Nei me-andri

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In difesa, indifesi. Arroccati

Sono giorni che il cuore balla per le sue danze, senza posa, senza governo, senza limiti, tra abissi di penoso disorientamento e vette d’euforia, anzi sono mesi, lunghissimi mesi coraggiosi, e con pause di rapsodico riposo forse anni, anzi è da sempre che balla, nato danzante, ballerino senza palcoscenico, senza pubblico, che si esibisce per sé solo, convinto di mostrarsi al mondo intero, ma intorno non c’è nessuno, non che voglia, no, non è faccenda di vocazioni, ma che possa osservarlo, danza vana dunque, del tutto solitaria, condotta invece con l’intento di brillare, non per esibizionismo, che non è questione di opportunità, ma per specchiarsi in un altro essere vivente, dunque per vedersi e sentirsi, che a ballare da soli si finisce col pensare di non saper ballare, di non sapersi esprimere, comunicare, anche se le parole, parole parole parole, non servono a niente, o almeno paiono così tanto, tutte, ma poi non basta, c’è sempre qualcosa che non basta, un po’ come danzare in solitudine, come fa il cuore, che se finisci e non c’è applauso non c’è neppure esibizione, dunque ballo e ballerino, anche se il passo, il salto, la piroetta li hai fatti, dunque danzavi!, ed è questo che non capisci, forse, tra le tante cose, perché ballavi da solo, quel pomeriggio, che con l’amore che avevi in corpo avresti potuto far salpare una nave, ma nessuno lo saprà mai, le parole che hai usato non bastavano, anche se senza di loro non c’è molto altro, forse solo gesti, importanti, a cui sei condannato a dare un nome, vorresti raccontarli, vorresti che ci fossero espressioni, immagini, qualcosa di tangibile, ma poi il cuore salta, si rannicchia, si distende, e il gesto è bello, ampio, solo che nessuno l’ha visto, nessuno ci può credere, tu non puoi raccontarlo, e quindi è come se non esistesse, nonostante il cuore in affanno, i muscoli gonfi, siano la prova che non ti sei inventato niente, e allora uno almeno quella danza l’ha vista, e quell’uno sei tu, attore e pubblico di un niente che tutto è fuorché niente, solo che dirlo è impossibile e vederlo incredibile, tanto che a te è parso (e pare) tutto, ma non basta

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12 pensieri su “Nei me-andri

  1. …. stesso palcoscenico, due cuori ma due ritmi diversi…..
    E’ questa la pena più straziante ?! E’ questa la solitudine ?!

    Ciao.

  2. Lo spettacolo ha inizio. E in platea sono presenti tutti i cinque sensi: e allora la vista, che vedere non è come guardare…. E poi l’udito, che sentire non è come ascoltare… Iniziano a fluire parole che fendono l’aria, arrivano alle orecchie, qualcuna si perde, volatizzandosi creando un pulviscolo colorato. Ma poi, come frecce, vanno a colpire quel muscolo involontario, grande come un pugno, che batte a sua insaputa, più forte.
    La parola si accompagna al gesto. La retina trattiene l’immagine. E poi, all’improvviso, sei stanco. A volte stremato. Vorresti anche mollare, girare i tacchi, fare un inchino e scomparire. Che lo spettacolo è finito.
    Ma poi capita che là in fondo, nel buio della sala, qualcuno timidamente appoggi una mano sull’altra, prima piano e poi sempre più forte, prende coraggio e insiste e lancia saette di sguardi che poi, insomma, non può finire così! Allora torni sui tuoi passi, e dentro a quel buio, getti ancora e ancora le tue parole, come reti da pesca, come dadi impazziti su un tavolo da gioco.
    Perché non lo sai, non sai davvero bene quale sia il fine, ma conosci perfettamente la tua musica. Sai suonare. E anche bene, anche senza spartito. E spesso il risultato è stupefacente. Forse nemmeno ti rendi conto di quanto lo sia.

  3. ora so chi sei… scrittore( affermato !a sto punto direi)e solo io non sapevo! e marinaio.tutto torna ed è bene quel che finisce bene.scusami se ti consigliavo di scriver un libro.Perdona la mia ignoranza, ero sulla scia dell emozione x i tuoi scritti e pensavo sto tipo deve assolutissimamente scrivere per noi,non va sprecata tanta sapienza e bellezza nell esporre,mi ero fatta tutta un altra idea.non mi resta che correre in libreria e cercare di te.buona vita grazie x ciò che dai, anche a me in un mattino freddo di dicembre. stregata

  4. Che meraviglia Simone! Non ho ancora avuto l’onore di incontrarti di persona ma per me sei già un eterno compagno di viaggio… Avrei voluto scriverti qualche giorno fa mentre approdavi a Istanbul ma l’imprevedibilità ed il fascino del viaggio hanno prevalso ancora una volta sulla tastiera di un computer. Ieri sono trascorsi esattamente tre anni per la mia nuova vita in viaggio… Tre anni da “funambolo”, ancora in equilibrio ed in continua evoluzione…

    Sono giorni che il mio cuore balla per le sue danze, senza posa, senza governo, senza limiti… Ma non basta…

    …Dovremo rassegnarci ad una vita “clandestina”?

    Un lungo e fraterno abbraccio da Adelaide, South Australia.

    Andrea

  5. Ciao Simone

    Questa Volta ho Letto il tuo Post e non lo capisco. Non afferro quello di cui parli. Forse e’ perche e’ unesperienza per cui non sono ancora passato.

    Come dice una Canzone che mi e’ molto cara: ….. Vedi cara, e’ difficile capire, e’ difficile spiegare se non hai capito gia….

    Cari saluti
    Marco

    • l’esperienza del cuore che danza non si riferisce a qualcosa di specifico. come tutto quello che scrivo indaga una no fly zone emotiva che se fosse riferibile a qualcosa di certo, chiaro, identificabile, non avrebbe bisogno della scrittura per tentare la sua decodifica. per ogni cosa che non c’è, non si vede, e serve solo fede, c’è la religione. per ogni cosa che c’è certamente e sappiamo cos’è, serve una misurazione scientifica. per tutto il resto c’è la letteratura, l’arte. ciao!

  6. E poi scopri che un cuore sa dire quello che il tuo sa solo percepire, e gli sei grato per la sua danza, senti che in verità non balla da solo, danza con te e altri cuori fratelli, e per come l’ha detto e l’hai assorbito sai che anche tu non sei solo a ballare, e ancora credi che non sia inutile, anche se nessuno lo vede, anche se non basta…

  7. poi però ci siamo anche noi, che stiamo così bene dentro al tuo blog, un po’ come guardarti ballare, e ballare a nostra volta. e aggiungo, per fortuna non ti basta, altrimenti ti saresti già fermato, e noi insieme a te. Forse basterà saper aspettare il giusto lasco temporale per accorgersi che era molto e buono. forse arriverai a dire, con altra accezione, “adesso basta”. buon viaggio ancient Mariner

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