Caro

Termoli-20140520-01954

Trabucco. Termoli. In transito con Mediterranea, un paio di mesi fa.

 

Secondo qualcuno bisognerebbe non dire, però nella comunicazione bisogna crederci, sì ma non del tutto, caro, allora meglio non dire tutto, e che dico? ci sono cose che dovrebbero restare dentro, ma sono le uniche che vanno dette! sì e no, caro, le questioni tue, quelle private, tienile per te, ma di che parliamo allora? ma tu sei uno un po’ esposto, esposto a dire però mica a nascondere, ma che si stia male, caro, bisognerebbe evitare di spiattellarlo, e dire solo quando si sta bene? ma che vuol dire male e bene, diramiamo il bollettino medico allora, a giorni alterni, così può andare? no, non dico questo, caro, solo che ci sono cose che, e quali sono, lo sai dai che sei intelligente, e comunque, caro, se hai fatto tutto quel che hai fatto e non stai neanche bene allora, allora che, allora non vale la pena, vedi?, lo dicevo che tanto era uguale, caro, uguale neanche per idea, sì ma almeno non dirlo, parli troppo, caro, troppo poco, devi dire quello che la gente si aspetta, dì solo quello che pensi, devi dire altre cose, dici sempre le stesse cose, devi dire le cose che dici sempre, dì le cose che dice sempre la gente, devi dirle ma senza cose tue, devi dire solo cose tue, metà e metà, solo una parte, una la posso dire? certo, caro, che vuoi dire? non me lo ricordo più, forse volevo dire come sto, non esagerare, allora dico qualcosa in meno, sì ma così non dici tutto, e poi interessa a qualcuno come sta un altro? Sì, no, forse, importa o no? mica è perché gli importi che si parla, ah no e perché, ma sì anche per quello, caro, è che poi uno si sente morire, però non muore, era una metafora, no era una balla, c’è differenza? direi di sì, no, sì, e allora la letteratura? sì vabbè ciao, ma insomma tu, laggiù, sì proprio te, ti interessa o no come sto? solo se stai bene, e se non ci sto? allora dillo, ma poco, e se lo dico tutto, va bene, ma dillo piano, perché? perché emotivamente costa. Caro.

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24 pensieri su “Caro

  1. Se non rincorri i sogni, fai vivere quelli realizzati. Perché ora, nel sogno, ci sei dentro. E si muove nella realtà. E avrà bisogno di essere alimentato per continuare. Altrimenti svanisce… Come quando, al risveglio, si ricordano solo pochi particolari delle immagini notturne che la mente ha realizzato. Non permettere alla testa di ingannare il cuore. Non ora.

  2. No, però in effetti, pensandoci bene, questo tipo di comunicazione non genera interesse perché l’interesse, per prima cosa, dovrebbe essere reciproco, forse, o almeno sicuramente nella vita “reale” ma poi chissà…Virtualmente in effetti ci mostriamo piuttosto interessati. Ma da qui noi transitiamo solamente, qui siamo solo “on line”. La comunicazione, quella vera prevede i soliti step, i soliti rituali “sacri”. Una telefonata, un appuntamento. Condivisione, incontro, piacere ma anche delusione. Emozioni.
    Sono convinta da sempre che la “comunicazione al tempo dei social” stia sottraendo risorse, energie alle relazioni “umane”. Io li vedo quelli si incontrano ancora. Dopo qualche minuto non reggono. Devono gettare uno sguardo al cellulare. “Ma io sto parlando!!!”, vorresti urlare all’amico che scuotendo la testa ti lancia occhiate di ascolto come a dire “continua a parlare che intanto io verifico cosa succede nel mondo”. E sai che c’è? Che non gli frega niente di quello che succede nel mondo così come non gli interessa davvero come sto e cosa penso e come mi sento.
    Mancano gli ingredienti principali a questa ricetta. Il retrogusto acquista un sapore amaro.
    Sollevo la testa dal libro che sto leggendo sul metrò. Intorno a me ombre di donne e di uomini. Il loro volto come di ghiaccio, eternamente illuminato da una luce, quella di un display.

  3. Che fare downshifting non è certo la chiave della felicità… Chi ha tempo per pensare non può reggere il peso delle domande,ce ne sono di davvero dure
    Che realizzare i sogni,quelli veri,quelli da bambino,DOPO stordisce.
    Che bastava lavorarci sopra,metterci impegno e poi fare il PASSO,senza voltarsi.
    E poi però te lo devi dire che sì, insomma,con altre risorse il sogno lo compravo già fatto.
    Ma vuoi mettere la soddisfazione?già… Ma che sogni sono se si possono comprare?
    Che poi…hai fatto il diavolo a quattro per il tuo giocattolo ed ora è sulla mensola con gli altri,vuoi passare la vita ad accantonare giocattoli?
    No…ma se non rincorro i sogni che faccio?si…lo so…non dirlo nemmeno,fermarsi è perdersi,ma poi,dopo,tra un sogno e l’altro quelle domande tornano,e più ti trovano pronto ad affrontarle e più ti spezzano le gambe.
    E allora che si fa?tanto le risposte non le trovi,hai ribaltato il mondo per non fare un passo e con gli anni le strade cambiano colore,sono meno buie certo ma ora tendono al grigio,vibrano meno,i bivi perdono fascino.
    Si ma allora che si fa?
    Ahia,cavolo se fa male.

    Cmq a me interessa come stai,aiuta a fare un poco di luce,sicuramente dà spunti di riflessione.

  4. L’arte di perdere
    (Elizabeth Bishop)

    L’arte di perdere non è troppo ardua.
    Tante cose dimostrano l’intento d’essere perse.
    Se avviene, non è un dramma.
    Perdi una cosa al giorno.
    Accetta l’ansia delle chiavi smarrite,
    dell’ora male spesa.
    L’arte di perdere non è troppo ardua.
    Perdi di più e più in fretta, per far pratica.
    Luoghi. Nomi.
    E dov’era che volevi fare un viaggio?
    Nulla sarà un dramma.
    Ho perso l’orologio della mamma.
    Ora, l’ultima o quasi di tre case dilette.
    L’arte di perdere non è troppo ardua.
    Ho perso due città molto belle.
    E più vasti reami che possedevo, due fiumi, un continente.
    Mi mancano, ma non è stato un dramma.
    Anche perdere te (la voce gaia, un gesto amato) non mi smentirà.
    L’arte di perdere non è troppo ardua
    anche se può sembrare (scrivilo!) un disastro.

    • capisco barbara. ma sono cose che si scrivono così solo quando sei lontano dal momento della perdita. prima, non le scrivi… il che non ne sminuisce il valore. ma andava precisato… ciao. grazie.

  5. Non ci conosciamo. Non ho il diritto di fare domande o illazioni, di pensare…Sono un’inopportuna importuna verosimilmente sgradita, non so comunicare, tanto meno ascoltare. Ma conta qualcosa??? O conta che mi importa? I maldestri tentativi di comunicazione sono solo l’ordito lasso di una trama altrimenti inesistente…e significano l’interesse per te, per come stai.
    A me non è venuto da pensare alla sindrome di Stendhal, ma alla depressione post-partum…Mediterranea ha “rotto le acque”, è là fuori, bellissima, da qualche parte, senza te, ha preso il largo, si è staccata…era il tuo progetto, però che senso di vuoto quando i progetti e i sogni finalmente si realizzano. Qualcuno ti tiene per mano, tu continua a tenere per mano i tuoi sogni. E abbi pazienza, mai troppa, se ogni tanto incontri chi ti fa domande. Sarebbe noioso altrimenti.

  6. Fare quello che abbiamo fatto, che abbiamo scelto e che ci piace non ci salva affatto. E’ la nostra strada ma questo non significa vivere nella felicità assoluta, permanente e immutabile. Mi stupisce che qualcuno ti abbia detto che allora non valeva pena. Ma non valeva la pena cosa? Seguire la nostra natura?

    Personalmente credo che i momenti in cui si sta male siano preziosissimi. Perché sono momenti di contatto profondo con noi stessi. Momenti di verità assoluta: quando si soffre, si sta male, si piange. E in quei momenti siamo autentici anche con gli altri.
    Che agli altri piaccia oppure no, Simone, non è certo un problema che dobbiamo porci. Gli altri, noi, tutti, abbiamo sempre delle preferenze su chi ci circonda ma non possiamo seguirle o preoccuparcene troppo. In fondo non ci riguardano davvero.

    Guardando questa foto e leggendo quello che hai scritto ho avuto una sensazione molto precisa: e se si trattasse di una sorta di sindrome di Stendhal? Assistere a una tale esposizione di bellezza, immensità, spazio, colori, libertà in poco tempo, farla entrare tutta dentro deve essere un tale concentrato di emozioni raro da provare.
    Non succede a tutti, ci vuole una sensibilità fuori dalla norma in chi guarda e una bellezza senza pari davanti a noi.
    Ma succede. La bellezza e la libertà sono armi affilatissime. E ci si può far male.

    Mi sento di dirti due cose:
    fai come se fossi in mezzo alla tempesta. Non andarci contro perché non aervirà. Solo osservala e cerca di restare in equilibrio. Se non ci riesci fatti strapazzare un po’ senza opporti. Passerà da sola quando deve passare.

    Le persone a cui interessa se stai bene ci sono. Solo che adesso non puoi vederle. Non interessa a molti se stai bene o no, certo. Cosa te ne fai dei molti? Ne bastano pochissimi a cui interessa davvero.
    Adesso non puoi sentirlo perché sei distratto ma quando tornerà il sereno ti accorgerai che qualcuno vicino a te ti stava tenendo per mano.

    Ti abbraccio. Forte.

    • molto calzante ed appropriato quello che scrivi Marica. E’ interessante come persone che non si conoscono possano capire…

  7. C’è sempre un modo per dirLO e c’è anche sempre un modo per cercare di stare meglio,basta voler stare meglio, guarire, ritornare ad essere, basta che tu cerchi la cura adatta a te, tu solo sai se vuoi tornare a stare meglio e se è così cerca, cerca e troverai il rimedio adatto a te. Penso che le parole o le mezze parole non servano, e penso che non centri nemmeno “la comunicazione” o la “mezza comunicazione”,TU conti e la tua voglia di dirlo a te stesso, noi, beh! noi ti vogliamo bene, e tu non puoi raccontarti che non lo sai.

  8. Ci piace venire qui, a casa tua, perché è anche casa nostra, perché parlando di te parli di noi e della nostra vita. Perché sei vero, insomma. E a noi va bene così.

  9. Ciao Simone, a me interessa e ti dirò di più, mi dispiace quando sei sofferente. Questo è il TUO blog e scrivi i tuoi pensieri, progetti, stati d’animo, nessuno è obbligato a leggere ma tu devi essere libero di dire quello che vuoi…..secondo me deve essere così. Come quando vado a prendere un caffè da una amica e lei mi parla dei suoi problemi (se ne ha), dei suoi viaggi(se è stata in vacanza), della sua salute….io scolto!!! Qualsiasi dolore hai , fisico o dell’anima, guarisi presto e lo auguro con tutto il cuore.Buon vento.

  10. Volevo scrivere qualcosa…ma poi ho letto tutte queste risposte. Le ho trovate tutte molto belle e spontanee…però ho trovato particolarmente toccante quella di Rosalba. Secondo me ci sta dentro tutto. Il bianco ed il nero…e tutto quello che sta in mezzo a questi due estremi… Il casino di chi si espone… il casino di chi non si espone mai…ed il tepore di chi sta in mezzo, che finisce inevitabilmente per non essere ne carne ne pesce. Non ho soluzioni e/o incoraggiamenti da dare…posso solo sottoscrivere il post di Rosalba (tutto a parte il suo “p.s.” che mi sembra più personale…questo anche se “la camera azzurra” è davvero una gran bel libro…)

  11. larsson cita camus, “se bastasse amare, sarebbe troppo semplice”.
    penso leggendoti, se bastasse comunicare, sarebbe troppo semplice.
    è pur vero che per non morire a volte occorre raccontarsi.
    ma a volte per sopravvivere occorre tacere.
    ti ammiro per come ti esponi. ti ammiro non per principio, ma perchè io non sono così.
    ammiro anche chi riesce a non dire mai nulla di sè.
    anche questo non mi appartiene.
    mille blog nascono e si spengono nel giro di brevissimo tempo. il tuo no e mancano all’appello gli anni di piccolo cabottaggio I…figurati.
    è faticoso, impegnativo, fare quello che fai, come lo fai.
    perchè lo fai, già te lo sei chiesto su questo blog.
    la risposta ribolle.
    però, sì, ecco a me interessa come stai.
    non lo so perchè. davvero. non lo so.
    ma poi importa perchè?

    p.s. io non mi lamento. sono preoccupata per una persona che amo, ma non posso fare niente. e poi piove sempre simone. sto leggendo larsson e poi ho ordinato la camera azzurra (su tuo consiglio ;-)). devo fare delle cose prima di partire per le ferie, ma ho deciso di ammainare le vele dai miei impegni almeno per un po’.

  12. Simone,ci interessa eccome.
    Abbiamo un debito di gratitudine e mica bisogna nasconderlo. A me non interessa di tutti, ma mi interessa che le persone che apprezzo stiano bene. O perlomeno che, se devono passare un momentaccio, lo passino nel modo giusto, senza paura di mostrarsi vulnerabili. Ci vuole un coraggio per mostrare la propria vulnerabilità! Io per esempio ce l’ho poco. Io non so se stai vivendo quella che comunemente chiamano “depressione”, che ne so. Una fase? Una fase. Di merda? Probabile. Hai tenuto duro troppo a lungo? Se è così, che dopo si sia “stanchi” è il minimo. Ti mando un abbraccio.

  13. ma quanto sono brutte le ferie in agosto? Spendere il doppio per andare in posti affollati quando il posto dove si sta meglio in questo momento è la città… semi-deserta, finalmente tranquilla, senza caos, senza traffico, tutto a tua disposizione e quest’anno anche un bel clima. Perché non possiamo partire per un bel viaggio durante l’anno, non nelle feste comandate, senza fare file agli aeroporti, andare via quando vanno via tutti. Non lo so. Mi sembra così assurda questa cosa tutta italiana.

  14. Sorrido… E’ evidente che è lecito domandarsi quanto di te vuoi “rendere pubblico” con le tue parole. avresti potuto millantare ogni parola, nasconderti sotto falso nome e dire cose a vanvera, fregandotene di chi sta leggendo… Ma se invece hai considerazione e rispetto per chi ti legge, devi rischiare, secondo me. Rischiare di essere messo in discussione, rischiare di sentirti fare domande, magari, a volte, inopportune…Perché poi è evidente, molti sono “solo” curiosi… Vorrebbero solo sapere di più e sei tu, solo tu, che puoi darti un limite. Decidere cosa dire e cosa non dire ma soprattutto “a chi”….…
    Io, lo sai, apprezzo, da sempre e moltissimo (e credo anche molti altri che qui lasciano loro testimonianze) questo tuo “mostrarti”: il “re è nudo, viva il re!”.
    Credo sia questo il tuo elemento di forza. Noi ti sentiamo come “uno di noi”. Capisco però, e molto bene, la sensazione di sentirsi fagocitati…Questo succede a tutti quelli che si espongono. Mettere sul tavolo le proprie emozioni, mostrare la propria sofferenza non è cosa facile e non è da tutti. Io non sono un’esperta di comunicazione. Ma una cosa la so: anche, e soprattutto, paradossalmente, proprio quelle persone che potrebbero guardarsi negli occhi e parlare con il cuore in mano, temono di farlo, temono le loro stesse debolezze, perché poi queste si animano, prendono vita e bisogna..farci i conti… Ma questo limita e sterilizza i rapporti. Li rende ininfluenti. Innocui, sì forse, ma anche senza forza, senza animo, senza passione, senza nerbo. Non so quanto ti sia utile questo nostro darti testimonianza che “va bene così”, se te la senti…Perché sì. Perché è così…è Letteratura, una cosa seria dunque.
    E allora, Caro Simone, continua a raccontarci……Noi siamo qui a cercare di comprendere. Non siamo da “un’altra parte”. Siamo dalla stessa “tua” parte, in qualche modo… anche quando “dici e non dici” o ripeti le stesse cose e ti confondi e ti perdi, ritrovandoti…ritrovandoci…

  15. Mari è una tua amica, io no, semplicemente ti leggo anche per sapere come stai.
    Perchè leggendoti, sempre di più mi rendo conto di quanto tu sia vero, di quanto siano sentite le cose scrivi.
    Ne abbiamo abbastanza di fantocci che si agghindano e si presentano con la maschera giusta in base al ruolo.
    Vivere, ESSERE, significa anche non star bene. Che c’è di male in tutto questo?
    Se Mari scrive questo vuol dire che sei “VERO” … Evviva! Ti voglio bene anch’io anche se non sei un mio amico.

  16. Mi interessa.
    Mi interessa eccome, sapere come stai, adesso.

    Per questo vorrei ESSERE lì, adesso.
    Per dire, senza parole.
    Per vedere, senza occhi.
    Per toccare, senza mani.
    Per ESSERE lì, adesso.

    Per ricordare insieme quanto sia bello condividere
    la consapevolezza che
    STARE in un luogo ed ESSERCI non sono la stessa cosa.

    Ma se non è LI’ che posso ESSERE,
    allora continuerò ad ESSERE qui.
    Qui e ora.
    Come te.
    Con te.
    Ti voglio bene, amico mio.
    .mari.

    ps.
    Ho scritto questo mio pensiero così, di getto, senza neppure rileggerlo. E così voglio che arrivi a TE, adesso.
    In questo momento, però, non so valutare l’opportunità di farlo arrivare anche ad altri.
    Dunque, decidi tu se e come pubblicarlo e dove.
    Per me andrà bene quel che deciderai…
    Mentre ti aspetto. Qui.

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