Stesi si sta meglio dopo

La rotta del 2014, primo tratto dei 5 anni di navigazione

A volte funziona che tu una cosa la dici tanto per dire, non sai neanche tu bene cosa sia, come si faccia, sai solo che ti piacerebbe, o che fa un po’ figo raccontarla, il problema però è che te la ripeti un mucchio di volte, e ti ascolti mentre la dici, dunque sei tu che parli ma anche tu che ascolti, e dato che il pubblico ha i suoi diritti, a un certo punto cominci a rumoreggiare, come la platea del teatro per far uscire gli attori, perché quella storia l’hai sentita e ora la vuoi vedere, se hai detto che facevi quel viaggio, ad esempio, forza, parti, vogliamo vederti che vai, e tu che sei sempre tu, solo che sei anche quello che diceva, a questo punto non ti puoi mica svincolare così, all’inglese, qualche dovere verso il pubblico lo senti, dunque anche verso di te, e allora ti ci metti un po’ sul serio, apri l’atlante almeno, per vedere di cosa parlavi, perché tutti ti hanno preso sul serio ma tu scherzavi, ma non si può più parlare a ‘sto mondo, io dicevo per dire, mi dispiace, ormai l’hai detto e se non sei un verme strisciante lo fai, porcomondo, anche perché tra dirla e vederla sulla cartina quella rotta è proprio tosta, lunga e complicata, figurati farla, e a ogni centimetro di dito che si sposta t’immagini già le complicazioni, ma il pubblico rumoreggia, anzi ora tambureggia, mani sui braccioli e piedi per terra, e allora forza, facciamolo, e quindi tutto sorprendentemente si dipana, come un rotolo di filo lanciato nel pendio, saltella, s’intorcina, poi si sviluppa, e insomma tutto sommato scorre, e ti ritrovi come oggi, che mancano quattro mesi alla partenza, praticamente domani, e dunque ci siamo, anzi non ci siamo ancora, però ormai c’hai preso gusto, non è male come idea, e cominci a benedire quello che hai maledetto, e cioè di dirla ‘sta cosa del viaggio, perché il pubblico prima ti ha fregato, ti ha preso sul serio, e ora però gli sei grato, dunque anche a te stesso, perché magari lasciavi perdere, col mal di schiena che hai, il divano morbido davanti al camino, il romanzo da scrivere, e invece è bello che alla fine vai, anche perché quegli scrittori tutti vestaglia e retina per i capelli li hai sempre odiati, culi flaccidi che non siete altro, e perché poi parliamoci chiaro, tra un po’ è andata, pochi istanti e stiri le zampine come un passero nel gelo di febbraio, e a quel punto non solo non puoi più partire, non solo non ci sarà più il pubblico (tranne un’ultima uscita tutti in nero) ma non ci sarai neanche tu, con tutti quei sogni, quei progetti, quelle idee strampalate che, a vedere bene, per quanto poco, sono tutto il tuo mondo, cantastorie che non sei altro, immaginatore di professione, e con le zampe stese si sta meglio, secondo me, dopo essere partiti, anche perché ad andare, andare, andare si finisce con lo stancarsi, e dunque quelle propaggini di rana ormai inutili, forse, quel giorno, ti farà perfino un po’ piacere metterle lunghe, così da steso avrai qualcosa da ricordare, che è meglio, già che c’eri, le avevi, le hai usate e ora te ne puoi anche andare.

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18 pensieri su “Stesi si sta meglio dopo

  1. Ciao Simone il tempo corre veloce manca poco alla partenza ti auguro che tutto vada per il meglio. Scusami se uso questo blog questo messaggio per me è molto importante!!!! (SALVIAMO IL MEDITERRANEO) Diciamo no alle armi chimiche nei porti e nei mari italiani. No allo stoccaggio a Gioia Tauro! Non lo so ma penso che tu sappia di quello che sta succedendo nel mediterraneo voglio, smaltire le armi chimiche provenienti dalla Siria? bene mi fermo qui,io da italiano e sopratutto cittadino del mondo sento il dovere di portare a conoscenza della notizia a più persone chi vuole partecipare che non avvenga questo scempio per il bene di tutti i cittadini del mondo basta andare su questo sito e firmare la petizione.Simone non so dai tu un giudizio se vuoi pubblicare questo messaggio ti chiedo di nuovo le mie scuse.

    • PIETRO ciao credo che quella notizia sia una bufala. Spero almeno. Però nell’incertezza pubblico volentieri quel che scrivi. in bocca al lupo!

  2. Ciao Simone, risuono come spesso accade quando scrivi . Riesci a tradurre in parole emozioni e stati dell’anima o della testa che spesso è difficile addirittura percepire con consapevolezza. Tra poco anch’io partirò per il mio viaggio ma combatto ancora con la paura folle di innamorarmi perdutamente di questo progetto, nato per caso , da parole dette così , per mostrarsi diversi …Ogni giorno però è un giorno nuovo . Se ripassi da Milano prima della grande partenza mi piacerebbe conoscerti e mi piacerebbe anche parlarti di un’idea sul tuo meraviglioso viaggio su Mediterranea . Cristina

  3. Che splendido viaggio! Mi sono perso molte cose tue perché sono all’estero. Di cosa si tratta concretamente? Come si fa per venire a bordo? Si può?

  4. A Simò…. e daje su..ste zampine le terrei belle vispe e un bel pò in giro per il mondo o sotto la sedia a scrivere!!! Mo, mica per fare un mega viaggio uno deve far venire l’ansia agli amici!!!?? :-))))
    Un pezzettino…mi piacerebbe tanto esserci , per un pezzettino almeno anche a me! Ma come sta Mediterranea..forse ho perso qualche post..i lavori?
    bacissimi! :-* Cinzia

  5. La paura ci vince, ci blocca, è la nostra peggiore nemica !
    La paura limita le nostre potenzialità, è il recinto della vitalità.
    L’unico modo per batterla e far si che anche la morte diventi solo un passaggio di energia giocoso è affrontarla a viso aperto.
    Coraggio !
    Grande Simone, se possibile salterei qualche giorno su Mediterranea per cum- dividere momenti di vita a cavalcioni sulla paura…

  6. “Io mi ricordo che c’era una clessidra come questa in casa di mio padre.
    La sabbia scorre attraverso un forellino così sottile che all’inizio
    sembra che il livello della parte superiore non debba cambiare mai.
    Cominciamo ad accorgerci che la sabbia scorre via solo verso la fine.
    Ma prima di allora ci vuole tanto che non vale la pena pensarci.
    Poi, all’ultimo momento, quando non c’è più tempo, ci si accorge che
    è troppo tardi, ci si accorge che è troppo tardi per pensarci…”
    Morte a Venezia

  7. Io uso questa tecnica, quando non riesco a trovare la forza di fare qualcosa: prima la dico e la racconto in pubblico così poi son costretta a vincere la pigrizia o…la paura….

  8. Quanto vorrei aver quel coraggio.Dirlo, farlo! Aprire quella cartina, puntare un dito e andare lì, proprio lì! Senza aspettative, andare via e basta.
    Chissà che un giorno tutto questo, possa diventare realtà.
    Il pubblico ha sentito, forse ora nn posso più tirarmi indietro.
    Grazie simone, come sempre!

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