Un soldo

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La fortezza veneziana di Methoni e la sua splendida torre ottagonale. che controlla il lato nord del canale.

 

Passavano di qui. Tutti. Mi pare di vederli, in questa mattina diafana di luminescenze. Galere veneziane, ottomane, genovesi, della Barberia, maltesi, spagnole, papaline. Pirati e corsari, gente senza alcuna speranza e uomini che la speranza l’avevano in prua. Gente però che non chiacchierava tanto, non aveva il culo sarcastico su una sedia davanti a un computer. Andavano, loro. Incontro alla vita, incontro alla morte, incontro alla speranza, sul filo di un’informazione vaga, senza certezza, senza garanzia, quasi sempre inseguiti da una fusta o una galeotta stracarica di chi quell’informazione la stava ancora cercando.

Passavano di qui, tutti. Non c’era il Canale di Corinto, e tra l’Impero ottomano, le colonie veneziane, quelle maltesi e l’intero occidente, navigavano al vento tra l’isola di Sapienza e Methoni, un braccio di mare che farà a stento due miglia, incerti su quali venti avrebbero incontrato nello Ionio e nell’Adriatico, oppure lungo i tentacoli del Peloponneso e tra gli arcipelaghi dell’Egeo. Ieri una grande tartaruga si è dileguata lenta mentre davamo àncora. Chissà quante sue nonne lontane hanno fatto lo stesso occhio sbieco a una galera genovese stremata da chissà quale maestrale.

La grande distesa azzurra non sempre basta, e questo si impara solo navigando. Lo sguardo alla luna magnifica di queste sere, la rada di cristallo, non sempre rasserenano. Il viaggio offre il fianco ai colpi del vento. Osservo le infinite rotte delle galere che per secoli sono passate di qui, poi scomparse come fanno sempre le scie. L’animo in subbuglio, il cuore impastato delle loro lacrime, del loro mare. Cerco di immedesimarmi nel cuore di quei marinai, centinaia di anni fa. Chissà cosa contenevano, chissà cosa nascondevano. Chissà se in questo canale di mare sono stati felici o angosciati, cari nostri antenati avventurosi. A loro, stasera, se vale…, vorrei chiedere un grammo d’ardimento, una noce di energia, un soldo d’umano coraggio.

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8 pensieri su “Un soldo

  1. C’è molto romanticismo nel ricordare gli avventurosi navigatori ed esploratori di un tempo. Quelli che “andavano incontro alla vita, incontro alla morte, incontro alla speranza, sul filo di un’informazione vaga, senza certezza, senza garanzia”.
    Come c’è molta meno poesia nel vedere il mondo di oggi, dove quasi tutti siamo con il “culo sarcastico su una sedia davanti a un computer”.
    E non si può non dar ragione a questo modo di vedere le cose,PERÒ …
    Però c’è sempre un però.

    Non perchè non si debba criticare questo mondo moderno e rapace.
    Dove non facciamo altro che consumare la terra, bruciare le mille risorse che abbiamo a disposizione.
    Dove ogni cosa conta se ha un “VALORE”, un valore che può essere monetizzato, commercializzato.
    Dove ciò che conta è il PROFITTO “ … e io che cosa ci guadagno …”. Altrimenti niente, sei un VUOTO A PERDERE.

    Un tempo per vedere il mondo, per andare oltre il proprio orizzonte, bisognava avere CORAGGIO, INVENTIVA, INCOSCIENZA e molta FORTUNA. E dovevi basarti su “un’informazione vaga, senza certezza, senza garanzia”. E il più delle volte dovevi soccombere.
    Quando però riuscivi a non soccombere (anche allora “uno su mille ce la fa”), automaticamente diventavi il vincitore, il conquistatore, il più forte, quello che riusciva a far soccombere gli altri. Il COLONIZZATORE, il DESPOTA di turno.

    Oggi in un epoca molto più MEDIOCRE abbiamo alcuni indiscutibili vantaggi.
    La TECNOLOGIA che offre molte più soluzioni e molto più alla portata di tutti.
    Una cultura dei DIRITTI di tutti, che seppure con MOLTE molte molte limitazioni e lacune, è certamente superiore a quella dei navigatori di un tempo.
    Ed il sapere, l’accesso alle informazioni, alla cultura. Anche qui molto molto resta da fare; molte sono ancora le limitazioni e freni (il cui unico scopo è quello di VALORIZZARE ancora una volta, ottenere PROFITTO ancora una volta, per chi possiede informazioni e tecnologia più degli altri).
    Ma indubbiamente la CIRCOLAZIONE del sapere, delle informazioni, della cultura (anche con i molti rischi della circolazione di informazioni talvolta sbagliate o fuorvianti) oggi è molto più alla portata di TANTI.

    E se hai ancora CORAGGIO, INVENTIVA, INCOSCIENZA e (questa volta) un pò di FORTUNA si possono ancora raggiungere mete inimmaginabili.
    Certo bisogna sempre staccare il “culo sarcastico dalla sedia davanti a un computer”.

    #pilloledimimmopensiero

  2. Mi affaccio sull’Adriatico in inverno oppure in estate ma solo quando il sole ci regala i suoi primi raggi. Mi avvolge il rumore del mare ed il vento caldo dalla collina mi rapisce e mi spara in una dimensione dove il tempo è azzerato e mi riporta ai fasti della Serenissima. I luoghi sono una eco della memoria , come voci congelate nello spazio e nel tempo. “file” consegnati all’oblio. Siamo dei visionari impenitenti.

  3. Bellissimo questo pezzo, poetico, sembra di essere lì sul canale, vedere quelle imbarcazioni e sentire nello stomaco, per ognuna di esse, qualcosa che si attorciglia. Magari apprensione, o curiosità, o voglia di avventura. Malinconia. Incertezza, ma non così tanta (me li immagino più abili di noi). Un tempo in cui gli uomini viaggiavano per davvero, fra genti e luoghi diversissimi l’uno dall’altro… oggi certi elementi caratteristici richiedono impegno e un certo occhio allenato per essere colti. C’è troppo in cui ciò che conta veramente si disperde.

    “Gente che non aveva il culo sarcastico su una sedia davanti al computer” mi piace tanto, anche se essendo un informatico il dubbietto mi ha sfiorato: “chissà com’è il mio culo adesso?!?”. 😀

  4. E’ un pensiero che quasi mi ossessiona, lo spazio e il tempo che si sovrappongono, intere generazioni che sopravvivono con la loro energia negli stessi luoghi, vite di ieri, di oggi e forse di domani che continuano ad aleggiare in spazi apparentemente neutri. Persino i luoghi della mia vita sovraffollati di persone, di azioni, di ricordi che si stratificano, che li saturano al punto tale da non renderli più percorribili, ombre continue attorno a me…è un pensiero strano, ma ricorrente e struggente fino alla malinconia… dove sono finiti tutti quei pensieri, tutte quelle emozioni, dove sono tutti quegli uomini e quelle donne, dove sono i tanti noi del passato? E più lo spazio si allarga all’orizzonte, più il tempo lo invade con i suoi fantasmi che forse parlano a chi li sa ascoltare…

    “… e mi sovvien l’eterno,
    E le morte stagioni, e la presente
    E viva, e il suon di lei. Così tra questa
    Immensità s’annega il pensier mio:
    E il naufragar m’è dolce in questo mare.”

  5. Ella, Simone, si chiede se eravamo felici o angosciati in quel braccio del nostro mare ove il suo animo è ora così in subbuglio… cosa vuole che le dica, non eravamo nè felici nè angosciati, sentimenti questi entrambi inapplicabili a noi che passavamo di là, secoli fa.

    Direi che eravamo forti del sentirci in qualche modo “necessari”, dunque veri, ma non so spiegarLe meglio. La stessa necessità che forse ora Ella prova nella ricerca di nuove rotte interiori, essendo tutte quelle reali esteriori da tempo arcinote, archiviabili, anzi già archiviate, previste e prevedibili, algoritmiche e quindi tutto sommato noiose.

    A parte le odierne certezze cartografiche e meteo di cui dispone ampiamente, anch’Ella solca le rotte interiori sul filo di informazioni vaghe, senza certezze, senza garanzie….

    Grato per avermi onorato con il nome dato al suo blog, avrà quel che mi ha chiesto. Ne stia certo.

    Giovanni

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