Parlare d’amore…

Butterfly Knot

Stasera va così. Buona settimana a tutti

 

“Ci sediamo, ordiniamo qualcosa. Stoccafisso e acciughe, un rosso in brocca. Con questi sapori, qui, non possiamo che parlare dell’amore.
«Renà, io penso che non sono tagliato…»
«A me lo dici… Guarda come sono messo!»
«’A vuo’ sapè ’na cosa? Quello che penso io, non esiste.»
«In che senso?»
«Io pensavo ch’era meglio. Che fosse più possibile, l’amore. Invece guarda, tengo cinquant’anni e sto ancora accussì…»
«Tu però hai appena conosciuto una donna che ti piace, dovresti pensarla diversamente…»
«Ma no… lo sai cosa intendo. Quando ci prendiamo una sbandata, quando sembra che esageriamo, che dovremmo stare attenti… Quello è il momento in cui siamo più veri. Io, così, ci so’ stato poche volte in vita mia, ed era sempre quando amavo una donna.»
«Credo di capire… Forse per me è stato diverso…»
«Vabbuó, pure tu dai… Co’ Silvia tu sî peggi’e me. Tu sî partito proprio di testa, co’ quella guagliona.»
«Sì. Partito senza ritorno. E partito da solo, soprattutto…»
«Ma a Palermo…»
«Eh, a Palermo… Ora siamo qui, non siamo a Palermo…»
«Vabbuó, ma quello t’ha fatto capire molto di lei, di come potrebbe essere. E quello che hai visto ti piace…»
«Quello che ho visto mi fa paura, Antò. Una donna che ti viene a salvare da chi ti ha rapito, poi dovrebbe anche restare… Se va via, forse era meglio che…»
«Che ti liberavano i camorristi?»
«Ma no, lo vedi… con lei non regge neanche il paradosso.»
«Mo’, lascia perdere che ti è venuta a salvare. Senza di lei stevi in mano a chilli mariuoli… Però pensa a Palermo. Quello che hai visto e sentito laggiù. Le cose che succedono, vuol dire che sono vere. Poi che ricapitino o meno… aeh, quell’è ’n’altra cosa.»
«Ma se n’è andata, Antò! A Palermo ha preso la barca ed è scomparsa. L’ho chiamata, non ha risposto. Era da sola, con un altro, oppure semplicemente non ero abbastanza per lei, per restare… Io non lo so! Quando le cose non le sai, non puoi decidere.»
«L’amore e partire non sono due cose in contraddizione… C’è gente che se non parte muore
«E gente che muore se parti… Io sono di questo gruppo.»
«Le donne che restano, quelle invece ti vanno bene?»
«Non lo so…»
«Eh, questo lo devi pure dire… Le donne che partono non vanno bene perché partono, ma quelle che restano, Renà… quelle sono candidate ad aspettare noi.»
«Ma io non parto…»
«Te ne sei appena andato da Milano… Teni ’na casa ’n miezz’a l’Egeo, e vivi in barca. Una guagliona normale pienze che non fa fatica cu’ te?!»
«Una donna qualunque, una borghese, una che non capisce la libertà, l’avventura…»
«Appunto! Una donna libera, avventurosa, che fa? Tu, io… siamo candidati a perdere la testa per le donne che non ci aspettano
«E invece no. Quando uno parte davvero per la sua via, parte da solo. Ma questo non vuole dire che non abbia bisogno d’amore. Al contrario! Proprio perché è solo, per le vie del mondo, ne ha ancor più necessità di chi vive in modo codificato, in città, al sicuro. E questo una donna libera dovrebbe capirlo.»
«Le donne non sono tutte uguali, Renà. Ci sono donne che gli uomini li capiscono e donne che pensano di sapere tutto, che siamo esseri semplici, tutti uguali…»
«Questo è vero. Le donne sono convinte di una cosa molto semplice quando parlano degli uomini. Non sanno quanto si sbagliano.»
«Mo’, attento… Tante volte c’hanno pure raggione, aeh… Ci sono femmine che le cose le sanno, e sanno aspettare.»
«Poi c’è la gente come Silvia, una categoria ancora, che non aspetta nessuno, che prende e se ne va, che non vuole che l’aspetti. Poi, quando non ci pensi più, ti viene a salvare…»
«Che conta di più in una donna, questo o quello?»
Bella domanda. Ci penso un po’ su.
«Oggi è un prendere o lasciare, con le donne? Questo vuoi dire?»
«Dico che quello che prendiamo non è che si è fatto prendere, Renà. Siamo noi che possiamo permettercelo.»
Colpo durissimo per me. Anche perché so che è del tutto vero. ”

 

(L’Equilibrio della farfalla, Simone Perotti, Garzanti, 2012, Pagg. 273-275)

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70 pensieri su “Parlare d’amore…

  1. …l’unica cosa falsa erano i biglietti, almeno fino a un certo punto… hahahah. Vivi, tenta, gioca, sperimenta, non abbiamo nulla da trattenere e nulla da perdere.

  2. Dal blog di Jacopo Fo sul fatto quotidiano 🙂

    Praticare l’amore è rivoluzionario perché se sei innamorato cotto non sei più un bravo suddito.
    Il soldato innamorato non parte per la guerra, diserta.
    L’operaio innamorato va sul fiume a far l’amore.
    Il professore innamorato non interroga.
    Il consumatore innamorato preferisce passeggiare nei boschi che andare al centro commerciale.

    Le persone innamorate sono generose, conviviali, solidali, ottimiste e sognatrici.
    Al potere servono sudditi incattiviti e depressi ammalati di shopping compulsivo.
    Se hai già un frullatore e sei innamorato, hai di meglio da fare che comprarti un secondo frullatore.

  3. Cara dottoressa, cosa mi ha fatto tornare in mente! Leggendola sono scoppiata in una risata. Marbella,, 1988. Uno spocchioso ometto sbarra l’ingresso a mio marito e ad un collega del gruppo con cui ho deciso di andare in un rinomato locale. Orrore, non hanno la cravatta! Mio marito e il collega decidono di rimediare. Tornano in albergo e qualche minuto dopo me li vedo comparire acconciati in modo buffissimo. Il marito con il papillon a petto nudo e un elegantissimo completo da sera. Ai piedi una scarpa elegantissima e una superga disastrata bianca. L’altro, invece, ë vestito da donna! Il tipo é costretto a farli entrare. Purtroppo, entrato nella pista da ballo, al marito si ë impuntata la superga, mentre la suola della scarpa elegante é scivolata vigorosamente in avanti. L’effetto birilli per aria sulla gente che ballava é stato semplicemente esilarante. Ah, che gusto, mandare al diavolo le convenzioni!

    Caro signor Red, il mio cambiamento é stato messo in atto 20 anni fa., causa lutto. Cinque anni dopo gli ho dato un’aggiustatina, causa batosta aggiuntiva. Il resto mi rifiuto di cambiarlo. Che ci devo fare? Mi piace troppo! Si cambia quel che non va bene, non quel che va bene. Elementare, Uòzzon.

  4. @Beata Mazza
    Per lavorare su di noi intendevo capire meglio come reagiamo a che cosa, quindi trovare il modo di saperci dominare di più in quegli aspetti del nostro comportamento che possono addiritura complicarci l’ esistenza. Io intendevo lavorare di più su di noi per ottenere di lavorare meno fouri di noi, attorno a noi, disperdendo preziose energie.
    Secondo quali parametri e verso quali intenzioni ce lo dobbiamo scegliere da noi, é responsabilità nostra.
    Personalmente da quando incentro maggiormente su di me l’ attenzione mi lamento meno e mi aspetto meno dagli altri, di cui mi lamento ancor meno.
    Non pensavo a lavorare su di noi affinché tutto gravi su di noi nelle relazioni e pertanto gli altri possano bellamente fare a meno del loro 50% di carico di responsabilità nei rapporti.
    Quale esito si avrà per aver lavorato ancora di più su di noi? Se abbiamo lavorato nella direzione giusta (quella che ciascuno di noi percepisce come prioritaria) penso che saremo meno esposti ad esiti di cui paghiamo le conseguenze. Insomma, io lo vedo anche come un fare di più per fare di meno.

  5. …durante la corsa gli infradito si rompono. Prendo una striscia di plastica, faccio un nodo con fiocco intorno ai sandali e penso “questa estate vanno proprio di moda”. Ma non c e nodo che tenga per trattenere chi vuole andare, chi non ci attende, chi e lontano nonostante sia vicino, chi e lontano perche ora e lontano, chi cammina come terapia, chi scala una montagna, chi il porto lo sta cercando, chi del porto sembra non avere bisogno, chi dal porto e partito per non farvi piu ritorno, chi dice una cosa e poi cambio di ruta, chi si lascia condurre come un bambino, chi ha deciso, chi e stanco, chi non puo accettare. E allora vai, io resto qua, mi sembra di aver perso l energia

  6. Sicilia,venetico marina,30° già alle 6 di mattina,stromboli fuma come il mio cervello. Non desidero altro che una nuotata introduttiva alla montalbano oggi me ne sto a stretto contatto con i miei sensi e l’amore? bah…oggi amo solo il caffè,e la sintesi:

    «Dico che quello che prendiamo non è che si è fatto prendere, Renà. Siamo noi che possiamo permettercelo.»

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