Concretamente sarà lei!

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67 pensieri su “Concretamente sarà lei!

  1. Il cambiamento è una fatica immane soprattutto con la parte più intima di sé, quella che ti fa resistere dal disgregare tutte le certezze che per trenta o quarant’anni ti sei o ti hanno costruito addosso. Si comprende quando si è sulla strada giusta tutte le volte che un piede ritorna in un territorio di pensiero che sempre di più non è il tuo; a me accade quando qualche “cacciatore di teste” mi cerca o mi si domanda di ritornare a “vendere”, cosa fatta per troppo tempo. Allora ci si ripiglia un po’ e si ricomincia. Non c’è una formula magica e ciascuno trova la sua. La sola magia sta nel ribaltamento delle convinzioni interiori acquisite. Fuori, grosso modo, resta sempre uguale, almeno finché il denaro sarà il termine di misura dei nostri bisogni.

  2. A chi la stiamo raccontando? No perchè se scrivi un libro che si chiama “ufficio di scollocamento”, uno che nel titolo recita “smettere di lavorare” e l’altro che dice “contro la follia delle aziende” cosa credi che la gente si aspetti da te?, Che gli speighi come cambiare dentro? come vivere sostenibilie? come autoprodursi lo yogurt?

    La parte appetitosa della faccenda, quella di vivere senza lavorare, è sempre ben messa in evidenza… se vuoi che la gente ti chieda come fare a cambiare dentro, incomincia con il cambiare il messaggio mediatico che trasmetti, a partire dalle copertine dei libri.

    Ma naturalmente questo non si può fare, perchè un libro che invece di chiamarsi “Ufficio di scollocamento” si chiamasse “Cambiare dentro per cambiare lavoro” (perchè poi in soldoni è questo il messaggio reale) vende la metà, e la casa editrice storce il naso perchè non sono mica scemi, a loro interessa fare soldi.

    Alla fine mi sembra che si raccolga quello che si semina.

    • Veramente sopra a Ufficio di scollocamento c’è scritto bello grosso “Una proposta per ricominciare a vivere“. A me pare che i semi non c’entrino, Signorina Trinciabue. Ognuno capisce quello che gli fa comodo capire…

  3. @ PATRIZIA

    penso che i tuoi amici abbiano ragione e ne approfitto per un ragionamento che può scongiurare qualche cantonata.
    Sonoo certa che un movimento come lo “scollocamento” non può e non deve essere la ricetta per la serenità, perchè è fin troppo chiaro (e se non lo fosse basta studiarci sù) che serenità/inquietudine somiglino più a un atteggiamento abbastanza svincolato dalle condizioni esterne piuttosto che una risposta ad esse. se cerchi la serenità andando via dal lavoro hai ragione ad essere inquieta.
    la serenità va maturata prima della scelta che servirà a corroborarla e a farla durare nel tempo, in quanto ricollocamento esistenziale maturato nella propria specifica storia. La serenità deriva da questa maturazione di idee e sentimenti,lo scollocarsi diventa inevitabile conseguenza della consapevolezza del proprio posto nel mondo, il ruolo che uno vuole avere, quello che serenamente si sente di essere.
    Diventa banale se pensiamo del solito “mollo tutto e scappo via” l’inquietudine ti seguirà.
    ne riparliamo quando vuoi…bye bye

  4. Cara Patrizia, il quesito che poni è molto interessante, me lo sono chiesta spesso anch’io ed anche miei amici “eterni insoddisfatti”.Il fine ultimo dell’esistenza è una vita tranquilla? Beh forse no. Tempo fa ho letto un librettino veramente bello di un’analista junghiano “matrimonio vivi o morti” dove spiegava che il matrimonio non è la ricerca del benessere, se si cerca quello meglio evitare, ma la ricerca di sé e questa passa per gioie, dolori, sofferenze, prove. Seguire la propria strada non porta benessere, ma porta alla conoscenza di sé. Questa può essere una chiave di lettura, quel libretto mi ha fatto capire molte cose sul significato dell’esistenza.

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