Ci vuole una classifica…

Mi piace chi non ha mai remato, ma ci prova. E infatti ci riesce

Mi dà fastidio la frutta che va a male presto, quella che sgocciola poco dopo che l’hai riposta su un piatto. In generale, mi dà fastidio la roba molliccia, poco soda, tremebonda. Non sopporto il latte, i biscotti che si inzuppano nel latte e la smidollata lentezza di chi indugia mentre quelli si rompono e finiscono nella tazza. Non potrà mai piacermi una pietanza in cui è tutto mescolato indistintamente, spappolato per capirci, e credo che tra lo stufato di verdure e la ratatouille ci sia un universo gastronomico evolutivo. Se mi danno un piattone di pasta è facile che non mangi, perché quasi tutto quello che è buono è anche poco, posizionato senza occupare tutto il piatto. Sono anche convinto che l’essenza del wafer sia alla vaniglia, non al cacao, e credo che sia un primo serio sintomo di disattenzione non avere un’opinione su questo.

Tra le cose che mi infastidiscono di più ci sono gli avvisi di andare alla Posta a ritirare qualcosa, le cartelle esattoriali (ma non per il rischio di dover pagare, per il fatto in sé), o quando mi scrive il Comune, la Regione, il Presidente del consiglio. Mi stanco dopo un minuto quando devo fare qualcosa che non amo. Mi stanco prima di iniziare quando devo fare qualcosa che odio (e infatti, generalmente, non lo faccio). Mi darei una martellata su un piede quando c’è qualcosa di bello, emozionante da fare e per qualche ragione non lo prendo al volo. Mi imbarazza chi dice che si annoia. Quelli che mi chiamano quando si annoiano, per altro, li trovo dannosi. Peggio di loro ci sono solo quelli che vengono da me e mi annoiano.

Mi stordisce il rumore eccessivo quando cerco di parlare, anzi, qualunque rumore quando parlo. Non dico cosa mi genera la musica o chi chiacchiera quando leggo a voce alta. Non amo chi non si rende conto che parla troppo, che parla troppo poco, e in generale chi ha difetti risolvibili a cui è chiaro che non sta lavorando. Disprezzo la burocrazia e chi la pratica pensando che è giusta e necessaria. Se devo fare una fila quasi mai aspetto: dopo un po’ me ne vado. Mi fa venire la rosolia il chiacchiericcio, tutto quello che diciamo di qualcuno che non avremmo il coraggio di dirgli se fosse qui davanti a noi. Manderei ai servizi sociali quelli che parlano dicendo che il tale attore è gay o che il tal altro ha rubato, o che quella giornalista è andata a letto col direttore per fare carriera, senza sapere niente, ma proprio niente, di come stanno veramente le cose.

Mi irritano la cattiva coscienza, la differenza tra la teoria e l’azione, la dispersione delle energie. Considero punibili col carcere le frasi: “vorrei tanto, ma…” “beato te, che puoi…” “stavo per chiamarti!” “c’è sempre tempo…” “vediamoci prima o poi, dai!” e parecchie altre che non ho tempo di trascrivere. Vorrei non essere pacifista e non violento con chi si fa sempre i fatti suoi, senza mai dare qualcosa anche a me, e poi si mostra come il più pronto, disponibile e generoso del mondo. Tutti i politici che ho conosciuto, ad esempio. Ma i peggiori, quelli che proprio non sopporto, che mi fanno incazzare da morire, sono quelli che non hanno mai colpe, quelli che “è colpa sua!”, che si assolvono sempre e comunque. Sono i peggiori, insieme a quelli anaffettivi, quelli per cui una carezza o l’assenza di una carezza sono esattamente la stessa cosa. Delle carezze non date, infatti, non provano mai alcun senso di colpa, e non capiscono che quelle che non hanno ricevuto sono colpa loro.

Se dovessi stilare una classifica, però, al primo posto metterei quelli che si lasciano vivere. Quelli che non hanno mai un progetto, che non ci provano. Quelli che non hanno mai avuto uno slancio, che non hanno mai sentito che in quel momento, quel giorno, anche solo per suggellare un’emozione, dovevano dire quella cosa, o fare quel gesto. Quelli che vivono una vita intera senza mai provare a usare tutto, occhi, mani, corpo, cuore, mente, anima, spirito, per vedere cosa accade, dove li porta, come potrebbe essere la loro esistenza. Quelli che mentre non fanno niente, non ci provano, non si spendono, non si consumano, capita anche che si permettano di dirti che questo è giusto, quello è sbagliato, quell’altro poteva essere fatto meglio. Forse è per questo che non sopporto la roba molliccia, i biscotti che si disfano nel latte, le pietanze tremebonde… Considero questa gente i peggiori del gruppo, la melma, le sabbie mobili in cui loro affondano, ma in cui rischi di affondare anche te. Vorrei che, per magia, venissero dipinti tutti di giallo, fluo, perché fossero identificabili tra la gente, marchiati per essere distinguibili, senza alcun ragionevole margine di dubbio. Sogno anche di trovarmeli tutti di fronte in uno stadio, un giorno, come dovessero ascoltare un concerto rock, e vorrei apparire io sul palco, con un microfono e un grandioso sistema di amplificazione. Vorrei arringarli per un’oretta, senza contraddittorio, e dirgliela tutta. Dire le cose è importante. Dopo, almeno, le sappiamo.

 

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37 pensieri su “Ci vuole una classifica…

  1. Ciao Simone, io sono uno di quelli che da due anni si “lascia vivere”, che non ci prova più, perchè dopo 30 anni di lavoro è un fallimento economico si sente una nullità, non sa se possiede qualche talento e quale sia; Ti ringrazio per la strigliata; mi consola il fatto che però non mi sono mai permesso di dire agli altri ciò che fosse giusto, sbagliato o poteva essere fatto meglio.
    Ho assistito ad una presentazione di un libro di Bjorn Larsson, ti ha menzionato all’interno di una sua conversazione.
    buon vento

  2. Aaahhh, quelli che “beato te, che puoi…” sono da incorniciare!
    Come se uno non si faccia il mazzo per permettersi di “potere”.

  3. Ciao Simone.

    In questi discorsi ognuno di noi fai i conti con se stesso, e basta. Se certe persone/situazioni ti fanno arrabbiare, stai male e se stai male non sei sereno.

    Siccome quello che conta nella vita è essere felici, occorre prendere provvedimenti per stare meglio.

    Siccome non si possono eliminare le persone/situazioni che ci fanno stare male (almeno non del tutto) la scelta più efficace è diventare trasparenti a ciò che ci infastidisce.

    Possiamo poi discutere usando qualunque forma di dialettica, ma non servirebbe a nulla, perchè l’unica persona che dobbiamo convincere siamo noi stessi.

  4. Certo Simone, concordo ed è proprio con il miglioramento e rivoluzione individuale possiamo affrontare la sfida per il cambiamento collettivo.

    L’esempio più che il giudizio porta a far riflettere il nostro prossimo.

    Ciao. Giancarlo

  5. Ciao a tutti,

    secondo me e’ molto importante giudicare, avere un giudizio.
    Nella nostra vita succedono un sacco di cose. Se le giudico sulla base della mia esperienza posso in qualche modo classificarle: questo mi interessa, questo no, di questo ho un po paura di questo tanta, questo e’ buono e questo e’ cattivo … etc
    Dopodiche, sulla base anche di questo giudizio posso fare passi e prendere decisioni.

    Poi e’ naturalmente importante essere disposti a rivedere i giudizi o pregiudizi che si e’ fatti.

    riguardo all’esempio dello stadio, penso che un po di alone giallo c’e’ l’avrei probabilmente anche io. Ma basterebbe uno stadio per tutti? 🙂

    saluti
    Marco

    p.s. grazie simone per la risposta non banale alla mia domanda sulla crescita.

  6. Il giudizio implica l’aver dato una valenza ad un fatto, un comportamento, un attegiamento etc. ma questo valore negativo o positivo è solo il risultato di un nostro condizionamento formatosi sia per motivi culturali che per diversità caratteriale dell’indivuduo.

    Finchè daremo un valore “bello o brutto” saremo sempre condannati alla lotta per ottenere solo il nostro “bello”.

    Slegarsi da questo vincolo rende l’uomo libero, libero dall’esigenza di dover giudicare il vicino piuttosto che accettarlo.
    Relativizzare un comportamento altrui slegandolo dalla nostra visione è l’obiettivo primario per il raggiungimento della libertà e della felicità.

    Ciao. Giancarlo

    • Tutto vero Giancarlo. E’ quella che chiamo la fase 2. Poi pero’ c’e’ l’amore, l’amicizia, la pace, la guerra. NOI dobbiamo svincolarci dalle categorie dialettiche (male – bene etc) per cogliere tutto della vita, ma quando fossimo capaci di vivere questa armonia, e’ il momento di rischiare, di esserci ancora di piu’, di assumere responsabilita’ senza soccombervi. Insomma, di vivere. Quel che tu delinei e’ un passaggio molto importante, ma restare in quello significa assai spesso (non sempre) atarassia. Con quell’armonia invece bisogna farci cose…

  7. Ciao.
    Non ho fatto a tempo a scrivere il comment al post del 23 e questo tuo di oggi mi ha colpito molto, per la verità. Primo adoro i wafer al cacao, e poi quelli al limone e mi piacciono anche alla vaniglia. Sono preoccupata: non ho capito niente.
    Secondo hai ragione nelle tue considerazioni e concordo, in più leggendo mi è venuta in menta una frase che da bambina mi hanno detto circa un milione di volte e io l’ho odiata due milioni di volte e cioè: prima il dovere e poi il piacere. Ma forse il piacere è dovere. Ma stasera sono stanchissima, le capacità… così così…è meglio che smetta di scrivere ….ciao

  8. E quelli a cui chiedi “Come và?” e ti rispondono in modo laconico “Bene, il solito”.
    Magari te l’hanno chiesto loro per primi e tu gli hai già raccontato qualcosa di te, di quel che ti è successo da poco, di quel che starai per fare.
    Ma loro non aggiungono altro, solo “Bene , il solito”.
    E che significa?…Cosa mi hai detto??…Praticamente nulla! Perchè?
    Perchè non hai niente da esprimere??…Perchè non ne hai voglia?….Perchè quel che ti ho appena raccontato io non è degno di una condivisione di reciproche impressioni, emozioni, esperienze?….Mahhh!!!….E allora, “come va?” che me lo chiedi a fare, se non te ne frega nulla!!!
    Pure questi tipi o tipe sono mollicci, flaccidi, poveri di consistenza interiore.
    E se lo penso e lo dico, non è perchè “mi permetto di giudicare”; semplicemente, esprimo un’idea, un’impressione, che è il risultato di un feedback negativo.
    Simone, con questo post molto stimolante secondo me esprimi l’amarezza di un rientro dopo le emozioni e le soddsfazioni di un lungo esodo.
    Esprimo questo tipo di giudizio , che tutt’altro vuole essere che una sentenza, perchè intravedo fra le righe del tuo scritto una sorta di amara presa d’atto, come uno schiaffo di acqua putrida e stagnante, dopo carezze di onde limpide e spumeggianti.
    Questa è la sensazione che ho avvertito pochi giorni fà, dopo il rientro da uno dei miei bellissimi viaggi solitari: una serata in compagnia , la solita gente, tanto per non perdere i contatti, tanto per non sentirsi troppo “fuori dal giro”……e sentirsi a disagio, profondamente estranei a quei vuoti giri di parole, di sorrisetti stentati…
    Sentirsi sola fra gli altri e aver voglia di riprendersi la propria solitudine in spalla e di godersela ancora una volta altrove, lontano da lì e da loro, dove la voce della tua coscienza e quella della tua anima possono urlare senza fare rumore.

  9. simone
    ho avuto l’impressione di leggere tutti i segni zodicali degli oroscopi sui quotidiani,per intenderci”oggi farai buoni affari!!ma!!solo se sarai molto oculato”.
    bo…mi sfugge qualcosa,penso che per poter individuare i personaggi che tu descrivi li devi frequentare e quando noti in loro un’solo atteggiamento negativo è il primo campanello d’allarme ma non puoi già tirare le somme,allora quando potrai tirare le somme ???
    già che ce le stiamo dicendo,direi che mi irritano quelli che subito sono d’accordo su tutta la linea senza considerare che nella lista degli irritanti ci potrebbero essere anche loro e nemmeno l’hanno considerato!!!!
    in sostanza quando salgo sulla tua barca quanto ti ci vorrà prima di dirmi le tue impressioni o giudizio che sia,quanto quel giudizio sarà indiscutibile e quanto invece ritrattabile??
    come dicevo qualcosa mi sfugge……..

    • Morris, invece che salire sulla barca, vieni a una presentazione. è gratis e così ci conosciamo. Io sono rapido nelle impressioni, ma mi sbaglio anche molto spesso. purtroppo va anche detto che le mie impressioni iniziali sono spesso positive…
      Ma sono le mie impressioni. Non valgono niente, solo uno.
      ciao.

  10. Interessante la storia delle tre fasi!
    Forse c’è poi anche una quarta fase (…prima del Nirvana?! :-))
    e cioè vivere pienamente in una realtà in cui sono presenti solo (o soprattutto) emozioni positive.
    Avere la capacità di cambiare la bolla di realtà che ci circonda?
    …mah!?

    Follow the white rabbit.
    😉

  11. Ciao Simone,

    Bellissima la foto delle donne che remano. E la didascalia: non lo hanno mai fatto, ma ci provano! Sto esattamente valutando la possibilità di fare canoa. Il contatto con la natura e con il mare.
    Rappresento una categoria che ti darebbe noia: chiacchiero tanto perchè ho molte cose da condividere con chi mi sta di fronte. Amo cantare e lo faccio anche nei locali dove si mangia. Amo anche il silenzio: che mi unisce alle persone che amo.
    Odio la burocrazia, le file, non vado neanche dal dottore per non fare la fila, odio i politici che si nutrono del loro nulla, odio chi si lamenta chi dà le colpe agli altri, chi non vede la trave nel suo occhio ma ha la lente di ingrandimento per la pagliuzza altrui.
    Domenica a Cagliari per il Papa sono accorse persone da tutta l’isola. Molte di loro non hanno fatto altro che litigare tra la folla e sono volate anche minacce di morte.
    Questo è l’uomo.
    In realtà non è solo questo. E’ molto di più. Ma non tutti lo sanno.
    Ed io mi sono innamorata.

    Un abbraccio

    Carla

  12. Molti dicono che giudicare sia sbagliato, perchè divide, fa nascere barriere fra di noi, eccetera. Dovremmo invece accettarci così come siamo, così se facciamo un po’ schifo, lo facciamo tutti insieme. Che bello.
    Come se invece stare attaccati alla tv o allo smartphone (il connubio micidiale fra il telefonino e il personal computer, non potevano pensarla in modo più diabolico, un sentito grazie a Steve Jobs) non fosse un modo per isolarsi, molto più pratico, schietto, efficace (lo dico con molta amarezza).
    Detto in altre parole: pratichiamo un sacco di attitudini che creano il vuoto dentro e attorno a noi e poi se invece siamo individualità con differenze che stridono (e con teste migliori e altre un po’ più vuote) non possiamo neanche giudicarci vicendevolmente “perchè poi si ergono barriere. INSORMONTABILI, ecco”.
    In realtà il giudizio è anche confronto, è critica costruttiva, può essere anche un complimento. Giudicare è sano, è un esercizio, non è criticare sparando a zero (molto italiano dei tempi moderni).
    Forse quel che dà fastidio è la critica, ammettiamolo. Siamo sempre lì, al punto zero. Io, ad esempio, mi sono accorto di non essere tanto bravo ad incassare le critiche, ma, insomma, sto sviluppando anche una certa solidità che mi aiuta a gestirle. E magari anche ad argomentare sensatamente una difesa, oppure ad ammettere senza sprofondare (ma perchè poi dovrei?) una mia colpa.

  13. Ciao Simone mi piace questo affondo , quando sei così diretto e arrivi all’anima e allo stomaco.se fossi un dirigente scolastico ti inviterei per parlare con i giovani…il nostro futuro !!! sono in disaccordo solo con la prima parte del post ….. adoto la ratatouille, le vellutate , i biscotti nel latte ;)……ma con il resto condivido pienamente !!! Ciao

  14. Quando giudichi crei distanza tra te e l’altro, differenza…non getti ponti, ma alzi barriere. E non sempre è il modo migliore di comunicare…Io non sono una santa e ci sono giorni che darei fuoco a parecchie persone :), ma mi accorgo che è un atteggiamento che non fa bene a me per prima. Ciascuno nella vita attraversa delle fasi mollicce, in cui non ha forza, determinazione, ha bisogno di incoraggiamento ecc. e non è detto che debba essere catalogato per questo…magari è solo un momento in cui ha bisogno di appoggio,di comprensione… ci sono mille modi per parlare alle persone ed io non credo che puntargli il dito contro sia il più efficace…naturalmente, secondo me…

    • Antonella, è utilissimo quel che scrivi. E’ ESSENZIALE che si crei distanza tra me e chi giudico negativamente. Il dramma di questa epoca è che non c’è questa distanza, sembriamo tutti uguali. invece non lo siamo. IO non sono uguale agli altri. Sono diversissimo. Talmente tanto che alcune persone, alcune culture di riferimento, sembrano alieni rispetto a me, o io rispetto a loro. Mi fa bene, anzi, benissimo rimarcare questa distanza. Ora vado alla finestra, la paro e urlo fuori perché tutti sentano: IO SONO DIVERSO! assumendomi la responsabilità che si veda, che sia chiaro, che sia vero, che sia verificabile. ciao!

  15. Il problema simone, non è definire “se” il tuo giudizio abbiamo o meno senso o sia o meno lecito, il problema è che giudicare finisce per far stare male chi giudica, più di chi è giudicato. Quindi, se si vuole essere felici, conviene diventare trasparenti agli aspetti che ci danno fastidio, degli altri e del mondo, solo così si sta veramente in pace.

    • Cambiare, scusami ma dissento radicalmente da quanto dici.
      Le fasi sono tre:
      – nella prima siamo succubi di quel che accade, sensi di colpa, educazione asfissiante, troppo sotto schiaffo delle emozioni
      – nella seconda c’è quello che dici tu, in cui cerchiamo la pace dentro, cerchiamo di essere “trasparenti” alle emozioni negative. In questa fase raggiungiamo (con fatica…) l’astrazione dalle cose che ci fanno male. Tuttavia con le emozioni negative buttiamo via anche molte emozioni positive, o meglio, diventiamo meno sensibili, meno in grado di essere in empatia. Spesso addirittura atarassici ed egoisti. ma è in qualche modo inevitabile
      – poi c’è la terza fase, in cui una volta capito come difenderci, non farci trascinare dalle emozioni negative, indipendenti, sulle nostre gambe, in relativa armonia, possiamo permetterci di entrare in gioco più fortemente e più coinvolti di prima. Amare? certo, sapendo che possiamo soffrire, ma con le spalle sufficientemente larghe per sceglierlo coscientemente; contrastare processi o idee? Certo, sapendo che ogni giudizio passa per gli stati necessari dell’io, non intacca nulla. Indignazione, grido a voce alta, in questa fase, non hanno nulla a che vedere con rabbia e contrapposizione.

      Attenzione alle visioni new age e post orientaliste. L’oriente è un passaggio. L’armonia non è assenza di emozioni, ma governo delle emozioni. Non è non dire “no” ma dirlo serenamente.

  16. Condivido praticamente ogni singola parola :-).
    Il mio odio nei confronti di ogni forma di burocrazia che vada al di la dell’essenziale anche solo per un millimetro è viscerale e non vi possono essere argomentazioni logiche e/o pacate che possano placarlo.

    Io conoscevo/conosco un burocrate, una persona che frequentava con me la palestra e che fuori dal suo contesto lavorativo era un personaggio squisito, colto, simpatico. Ma non appena si trovava seduto allo sportello, cambiava radicalmente e diventava esattamente lo specchio dei suoi colleghi.
    Grazie a lui ho capito che buona parte della colpa era insita nel sistema nel contesto e negli uffici ed enti in cui la burocrazia prospera e raggiunge la sua apoteosi, fagocitando tutto e tutti.

    Un mio amico architetto lo ha capito (sulla sua pelle) molti anni prima di me, quando abituato a “stare in giro per cantieri” e gestire il lavoro ed i progetti secondo i suoi ritmi e secondo i suoi piani (corretti, ottimali o sbagliati che fossero), ha vinto un concorso per un posto all’ufficio tecnico edile in comune e ci ha provato. E’ durato esattamente tre mesi e non un giorno in più… 😉

  17. Perché è importante essere tolleranti. Si vive in un mondo migliore. Soprattutto se la tolleranza si tramuta in ipocrisia.
    Simone, quanto vorrei poter venire in Liguria e passare do giorni con te, a chiacchierare e prepararci un pranzo o una cena…

  18. Enrica è normale, appena ci si smarca con convinzione scattano subito reazioni uguali ed opposte (è la convinzione sincera secondo me che le fa partire, non le parole dette solo come sfogo). Quindi più gente fai arrabbiare, meglio è. :)))

  19. Antonella, mi daresti per favore un esempio che giustifichi un comportamento molliccio? E le personalità mollicce non ti infastidiscono? A me fanno arrabbiare due volte: spesso perchè in una personalità molliccia si insinua uno speculatore, uno che calcola e sfrutta le situazioni a proprio vantaggio. L’altra è che anche tirandogli un pugno mi sembrerebbe di affondarlo nelle sabbie mobili.

  20. Si, è proprio questo il punto. Dire le cose. Anche quando chi dovrebbe ascoltarti canticchia fischietta gira la faccia dall’altra parte e manco ti guarda negli occhi. Allora senti l’eco delle tue parole e ti sembra tutto da buttare. E per quanto ti sforzi di sostenere che sia giusto che questa è la strada, appena finito senti un gran vuoto e una grande stanchezza. E poi pensi: ne sarà davvero valsa la pena???

  21. La categoria che non apprezzo è quella delle persone che parlano sempre e solo di se stesse, quando prendono la parola, iniziano la frase con “Io, invece…”. Non fanno quasi mai domande, pensano solo a mettersi in mostra.

    Allo stesso tempo sono conscio che la spiccata tendenza che abbiamo nel giudicare gli altri, e i loro comportamenti, sia fonte di odio.

    Dovremmo imparare ad accettare gli altri per quello che sono, perchè non sappiamo niente della loro storia e del perchè assumono determinati atteggiamenti.

    Capisco che non sia semplice da fare, ma è anche vero che giudicandoli e categorizzandoli ci eleviamo automaticamente al rango di “miglior di loro” il che non è vero, mai.

  22. Ciao Simone,
    che sfogo!!!
    Condivido tutto appieno!!
    Solo che quando dico io queste cose sai cosa mi sento rispondere? Che sono diventata insofferente, che non sopporto più nessuno , che mi sento superiore agli altri, che vivo fuori dal mondo, e così via..
    E me lo sento dire da persone che mi sono vicine e che mi vogliono bene!
    Eppure non riesco proprio a farmi piacere quello che non mi piace per niente.
    Il risultato è che la distanza aumenta tra me e mia mamma , tra me e i miei figli, persino tra me e il mio compagno..
    Per non parlare degli amici e conoscenti..

    Mah! Temo che i giallo fluo in circolazione siano davvero troppi..

  23. Tutto condivisibile in teoria, ma non mi piace giudicare in maniera così spietata…dietro ogni comportamento, anche il più molliccio, ci possono essere mille motivazioni. Giudicare gli altri, condannare senza appello…mi sembra uno dei mali peggiori di una società davvero anaffettiva e priva di empatia. Ma chi c. siamo noi per ergerci a giudici ed auspicare questa selezione darwiniana dell’umanità?
    Simone, ma sarà trauma da rientro?

    • Enrica Giulia e Antonella, curiosamente i vostri messaggi qui sotto sono a pochi minuti l’uno dall’altro (6′) ed è come se steste dialogando. avete due opinioni diverse, che si rispondono a vicenda.

      Io dico solo che ho tutti diritti di giudicare, anzi ne ho il dovere. la storia che “chi siamo noi per giudicare?” non mi è mai piaciuta. Io giudico, devo giudicare, non nel senso di dare una sentenza inappellabile, questo mai, chiunque può dimostrarmi ogni cambiamento e cambiare ogni giudizio, ma giudico, dicevo, perché:
      – ho delle opinioni frutto di tanto pensiero studio ed esperienza. E’ la cosa migliore che ho e ne sono molto fiero (anche se quando mi sbaglio devo ammetterlo, ma non mi costa molto farlo)
      – il mio giudizio vale. Non è universale, è solo il mio, ma io non sono niente, sono uno. che non è nulla, non sarà tutto ma neanche niente. Uno è diverso da zero
      – Il mio giudizio serve. L’esperienza che faccio sempre più soprattutto con chi viene a bordo è quella per cui io guardo e poi dico qualcosa di molto netto, forte, che mi pare evidente, e lo dico alla persona, direttamente. Tutti pensano “oddio ora quella si offende” e invece, prima o dopo, quella persona mi ringrazia, e mi ringrazia sempre per lo stesso motivo: “nessuno ti dice mai niente, si guardano tutti bene dal dirti un’opinione sincera, chiara, decisa. Così parlare non serve a niente. Grazie…”
      – io guardo, molto, e poi dico cosa penso. questo è giudicare, questo è comunicare. senza questo meglio fare gli eremiti, cosa che pur amando moltissimo la solitudine io non sono.

      ciao.

  24. motivo di riflessione…questi pensieri,il biscotto molle..la frutta floscia,mi hanno subito fatto pensare a persone che ho conosciuto…poco solide ,melliflue,da cui mi sono prontamente allontanata,come certi parenti che ti affiancano la guancia e baciano l’aria che c’è dietro di te, o ti allungano la mano con quella stretta lenta ,che non ti guardano mai negli occhi.Ribelle lo sono stata fin da piccola, difficile farmi fare una cosa che non mi interessa e non mi stimola,fastidui ne provo tanti anch’io,burocrazia,rumori, maleducazione….e tanti altri, a volte mi sono sentita diversa ,complicata…sapere che altri come me sono concordi con ciò che hai scritto…ci fà sentire meno soli.

  25. Ciao Simone,
    sembri davvero arrabbiato con qualcuno in particolare, almeno questa è la mia sensazione…senza dubbio hai colto i maggiori difetti di quelli che ci circondano, degli italiani, chi non conosce gente così? E se pure avessimo un’oretta per dirgliela tutta servirebbe? Forse servirebbe a sfogarsi, ma questi che si lasciano vivere…sapendo…cambierebbero? Secondo me per cambiare ci vuole una certa dose di intelligenza minima, e sono giunta alla conclusione che molti non ne hanno o non sanno usarla..se non fosse così ci sono comportamenti umani che non mi spiego. Mi fermo, il discorso è lungo.

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