Domande non accessorie

 

Messolonghi, Grecia. 31 gradi. Sole pieno.

I miei giorni hanno preso il ritmo lento del mare greco. Sarà che di fronte, all’imbrunire, vedo il profilo di Itaca, isola abituata a scrutare l’orizzonte e alla pazienza delle attese.

A bordo c’è tanto da fare, ma come sempre quando si parla di barche, il lavoro è tanto fisico quanto d’interpretazione. Ci occupassimo della vita con la cura che mettiamo nella preparazione di una barca, saremmo molto oltre. Tuttavia, una metafora è una quota di realtà, e questo mi sembra già molto. Molto greco…

Mentre si naviga, soli nell’ampio bacino del golfo, l’azzurro intenso e il profilo dell’arcipelago stimolano  la nostra mente. Ieri lunga discussione a bordo intorno al Buddismo e al Cristianesimo, alla differenza tra religione e filosofia, tra culto e pratica. Molto interessante. La sera, invece, con troppo rum, abbiamo parlato animatamente di Ingroia e Saviano. La distanza dall’Italia non ci allontana da tutto. Solo, ci scegliamo gli argomenti come si fa in un menù.

Domani a caccia di pezzi per la barca. Poi spesa e lavori a bordo. Essere nel proprio, fare cose adeguate alla propria vita, non rende il lavoro meno faticoso: lo rende sensato. E’ l’insensatezza che affatica, alla fine: fare qualcosa, qualunque cosa, anche utile, che tuttavia non è adatta a noi. Abbiamo anche pensato di mettere sulla murata di Mediterranea una grande scritta: “Noi ci stiamo provando. Tu che fai?” Pro e contro. Immagino già i commenti di alcuni, il consenso di altri.

La domanda, comunque, non è né oziosa né inutilmente provocatoria o tanto meno accessoria. Interessante (per tutti noi) tentare una risposta. Magari adesso. Qui.

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21 pensieri su “Domande non accessorie

  1. “Tu che fai Paola?” è la domanda che mi faccio per smettere di lamentarmi talvolta.

    “Tu che fai? è la domanda che pongo agli altri quando mi smarronano con inutili e infinite lamentele sulla loro vita, dopo aver parlato della tua esperienza di cambiamento.

    Bell’idea quella della scritta….potrebbe aiutare a pensare…… più che pensare dove schierarsi, tra i pro e i contro!!!!
    Buon vento.
    Paola

  2. Ci sto provando anche io, con unghie e con denti. A volte le cose vanno per il verso giusto a volte no e mi fermo.E cerco di capire ed imparare anche e sopratutto da quello che non va come desideravo.Sto imparando che vivere i propri sogni è molto diverso dal progettarli e alla fine, come hai sempre scritto tu, siamo noi a fare la differenza.Per assurdo sto imparando che forse era meglio progettare meno e allenarmi di più a vivere nell’incertezza…ma questo, prima, non potevo saperlo.Sto vivendo molto anche se mi sembra di essere ferma.Ferma perchè non sono produttiva nel senso sociale del termine…ma vado avanti, non posso che andare avanti e impegnarmi e amare ogni giorno della vita che mi viene donato.

  3. “Tu che fai?” mi sprona e mi fa arrabbiare perché ti invidio per essere già riuscito in quello che io sto ancora perseguendo… però ho 35 anni e penso di farcela per quando avrò la tua età, a dire il vero prima, è a 40 anni che mollerò il lavoro, questo è l’obiettivo e ce la farò!

    Dunque che faccio? Ogni giorno mi alzo alle 6 mattino per portare avanti il mio “non-lavoro”, l’attività che amo e che sostituirà il mio attuale lavoro, ho 5 anni di tempo, ci lavoro da 2 e sono al 30% dell’impresa.

    Se interessa vi terrò aggiornati 😉

    • cambiare vita, certo che ci interessa. alla tua età ero a 6 anni dal passo che ha cambiato la mia vita. Ma quando avevo 35 anni il programma ne prevedeva ancora 8. Poi furono 6. Chissà che tu non ti muovi anche prima, allora. O dopo. Ma non conta. Tu stai già cambiando vita. E questo momento in cui ti sembra che “ancora non hai cambiato” è già la vita nuova. Il nuovo dentro agisce già. Ti rende già una persona che tende al nuovo. Ciao!

  4. a mio avviso sarebbe più efficace (anche se fosse una caccia al proselitismo) se ti limitassi a descrivere bene, molto bene come tu sai fare(!!), le sensazioni che provi nel fare ciò che ami, senza quelle mezze domandine e senza riferimenti al “tu? perchè non lo fai?” “perchè stai li?” mi sembra uno spot pubblicitario… fatto anche con un pizzico di presunzione direi. A me sembra più utile al prossimo mostrare i propri gesti, il proprio modo di fare, la propria onestà d’animo e trasmettere la propria felicità nel fare ciò che si ama. Personalmente preferisco che chi mi circonda osservi le mie azioni e non i sottotitoli che metto: per cui io voto per “nessuno slogan sullo scafo”

    in siciliano si direbbe “ci fai cchiù cumparsa” 🙂

  5. simone è bellissima l’emozione che trasmetti del tuo “navigare”

    ma perchè questo guardare continuamente al differenziale della altra tua vita? “Ci occupassimo della vita con la cura che mettiamo nella preparazione di una barca, saremmo molto oltre.” che senso ha? è una forma di proselitismo? una missione? in molti post tuoi noto questo continuo riferimento al passato o a coloro i quali non hanno cambiato vita o non hanno messo in discussione i propri valori…boh, non capisco se è un modo per attirare gente al progetto, o un tuo continuo dubbio, o un sentirsi detentore di una ricetta magica come un profeta. Non è polemica, vorrei solo capire cosa c’è dietro questo.

    • Fabio, ciao. Capisco quel che scrivi. Io pero’ ho capito che questa e’ un’epoca in cui latitano le domande, quelle vere, senza veli, dirette, che costano solo noie a chi le pone. Credo che chi come me ha il microfono in mano, per merito, caso o ventura, deve usarlo. E usare il microfono e’ fare domande. A una buona domanda va bene qualunque risposta, mentre alle risposte disponibili su piazza serve sempre una domanda corretta. Un autore, un giornalista, un narratore, chiunque abbia la “penna in mano” deve giocarsi il consenso, non avere paura di scontentare qualcuno, pur di onorare la fortuna di avere un pubblico facendo il suo mestiere.
      Cosa pensi che non lo sappia che ogni volta che “tiro la corda” mi perdo qualcuno per strada, scontento, infastidito dalle mie domande? Lo so benissimo. Ma non m’importa. Come non m’importa di fare quel che saprei benissimo fare, e cioe’ dire quel che so benissimo che dovrei dire per ampliare pubblico, consenso, lettori. Quanti autori che rompono i coglioni conosci? Io pochi. Io faccio la mia via, dico quel che so, che posso, che valuto in linea con cio’ che ritengo utile e che devo. Chi legge fara’ la sua valutazione. Io credo nella “militanza” dell’autore. Mi sbaglio? Fa niente. Ho lottato per diventare libero, per fare e dire quello che davvero penso, che davvero sono. Se e’ piu’ o meno giusto, utile, opportuno, fa niente. Ciao!

  6. Tu che fai?

    Imparo
    a stare sola
    a parlare meno e ad agire di più ,
    a rallentare da non riconoscermi quasi più ,
    a prendere tempo per me,
    ad accettare le cose che non posso cambiare,
    a non cercare sempre un senso logico alle cose,
    Imparo ogni giorno a conoscermi un po’ di più,
    Ciao Simone e grazie per queste continue riflessioni…

  7. Sono d’accordo con Gianleo. Non scriverei niente. Non c’è bisogno.

    Seconda opzione: scrivere solo “tu che fai?”
    Mi sto immaginando sulla banchina del porto a guardare una barca che inaspettatamente mi rivolge quella domanda impertinente…..mi sentirei smascherata, con le spalle al muro al cospetto di me stessa e di ciò che profondamente ci interpella tutti: il nostro Desiderio.

    Però magari chi è alla ricerca del Senso non ha bisogno di quelle parole….perché le vede dappertutto anche se non sono scritte da nessuna parte….

  8. ….leggere il tuo libro…..e seguirvi su facebook sta diventando una prova ardua. ogni volta che cerco di studiare i contenuti del libro e le emozioni che provo nel seguire i vostri spostamenti oltre alle interrogazioni che il tutto impone beh sono ancora lontano ma …una domanda bisogna essere egoisti? è giusto esserlo o diventarlo….. come dicevo sono lontano

    • Maurizio, non so a cosa ti riferisci sul tema dell’egoismo. Se per caso intendi il fatto di fare quel che si vuole, che si ritiene giusto, pensato con la propria testa, adeguato a sé… beh, rifletti su un fatto: fare quello che gli altri ci chiedono o impongono o che si aspettano da noi, non è altruismo. E’ alienazione. Chi ci ama sa capire quando andiamo da lui e gli diciamo: “non posso andare avanti. Non è la mia vita. Devo cambiare”. Chi non lo capisce e non lo rispetta non ci ama. E’ lui l’egoista.

  9. Romagna,Italia 19 gradi cielo grigio….Che faccio ? Sogno tanto …. lavoro….cucino tanto …. è il mio antistress !!!! Tanta ammirazione per tutti voi del progetto. Buona serata 🙂

  10. Ci occupassimo della vita con la cura che mettiamo nella preparazione di una barca, saremmo molto oltre… è vero!

    Sulla domanda: sono per il silenzio. Lo scafo può restare bianco e le draglie vuote. Le domande collettive a volte generano confusione e fraintendimenti… forse è meglio guardarsi negli occhi: parlare piano ed agire.
    Farli cadere uno per volta.
    Buona fortuna.

  11. Vorrei essere lì, a lavorare e discutere e parlare e guardare l’orizzonte e dire che “ci stiamo provando” e odorare il mare e sedermi nel pozzetto e chiudere gli occhi e sognare e sentire il rumore delle vele e ascoltare il silenzio, anche, e ricordare come tutto questo l’ho già vissuto e l’ho perduto, ma è bello, comunque, averlo vissuto. E stare bene.
    Buon vento, per quando partirete, dopo aver messo quella grande scritta.

    Milvia

  12. Io ci sto provando, a vivere a modo mio, nel modo più consono al mio “io” più profondo e più vero, quello senza maschera!
    E in questo modo mi sento felice.
    Il mio problema è che so già adesso che questo modo di vivere tra un po’ (un mese un anno centomila giorni, chissà,), non sarà più il mio e magari vorrò cambiarlo! ma questa è la vita per me! sempre in movimento, sempre in mutamento!

  13. Ci si prova.
    Certo.
    Dal progetto alla sua realizzazione il è viaggio è lungo. Per me almeno. Non facile (e va bene). A volte frustrante perchè non va sempre nella direzione che auspicherei. Non è così veloce come vorrei. Non so come sia il mare, ma Mauro Corona dice che è come la montagna ma in orizzontale, in montagna, ambiente che conosco meglio, quando il dislivello aumenta si fanno molte curve e la via retta può essere la più sbagliata. Dannazione! 😉

    Nicola

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