Dovrei…

“devi evitare le interviste sui giornali di Berlusconi; non devi andare in televisione; dovrebbero farti parlare di più nelle interviste, in televisione; devi parlare meno dei tuoi romanzi, che è pubblicità; devi vivere ritirato; devi farti vedere di più; devi scomparire, perché se uno cambia vita non lo devi vedere più; devi parlare solo di mare; solo di cambiamento; non devi parlare solo di mare e cambiamento! non devi parlare di cose diverse, che altrimenti fai il tuttologo; non devi parlare, che le cose si fanno e non si dicono; non devi rispondere ai post nei blog; devi rispondere di più ai post; devi rispondere a tutti; a nessuno; devi venire a presentare i libri anche dove vivo io; non devi presentare i libri; non dovrebbero pagarti il viaggio quando vai a presentare; però se non te lo pagano vuol dire che sei ricco; non devi mai scrivere sul Fatto; sul Fatto va bene, ma sul Corriere no; non devi rilasciare interviste al Giornale; non devi avere la barca, che è da ricchi; se l’hai comprata e si è pagata lavorando allora non vale, non è libertà; non devi lavorare come skipper, che altrimenti hai solo cambiato mestiere; non devi avere la casetta col giardino, perché se uno critica il sistema poi non può avere la casetta col giardino; devi avere il giardino più grande, per fare un orto enorme; i tuoi libri non dovrebbero avere la fascetta “dall’autore di Adesso Basta”; non devi dire che fai le sculture, che altrimenti si vede che le vuoi vendere; non devi avere la macchina grossa; non dovrebbe essere a gasolio; devi avere un vecchio furgone scassato; non devi avere la macchina; dovresti andare a piedi; in bicicletta; col filobus; non devi bruciare legna, che inquina; devi evitare il gasolio, brucia la legna; dovresti essere sposato e avere figli, altrimenti non puoi capire; non dovresti essere del Milan; non dovresti essere un tifoso; non dovresti fumare; dovresti fumare ma farti almeno le sigarette da solo; dovresti fumare poco; anche se fumi di più va bene, tanto moriamo tutti; non dovresti dire che tutti possono; devi rassicurare che tutti possono; devi rassicurare me, sono io che voglio sapere se posso! devi ammettere che per gli operai è impossibile, “lo dico anche se io non faccio l’operaio”; devi essere buddista, si capisce da quello che scrivi; dovresti essere cattolico, perché si capisce che invece non lo sei; sei sicuro che non sei gay? dovresti esserlo; dovresti credere in Dio; non dovresti credere in Dio; dovresti leggere Terzani, Agosti, Grillo; dovresti votare il Movimento Cinquestelle; non devi votare il movimento Cinquestelle; non devi votare; dovresti fare politica; guai a te se fai politica; dovresti andare da Fazio; non dovresti andare da Vespa; dovresti avere una Vespa; dovresti venire a vedere cosa abbiamo fatto qui; dovresti andare da loro, a vedere cosa hanno fatto lì; non dovresti muoverti da dove stai; dovresti andare via dall’Italia; dovresti parlare male dell’Italia; non dovresti mai parlare male di niente e di nessuno; male quella cosa, molto male…”

Uffh… Che fatica

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Ombre lunghe su Renato Reis

 

Difficile la vita, per Renato Reis. La libertà è arrivata all’improvviso. Pensata da sempre, mai veramente pianificata. Quando un uomo parte troppo presto è facile che quello che desidera diventi il suo incubo. Il canarino che soffre fuori dalla gabbia, arriva a rimpiangerla. Nel bosco puoi nasconderti, o cadere in trappola. Se le ali non sono mai state utilizzate, possono sorreggerti in volo?

Scrivere di Renato fa fatica…. E’ e non è, so di lui e non so chi sia. Lo conosco lungo la strada, a volte troppo tardi e devo tornare indietro. Lo guardo spesso col volto di chi si fa domande. Il mare, Makaia,Gilda, Fabrizio, le persone che incontra… non sono in pochi a complicare il rebus della libertà. Quello che consentono, favoriscono, generano, può essere troppo. E poi Renato è forte sugli interrogativi. Quelli senza risposta.

Mi addormento la sera preoccupato per quello che gli accade. Mi sveglio e corro a tirarlo fuori dai guai. Non sempre ci riesco. Silvia è lontana, troppo spesso. Sarebbe essenziale il suo ordine mentale, la sua capacità di tagliare corto. Come può essere lontano chi amiamo! Neppure un estraneo, a volte, sa generare tanta solitudine.

Meno male che c’è il Tirreno settentrionale, il mare tra Canale di Sicilia, Tunisia e Sardegna. La Corsica, ancora, la Corsica amica… Meno male che c’è Macinaggio, Saint Florent, Portovenere. Sono casa, posti di cui conosco gli angoli, i segni sull’intonaco dei vecchi palazzi sfiorati con la mano quel giorno. I porti del Mediterraneo sono un breviario che so leggere, di cui ricordo la trama. Nei vicoli spezzini la tarda estate fa ancora sudare. Fa correre, fuggire. Ieri mi chiedevo: quanto so di questi luoghi, quanto immagino, quanto sto ricordando? Renato ha bisogno di aiuto nel dedalo della sua nuova vita…

A cosa sono disposti gli altri nella storia? Fin dove possono arrivare coi loro piani misteriosi? O forse dovrei dire nella realtà…? Scrivere un romanzo confonde tra finzione e vita. Certe storie più di altre. Certi personaggi più di chiunque. Quando arrivi a pensare di telefonare a Renato, per sentirlo, per sapere, forse per metterlo in guardia, vuol dire che non ci sei già più. Non sei più dove dovevi essere. Difficile spiegare che non si tratta di follia. Difficile spiegarlo a se stessi…

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Oggi (finalmente…) ho esposto il Tricolore

 

Un anno fa, in un empito di speranza e di orgoglio, ho pubblicato sul Fatto un brano per me anomalo. Io non sono né un nazionalista né un nostalgico dei vessilli. Eppure quel giorno speravo di poter esporre la nostra bandiera tricolore sul davanzale di casa mia.

Purtroppo non venni premiato dalla sorte. Ma oggi sì. Ecco perché ripropongo qui il mio piccolo appello a riempire l’Italia di bandiere del nostro Paese. Appello che, leggo, insieme a un impulso naturale di tante persone che neanche sanno chi io sia, è stato accolto. Dovunque sventolano le nostre bandiere. Finalmente. Lo so, c’è poco da festeggiare se pensiamo al futuro. Ma se ripensiamo a questi ultimi 17 anni… ce n’è eccome.

Quante volte, quanti giorni ho pensato “Quest’uomo non è il mio Presidente, io non sono così”… Quanto critico, quanto contrasto la sua cultura mercantile, in cui tutto è merce (anche le donne), in cui “la cultura non si mangia”, in cui un Presidente consiglia alle giovani di un intero Paese di “sposare uno ricco”… Quanto considero responsabile quest’uomo, la sua energia, la sua capacità persuasiva, dello sdoganamento definitivo di ciò che noi anche siamo, e cioé materialisti, edonisti, relativisti, opportunisti, paraculi… e che lentamente dovevamo minimizzare, correggere, grazie a esempi virtuosi… Quante volte ho desiderato che il Presidente del consiglio smettesse di spingere l’acceleratore sulla crescita, sugli acquisti, sulla pubblicità, e investisse in ricerca, in scuola, formazione, cultura, turismo, rinnovabili… Quante volte mi sono vergognato di essere italiano, andando all’estero…

Beh, rileggetevi quell’articolo. E poi correte alla finestra e tirate fuori il tricolore anche voi, come fanno oggi dovunque, da Aosta a Trapani. Che da lontano, dall’estero, da dovunque, per una volta dopo tanti anni, si veda con chiarezza che eravamo tanti a sperare che se ne andasse. Tanti a sentirsi, e ad essere, diversi da lui.

 

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Sempre qui…

Perché non sei partito? Perché non ti sei mosso, sei rimasto dove ti sei capito vivo per la prima volta? Perché? Potevi alzarti, immaginare che intorno c’era il mondo, e poi andare. Andarlo a vedere, sì, per vedere com’era. Per vederlo, almeno, essere certo che ci fosse, davvero, per capire dove fosse meglio stare. Per incontrare in qualche angolo del mondo il tuo antidoto. L’unico capace di sorridere, ma al tuo dolore. Perché non l’hai cercato?

Perché sei rimasto qui, nel solco degli stessi passi, nel binario degli stessi movimenti? Perché non hai desiderato il campo, dove non c’erano mai state le tue orme, e dove le orme altrui solleticavano i tuoi piedi, braccia non tue, bocche non tue, pensieri che non hai mai avuto. Potevi oltrepassare il bosco, e non solo per un viaggio d’affari. Potevi anche provare, almeno un tentativo, a non tornare. Di più: potevi partire senza esser certo che saresti tornato. Quel dubbio era buono. Perché non sei partito? Perché ti sei voltato?

Perché non hai desiderato chi non sei, perché non l’hai pensato? Tu sei quell’uomo, anche se non è mai stato. Non saperlo non ti eviterà l’incontro, un giorno, all’angolo della memoria, per il marciapiede della nostalgia. Lo scanserai, voltandoti appena se ti ha urtato. Si allontanerà mentre ti pieghi, mani al petto, senza il fiato per poterti dire addio. Perché non l’hai cercato? Perché non l’hai fermato? E come fai la sera, quando la veglia favorisce il coro? Con che animo, quale strategia fai finta che non canti, o di ignorare quella nenia, quella liturgia? La prevalenza del giorno diventa differenza, minoranza, che ti risparmia solo per l’oblio.

Perché non hai avuto cuore, immaginato quello che non c’era? Lo sapevi bene, ne eri certo che esistesse, in qualche luogo, dove nel pianto avresti riso, guardato onde su capelli che non hai baciato mai. E non poteva essere lì, accanto a te! Non c’era! Guardavi e non vedevi niente. Te lo ricordi? Non ti è bastato per voltare gli occhi dove c’era notte, ma anche un buio pieno d magia.

Potevi andare, potevi perdonarti e andare. C’era gente, rumore, potevi fare finta, come tutti. Mescolarti, e andare. Nessuno ti avrebbe cercato. Tranne uno…

Come farai? Cosa ti dirai quel giorno, il primo giorno in cui è tardi, in cui non puoi negarti niente, ma tentare ormai non è possibile, non puoi? Manca ancora molto? E’ domani? Ma prima o poi saprai che il meglio l’hai già dato, e non c’è altro da dire. C’era da partire, e non sei andato. C’era un mondo, ma non l’hai saputo. E cosa ancor peggiore, non ti ricordi più perché.

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Io sto col Bisagno

alluvione genova 2011

Sono rispettoso delle persone morte, esprimo tutto il mio cordoglio ai loro familiari, e vorrei che non fossero finiti così, come topi in gabbia. Però io sto con il torrente, con il Bisagno. Io sto dalla parte di chi è stato violentato e represso, cancellato, e che si riprende il suo spazio. Quel fiume è il simbolo della natura vituperata di questo Paese, fatto a pezzi per costruire palazzi orrendi, per far correre macchine in eccesso, per gratificare della gente distratta, incurante, che ha dimenticato tutto. Io sto col Bisagno, anche e soprattutto perché quasi tutto il mio sangue è genovese.

Il giorno in cui iniziarono i lavori di copertura di quel torrente mio nonno Pietro Cantarella, genovese e marinaio, tornava a casa con la sua sacca sulla spalla. Era sbarcato da poco, qualche mese tra Mediterraneo e Atlantico, e saliva  da Caricamento ben felice di tornarsene nel suo. Vide il cantiere e chiese in giro: “Ma che fate?”. Mia madre ricorda che entrò a casa col muso lungo: “Questi sono pazzi. Succederà qualcosa di grosso”. Anche mio padre ricorda bene il torrente Bisagno: “Da ragazzo ci passavo accanto, e guardavo giù. E’ in mezzo alla città. Era largo, con gli argini bassi, e sempre pieno di verde. Dentro c’era poca acqua. Poi veniva giù la piena e si portava via tutto fino alla Foce”. Andava così.

Quel torrente stagionale, silente per gran parte del tempo e tumultuoso quando serviva, è stato coperto. Non solo, l’hanno anche riempito di palazzi. Uno di essi prima o poi verrà giù e allora i morti saranno duecentosette, non solo quelli di ieri. Però quello era e resterà sempre un torrente, non un essere cattivo e sadico, che rincorre gli uomini per affogarli. Un torrente. Cioè l’alveo periodico dove le piogge che calano dalle valli alte possono, devono scorrere a mare. La Liguria è fatta così. La Terra è fatta così.

Chi ha coperto di cemento quel rio sapeva bene cosa si rischiava. Non l’ha coperto per uccidere qualcuno o per danneggiare qualcun altro, ma sapeva quel che poteva avvenire. Quando uno “vuole cagionare alla vittima l’evento minore (una lesione o una percossa), ma ottiene, per via di un comportamento colposo, la morte della stessa” si chiama omicidio preterintenzionale. E sul filo di questa ipotesi di reato il GIP deve indagare, tutti gli amministratori del territorio, dal comune alla Provincia, alla Regione, al Governo. Tutti. L’accusa è omicidio e danneggiamento. Come da me, in Val di Vara, come nella Valle del Magra, a Vernazza, qualche giorno fa.

Oggi come ieri, io non sto con gli assassini. Io sto col Bisagno. Voglio fare delle magliette, con questa scritta.

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