Irretito

Per le vie laterali del bazar delle spezie, sulla riva occidentale del Corno d’Oro, guardo i setacci. Ne vendono a decine, centinaia, a trama fitta, spessa, larghi e bassi, capienti, coi bordi rialzati. Quanti setacci servono ai turchi per vivere? Molti, sembrerebbe.

Tra la gente affaccendata del lunedì scruto i manufatti in alluminio, belli e leggerissimi. Esposte nei piccoli negozi, che erompono sulla via con tutta la loro merce, altrettanti teglie da forno, per realizzare milioni di focacce, milioni di pite in cui avvolgere il doner kebab.

Nelle ferramenta analizzo gli strumenti da taglio, osservo le viti, i dadi, verifico la qualità del filo di ferro. Non vedo alcun prodotto marchiato, solo oggetti forgiati. In un vicolo mi soffermo davanti a un fabbro. E’ lui il produttore di quegli utensili, pensati, realizzati e venduti in poche decine di metri.

Al venditore di semi chiedo cosa siano i microscopici sassolini azzurri che vedo in un sacco. In un chiosco di 1 metro per 50 centimetri un orafo mi ipnotizza: le sue dita annerite dallo stagno seguono una sagoma d’argento, sfiorano la spazzolina circolare che sibila a pochi centimetri dal suo viso. Sono accanto a lui, ma è talmente attento che non si accorge di me, non si muove, non fa alcun gesto. Solo l’anda e rianda millimetrico delle sue dita… A cosa pensa un orafo del Corno d’Oro quando lavora?

Su una delle porte del Gran Bazar di Istanbul c’è scritto “Dio ama i mercanti”. Chissà da dove viene quella frase. Forse l’ha scritta un venditore di tappeti. O di automobili. Non c’è niente di cui un venditore di macchine, o di tappeti, non possa convincervi. Tanto più se si tratta della parola di Dio. Ma dubito che sia così. Ai mercanti, a molti di loro almeno, va assai bene che Dio non esista. Prenderebbero qualche bella bastonata sulla schiena, se non fosse così. Forse però, al Bazar di Istanbul, molti venditori si salverebbero. Qui accade l’opposto che altrove: dove di solito fai fatica a trovare qualcosa di necessario, qui è dura scovare un oggetto inutile. Di questo luogo, non per caso, colpisce la concretezza.

Davanti al negozio del venditore di sacchi di juta resto imbambolato. Sacchi grezzi, color beige, puliti, con una striscia rossa a stampa al centro. Li intreccia con fibra di malvacea un vecchio che, per oggi, ha finito il suo lavoro e ora si riposa seduto in un angolo. Il suo mondo è questo negozio di sacchi di juta. La vita, per lui, è di juta. Io che non baratterei un istante del futuro con uno già trascorso – e che, anzi, so bene che il bello del passato è solo la sua lontananza (che non fa vedere bene i particolari) – di fronte alla juta sorrido.

Almeno fino a quando passo davanti alla bottega del cordaio… dove quasi mi commuovo. Il cordaio, quello che vende corde, trappe, sartie, sagole, gomene, scotte, spaghi di lana, cotone intrecciato, canapa e manilla. Cime d’ormeggio ruvide e pungenti, spinose, resistenti ed elastiche. Corde, fili di dimensione adeguata allo sforzo, di materiali proporzionati all’azione. Compro due bobine di morbida cima di canapa, 20 metri l’una, al prezzo di 10 lire turche (4€). Una è rossa, una verde, entrambi tinte con colori naturali. Le appenderò, ben addugliate, allo stipite di una porta, come fossero pronte all’uso. Dopo molti anni, forse, faccio un acquisto inutile, d’impulso, di cui (naturalmente) mi pare di non poter fare a meno.

Un cordaio ci salverà. Un cordaio può lanciare una cima a terra. Un cordaio può reggere il mondo. Nella sua bottega si vendono cordoni ombelicali, legami tra oggetti, fili che collegano terre a bastimenti, bastimenti a uomini, uomini a loro simili e l’umanità intera alla vita. Il cordaio non produce che righe, linee, non conosce il metro quadrato, solo quello lineare. Il cordaio vede il mondo a due dimensioni, sezione e lunghezza, un numero piccolo (per analizzare l’universo infinitesimo) e uno grande (per irretirlo). Un cordaio non parla quasi mai, sente soltanto i numeri, qualche nome, e il suo mestiere è tagliare e addugliare. Un uomo fatto di spietatezza e d’ordine, dunque, di solitudine e laschi legami. Il cordaio non sa chi terrà in mano l’altro capo del suo filo, prima o poi, ma non per questo lascia andare quello che ha tra le mani. Un cordaio crede nella provvidenza, e pensa che si manifesti sotto forma di dita che afferrano una corda che scorre. Stringere e sperare. Un po’ come partire dopo aver sognato.

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69 pensieri su “Irretito

  1. Annoiata, non direi. Più facile lo sia tua moglie. Attento che non ti pianti lei. Arrogante, invece, é verissimo. Pure presuntuosa. Soddisfatto? Quanto al Perotti ha le lettrici e i lettori che si merita. Incluso te.

  2. Ma piantala. Sei solo una delle tante annoiate arrogantelle che circolano su internet. Berlusconiana e ipocrita ci sarai tu. Ma come ti permetti? Simone ma che lettrici hai?

  3. Silvana,
    in effetti… sarebbe meglio evitare.

    facimet ‘ofavore chi ci freca,
    chazzecca.
    comunichiamo in comunicazione! Eddai…

    Bar? Sbarellati è meglio!

    ciao a tutti
    Vale

  4. Io la scema la faccio in pubblico. E in privato. Poi ci sono quelli che lo fanno in privato, ma in pubblico no. E in privato fanno un sacco di altre robe che in pubblico é meglio non si sappiano. Ad esempio fottersi le minorenni. E mandare opuscoli che declamano le gioie della famiglia. Sono quelli che hanno votato Berlusconi. Si chiamano ipocriti. Vedo che circolano pure qui. Eh, sono numerosi. Che dico, numerosissimi.

  5. Anche io Paolo (Roma). facitece ‘o favore. Basta con i vostri duetti inutili. le scemate scrivetevele da soli, in privato. Ci siamo rotti. E basta!

  6. ecco… ma della torta e di tutto il resto a noi che ce ne frega? Ma perché non vi scrivete direttamente invece di intasare il blog?

  7. Valentino, la Sacher te la spedisco, se vuoi. A Bolzano c’é il negozio che vende Sacher originali, ha preso il posto, con una pasticceria, dell’orrido MC Donald’s che appestava la piazza con la puzza di olio fritto e patate transgeniche. Quando ho visto la pasticceria al posto della puzzolia, ho godutoe mi sono messa a saltare gridando Sì, sì, sì! La Sacher ti arriva fresca di giornata, lo so per certo. Fu il mio regalo per il compleanno del marito, che ne é ghiotto.

  8. Non posso sognarlo Silvana…
    Oh che meraviglia l’Austria!

    E le cassette che contengono i quotidiani?
    Deponi la moneta e ritiri il giornale.
    Qui da noi, sparirebbero giornali, soldi e
    la pure la cassetta.

    Prepara una sacher: ce la gustiamo in
    compagnia a casa Perotti (virtualmente).

    alè, mani in pasta!

    ciao
    Vale

  9. Ciccio, mia nonna é nata a Vienna. A casa mia Vienna é in Austria e con gli alemanni c’entra poco! Poi tu girala come vuoi, al solito.

  10. Macchè austriaca:
    ricordati che i valligiani altoatesini
    non sono visti di buon occhio dagli austriaci e lo sai benissimo.

    Comunque ti ricordo che, da tempo è nata l’Europa Unita,
    ci rende cittadini” trasversali”
    dal Portogallo all Grecia,
    dall’Italia al nord Europa.

    Ciao bolzanina anconetana
    (che connubio ragazzi,
    rende bene l’idea del caratterino…)

    un bacio a Silvana

  11. Vale, non ce l’ho la ricetta in questione. Mi verrebbe da consigliarti di chiederla a Paolo, ma mi sa che della patata, a lui, non gliene frega oppure non ne vede da un pezzo.

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