presa dalla nostra chiacchierata, quella che mi ha maggiormente colpito e spinta a riflettere.

S – “Il mio sogno è diventare un uomo, prima di tutto. E più vado avanti più capisco quanta strada c’è ancora da fare. Non è semplice essere un uomo o una donna, e il fatto che nessuno parli di questo è avvilente. Ma assolve a un piano preciso se ci fossero molti uomini in circolazione il potere non potrebbe controllarli, un uomo vero non si fa controllare.”

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Il giorno dei sogni mancati

La cosa grave di un lunedì non è tanto l’essere lunedì, quanto piuttosto l’essere un lunedì qualunque. Un lunedì identico ai precedenti, intendo, e in tutto simile ai lunedì che verranno. Ricominciare la settimana senza la prospettiva che qualcosa, almeno, un giorno, finirà o che qualcosa prima o poi abbia inizio, è terribile. Ricominciare la settimana senza il corroborante pensiero di un progetto, l’istante in cui ci si immagina diversi, altrove, poi, è tragico.

Nel traffico occorre un pensiero salvifico, se non si vuole morire. Il pensiero di un luogo, certo, ma soprattutto una condizione, in cui la vita possa essere migliore, in cui si possano provare le emozioni che si sa di potere. Per alcuni basta un pensiero alla sera, a domani, qualcosa di semplice e prossimo che già basta a dare un motivo. Per altri, invece, si tratta di qualcosa di più…

Mentre si corre, col peso di chissà cosa sul cuore, è necessario che qualcosa, in un altro luogo, in un altro tempo, aspetti noi. Non è per motivi tanto difformi che ci si fa un amante, o che si mente a se stessi. Dietro questa condizione c’è l’acquisto di una casa, di una macchina (che produrrà altro traffico…), la decisione di un viaggio. Sono palliativi a buon mercato di un sogno che non abbiamo, cioè piccoli pesi per moderare il nostro squilibrio.

Se fosse possibile ascoltarli in bassa frequenza, in un lunedì mattina uggioso e freddo come questo, sentiremmo il fruscio dei sogni e delle fantasie dilagare per le strade, spandersi fino a riempire ogni pur minimo interstizio tra il vicolo e il cuore, tra i palazzi e le nostre menti in delirio. Stasera, con un giorno in meno da vivere di questa nuova, identica settimana, oppure domattina, già martedì, la forza del sogno parrà indebolita. Basterà un pensiero che regga per quattro giorni soltanto…

Nessuno sogna mai di venerdì. Non è terribile, questo?!

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