Con Bjorn Larsson a Milano

Io e Bjorn Larsson faremo insieme un dialogo pubblico a Milano, il prossimo martedì 30 novembre (vedi Agenda). Il titolo è emblematico: “La libertà è un sogno realizzabile”. Lo è stato per entrambi, e i nostri libri “Bisogno di Libertà”, “La Saggezza del Mare” (Iperborea), “Adesso Basta” (Chiarelettere) e “Uomini Senza Vento” (Garzanti) hanno avuto successo, suppongo,  proprio perché raccontano cose vere, accadute, emblematiche, simboliche, che non riguardano solo noi ma anche tanta, tanta altra gente. L’omologazione è tale, oggi, che se un autore riesce a scrivere una cosa vera, migliaia di persone escalamano: “Esatto! E’ così anche per me!”

Ho conosciuto Bjorn anni fa, dopo aver letto gran parte dei suoi libri, dopo che aveva scritto cose bellissime sul mio romanzo “L’Estate del Disincanto” (Bompiani). Cenammo insieme a Mantova, e parlammo di mare tutta la sera. Non poteva che essere così. Oltre alla libertà, ci unisce un profondo amore per il mare, per la navigazione, che condiamo ognuno dei propri miti, celtico per lui, mediterraneo per me. Entrambi navighiamo parecchi mesi all’anno, tra tutto, ed entrambi non abbiamo particolare desiderio di fare il giro del mondo o la traversata di qualche oceano. Non sono le metafore he ci ineressano, ma la realtà del mare. Ci basta e ci avanza stare a bordo, navigare con spirito di avventura vivendo della libertà che solo un uomo su una barca a vela (o un uomo su una montagna, o un uomo in un bosco…) può sperimentare. Il suo mondo sono i mari del Nordeuropa, il mio le acque del Mediterraneo. Ho navigato nel Baltico, e lui ha navigato da noi, ma ognuno ha la sua acqua, ed è bene che ci stia dentro.

Bjorn è un uomo libero. Un uomo che ha seguito la sua linea di minore resistenza. Ha creduto di poter diventare l’uomo che non era ancora, quando da ragazzo andò a Parigi per “fare” lo scrittore. E infatti lo è diventato. Io per anni ho avuto solo il sospetto, cibandomi di sogni per analogia, ma senza mettere niente di davvero consistente nello stomaco dell’azione. Poi, forse non troppo tardi, anche io sono andato. Ci unisce certamente (perfino più dell’amore per il mare) l’aver molto creduto, il non aver mollato, aver elaborato ognuno un suo personale credo, un suo originale disegno. E averlo seguito.

Quando pensavo e ripensavo a come agire, come entrare nella mia vita di “uomo senza vento” e modificarla, mi colpì molto un breve passo del bellissimo Long John Silver. Metteva insieme i due aspetti su cui stavo maggiormente ragionando, l’uno vincolo e l’altro opportunità. Invitandovi tutti a venire martedì, lo cito come omaggio alla nostra scrittura, alla nostra comune cultura marinara, al nostro condiviso bisogno di libertà:
Solo, dunque, finché morte non mi separi. Questo è il prezzo, suppongo, che si deve pagare a questo mondo per aver voluto essere libero. E’ caro o a buon mercato, mi domando? Dovrei ridere o piangere? Chi lo sa! Ad ogni modo, non me ne sono mai crucciato, finché ero in vita. E ora è troppo tardi per fare i conti. Ma forse ci si può domandare se libertà e solitudine non vanno mano nella mano a questo mondo, così come appare, se si vuole rimanere un essere umano.

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57 pensieri su “Con Bjorn Larsson a Milano

  1. Rileggendo gli articoli di quotidiani che hanno parlato di questo straordinario uomo non posso che fare mie alcune citazioni che conserver qui nel mio blog per sempre nella home page tra le frasi famose. Allora perch ogni volta resto sorpreso dallorrore e dalla cattiveria delluomo che sembrano non avere pi alcun freno oggi giorno?. E sempre vero che la libert delluomo dipende essenzialmente dal denaro?

  2. Rileggendo gli articoli di quotidiani che hanno parlato di questo straordinario uomo non posso che fare mie alcune citazioni che conserver qui nel mio blog per sempre nella home page tra le frasi famose. Allora perch ogni volta resto sorpreso dallorrore e dalla cattiveria delluomo che sembrano non avere pi alcun freno oggi giorno?. E sempre vero che la libert delluomo dipende essenzialmente dal denaro?

  3. Rileggendo gli articoli di quotidiani che hanno parlato di questo straordinario uomo non posso che fare mie alcune citazioni che conserver qui nel mio blog per sempre nella home page tra le frasi famose. Allora perch ogni volta resto sorpreso dallorrore e dalla cattiveria delluomo che sembrano non avere pi alcun freno oggi giorno?.

  4. # Simone,

    Dirò solo una cosa da credente, quindi potrà essere accettato solo da un credente (penso): il mio futuro lo costruisce Dio, c’è tutto dentro, il progetto, il piano, la realizzazione, le opportunità. Lui è l’ingegnere.

    Io sono l’artigiano. Quello che prepara i pezzi, taglia, incolla, realizza, valuta se tiene, controlla ogni tanto, si riposa tra un compito e l’altro.

    Ecco, io non sono il Dio di me stesso, non decido io. Ma non decidono neanche altri uomini (non saprebbero controllare neanche la loro vita, figuratevi la mia). Su di me decide Dio, in ogni caso, ma ho deciso che è meglio così. Ho delegato in toto prendendomi la parte più downshift. Naturalmente riconosco che è un dono, non tutti si abbandonano con fiducia, tutti o quasi in un modo o nell’altro lottano per il timore di non riuscire.

    Ecco, avrò quel pezzo di cervello bruciato, io non ho alcuna paura di non riuscire. Però non voglio riuscire a fare “quello che dico io”, voglio riuscire a fare “quello che dice Dio”. Ecco, spesso quello che decido io non mi piace, quello che decide Dio sì. E non so spiegarlo. E la vita senza Dio mi annoia, con Dio mi entusiasma. Ma cosa cambia? Dal di fuori niente, non so, è tutto dentro. Ma se la mia felicità è lì, perchè non devo coglierla?

    Ciao a tutti.

    • Exodus, è così. Può comprendere solo un credente. Io non ho notizie dell’esistenza di Dio. Me ne ho del fatto che sono qui. La nostra cultura è malata di un virus bimolecolare terribile: provvidenza e malora. Ma nessuna delle due esiste. Io non credo in queste deu costruzioni culturali, sono diventato immune a mie spese, con fatica, con senso di responsabilità. Oggi mi occupo della mia vita come meglio posso. E vedo che posso (possiamo) parecchio. Non resta tempo per il rischio in qualcosa per cui occorre una fede in qualcosa che non c’è (per me). Ma va bene. Ognuno vive con coscienza come meglio ritiene. Un saluto.

  5. Exodus, ok adattarsi è utile a volte necessario. Però è importante cercare non tanto di prevedere il futuro ma, di predisporre la ns. vita e ciò che ci circonda per affrontarlo nel modo migliore, senza che questo diventi un cruccio o una preoccupazione cronica.

    Quando ti ticevo “prevenire è meglio che curare…non so se basta” tu mi hai giustementre suggerito quello che manca, essere pronti ad affrontare l’imprevisto con spirito di adattamento. Come sempre bisognerebbe dare un colpo al cerchio e uno alla botte.

  6. # Renato:

    in effetti credo che la forma mentis “prevenire è meglio che curare” non sia vincente in quanto in realtà non sai ciò che riserva il domani, e non lo si può prevenire, se non in parte.

    Però, anche dal punto di vista evolutivo, un approccio vincente è sapersi adattare. In una (bella ) frase: “Qualunque cosa accada io la saprò affrontare”.

    Invece che tentare vanamente di predire un futuro, essere abbastanza “vuoti” da accogliere qualunque futuro.

    Ciao.

  7. Exodus, è vero ha valore quello che siamo e quello che sappiamo fare, non è moneta sonante ma può diventarlo e se non lo diventa possiamo temporaneamente tornare al baratto. Se continua così forse non temporaneamente.
    Aveva ragione chi mi diceva di imapare un MESTIERE (fisico, manuale, quello del sudore e della fatica fisica) quando io al contrario volevo tentare di studiare, arrivare almeno al diploma? Non che mi sia pentito, anzi. Probabilmete non sarei qui adesso a scriverti queste due righe e a interrogarmi sul mondo in cui vivo, pur rimanendo immensamente ignorante.
    Certo tu parli di una abilità multipla, fatta di diverse esperienze, ed anche, credo, dell’arte di arrangiarsi. Una cosa è certa ho imparato dalla stessa persona che la sobrietà è fondamentale, pensare al domani anche. Prevenire è meglio che curare.
    Non so però se questa forma mentis è vincente, meglio, sarà vincente, non so non credo che basti.
    Ciao

  8. Gianluca, io sono uno pratico, non credo che tu pensi di continuare ad erodere i tuoi risparmi fino ad azzerarli, immagino che sia un sostegno del primo perido, nella transizione.
    Per come sono fatto io, se lasciassi il lavoro e non sapessi cosa farò fra un mese, direi che non sarei molto tranquillo.
    Lo so mi dirai che sono schiacciato dal “sistema”. Ed io ti risponderò che se sono qui a scrivere queste cose non ne sono completamente succube (spero).
    Ciao

  9. Mi è piaciuto molto quanto ha scritto Exodus. Le capacità ed abilità acquisite non possono togliercele nemmeno sotto tortura, quindi ben vengano sani investimenti su nostre aspirazioni pratiche, spesso non richiedono un grossi apporti di denaro,o se non per ottenere delle riconosciute certificazioni (vedi ad esempio il costo di una patente nautica) ma sono irrisori rispetto ai benefici.
    In una grossa crisi potremmo davvero perdere tutto ma la nostra abilità rimane anche se riguarda solo il saper accendere un fuoco (ne siamo davvero tutti capaci?) coltivare un orto o costruirsi da sé i propri mobili (divertentissimo oltre che utilissimo, Simone può capirmi).
    L’investimento più grande, però, lo dobbiamo fare dentro di noi, sulla capacità di non “barcollare” in mezzo ad un mondo che consuma e basta.
    Ho provato a fare un passo interiore in questi giorni: ho provato a dimenticare di lavorare per il denaro.

    La busta paga ancora mi arriva, ma ho provato a superarla, lasciarla scorrere come un positivo (non lo nego) effetto collaterale di un lavoro che faccio è che, per ora, mi piace. Se dovessi farlo davvero solo per denaro, mollerei domani, convinzione rinforzata proprio in questi ultimi tempi.

    E’ un esperimento che vi consiglio di provare. Passa la paura, si prova la sensazione di poter contare sulle proprie forze anche se dovesse crollarci il sistema economico addosso.

    Ragazzi parlo facile io che ho un lavoro, molti non ce l’hanno neppure però fa bene entrare in un ordine nuovo di idee in cui sorge la convinzione che il denaro necessario per vivere, bene o male, in qualche modo riusciremmo a guadagnarlo anche se perdessimo tutto. Il fatto che io abbia un lavoro, ed una certa stabilità economica, mi permette di pormi domande che altrimenti sarebbero archiviate dalla lotta per la sopravvivenza.
    Questo grosso vantaggio lo sfrutto, non per comprarmi l’i phone ma piuttosto per riuscire domani a vivere in maniera più sostenibile e responsabile anche per fare un regalo a chi è meno fortunato di me.
    Magari tra qualche anno il lavoro non lo avrò più (per scelta forse, perchè vorrò coltivare altre passioni) e allora potrò riscrivere tutto questo senza passare per ipocrita. Lo sono?

  10. Renato,se ti riferisci alla sopravvivenza dal punto di vista economico, il mio piano si fonda sull’erosione graduale dei risparmi accumulati.
    Exodus, senz’altro, in caso di collasso del sistema, chi riesce a continuare a lavorare sta meglio di prima. Ma quanti riescono? Ben pochi nel privato; nel pubblico, in Italia, non saprei (già oggi gran parte dei dipendenti di ruolo hanno subito il blocco degli stipendi e la decurtazione di alcune indennità. I precari, poi, sono stati mandati per la maggior parte a casa).
    Sicuramente chi sa fare qualcosa di concreto (merce rara in una multinazionale) si salva con più facilità. Il pericolo di iperinflazione è reale. E’ possibile che tra qualche anno gli Stati ricorrano all’iperinflazione per ridurre il rapporto debito pubblico/PIL. Per cui negli investimenti occorre mantenersi sul breve (vincolo massimo 18 mesi: anche sotto questo profilo sono da preferire i depositi bancari online)in modo da correre sempre dietro all’inflazione (se l’inflazione sale, salgono anche i tassi d’interesse. Svincolatosi l’investimento a breve è possibile investire subito al nuovo tasso in ipotesi più alto)
    Ma parliamo di spirito!
    P.S.: ho definito rassicuranti le multinazionali con un po’ di sarcasmo. Si è sicuri di ricevere stipendio e benefits (ma alcune sono implose, non dimentichiamolo) ma si è anche sicuri del tipo di vita, a mio avviso insopportabile, che si è indotti a condurre. Io l’ho abbandonata, la multinazionale. Ma, per molte persone,è come una mamma.

  11. # Grazia:

    per la casa in legno niente da fare, ci vuole il terreno edificabile. Ho studiato la legislazione vigente e hanno chiuso tutti i buchi delle precedenti normative, ci vuole l’edificabile anche per un camper con le utenze (utenza = abitazione fissa, senza caratteristica di provvisorietà).

    Qualcuno ancora riesce a farcela, ma deve contare sulla compiacenza dei Comuni. Se manca quella possono farti sloggiare. Il mercato edilizio tiene in piedi larghe fette dell’Italia più ricca, se fermi quello crolla tutto. Inoltre banche e costruttori realizzano profitti con margini dell’ordine del 50%, forse al di sopra del profitto monopolistico. Il mercato della casa non esiste. PEr esistere dovrebbero incontrarsi domanda e offerta, ma non possono in quanto nessuno ha la liquidità necessaria. Interviene la banca che con la lampada di Aladino del mutuo ti permette di realizzare il tuo sogno e nessuno si accorge che in questo modo il prezzo della casa va alle stelle. Anche il valore degli affitti. Ma chi compra casa poi vuole che il valore resti alto, altrimenti avrebbe speso 100 per qualcosa che potrebbe valere 50 (USA docet) e avrebbe bruciato i suoi risparmi. Quindi questo sistema di ruberie legalizzate è destinato a rimanere.

    Casa e auto non possono costare meno, nè avere alternative, in quanto sono il miglior metodo di spogliazione della popolazione. Io spendo circa 900 € al mese su queste due voci, se venissero realizzate alternative (purtroppo hanno chiuso bene tutte le porte), immaginate che razza di gettito verrebbe a mancare alla razza padrona nel nostro Paese, come farebbero a controllare una popolazione con una tale, improvvisa, ricchezza economica? Il bisogno è il miglior guinzaglio.

  12. # Renato:

    tutto ciò che è denaro, o espresso in denaro (titoli, buoni, etc…) può essere rapinato senza problemi, basta aumentare la liquidità in circolazione facendo aumentare l’inflazione. Puoi aver risparmiato molto, ma il valore reale si può azzerare in fretta. Però negli anni 70 era molto peggio, con inflazione a due cifre, mentre adesso la situazione è molto più stabile. A meno di crolli domattina, può accadere!

    In realtà il problema c’è da sempre, la seconda guerra mondiale è nata in una Germania con un inflazione in cui il denaro veniva utilizzato per alimentare le stufe, dato che valore non ne aveva più serviva da combustibile per ripararsi dal freddo, venne emesso in quantità assurde. Quindi non spaventarti, il problema non nasce oggi.

    Quello che è venuto a mancare è il ruolo garante dello Stato (pensioni, welfare).

    Tutto ciò che è denaro possono togliertelo. Ciò che non possono toccare sei tu, le tue abilità, la tua conoscenza, capacità di cavartela in ogni situazione, sia in un mercato monetario che non monetario. L’ottimo investimento è quello che ti permette di fare a meno del denaro, e quindi non essere più ricattabile: corsi di bricolage, per fare le cose da te, senza necessità di scambi monetari, impara un’altra lingua, investi su te stesso insomma, quello la banca deve faticare per togliertelo. Ciao.

  13. # Gianluca:

    “se crollasse il sistema bancario italiano o addirittura lo Stato italiano, il posto di lavoro in azienda o nel pubblico rimarrebbe ben saldo? Ne dubito.”

    Nel 1929 negli USA, seguito il crollo delle borse e l’ondata di depressione, chi continuò a lavorare (nel pubblico e nel privato) stette meglio di prima. Il settore pubblico riuscì a proteggere i suoi lavoratori. Il problema si pose per chi venne licenziato nel privato.

    Da notare cmq che per la popolazione di colore non cambiò nulla, loro erano sempre stati “in depressione” ma nessuno ci faceva caso. Era normale che i neri fossero poveri. Solo quando anche i bianchi divennero poveri sorse il problema. Paradossalmente, se uno vive “da povero”, e scoppia una recessione, rischia di guadagnarci in temini di welfare. Il problema è che l’Italia non vive da povera, vive da ricca.

    Per quanto riguarda il lavoro in una multinazionale: sapeste quante persone vedo che si ammalano e muoiono per quel lavoro, in quella gabbia, in quel modo, in quello stress senza nome, senza rumore, senza vita, senza futuro. Eppure lavorano e sono ben pagati. Però non sono proprio vivi, direi vegeti. Direi che è un film fantastico in cui ogni giorno ti capita la stessa giornata, lo sai, cerchi di farlo finire in modo diverso, ma il destino è più furbo di te e dalla gabbia non esci.

  14. Ok Gianluca, prendo nota.
    Toglimi una curiosità, leggo nel tuo post “da quando non lavoro più….” raccontaci un po’ cosa fai per mantenerti e quali progetti hai per il futuro. Di Simone lo sappiamo, ma di persone che partono adesso, con il DS, abbiamo bisogno di avere informazioni, esperienze di vita vissuta. Tu abiti a Roma, che non è la campagna ligure di Simone (che secondo me facilita di molto questo stile di vita). Come si sopravvive nella capitale senza un lavoro tradizionale?
    Grazie ciao

  15. Ovviamenti i doni per nipotini e genitori sono intanto utili, aquistati fuori stagione.
    Il regalo che mi farò, visto che mi voglio bene lo cercherò a gennaio a prezzi stracciati… mi sembra giusto così.

  16. Caro Renato,
    ti dico la mia opinione.
    Investimento dei risparmi: io non desidero guadagnarci con i soldi faticosamente messi da parte. Mi accontento di proteggerne il valore dall’incidenza dell’inflazione. Pertanto, fraziono i risparmi in più destinazioni e prediligo utilizzi a basso rischio: approfitto delle promozioni dei depositi bancari online di istituti bancari italiani, ad esempio, che godono della protezione del fondo interbancario di tutela dei depositi fino a un determinato importo (se si hanno depositi presso più banche, il limite di garanzia si moltiplica per il numero degli istituti depositari). Certo,pure così, o anche prendendo titoli di Stato italiani o addirittura tedeschi (rendimenti bassi, però, in quest’ultimo caso), il rischio non è mai pari a zero. Una domanda però occorre porsi: se crollasse il sistema bancario italiano o addirittura lo Stato italiano, il posto di lavoro in azienda o nel pubblico rimarrebbe ben saldo? Ne dubito.
    Salute: con tutti gli scongiuri dovuti, ho esperienze buone con la sanità pubblica. Per chi vive nelle Regioni del centro nord poi credo che problemi particolari non ci siano. Per esperienza diretta posso dirti che anche in alcune province del profondo Sud la sanità pubblica funziona sorprendentemente bene. La mia unica perplessità è il dentista! Consiglio una grande cura e visite di controllo almeno ogni anno (il mio dentista, se non trova malanni, non mi fa pagare!).
    E, comunque, nella vita ogni cosa, anche il lavoro rassicurante in una multinazionale, presenta aspetti, anche se a volte minimi, di incertezza, e può avere evoluzioni imprevedibili. Credo che questa, soprattutto con riguardo ai profili per così dire spirituali della scelta di una vita diversa, debba essere la prima consapevolezza. Ciao.

  17. E’ vero Emanuela, mi hai fatto ricordare che una volta un buon Medico mi ha insegnato che molte malattie, stati dolorosi, fastidi fisici e non, dipendono dalla vita che facciamo e da come ci sentiamo, dentro.
    E’ vero a volte dimentichiamo che vivere secondo i ns. desideri può farci stare meglio in tutti i sensi…adesso torno alle faccende domestiche, saluti a tutti.

  18. Buongiorno renato,
    il mio post era per avere un’idea dei pesi delle voci citate. Sicuramente non è completa ma piuttosto indicativa. Ti posso assicurare che prendendosela un pò più con calma anche le spese per la salute si riducono. Se “per caso” ti venisse comunque la febbre (a quel punto sarebbe un caso!) puoi decidere anche di rispettarla, stando al caldo e leggendo un buon libro… senza la mutua ovviamente!!

  19. Ciao Tartarughe!
    Già che ci siamo, premetto che sono mooolto lontano dall’equilibrio mentale per fare il “salto” ma anch’io sono partito dalla parte più facile: fare i conti!
    Per caso e dico per caso, io e la mia ragazza teniamo una nota spese perchè non abbiamo un conto in comune ma dobbiamo segnare i costi sostenuti da ognuno di noi per esigenze comuni. Siccome praticamente quasi tutte le nostre spese sono comuni ho un quadro di un anno di spesa anche se non dettagliatissimo, ma per il futuro ho già preparato degli schemi più precisi.
    Considerate che il downshifting per noi è una novità di un mese, vi riporto quello che abbiamo speso sino ad ora senza provare a risparmiare (ripeto: senza provare a risparmiare). Siamo sugli 8700 euro + 4800 di affitto (sono comprese le spese per un auto e uno scooter, un viaggio a parigi low cost in un infimo albergo ma è stato divertentissimo e addirittura una settimana bianca in un agriturismo lontano dalle piste… non la facevamo da quando eravamo cuccioli). E’ possibile che la somma sia più elevata (alcune spese non sono state inserite ma sono una minima parte) però è una base da cui partire, l’obbiettivo è sforbiciare ed essere felici ugualmente (magari anche di più!)
    Considerate che viviamo a Trieste, la vicina Slovenia abbassa un po’ i prezzi soprattutto per benzina, carnazza (leggi carne) e ristoranti.
    Intanto vi garantisco che già la scelta di vivere senza comprare la prima cosa che ti viene in mente regala già una piacevole sensazione di leggerezza!
    L’unica cosa che non ce la sentiamo di tagliare sono i libri… Per quelli siamo due consumisti sfegatati!

  20. Ciao a tutti, volevo solo dirvi che in questo periodo ho parlato dell’esperienza di Simone (ma non solo) ad amici e soprattutto a colleghi di lavoro, persone con cui condivido le fatiche quotidiane. La reazione è sempre la stessa, mi guardano come un marziano. Poi appare sui loro volti una punta di desiderio ed immediatamente dopo triste rassegnazione.
    A tutti certo piacerebbe ridurre o stoppare il lavoro ma viene visto come impossibile, oppure possibile solo per i single. Chi ha famiglia non può….ad esempio, ho visto i vs. conteggi e vi chiedo, risparmiare si, ma una volta risparmiato (ammesso che ci si riesca efficacemente) come proteggere il frutto di una sana gestione della pecunia?? In tempi di crisi, quando non ci si può fidare più di nessuno (banche, assicurazioni, ecc.), come investire quanto risparmiato per i casi di necessità ?
    Tra parentesi ho visto che nessuno cita la SALUTE. Facendo i debiti scongiuri la sanità oggi praticamente te la devi pagare perchè le liste di attesa, per un esame o una visita specilistica, sono infinite e per velocizzare i tempi devi sborsare dai 110 ai 180 euro se tutto va bene…
    Saluti a tutti

  21. Propongo la mia lista di spese per singolo anno, testata per tre anni consecutivi(si noti, comunque, che vivo da solo in una casa di proprietà, peraltro molto piccola quindi con spese assai basse e non ho mutuo da pagare):
    – condominio + riscaldamento + tassa nettezza urbana + acqua: € 600
    – cibo + prodotti per casa: € 2.600
    – regali: € 300
    – vestiti: € 200
    – elettricità: € 300
    – gas: € 150
    – telefono + internet: € 390
    – auto (assicurazione + bollo + benzina + revisione + una riparazione medio-piccola): € 1.200 (la uso poco)
    – spese bancarie: € 140
    – tessera annuale mezzi pubblici: € 230;
    – vacanze: € 1.700.
    – varie: € 700(cinema, ristorante).
    Il totale fa € 8.510. Se rinunciassi all’auto scenderei a 7.300 euro circa.
    Da notare che vivo a Roma, città non particolarmente economica e che la voce “vacanze” è in proporzione al totale molto alta. Per vivere tranquillamente, (ripeto: vivendo da solo in una piccola casa di proprietà senza mutuo) con un piano spese come quello sopra descritto (8.500 euro annui), che non mi pare comporti rinunce particolari, occorrono 10.000 Euro all’anno (i 1.500 di differenza potrebbero servire per spese impreviste, soprattutto relative alla proprietà della casa: ma non capitano certo ogni anno e, quindi, quelle non occorse in un anno andrebbero ad aumentare la disponibilità per gli anni successivi).
    Dimenticavo: non me ne vorrà Simone ma, da quando non lavoro più (3 mesi), sono un assiduo frequentatore delle fantastiche Biblioteche di Roma, prima a me sconosciute(servizio gratuito. Se si desiderano alcuni servizi aggiuntivi: tessera da 5 – diconsi cinque- euro all’anno. Almeno le tasse che ho pagato per 26 anni di redditi da lavoro sono servite a qualcosa di buono!).

    • concordo. io sono sui 9400 annui. conti, errori e scoperte sul budget sono in un lungo e apposito capitolo sul nuovo libro. ciao! (fai bene. le biblioteche sono un’ottima risorsa, quasi del tutto inutilizzata. I miei libri sono in quasi tutte le biblioteche, anche all’estero, e ne sono molto felice.)

  22. In riferimento ai conti di Emanuela, posso confermare che vivo da anni con una cifra simile. Ovviamente no frills of course…
    Vivere con l’ essenziale è una esperienza fantastica, te ne rendi conto di quanta cianfrusaglia inutile circonda il mondo consumistico di oggi.
    SALUTI A TUTTI
    VALE

  23. #Emanuela
    Ottimo, quantificare è essenziale, due conti li ho fatti anch’io. Seguendo un progetto, un percorso analitico, arrivi a centrare sempre di più il tuo target scoprendo che in realtà è molto più basso di quello che sembra!
    Due conti come detto li ho fatti, mi sono anche inventato un sistema, a suo modo divertente, che ti permette, facendo due calcoli di targettizzare il tuo DS.
    Ma… calcoli a parte, la scalata dipende solo dal nostro atteggiamento mentale.
    Buona serata
    Live simply take it easy
    Alberto

  24. Allora, per quanto mi riguarda, rispetto alle voci suggerite, posso dire che:

    – costo benzina + assicurazione auto euro 0, in quanto non ho l’auto, però giro parecchio con mezzi alternativi, anche con la mente.
    – cibo euro, non so valutare, mi piace mangiare bene e di qualità, ma con qualche accorgimento si possono fare delle ottime ricette a partire dalla materia prima ottimale che va scelta con accuratezza e comparando i prezzi.
    – vestiti euro 100 circa, ho tanti vestiti ancora con l’etichetta, non ho bisogno della borsa firmata per sentirmi una vip, lo sono già senza dubbio.
    – mi piacerebbe vivere in una casa in legno già costruita, ho visto dei modelli simili in esposizione al fuori di un negozio tipo Castorama; in questo caso andrebbe scelto il terreno da recintare per motivi di sicurezza, con ottima esposizione al sole possibilmente e attacchi per le utenze.
    Dalle mie parti in città ne ho vista una che mi ha molto incuriosita, aveva al di fuori due file di vasi con copertura in plastica a mò di serra per la coltivazione delle verdure, alle finestre delle belle tendine variopinte e piante intorno, unica nota dolente, non era esposta al sole.

    Quello che sto facendo ora in concreto è risparmiare. Sto risparmiando divertendomi e senza rinunciare a nulla; insomma a poco a poco mi sto disintossicando dai consumi e quando mi concedo un momento di pausa ne beneficio fino in fondo e con le persone che mi stanno più a cuore, oppure, se non ci sono, da sola.
    Come è riportato in un passo di AB, una persona sana, al netto dei costi essenziali necessari per vivere, ha bisogno di poco, con la dovuta focalizzazione può riservare risorse ed energie così risparmiate alle sue passioni, quelle si che vanno coltivate!!

  25. Buongiorno,
    non ricordo dove ho trovato un riferimento al libro di Henry Thoreau. Bene, lo sto leggendo in questo periodo. Riflettendo ho buttato giù due conti sui costi annui “necessari” e personali per vivere.
    costo affitto casa 4800 euro
    costo benzina + assicurazione auto 1560 euro
    cibo 1200 euro
    vestiti 400 euro
    per un totale di circa 8000 euro.
    dopo aver scritto su un foglio queste quattro cifre ho continuato a riflettere.
    Buona giornata e oggi godiamoci il sole!!
    Emanuela

  26. #Uolly ciao, io nel mio piccolo qualcosina di simile lo sto facendo con il mio blog scalalamarcia. Qualche consiglio utile, proprio di Simone, lo puoi scaricare o visualizzare nel blog.
    Grazie ancora a Simone per l’interessante intervista.
    Live simply take it easy
    Alberto

  27. Pensierino (come a scuola!)

    A dispetto di chi attribuisce il merito della scelta di “scalare marcia” all’abilità, e soprattutto alla possibilità, di “coprirsi le spalle” o, per dirla in fine francese, di “pararsi il culo”, di Simone, una cosa è certa: questo navigatore ha regalato una speranza.

    Da quando l’ho conosciuto (la prima volta alla Feltrinelli di Trieste) ho capito che c’è un’altra strada possibile. Da “piccolo” volevo fare la rivoluzione, lentamente mi sto convincendo che la rivoluzione possibile sia proprio quella del “rallentare”, perchè associa all’abbandono del delirio del “lavoro e consumo”, uno stile di vita più sostenibile, orientato all’essere e non all’avere. E’ illuminante, non serve nemmeno buttarsi in politica o guidare masse in piazza a sfasciare le vetrine (mai fatto viggiuro! ma per qualcuno quella è la strada per cambiare il mondo… poverini), un downshifter in più sulla terra non manda a casa il “Governo del Fare”, fa molto di più: crea una piccola aura attorno a sé, preludio di un mondo nuovo (che paroloni!)

    Ringrazio Simone per aver raccontato la sua esperienza, perchè il suo raccontare mette, come si diceva una volta, la pulce nell’orecchio; è un piccolo tarlo, una possibilità davvero sconcertante. Sono dell’idea che il downshifting sia una strada completamente fuori dagli schemi comunemente accettati.
    Una delle grandi difficoltà sta anche in questo, nel fatto che non tutti hanno o avranno il coraggio di Simone di uscire dall’imbottigliamento generale senza il supporto diretto di altre esperienze dello stesso tipo.

    Nel suo libro Simone accenna alla possibilità di creare una rete di mutuo aiuto, piccole comunità che, almeno per il momento, potrebbero non essere necessariamente co-localizzate (da qualche parte c’è anche Internet che ci “co-localizza” anche a centinaia di chilometri di distanza)

    Insomma, per farla breve, penso come tanti, ho bisogno di aiuto, per confrontarmi con altri che vorrebbero fare “il salto” ma che magari hanno paura di farlo da soli (non sto parlando della solitudine di cui parla Simone, quella è necessaria per capire sé stessi ma di una solitudine di intenti che è difficile da sostenere e che forse è sbagliato sostenere). Se qualcuno ha voglia di fare “rete” io ci sto.
    Se qualcuno volesse scambiare delle idee sui modi per risparmiare, sulle potenzialità delle nostre passioni e dei nostri sogni ci sto anche per questo.

    Se poi mettessimo su un forum o un blog dove scambiarci idee pratiche sul “grande salto”, se magari quel blog potesse essere questo blog o se Simone fosse disposto a mettere a supportarlo (in fondo basta un link e qualche post ogni tanto con i suoi preziosi consigli), ci sarebbe un’opportunità in più per tanti aspiranti downshifters.

    Simone ha raccontato l’esperienza di una certa classe sociale, di una certa provenienza sociale e professionale. Sono convinto che ci siano altre categorie di persone che vorrebbero provarci ma che hanno bisogno di confrontarsi con i loro pari.

    p.s.
    per Simone: se vuoi rispondermi in privato non fare complimenti, la mia mail ce l’hai

    • Caro Uolly, perché in privato, ti rispondo in pubblico volentieri, in linea col tuo desiderio di fare rete. Questo spazio è già un po’ quel che tu immagini. Arricchirlo o cambiarlo non fa differenza. Qui (mi pare) ognuno dice la sua, legge quella degli altri, pone questioni, risponde. Io sono dell’idea che sia utile questo, anche se poi, ogni giorno, la rivoluzione individuale si fa da soli. Comunque eccoci qui, grazie dei tuoi toni lusinghieri. Avanti.

  28. Ho pensato recentemente che se nel mondo si lavorasse meno, in termini di numero di persone, ci sarebbe meno “concorrenza occupazionale”.
    Intendo dire che sarebbe più facile trovare lavoro o cambiarlo e non saremmo più ostaggi del mercato del lavoro, delle sue regole e della schiavitù a cui può portare.
    In sostanza, se oggi in una famiglia di 4 persone lavorano padre e madre uno dei due o rinuncia alla sua attività lavorativa o fa un orario ridotto. Si liberano così posti di lavoro per altri soggetti, che magari sono a spasso, e in quella famiglia si libera del tempo per la cura della famiglia in ogni suo aspetto.
    Naturalmente una famiglia media dovrebbe adottare quella “sobrietà di vita” che sia Simone che altri filosofi della Decrescita felice mettono alla base di tutto. Certo è una bella rivoluzione soprattutto culturale. Vaneggio?

    • Renato hai perfettamente ragione. Ho dedicato a questo un capitolo intero su “Avanti Tutta”, che uscirà il 20 gennaio. E’ il vecchio ma sempre attuale “Lavorare meno – Lavorare tutti”

  29. Ciao e tutti,
    da tempo non scrivo 2 righe sul blog, continuo a leggervi comunque. Tante cose successe negli ultimi mesi, niente di eccezionale intendiamoci. In breve, da tempo con un amico lavoriamo su un progetto che ci permetta di lasciare il lavoro fisso e riprenderci il tempo che ora non abbiamo.

    Siamo ancora lontani dalla sicurezza di riuscire a realizzarlo, intanto io oggi ho fatto il mio ultimo giorno di lavoro, il mio amico lo lascia a gennaio, domani parto per un viaggio con la mia ragazza per 2 settimane. Al ritorno dal viaggio ricomincio a costruire questo progetto, soldi da parte pochi, certezze poche, ma tanta tanta voglia di farcela… E per farcela ci siamo resi conto che dobbiamo avere del tempo a disposizione, la mente libera e una buona energia propositiva. Cose non semplici da unire se si lavora tutti i giorni regolarmente. Vedremo come andra’, per ora con un pizzico di incoscienza ci siamo buttati, a volte serve coraggio… In ogni caso la sensazione che sto iniziando a provare da alcune ore e’ molto piacevole…
    Un abbraccio
    Cece

  30. Mi rimane ancora impressa la sua comparsa a radio tre dell’altro giorno, non conoscevo la sua esperienza né la sua scrittura ma compenserò questa mia lacuna con “uomini senza vento”.
    Mi colpisce e mi consola una voce che si spende per dare ancora senso alla vita sobria, senza i fardelli del consumo e della notorietà a tutti i costi.
    Non mi arrendo neanche io di fronte allo scroscio quotidiano della “società liquida” dell’homo consumens.
    Visto che è ligure vorrei farle un omaggio grata della sua singolare semplicità con cui trasmette ricchezza e profondità di intenti e di idee. Un piccolo contributo, una biografia che ho appena pubblicato Eva Mameli Calvino, una coraggiosa scienziata (più nota come madre di Italo !) prima uscita della Collana Farfalle sulle donne e i viaggi.
    Piccola è la casa editrice, Ali&no, e sarò a Roma per presentarlo con Sandra Petrignani.
    Ha una casella postale a cui inviarglielo ?
    Grazie Elena – Padova

  31. Margini con bordi sempre più alti che fannno da argine al vuoto, non esistono.

    Milano ore 18:58.
    La scena è sempre la stessa, nulla sembra cambiato rispetto all’ultima volta, tempo trascorso come cristallizzato. I volti anonimi sempre gli stessi, corse in metro, passi rapidi, vento indotto dal passaggio dei treni in corridoi freddi in bugnato laterale e graticola a cubetti superiore.
    Ogni tanto cambiano i colori, dal giallo al rosso al verde ma senza sfumature, senza il calore e la bellezza tipici dell’arcobaleno.
    Una cosa era diversa, il tapis roulant non faceva più presa alle scarpette, le direzioni sembravano moltiplicarsi al mio passaggio, sembrava tutto più fluido e meno insensato…

  32. Grazie per le letture consigliate e per gli spunti di approfondimento che sono sempre di più.
    E’ vero, molti fingono e sopportano lo status quo per non sentirsi emarginati.
    Quindi, se ai margini vivono persone che hanno quacosa in più nella zucca, Evviva i margini della società!!!
    Saluti a tutti

  33. ..leggendo i commenti mi e’ venuto in mente chi pur essendo “over the rainbow” non se ne rende conto e continua ad inseguire qualcosa che ha gia’.. ne conosciamo [entrambi] almeno uno.
    ..in questo caso non e’ questione di solitudine, liberta’, aspirazioni… ma di riuscire ad identificare l’orizzonte.
    A proposito mi viene in mente una poesia di Piqueras che ti/vi regalo:

    Tutto è pronto: la valigia,
    le camicie, le mappe, la fatua speranza.

    Mi spolvero le palpebre.
    Ho messo all’occhiello
    la rosa dei venti.

    Tutto è pronto: il mare, l’atlante, l’aria.

    Mi manca solo il quando, il dove,
    un diario di bordo, le carte
    di navigazione, venti a favore,
    il coraggio e qualcuno che mi ami
    come non so amarmi io.

    La nave che non c’è, le mani attonite,
    lo sguardo intento, le imboscate,
    il filo ombelicale dell’orizzonte
    che sottolinea questi versi sospesi…

    Tutto è pronto. Sul serio.

    Invano.

    – Juan Vicente Piqueras –

  34. trovo il seguente concetto proposto poche ore fa all’incontro milanese molto interessante: “una società che si autoproclama individualista ma che allo stesso tempo risulta essere succube dell’omologazione”. Una contraddizione in termini, e fatti.
    Quale delle 2 è un’illusione? Secondo me l’individualismo di cui si parla è superficiale, solo un aggettivo per farci sentire meglio, un pagliativo. È l’omologazione a farla da padrone e che ci prende fino al midollo se nin stiamo attenti. Sono convinti sia peró, grazie anche ai tuoi contributi Simone, estirpabile. Sia tu che Bjorn ne siete la prova. Visto in questa chiave “adesso basta” risulta essere un inno all’individualismo intellettuale. Sono concetti complessi un pó fine a loro stessi, ma che aiutano a capire. Da metabolizzare, almeno x me.
    🙂

  35. “Questa epoca non è in crisi per mancanza di risposte, ma per mancanza di domande.”

    Standing ovation su questa frase!E’ il concetto chiave. Senti il mio applauso da lontano? 🙂

  36. Il tutto si lega ovviamente al concetto di Simone, e cioè la solitudine… Paura di restare soli… soli nei propri pensieri liberi ma differenti dai pensieri degli altri… Credo sia un discorso molto delicato… a volte, pur di non rimanere soli, si segue una certa corrente, anche se non rispecchiano il nostro umore… Brutta cosa, ma purtroppo la vedo reale…
    La domanda che mi porrei: meglio soli e liberi o non soli e non liberi?
    Eppure Simone è riuscito ad essere libero e credo che non soffra nemmeno di solitudine, perchè comunque scrive, e bene o male è a contatto con la gente…
    Bo…Mi pongo troppe domande…

    • No mauro, ti poni il “minimo sindacale” delle domande. Questa epoca non è in crisi per mancanza di risposte, ma per mancanza di domande. Vai così…

  37. Pienamente d’accordo con Renato… La paura credo sia uno degli ostacoli maggiori… Paura di qualcosa di diverso, qualcosa che non rientra nella quotidianeità e nella finta sicurezza di oggi…

  38. # renato
    la risposta di simone è stata esaustiva ma se vuoi addentrarti di più nel concetto di “over the raimbow” ti consiglio di leggerti “il gabbiano Jonathan Livingston” best seller degli anni 70. é un libro veloce che si legge con 2 ore. E’ il libro che metaforicamente attraversa tutte le tappe della libertà e che poi ti conduce oltre, dove non avresti mai immaginato.

  39. Sometime at Eve

    Sometime at eve when the tide is low,
    I shall slip my mooring and sail away
    With no response to the friendly hail
    Of kindred craft in the busy bay.

    In the silent hush of the twilight pale
    When the night stoops down to embrace the day
    And the voices call in the water´s flow….
    Sometime at eve when the tide is low
    I shall slip my mooring and sail away.

    Through the purpling shadows that darkly trail
    O´er the ebbing tide of the Unknown Sea,
    I shall fare me away, with a dip of sail
    And ripple of waters to tell the tale
    Of a lonely voyager, sailing away
    To the Mystic Isles where at anchor lay
    The crafts of those who have sailed before
    O´er the Unknown Sea to the Unseen Shore.

    A few who have watched me sail away
    Will miss my craft from the busy bay;
    Some friendly barks that were anchored near,
    Some loving souls that my heart held dear,
    In silent sorrow will drop a tear-

    But I shall have peacefully furled my sail
    In moorings sheltered from storm or gale
    And greeted the friends who have sailed before
    O´er the Unknown Sea to the Unseen Shore.

    Elizabeth Clark Hardy

    …ricevuta oggi, mi ha fatto pensare a te. Ciao scrittore navigante!

  40. Sapete cos’è? E’ per paura che non si cambia vita. Paura di rimanere con le pezze “al fondo schiena” e quindi non essere più capiti, apprezzati e quindi paura di perdere le persone care (che spesso hanno molte aspettative nei tuoi confronti).
    Non è per i soldi in se, e per quello che ci ruota intorno.
    Non dico che sia giusto ma insomma ci vuole un bel coraggio e una buona dose di incoscienza..saluti a tutti

  41. ciao simone sono Rita di Lucca,mi hanno detto alla libreria ubik che la tua presentazione è stata anticipata alle ore 16,30.
    Puoi confermarmi ?

  42. Approfitto molto bassamente del blog di Simone per fare “outing” 🙂 e auto-promuovermi. Simone, mazzami pure!!!

    Beh, durante l’estate, non ricordo come, ero venuto a conoscenza di “Adesso basta”, e ne ho acquistato il PDF. La notizia dell’esistenza di quel libro mi aveva colpito perche` ero nel pieno del MIO processo di down-shifting, se vogliamo continuare ad usare per brevita` quel termine.

    Lavoro (lavoravo) nel mondo dell’informatica da 23 anni. Ho venduto l’ultima azienda, fondata nel 2004, poco meno di due anni fa. Ci pensavo da anni a quello che, entrando a far parte di questa interessante comunita` che fa capo al sito di Simone, possiamo (ripeto) continuare a chiamare down-shifting. A Giugno mi sono dimesso da tutto, e continuo a fare il consulente per circa due giorni alla settimana. Per il resto illustro libri per ragazzi (vedi QUA), scrivo poesie (vedi QUA e QUA), curo un sito (WARE’S ME, e soprattutto cerco di far fruttare tutto cio`.

    A differenza di Simone sono sposato e ho due figli. Sottolineo cio` soprattutto per dire che si possono intraprendere certe strade NON SOLO in contesti analoghi a quello di Simone. Sono in pieno accordo con molte delle cose che sostiene Simone, meno con altre, ma di sicuro anche secondo me “fare down-shifting” e` per prima cosa una questione PERSONALE. Una ricerca PERSONALE. Una VIA. Come e` stato ribadito anche in questo thread da Simone stesso parlando della “solitudine”.

    Inoltre: se si pensa che cambiare vita sia matematicamente correlato a conti economici, soldini messi via, e “reti di protezione”, non si cambiera` mai vita. Secondo me, ovviamente.

    Ne avrei da scrivere per ore, soprattutto pensando a tutti gli interessantissimi spunti fioriti nel recente passato di questo blog.

    Se qualcuno fosse interessato a qualsiasi tipo di condivisione e approndimento, sono a disposizione! 🙂

    Nick

  43. Sono pienamente d’accordo con te, Simone.
    Infatti ciò che sempre mi stupisce è la quantità delle persone convinte di trovarsi Over the Raimbow, quando non hanno in realtà ancora cominciato neanche ad intravvedere cos’è e dove stia di casa il loro arcobaleno.
    Forse perchè per molti è dura trovarlo, accettarlo, viverlo, anche solo guardarlo.

  44. Leggo la tua citazione e mi pongo un quesito:
    “Solo, dunque, finché morte non mi separi. Questo è il prezzo, suppongo, che si deve pagare a questo mondo per aver voluto essere libero. E’ caro o a buon mercato, mi domando? Dovrei ridere o piangere? Chi lo sa!…..”

    Mi domando, possibile che la solitudine sia effettivamente il prezzo della libertà? E quelli che sono sempre circondati da amici, parenti, sempre presi da mille cose ed impegni, mai fermi, sempre in giro, che ti fanno sentire uno sfigato perchè loro hanno una vita piena, ricca di soddisfazioni ed emozioni sempre nuove, una vita degna di essere vissuta perchè perenne condivisione di esperienze.
    Ecco, forse è la “condivisione” ciò che può mancare nella libertà della tua citazione. Con chi condivido la gioia di un’esperienza per me gratificante come un paesaggio immenso e bellissimo; ti sarà capitato di vivere un’esperienza esaltante, di grande trasporto, e non poterla condividere con altri. Allora deve bastare solo a me? basto solo io? Hai visto il film “Into the wild”, finisce un po’ tristemente con la frase “la felicità per essere tale deve essere condivisa” Cosa ne pensi? Grazie ciao

    • Renato… penso che tu abbia ragione, ecco cosa ne penso… Proprio poco fa scrivevo e citavo quel film esattamente a questo proposito. Però vedi, le due cose non sono fungibili, cioé non è possibile accedere alla condivisione con l’altro direttamente. Occorre passare per quella con se stessi, prima. Io almeno sono convinto di questo. Un uomo ha la sua responsabilità, quella di essere libero, di essere felice. Così lavorando, assumendosela tutta, arriva fino all’arcobaleno. Ed è una gran vita arrivare fino all’arcobaleno. Potrebbe andare così per sempre e morirebbe avendo dato senso ai suoi giorni.
      Poi c’è un altro livello, superiore, che è Over the Raimbow. Lì non ci si va da soli, ma solo condividendo. Può anche non esserci mai questo salto di qualità, e non è un dramma per un uomo in equilibrio. Certo, l’aspirazione ad andare Over the Raimbow, come non averla…?! Però per andare “over”, bisogna essere stati “into”, essere arrivati dentro di sé, ai confini del proprio spazio, prendendone possesso, essendoci dentro, vivendosi. Un uomo che riesce a fare questo, merita di andare Over The Raimbow, è legittimo che aspiri a questo, è pronto a farlo. Fino a quel momento, la solitudine è una giusta, bella, utile compagna di viaggio. L’unica di cui avere bisogno.

  45. Ottima chiusa Giuseppe, è proprio quello su cui stavo riflettendo in questi giorni riprendendo il saggio dallo zainetto. Buon vento a te

  46. é sempre interessante il confronto, se libero e costruttivo, ci si arricchisce di esperienze e del sapere altrui. Complimenti per aver dato vita a queste intelligenti iniziative.

    buona continuazione a tutti!

  47. Lo ammetto, c’ho messo un po’ – quasi due giorni interi – a trovare il punto che collegava (e collega) Simone Perotti a Lecce e a tutto il Salento. Per la verità, cercavo un’ispirazione, un piccolo colpo di genio, una rabona – se vogliamo usare lo slang giornalistico/sportivo. Ma nulla, mi veniva ben poco. Poi, ho ridato un’occhiata alla locandina di presentazione esposta appena fuori dalla Libreria Liberrima (luogo della presentazione) ed è stato come un flash, tutto in un istante: il titolo dell’ultimo libro di Simone – ultimo solo in ordine cronologico, perché, in verità, di penultimo si tratta, essendo stato scritto prima di Adesso Basta – è: Uomini senza vento. E, a chi conosce un po’ la terra salentina, a chi è venuto in vacanza da queste parti, o a chi fosse stato anche solo di passaggio, non sarà sfuggito di certo il detto: “Il Salento, il sole, il mare, il vento”. Insomma, era fatta: era, ed è, il “vento” ciò che lega Simone a noi salentini. E chi va per mare, sa benissimo quanto sia importate, decisivo, piacevole, avere vento che gonfia le vele.

    Dopo questa breve digressione, che mi è sembrata doverosa – il contesto, credo, è sempre molto importate per capire le cose – siamo a mercoledì 17 novembre, ore 17,30, a Lecce, Libreria Liberrima, Corte della Cicala. Avevo saputo della presentazione di “Uomini senza vento”, grazie alla frequentazione del sito di Simone. C’era un commento ad un post che avvertiva di una prossima presentazione in terra barese: ho consultato l’Agenda del sito, ed ho visto che, tra le tappe in terra pugliese, c’era Lecce.

    Apro una piccola parentesi: circa un anno fa, quando Simone era impegnato nella presentazione di Adesso Basta, mi era capitano di chiedergli se avesse in programma di venire quaggiù, e lui – giustamente – mi rispose: “se mi invitato, vengo volentieri”.

    Nove mesi dopo circa, eccoci qua. Ho con me i tre libri, ho un invitato un amico, ed è tutto pronto. Sedie disposte quasi alla perfezione, folta rappresentazione femminile, atmosfera calda. Dopo un breve saluto e presentazione, Simone parla di Uomini senza vento: “Un libro scritto prima di Adesso Basta, che era rimasto lì nel mio pc, e che è la testimonianza di quanto c’ho sempre tenuto a scrivere, indipendentemente poi da un’eventuale pubblicazione prossima futura”. Uomini senza vento è la storia di Renato, un manager milanese con la passione del mare, che decide di recarsi sull’isola di Ponza, dopo aver ricevuto telefonate allarmanti da un suo amico. Arrivato sull’isola, dove si verificano fatti non comuni, Renato sarà trascinato in un vortice dove sarà chiamato a fare scelte impensabili. Ed è qui che si staglia, e si interseca con la storia, la figura di Sara (“se mi dite che assomiglio a Renato – avverte Simone – me la prendo: sono molto più vicino a Sara”) che risulterà essere una figura preziosa per le scelte di Renato.

    Uomini senza vento è anche una storia che ha a che fare con il mare: “è incredibile, dice Simone, come in Italia non ci siano libri dedicati al mare, alla sua storia, se non qualcosa che va molto indietro negli anni”. Il libro, edito da Garzanti, sta andando bene: il genere noir richiama il lettore che vuole essere fagocitato nelle pagine, e nelle pieghe, del romanzo: “a me non piacciono i libri che si leggono e che te ne stai lì come se stesse passando un treno, e tu lo guardi e basta: se il protagonista è in pericolo, voglio avere paura; se nelle pagine scorre amore, voglio essere pervaso anche io da questo sentimento. Ed è con questo scopo che ho scritto queste pagine e, spero vivamente, di esserci riuscito”.

    Ovviamente, senza soluzione di continuità, si passa da Uomini senza vento, a Adesso Basta, perché – in fondo – è anche quello che vuole il lettore venuto alla presentazione: “Adesso Basta è un saggio, che parte da un’esperienza personale, che è arrivato a vendere oltre 50mila copie: segno, secondo me, che il messaggio che c’è dentro, viene avvertito da chi legge e da chi, attraverso il passaparola, lo consiglia ad amici e conoscenti”. In Adesso Basta, Simone con parole, ma anche dati, elenchi, numeri, parla di quella che è stata la sua decisione di abbandonare il lavoro e la carriera per dedicarsi a quelle che sono le sue passioni: scrivere, navigare, godere delle giornate. “A distanza di qualche anno, so che è stata una scelta giusta: sono qui, non sono morto, ho imparato tanto, e tante cose diverse. Spendo poco per vivere, per mangiare, autoproduco un sacco di cose e frequento posti e persone che gradisco e voglio davvero. E quasi nessuno, al di fuori dei miei affetti e dei miei familiari, ha la possibilità di farmi scattare e correre, come ero tenuto a fare un tempo non molto lontano”.

    Il giorno dopo aver deciso il suo personale downshifting, Simone attraversava le vie di Milano, quartiere cinese, come se fosse stato in una bolla, o sotto l’effetto di una qualche droga: inebriato, estasiato, guardava le vetrine con uno sguardo diverso, fatto di consapevolezza per la scelta presa. Poi, i giorni seguenti, rapito dalla passione della scrittura, a battere sulla tastiera fino a sera, dimenticandosi anche di mangiare. Potenza della passione!

    Ci sono domande del pubblico, curiosità, interventi: quanto ci hai messo a scrivere il libro? Quali sono i tuoi prossimi progetti? Come ti regoli con la spesa del cellulare? Ci sarà un Adesso Basta/2? Simone risponde, a tutto, senza risparmiarsi, tra un battuta, una verità, che aumentano l’empatia con i presenti.

    A fine presentazione, dopo autografi di rito, dediche sui frontespizi dei suoi libri, in un momento che aspettavo già da un bel po’ (a tu per tu, in pratica…) mi dice: “Giuseppe, sono stato bene qui a Lecce: è la mia prima volta, ma so già che non sarà l’ultima. Lecce, per quello che ho potuto vedere, è molto ben fatta e il posto dove siamo adesso, di una certa bellezza, a Milano non c’è. Ora proseguirò per Bari, poi ancora più su: poi, tornerò dalla mie parti. Se ti va, scrivi qualcosa su questa serata…”.

    Alla prossima Simone, ora sono un po’ più tranquillo, perché so – lo hai detto tu stesso – che tornerai qui da noi.

    Quando sono venuto, insieme agli altri, a chiederti la dedica sui libri, tu hai ricordato quando, nel film il Postino, Mario (Massimo Troisi) va da Neruda (Philippe Noiret) e con il mano il libro di poesie dice: “Me lo rende unico maestro?” e ci siamo fatti una risata.

    C’ho riflettuto anche su questo, e forse ho trovato una chiusura ancora migliore. Sempre Mario, verso la fine dello stesso film, dice al poeta, che lo accusa di aver sottratto la poesia dedicata alla moglie Matilde, per farsi bello con Beatrice: “la poesia non è di chi la scrive, ma di chi gli serve…”. Ecco, con lo stesso tono ed enfasi ti dico: “Simone, Adesso Basta non è di chi lo scrive, ma di chi gli serve”.

    Buon vento,

    Giuseppe

    giuseppe.granieri@inwind.it

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