La cosa che mi colpisce del tempo è la sua capacità ipnotica. Come il nomade del deserto che con il suono stridulo del suo piffero riesce a far salire il cobra dalla cesta. Come lui, il tempo ha sguardo vago, volto segnato e un’infinita pazienza. Il suo serpente, come facciamo noi, ondeggia, si leva e corica con la ritualità del maniaco o del servo. Né lui né noi, per una vita intera, sovvertiremo questo ritmo. Mai decideremo di piegare il tempo a noi, cambiare il giro, soffiare per far sorgere o calare il pifferaio.
Ogni mattina, ogni mattina, sole che sorge, sole che si alza, sole che scende, come ogni sera, ogni sera. Che ora è adesso? Sono le sei e venticinque. Quante volte sei e venticinque nelle mie giornate? Sei e venticinque fa trentuno, quante volte trentuno nei miei mesi? E per quanto ancora? Il piffero suona. Non si sentiva, ora si avvicina, si allontana.
La cosa che mi colpisce del tempo è che tutto muta in relazione a lui, le età, le disponibilità, le generalità, per mescolare carte e fare un gioco: il gioco dei divieti. Fino a quel tempo questo non si fa. Poi non si può fare quello, e poi non è più tempo per fare questo e quello. Si può stare soli, ma solo da quel momento. L’amore non si può ancora, solo dopo quell’incontro. Non sempre è bello non dormire, non sempre è bello avere un posto dove andare. L’amore non si può più, dopo quella donna. A un certo punto è tardi per tornare. In quel posto, dove eravamo certi, non si può più vivere. Ma come?! Prima era presto e ora è tardi? Non sempre è tempo di desiderare, non sempre ci si deve addormentare. Non sempre, ma inesorabilmente, sarà venuto tardi per qualunque cosa che non sia andare. Il gioco è il tempo stesso, e quando l’hai capito simularlo non sarà possibile. Non più.
La cosa che mi colpisce del tempo è che scorre sempre in una direzione, e io ne ho davanti un po’, lo vedo arrivare veloce, abbastanza per sperare ancora. Ma è un’illusione, e per capirlo basta che mi volti, che veda quello che sta dietro me, di tempo scorso, che è il davanti di uno che non ha capito ancora il gioco, come non potevo sospettarlo io quando ero dov’è lui, e che dietro ha un altro che non sa neppure che si gioca, e invece io davanti a me ho un tipo, uno anche sveglio, uno simpatico, che il gioco invece l’ha finito. Era così contento… invece s’è stufato. S’è steso. Non s’è più rialzato. E’ il gioco che si gioca avanti, quello che non ho giocato ancora.
Quello che mi colpisce del tempo è che ci sono istanti in cui capisci tutto, perfettamente, fin nel dettaglio, e potresti viverci così come capisci. Dall’aereo, mi ricordo: guardavo giù e tutto era chiaro. Poi atterravo e non mi ricordavo più. Oppure momenti in cui non si capisce niente, eppure sembra anche meglio, tutto va come un orologio, come una sveglia. Ma come!? Senza capire, senza motivo, senza stare a cavallo. Il cavallo è il tempo. E’ una sveglia a forma di cavallo senza sella, senza cavaliere, senza briglia. Senza.