Quello che sta dietro

nella sua casa-museo

Pietro è stato partigiano in Val di Vara. Dai suoi ricordi, dalle foto, abbiamo ricostruito che si è rifugiato nel fienile che ora è casa mia. Gli anziani me l’avevano raccontato che qui c’erano stati i partigiani. Mentre lavoravo alla ristrutturazione ho trovato anche una gamella con inciso sopra il nome di uno di loro, Cap. Magg. Morucci Mario, 22°Reggimento, 11^ Compagnia. Ho fatto una ricerca, non risulta tra i dispersi, grazie a Dio. Pare che siano fuggiti per un rastrellamento, portando via la mucca che avevano al piano di sotto. Più della metà di loro morirono quel giorno, forse dove io parcheggio la macchina, o dove vado per una passeggiata.

Pietro, però, è stato soprattutto un grande maestro d’ascia. Una vita a costruire barche. Ha lavorato a centinaia di esemplari, imbarcazioni e navi, poi a Ca’ di Mare a fare gli aerei, che tanto erano di legno e tra carlinga e ordinate non erano molto diversi da costruire. Poi navi ancora, fino a che ha potuto. Ha insegnato a stuoli di giovani, che naturalmente ora lavorano tutti. Se avessero fatto Scienze della Comunicazione sarebbero a spasso, probabilmente.

Con Corrado e Iole, ieri sera, siamo andati a trovarlo dopo cena, nella deliziosa insenatura delle Grazie. Canocchie e seppia di stagione ci avevano messo nella migliore disposizione d’animo.

il numero dei suoi strumenti è impressionante

 

Casa sua è un museo. Strumenti e attrezzi dei calafati, dei maestri d’opera, incastri, mazzuole, asce, trapani a mano. Li costruivano in base al lavoro che dovevano fare, all’uomo che li faceva, a quanto lunghe aveva le braccia. Ecco cos’erano i maestri d’ascia: gente che per fare un lavoro prima forgiava ferro e piegavano legno per costruirsi l’attrezzo adatto. Lui li ha tenuti tutti. Un’emozione vederli lì, insieme, in un’ordine supremo. Geometrie di un mondo dignitoso e intelligente.

Pietro ci ha raccontato tante cose, si è commosso ricordando la fuga da casa mia, o quando a guerra finita si sentì dire con ironia da un compaesano: “ti sei spaventato quella sera che siamo venuti a prenderti in letto, eh?!”. E lui lo aveva steso con un pugno allo stomaco. Dio come avrei voluto vedere quel momento!

Ci ha anche raccontato di un ragazzo un po’ svitato, una testa calda, renitente a qualunque disciplina, che era finito nella sua bottega. Lavorava come un matto, senza fermarsi mai. Al termine dell’apprendistato aveva fatto gli esami da Maestro d’Ascia, e i maestri esaminatori lo avevano bocciato. A volte chi si presenta male, preceduto dal suo carattere… Ma a Pietro non era andata giù. “Quel ragazzo era il migliore. Lui vedeva la linea tratteggiata…

La linea tratteggiata. Avete presente nei disegni tecnici di una barca, di una casa… La linea continua indica il profilo di ciò che vediamo, la sua forma esteriore, visibile davanti a noi. Quella tratteggiata ci mostra le forme di ciò che non vediamo, quelle di un’ordinata, di un madiero, di una costola sepolta nello scafo. “Quello che sta dietro,” mi ha detto Pietro con gli occhi acuti di chi percepisce la realtà vera, “regge quello che sta davanti”. Il ragazzo aveva fatto bene il suo incastro, la prova d’esame. “Era solida, costruita a regola d’arte. Ma quelli hanno guardato solo il davanti. Quello che conta, nelle barche, sta dietro”. E’ tutto il giorno che ci penso. “Quello che sta dietro regge quello che sta davanti”. Non solo nelle barche. Grazie Pietro.

 

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137 pensieri su “Quello che sta dietro

  1. Ogni tanto passo da questo blog. Leggo un post qua e là, ci rifletto su, medito, faccio collegamenti di pensieri. In questo ti ho seguito con lo sguardo, dal paese della val di vara dove abiti ai borghi del braccio destro del Golfo dei poeti che hai citato. Mi è venuto in mente anche Mario Soldati, che abitava a Tellaro e, col maresciallo del paese, andava a comprare il vino a Beverino, altro salto geografico dal mare all’interno. Poi ho pensato a “quello che sta dietro che regge quello che sta davanti”, il vero senso del post. Tutto molto bello ed evocativo. Poi però ho letto i commenti ma erano tutti un “Simone non risponde alle critiche” oppure un “Simone mi hai deluso” come se il centro di tutto fosse Simone e non noi stessi in cerca di emozioni, ricordi, e spunti di riflessioni oppure la piccola comunità virtuale che siamo.

  2. @sara sei stata sintetica, incisiva e divertentissima! 🙂 🙂 seguo il tuo consiglio…passo (senza guardare), ho capito l’antifona! niente pifferaio..metto un cd. ciao e grazie della dritta!

  3. @ Federica, benvenuta tra ‘noi’…! E ora aspettati una, o più, delle seguenti cose:

    – Simone non ti risponde perché non gli interessa dialogare con te, e ha altro da fare (per es. raccogliere l’insalata);

    – Simone ti risponde asserendo che lui ha già risposto mille volte alle medesime domande;

    – Simone ti risponde con la solita ‘pappardella’ di cui parlava anche Antonio recentemente.

    – Non tanto Simone, ma molti altri qui, ti lapideranno perché hai ‘osato’ esprimere un tuo personale punto di vista su di lui, invece di adeguarti ai loro ‘osanna’…

    Accetti un modesto consiglio da parte mia che sono ormai avvezza alla lapidazione?:
    “non ti curar di lor, ma guarda e passa…”

  4. Simone qui ti danno tutti del tu.. oggi sono rimasta a casa e non sono andata a lavoro, avevo letto un anno fa due tuoi libri, e sono finita oggi nel tuo blog. Belli i pesci che costruisci e molto belle le cose che citi nei tuoi post.
    Però leggendo questi commenti e altri commenti e le tue risposte e scorrendo indietro post dopo post, tu dici di aver risposto alle domande critiche che ti hanno posto, ma tu non hai mai risposto (almeno in questo blog) a nessuna domanda, mai, hai solo glissato bene, divinamente bene, ma non hai mai aperto bocca, ok non sei tenuto a farlo giusto, ma allora resti un nome su una copertina di un libro perchè di umano non c’è molto almeno in questo Tuo blog. E questo di te mi ha deluso, replichi alle critiche con un tono altezzoso e presuntuoso, ti posso confermare che sei davvero una delusione, dai libri sembravi una persona molto umile e disponibile, macchè. davvero una delusione. Ti giuro ci sono rimasta male, avevo anche visto qualche spezzone delle trasmissioni in tv, mi sembravi autentico. Ci tenevo a dirlo pure io dato che qui chi ha osato dissentire è stato lapidato.

  5. Che non si possa piacere a tutti è vero ma non credo che questo sia il problema… A me piace questa discussione in cui si è perso di vista l’argomento di partenza e si arriva ad usare anche armi non convenzionali (giusto per riprendere le immagini di Ivo:-))… Io credo che il problema di Antonio sia molto comune, giusto, comprensibile. Si cercano delle risposte e queste risposte non ci vengono date. In qualche modo è un po’ come se ce le aspettassimo, le cercassimo con forza, ne avessimo davvero bisogno e pensiamo che magari se qualcuno le ha trovate sia giusto condividerle anche con noi. Il punto è che le risposte universalmente valide, purtroppo, non esistono. A patto sempre che qualcuno fosse disposto a fornircele non le troveremmo esaurienti, complete, giuste, adatte a noi. Se qualcuno è arrivato in cima percorrendo una strada non significa che quella strada possiamo usarla anche noi. E non è poi così terribile perché, se la cerchiamo, sono sicura che troveremo la nostra. Del resto se esistesse davvero quella possibilità potremmo non accorgercene perché quelle risposte non sono farina del nostro sacco e non le riconosceremmo in fondo come risposte perché non si adattano alle nostre condizioni, al momento in cui siamo, al nostro tipo di personalità e situazione familiare, ai nostri veri desideri o alle nostre reali necessità di quel momento. L’esperienza di Simone non può esserci d’aiuto se la consideriamo come una soluzione o un’alternativa a restare nel “sistema”. O se la consideriamo come un’esperienza conclusa, un problema risolto. Io credo che quell’esperienza possa essere illuminante, utile e interessante se sappiamo vederci qualcosa di diverso: il modo in cui lui ha trovato le sue risposte. Le riflessioni che l’hanno condotto su quella strada, la situazione in cui vive adesso, come si sente e come si è sentito. In altre parole possiamo guardare, commentare, prendere degli spunti, condividere oppure no e vedere se qualcosa di quello che ha fatto può esserci utile nella nostra di esperienza…
    Questo non è facile, però. E quanto più ci sentiamo costretti, affannati e compressi in un sistema a cui sentiamo di non appartenere, tanto più possiamo diventare insofferenti, negativi, arresi o aggressivi. Spesso stanchi.

    Quando ho iniziato a fare il pane non pensavo ad alcun sistema ed ero troppo distratta per accorgermi di certi “dettagli”. L’ho fatto solo perché costava meno e mi seccava un po’ perder tempo a farlo quando avrei potuto comprarlo. E l’ho fatto per mesi senza che il pane fosse commestibile. Avevo iniziato una strada per caso e per motivi non certo etici o nobili. Ma con quelle mani nella pasta che non decideva di venire mi sono accorta di qualcosa: mi piaceva! E mi piaceva anche se il pane non veniva. Avevo scoperto sensazioni sconosciute che non avrei mai capito se qualcuno me le avesse spiegate. Mi stavo riappropriando di un tempo, di uno spazio sottratto, di qualcosa forse di più profondo di quanto credessi. Da lì per me è cominciato tutto. Stavo cambiando il “sistema”? No di certo. Ma stavo cambiando il “mio” sistema su quella strada magari un po’ casuale, arrancando e procedendo scomposta, inciampando e riprovando. Quello è stato l’inizio di un cambiamento di direzione che c’è ancora adesso ma è ben lontano dall’esser compiuto. Che mi ha spinto per caso a cercare informazioni, delucidazioni, approfondimenti fuori e di riflesso dentro di me. Lo considero un po’ un viaggio durante il quale incontro altri viandanti come me e ci scambiamo delle idee…

    In questi post vedo questo: voglia di capire, di comunicare, di sentirsi meno soli (perché non è la maggioranza che si fa queste domande), di scontrarsi anche magari. Beh…ma non c’è bisogno di condividere sempre, di fare le domande giuste sempre. L’importante è che ci sia ascolto e accoglienza. E queste due cose qui ci sono.
    Questo è quello che sento io…:-)

  6. sara, 20/12/2012 at 08:08

    “Esordisci con garbo (si evince dal tuo ‘consentimi’) nell’espressione del TUO punto di vista (cosa IO penso di quel che stai scrivendo), ma solo la riga sotto speri sia utile ad Antonio il feedback, l’impressione di CHI (?) lo legge o (immagini) di CHI (?) lo ascolta.”

    ma pensa: siamo addirittura arrivati all’analisi logica del periodo! qui si usa l’artiglieria pesante…

    rasségnati, simone: a certa gente gli stai proprio sulle ba**e. 🙂

  7. “Le parole sono come pietre” diceva Carlo Levi…in punta di piedi entro nel vostro dibattito per invitarvi a rileggere l’ultimo paragrafo dello brano del 3 dicembre intitolato “Settimana”. Non lo commentò nessuno al momento…non lo feci nemmeno io anche se era la parte che più mi aveva colpito…magari si può capire un pò di più di quanto scavino le vostre parole e della “presunta” indifferenza di cui parlate…

  8. @ Simone (@Antonio), mi permetto di intervenire nel tuo ‘monologo’ (il dialogo è ben altro, da dia-logos = attraversare le parole, e tu, a mio avviso, spesso non dimostri affatto di attraversarle) con Antonio, ma mi sento chiamata in causa visto che sono io che ho definito te guru e numerosi tuoi lettori adepti (termini da me non più usati dopo il tuo cortese invito a non farlo).
    Solo un paio di cose: coloro i quali tu definisci mitomani e disturbatori, e che purtroppo se ne sono andati, erano (a parte un paio effettivamente un po’ ‘rompi’) tra i pochi che, almeno a me, stimolavano profonde riflessioni anche se il loro modo di porsi non era sempre dei migliori.
    Io elogio educazione e gentilezza sempre, e anche nel comunicare trovo abbiano notevole importanza; spesso qualcuno non usa né l’una né l’altra, ma sono i contenuti quelli che contano se si intende trasmettere il proprio personale punto di vista, non tanto il garbo col quale sarebbe comunque sempre bene usare per trasmetterlo.

    Io cerco di attraversarle le parole, di andare oltre a esse, di cogliere l’essenza del messaggio che l’altro lancia nel comunicare, anche se non ha studiato, come te, le tecniche della comunicazione (…ma le hai studiate?).
    Un esempio di cosa di negativo tu mi hai trasmesso nel tuo:
    19/12/2012 at 17:13
    antonio, consentimi di dirti cosa penso di quel che stai scrivendo. spero ti sia utile come feedback, come impressione di chi ti legge o (immagino) ascolta.

    Esordisci con garbo (si evince dal tuo ‘consentimi’) nell’espressione del TUO punto di vista (cosa IO penso di quel che stai scrivendo), ma solo la riga sotto speri sia utile ad Antonio il feedback, l’impressione di CHI (?) lo legge o (immagini) di CHI (?) lo ascolta.

    Io che sono tra i ‘chi’ di cui ti ferisci, leggo gli interventi di Antonio (che non sempre condivido) con interesse e ascolto con piacere gli echi che da essi a me giungono. Questo io lo definisco un buon comunicare, un vero ‘dialogo’: attraversare le parole e venire attraversate dalle stesse (che esprimono contenuti).
    Tu che usi quel ‘chi’ di cui sopra, mi comunichi solo la tua presunzione di credere che il TUO personale punto di vista sia anche il mio, e/o di altri.
    Be’, mi spiace, ma questo tuo stile a me non pare una valida modalità di comunicare, caro Simone.

    Io credo di essere tra coloro con i quali non ti interessa ‘dialogare’, quindi non mi aspetto una tua replica a quanto da me esposto. Sopravvivrò…
    Ciao!

  9. “Ad alcuni, pochi, non rispondo invece per altri motivi: perché non mi interessa. Tu sei uno di questi. Bada bene che in questo non c’è alcun giudizio di valore e ciò non ha nulla a che vedere con la tipologia o la qualità delle cose dette. Ha invece a che vedere con la sensazione che mi danno nel comunicare.” ..parole tue.

    tu non dialoghi…usi la dialettica…una sorta di meta-dialogo…

  10. questo mi sembra un meta-dialogo.

    e poi dato che parli di contraddizioni cito alcune parole tue: “Ad alcuni, pochi, non rispondo invece per altri motivi: perché non mi interessa. Tu sei uno di questi. Bada bene che in questo non c’è alcun giudizio di valore e ciò non ha nulla a che vedere con la tipologia o la qualità delle cose dette. Ha invece a che vedere con la sensazione che mi danno nel comunicare.”

    se parti da questo presupposto…allora non dialoghi…usi la dialettica.. e in questo sei magico…

  11. Però è strano antonio. Come vedi, alla fine, stiamo dialogando. Non puoi sostenere che io non dialoghi con te. Certo, non puoi pretendere di guidare tu tutta la comunicazione, sui temi che vuoi tu etc. Un dialogo si fa in due, e come vedi avviene. Dunque perché dici che io non rispondo? Ho risposto a te più che a chiunque altro, perché sei un interlocutore contraddittorio e strano, e in un certo senso mi incuriosisci.

    Ma ripeto, tu stai continuando a dire una cosa che è contraddetta dalla realtà che abbiamo di fronte, e cioé che io non dialogo con te. Chissà perché dici una cosa così evidentemente opposta alla realtà… anche questo mi incuriosisce. in ogni caso, ti saluto, buona notte.

  12. e comunque chi passa da qui lo fa per conoscere un punto di vista .. quello di simone perotti. e può anche dire “bravo bis” ma può anche fare critiche e chiedere delucidazioni, se non le dai perchè bla bla bla …amen.

  13. simone tu mi hai detto che non hai nulla da rispondere ad uno come me…e ora che vuoi? devo restare ad anelare un dialogo che tu hai chiaramente negato? ma sei di fuori! qui nessuno molti dei partecipanti al “forum” hanno detto la loro e ho inteso come la pensano, chi aspramente chi con garbo…tu neghi il dialogo con chi dici ti trasmette qualcosa di …te la vedi tu cosa “percepisci”.. ma sentilo va!

  14. sì simone sei stato chiaro, hai aggiunto ben poco di tuo ma sei stato chiaro. In base a come ti sei sempre rivolto o non rivolto a chi in tal sede ti poneva dei dubbi o dei quesiti che si discostavano dalle tesi da te proposte nei tuoi libri (che ho letto) ho notato che mai sei entrato nel merito del dialogo e mai hai risposto seriamente, deduco quindi che questo fa parte del tuo stile e non con quello che il mio scrivere ti trasmette, sbaglio? boh, dati empirici mi dicono questo. puoi negarlo certo ma questo si evince.
    una precisazione, tu nelle tue pubblicazioni esponi la tesi di “volar basso”…ma tu nei tuoi modi di uomo pubblico non voli basso, anche questo evinco da fatti.
    e infine, io non posso competere con te in termini di efficacia comunicativa, non ho un passato di manager pubblicitario, e ne vado fiero…

    scusa il disturbo e scusate tutti se ho rovinato l’inno

    • Antonio, antonio… Non fare come fanno i mitomani e i disturbatori comuni: vengono, accusano me e tutti di essere un clan, io guru gli altri adepti, provocano me e quando non ottengono soddisfazione fanno l’accusa finale per poi, con le medesime parole, cortesemente e sarcasticamente, scusarsi del disturbo e andare via. Non fare anche tu cosi’.

      Tutto sommato se io e te non c’intendiamo, non e’ grave. Puoi dire la tua, confrontarti, essere critico se vuoi. Ma non devi necessariamente andartene. Se lo fai sembra che tu sia venuto qui in cerca di me, della mia attenzione, e te ne freghi in realta’ di questi argomenti, di quel che scrivo, del dialogo con tante persone. Sembra che tu sia coinvolto in una questione personale con me. Mentre invece hai tutte le possibilita’ di confrontarti e discutere, ascoltare, parlare… Anche se io e te non c’intendiamo!

      Non entrare anche tu nel folto gruppo di quelli che sono passati di qui come meteore, facendo solo un po’ di polvere per dare sfogo alle proprie nevrosi e frustrazioni, provocarmi per avere attenzioni, con l’evidente misero obiettivo di far andare di traverso un boccone, magari perche’ cosi’ pensavano di condividere la loro amarezza. Animali attualissimi, tristi epigoni di questa epoca digitale. Una persona equilibrata sa che non esiste solo l’accordo totale e l’avversione piu’ vieta. In mezzo c’e’ molto altro, senza paura di dire “condivido!” ne’ di dire “dissento!”. Si chiama personalita’, e si manifesta nella comunicazione.

      Chissa’ se sei uno di loro. Oppure no…
      Mah! Io ci ho provato.
      Ciao!

  15. @marco io non propongo nulla di trascendentale nell’azione di dissenso e di lotta che se permetti non mi va di esporre in tal sede oltre determinati limiti. volevo solo sapere come si possa cambiare il sistema estraniandosene. tutto qui.
    @simone una cosa volevo precisare se ti interessa, certo che io sono una pedina del fisiologico dissenso che permette lo stare in piedi del sistema, è vero. anche tu lo sei e in maniera ancora forse più incisiva perchè non voli basso.

    • Volo basso dici… Se ne deduce che non hai letto quel che ho pubblicato. Ne’ posso sintetizzare qui 4 o 5 libri. Pero’ non e’ molto giusto discutere senza sapere di cosa e con chi si sta parlando… Vabbe. Ciao!

  16. @massimiliano
    l’andazzo del fai domande a vuoto quì è prassi… il non rispondere pedissequamente e circostanziatamente alle domande poste… è una risposta. è una risposta che ben si intona con l’egoismo di determinate scelte pubblicizzate come ben altro. e poi non ci si può stupire della vena polemica che ne viene fuori se per alcuni mesi ad un interlocutore vengono poste le stesse domande (gira e rigira sono le stesse) e a queste si risponde (più o meno così “cercati la risposta, l’ho detto tante volte e non mi va di ripetermi che ho altro da fare…”. Qui non si tratta di avere le “proprie cose” come simpaticamente una interlocutrice diceva..diventando ossessivi e ridondanti (è vero questo).. si tratta di avere di fronte qualcuno che del dialogo non gliene frega nulla. scusami simone ma io la penso così.

    • antonio, consentimi di dirti cosa penso di quel che stai scrivendo. spero ti sia utile come feedback, come impressione di chi ti legge o (immagino) ascolta.

      L’attenzione, così come le risposte, il dialogo etc, non si pretende. Semmai si suscita. Io non ho alcun dovere nei tuoi riguardi, proprio perché non sono il tuo guru, tu non mi hai chiesto di esserlo e io non ho accettato di esserlo; non sono un tuo amico; non sono un tuo confidente né un tuo consulente. Il fatto che io scriva e pubblichi i miei libri mi mette nella posizione di VOLER dialogare con i miei lettori o con gente che passa dalle mie pagine seguendo la più classica e consolidata delle mie fedi: la libertà. Nessuno è obbligato a venire su queste pagine tanto quanto io non sono obbligato a dire, non dire, più, meno etc.

      Il dialogo che si crea qui è vario e ampio. Le persone parlano con me o tra di loro, si leggono, ci riflettono su, si confrontano. Spesso vorrei rispondere a molte persone che scrivono perché trovo interessante quel che comunicano oppure perché non sono d’accordo, ma ho anche altro da fare e non riesco. Non sono e non voglio essere mai schiavo di quello che faccio, dunque neppure di questo spazio. La sollecitazione a cui è soggetto un autore che voglia aprirsi e dialogare con i lettori è enorme, e necessita, suo malgrado, alcune rinunce. Purtroppo non riesco a dialogare con tutti. Me ne scuso, l’ho già fatto in passato, lo rifaccio volentieri.

      Ad alcuni, pochi, non rispondo invece per altri motivi: perché non mi interessa. Tu sei uno di questi. Bada bene che in questo non c’è alcun giudizio di valore e ciò non ha nulla a che vedere con la tipologia o la qualità delle cose dette. Ha invece a che vedere con la sensazione che mi danno nel comunicare. Una sensazione spesso di faziosità, di non apertura, oppure di gusto della polemica o di mancanza di ascolto. Può darsi che io generi queste sensazioni, autonomamente, ma io tendo ad attribuirle a cosa viene detto e a come viene detto, cioè all’idea che ti fai della persona con cui comunichi. Pretendere una risposta, ad esempio, lo trovo assai bizzarro, certamente fastidioso e sconveniente. Tra i tanti errori che ho fatto in vita mia non ho mai commesso questo, convinto come sono che se io ti parlo e tu non capisci, o se io ti chiedo e tu non rispondi, è SEMPRE ed esclusivamente mia responsabilità, così come è merito mio quando accade l’opposto. In chi comunica c’è tutta la responsabilità iniziale di un dialogo, nei toni, nei temi, nelle aperture o chiusure che una comunicazione comporta. Siamo noi a suscitare uno scambio, se iniziamo noi a farlo. Quando non ci rispondono, un motivo c’è, e non possiamo prendercela con chi non sta al nostro gioco dell’incontro. Sarebbe un po’ penoso e certamente immotivato.

      Spero di averti chiarito la mia opinione a riguardo. Mi spiacerebbe che tu pensassi altre cose riguardo le motivazioni di ciò. Anche se sono quasi certo di non averti convinto. Chissà perché.

      Ciao.
      s.

  17. A me sembra un buon 80 % di seghe mentali. Discutere, approfondire, ripetere, chiarire, ok tutto utile. Ma ad un certo punto le chiappe bisogna muoverle sul serio, non sul web.

  18. @Antonio,
    Scusami ma da quel che hai scritto a minnie mi sento tirato in causa e voglio dirti la mia.

    “@Minnie goditi la rassegnazione di non poter fare nulla, guardati allo specchio e lascia ai tuoi figli la realtà così come l’hai trovata, senza nemmeno provarci nel tuo piccolo.”

    Antonio, io provo a occuparmi dei problemi su cui posso influire e che posso risolvere. Sono problemi che sono miei o in cui sono coinvolto.

    Ora ti faccio un esempio pratico di come prendersi la responsabilita per la propria situazione puo anche aiutare gli altri.

    Un po fi tempo fa ho preso un congedo parentale di sei mesi. Cosa prevista come diritto dalla legge nel paese in cui vivo ma nei fatti molto ostacolata da aziende e dalla societa.
    Sono stato il primo uomo nella mia azienda a farlo per un periodo cosi lungo e il primo in una posizione di profilo non basso.
    Sapevo che lazienda si sarebbe opposta in maniera decisa. Ma sapevo che era il passo che io, in quel momento della mia vita, per me, volevo fare.
    Lazienda mi ha ostacolato in tutti i modi e mi ha detto chiaramente che al mio ritorno mi avrebbero fatto fuori.
    Io lho fatto con tutte le mie paure ma sicuro che quella era la mia strada.
    Sono tornato in azienda convinto che per me fosse finita e siccome aspettavamo un altro bambino ho dichiarato subito che avrei ripreso un altro congedo della stessa durata dopo pochi mesi.
    In quel momento io, i miei colleghi e i managers, tutti pensavamo che ormai io fossi spacciato.
    Io me la facevo periodicamente addosso anche perche nel mio ambiente lavorativo succede molto spesso chr ti mettano alla porta.

    Poi sono tornato, mi hanno passato per almeno due anni per il tritacarne ma io ho resistito. E son diventato lesempio vidente che si potevano fare certe scelte e non essere licenziati.

    Nel frattempo lazienda ha capito che non gli conviene buttar fuori (in maniera tra laltro non pulita) chi ha fatto scelte del genere e che comunque unassenza di una persona per un periodo prolungato e’ un problema neanche tanzo difficile da risolvere.

    Ora, anche grazie a me che ho rotto il ghiaccio su sta strada, i miei colleghi anche in posizioni simili alla mia possono prendere il congedo parentale che e’ diventato una cosa normalissima.

    Ecco, io ho contribuito parecchio a cambiare questa cosa nellazienda in cui lavoro e non lho fatto per migliorare il mondo ma lho fatto perche volevo vivere la mia vita faendo le scelte piu vonsone allidea che ho di me. Mi son preso le mie responsabilita e ho affrontato le mie difficolta.

    Vosi si puo cambiare il mondo che ci sta attorno. Quando ero piu hiovane a volte ho urlato anche io che le cose non andavano bene ma non ho mai cambiato una virgola.

    Ecco, mi ha dazo fastidio che tu abbia detto a minnie che cosi lascia ai sui figli la realta vome lha trovata. Perche io qualche cosa ho cambiato e in piu voglio essere di esempio ai miei figli di come si deve cercare di prendere le proprie responsabilita e cercare di cambiare la propria situazione.

    Forse con le sfide che sto affrontando adesso aiutero a far capire che e’ meglio valutare le persone che lavorano in base ai risltati e non alle ore passate a presenziare in ufficio. Ma in realta non me ne importa perche quel che e importante per me adesso e che sto anche riuscendo a fare un lavoro che mi piace molto presenziando circa la meta del tempo dei miei colleghi e riuscendo a avere risultati molto al di sopra della media. ( e giuro che non sono un genio). Tutto questo costa fatica, coraggio e paure ma in cambio si vive… E non e’ cosa da poco.

    Marco

  19. Peccato leggere un articolo tanto bello seguito da commenti ot incomprensibili a chi capita qui solo ogni tanto, come me ad esempio. Restando sul tema principale, penso che persone straordinarie come Pietro il maestro d’ascia, andrebbero valorizzate sia per il lavoro straordinario fatto, sia per le lezioni di vita che possono ancora insegnare oggi. Se il comune in cui vive avesse un responsabile della cultura degno di questo nome, potrebbe organizzare corsi professionali, con Pietro come consulente, tramandare queste conoscenze ai giovani dovrebbe essere una priorità per qualunque società che si ritenga sana. Bravo Simone che li va trovare e li onora e riconosce.

  20. Simone caro, ti prego, un post nuovo,dicci della tua insalata,una calza bucata,del tempo che fa o una qualsiasi apparente cazzata che sia costruens, destruens, ad minchiam…come ti pare, basta che ce ne usciamo và.
    Quando gli uomini hanno le “loro cose” è un casino, almeno a noi passano a loro no.

  21. Simone non voglio farti perdere tempo prezioso.Però per precisione riporto la sequenza degli interventi così come si sono succeduti.Antonio aveva richiesto una tua risposta al tema che ponevo e che lui sostanzialmente condivideva,scrivendoti:
    “Non ti piace nemmeno l’OSANNA SIMONE ?? Comunque Massimiliano (il nome mi ricorda un film di troisi) ha dato degli spunti di riflessione utili ad una analisi meno individualista e più globale di quella che tu proponi (fino ad ora). E mi piacerebbe sapere, a tuo modesto (!) avviso, come l’individuo che aderisce all’idea del downshifting possa migliorare il sistema intervenendo attivamente sullo stesso per modificarlo. L’individuo normale che non ha modo per di fare tv o usare mezzi mediatici propagandistici: ovviamente non mi bevo l’idea di “dare l’esempio” o di “non contribuire a esser vittima del mostro”, ma qualche idea tua attiva e realizzabile…insomma di tipo costruens e non destruens.”
    Tu hai risposto solo alla polemica sugli osanna:
    “Non ho mai amato ne’ gli osanna ne’ le avversioni per paura di dire “sono d’accordo”. Ci vuole senso critico e amore. Le persone migliori non hanno ne’ paura di dire “sono d’accordo” nè di dire “non lo sono”. E basta con queste stupidaggini via… Siamo gente che può permettersi qualcosa di un po’ piu’ significativo…”
    L’impaziente Antonio reclamava allora una risposta alla precedente domanda in cui sollecitava una risposta sul tema dei miei interventi:
    “Simone ti avevo posto un quesito…puoi rispondere? o la risposta fa parte delle FAQ ? @valeria io sorrido, ironizzo, faccio l’acido… ma polemica no”
    E quindi tu hai risposto così:
    “Antonio ho risposto centinaia di volte. la piccola fatica di cercare le risposte, prima dle dialogo, credo potresti farla. comunque: un uomo che caqmbia direttamente ottiene subito l’obiettivo di vivere diversamente. carica su di sé tutto il peso della scelta, ne paga i prezzi consapevolmente, agisce. Questo, unito al fatto che in ciò testimonia accanto a sé che il cambiamento è possibile e concreto, senza lamentele, senza tutte ‘ste chiacchiere di cui il mondo sta morendo asfissiato, è l’unico cambiamento che conosco, vedo, considero. l’altro, quello di dire che il mondo è storto, che bisogna fare, che bisognerebbe dire, se tutti insieme… etc, è solo chiacchiera. semplicemente, non esiste. ciao”
    Mi sembra che si evinca chiaramente che hai risposto alla domanda iniziale in cui Antonio sollecitava una risposta sul contenuto della mia riflessione.Simone confido nelle tue doti di comunicatore per capire che non ho equivocato.Altrimenti sono sempre in attesa di sapere come la pensi,quando e se vorrai.Grazie!

  22. Simone,Antonio sollecitava una tua risposta alle mie domande.E tu hai risposto a quella sollecitazione con queste parole: “Un uomo che cambia direttamente ottiene subito l’obiettivo di vivere diversamente. carica su di sé tutto il peso della scelta, ne paga i prezzi consapevolmente, agisce. Questo, unito al fatto che in ciò testimonia accanto a sé che il cambiamento è possibile e concreto, senza lamentele, senza tutte ‘ste chiacchiere di cui il mondo sta morendo asfissiato, è l’unico cambiamento che conosco, vedo, considero. l’altro, quello di dire che il mondo è storto, che bisogna fare, che bisognerebbe dire, se tutti insieme… etc, è solo chiacchiera. semplicemente, non esiste. ciao”.
    Comunque se la tua non era una risposta al tema dei miei interventi,mi farebbe sempre piacere sapere come la pensi.Ciao e grazie per il tuo tempo.

    • Massimiliano, attenzione che così ci incasiniamo e perdiamo tempo.

      Io ho risposto ad antonio che mi sollecitava un segnale alla sua domanda

      Sollecitazione:
      “simone ti avevo posto un quesito…puoi rispondere?”

      Domanda:
      “quindi un modo per agire e modificare la realtà di tutti parallelo alla scelta del downshifting non lo proponi? io invece credo in quel “se tutti insieme” e per me modificare la realtà, desiderarlo, sbracciarsi e agire non è chiacchiera. e infondo la tua libertà di poter scrivere un libro e di poter dire come la pensi è grazie a coloro i quali non la pensano come te e non sono scappati dal sistema e ti hanno donato un diritto.”

      Dunque non era rivolto a te.
      ciao!

  23. @Nicola
    Benigni non lo guardo più da tanti anni, ricicla le sue battute, i suoi ritornelli, per me non ha nulla di nuovo da comunicare. É come quelle famose band che continuano a pubblicare album vivendo di glorie passate, nonstante che la loro parabola (dei contenuti) sia da tempo terminata. Per di più trovo deludente che non abbia mai avuto il coraggio di presentarsi in una intervista tv senza togliersi la maschera del personaggio che interpreta. Lui é una recita. Una persona imperniata in un copione.
    Oltretutto che cambiamenti concreti é mai stato in grado di suggerire? Per me apporta intrattenimento. Tutto lì.
    Dopo avere seguito uno speciale di Benigni, di Celentano o una consueta serata di uno dei tanti programmi che parlano di attualità che cambiamenti durevoli sono scaturiti nelle tue (non solo le tue) esperienze?

  24. Simone immagino che non sia semplice rispondere alle continue sollecitazioni che ricevi.Se hai cambiato vita,non è certo per diventarne schiavo sotto altre forme.Però credo che se sono e siamo qui, è perché tu hai deciso di comunicare e condividere pubblicamente una tua scelta di vita.Lo fai con i libri,con questo sito,con il blog sul sito del FattoQuotidiano,con la televisione.Penso che tu abbia messo in conto – anzi abbia sperato – una risposta, e che da parte tua ci fosse una volontà di aprirsi al dialogo.Che oltre a cercare rassicuranti conferme si alimenta di opinioni diverse.Altrimenti diventa una comunicazione unilaterale.Apprezzo la tua franchezza,mi sorprende invece che una persona della tua profondità percepisca alcune mie riflessioni come chiacchere asfissianti.Con il mio intervento tentavo solo di interrogarmi.Credo che Carmen Maira abbia colto nel segno il mio intento,e la ringrazio molto per le sue parole.Cercavo di interrogarmi sulla possibilità di recuperare alla tua riflessione l’idea di comunità.Mi sembra che oggi ci siano tanti individui ma poca partecipazione.Ero molto indeciso se intervenire per dire la mia.Ho cercato le risposte possibili ai miei dubbi leggendo decine di articoli e commenti.Non trovandole,ho pensato di chiederle a te.In attesa di una tua risposta,si è sviluppato uno scambio di idee molto interessante con Antonella Marica Alberto Luisa Valeria Dona CarmenMaira,che ringrazio tutti.Poi sotto l’insistenza di Antonio mi hai risposto indirettamente,in modo forse piccato.Ti ringrazio comunque.E nel farlo mi permetto di rivolgerti un invito.Quello di restare sempre in ascolto.Ma davvero.Di leggere tra le righe delle nostre domande il bisogno di un interlocutore.La necessità di un confronto,il desiderio di condivisione,prima ancora di un’altra vita.Le tante persone qui presenti ne sono una conferma.Se c’è una cosa che il sistema vuole da noi,è che consumiamo in silenzio,possibilmente da soli.Come tu mi insegni,il mercato -anche quello editoriale e televisivo-cerca di studiare le tendenze,incorporarle,incanalarne per trarne profitto.Per quanto possibile,come downshifter,evitiamo di diventare inconsapevolmente – e direi paradossalmente – solo l’ennesimo target commerciale.Sarebbe veramente una beffa.Con stima,Massimiliano.

    • massimiliano, non mi stavo affatto riferendo a te. mi spiace se hai percepito tutto ciò come un messaggio a te. non lo era minimamente. mi riferivo ad antonio, di cui rispetto il ragionamento differente, ma che in alcune righe mi sembra più orientato a stuzzicare che a comprendere (antonio, massimo rispetto, è solo franchezza la mia). i tuoi ragionamenti li ho seguiti e per nulla emendati o giudicati. Davvero.
      In ogni caso, il tuo invito è sempre utile rammentarselo. Grazie dunque di averlo porto pubblicamente anche se era indirizzato solo a me. ciao!

  25. @SIMONE
    Maledetto… questo “vado a raccogliere l’insalata” è giusto per fare invidia a me?
    E va bene, e io vado a fare i regali di natale “di recupero” tiè !!:-), veramente utili,fradici d’amore,rigorosamente green, km doppio zero, shopping indoor direi!

    P.S. ma quando imparerai a non rispondere a tono alle provocazioni?vaffainsalata và

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