Assaporare

Venditore di sottaceti

Un angolo de La Città, dove essere sereni

 

Poco fa mangiavo una buona insalata, e mi struggevo di pensieri. Istanbul sfiatava lieve fuori dalla finestra aperta di questa improvvisa primavera. Un nave sul Bosforo, qui di fronte, lanciava il suo stanco lamento di sirena. D’un tratto ho pensato che dovevo assaporarla quell’insalata. Dovevo sentirla tra la lingua e il palato, nei lati della bocca, godere della sua freschezza mentre la deglutivo, la facevo scorrere sul palato molle, la inghiottivo mentre nella bocca finivano il loro affresco il peperoncino, il taramà, l’olio, la soia, l’aceto dei cetrioli aromatizzati. Ho chiuso gli occhi, ho cercato di rendere onore a quello che stavo facendo, senza bistrattarlo, senza tradirne il senso, distrattamente, pur nella mia nuova e forte consapevolezza.

Lavoro al computer da stamani, poi sono uscito per un’intervista fino all’Istituto Italiano. Ho scritto molto, tre resoconti, un documento concettuale sul Modello del Mediterraneo a cui sto lavorando. Ho cercato di tenermi impegnato tutto il giorno. Tra poco cucinerò la cena. Di oggi, tuttavia, ricorderò quel boccone di insalata. Un boccone sapido, sentito, che non mi si è infilato nel corpo di soppiatto, l’ho colto, non l’ho perduto. E in quel momento, per un istante, sono stato totalmente sereno.

(non bisognerebbe mai aggiungere qualcosa dopo aver scritto un post. Ma sto sentendo questa canzone… Bellissima: https://www.youtube.com/watch?v=ktClVtDxBOw)

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Il Nuovo Mondo

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“Non voglio cambiare le regole del gioco, io voglio cambiare il gioco!” Andrè Breton

 

Ragionando di progetti con R., in questi giorni, mi sono accorto che ormai sono lontanissimo da questa realtà, e sto seguendo logiche ormai irrimediabilmente diverse da quelle del pensiero comune.

Sono fermamente convinto che la rivoluzione morale in atto, che nessuno nota ancora, sia enorme. E’ notevolmente superiore a quella della tecnologia, che pure pare epocale. Mentre tutti parlano di robotica, droni, app, domotica che ci cambieranno la realtà, mi accorgo di divergere sempre più dai fondamentali che regolano la nostra vita. Siamo già entrati nel Nuovo Mondo, del resto….

Nel Nuovo Mondo saranno cooperazione, fiducia, generosità, gratuità a generare valore. E’ collegata a queste condizioni morali la “ripresa”, non al PIL, e la crescita sarebbe forte, chiara, immediata, violenta, se solo qualcuno l’avesse capito e lo stesse facendo. 

E’ finita l’epoca delle cose fatte senza ispirazione collettiva; è finito il tempo dei millesimi in cui suddividere proprietà e partecipazioni; è finito il mondo in cui se io faccio di più in un progetto comune devo anche avere di più; è finita la scala di valori economica, a vantaggio di quella delle idee, del sogno e del progetto in grado di coinvolgere; è finito chi fa la corsa per se stesso, facendosi il suo piano ottuso, agendo come singolo pro domo sua, prigioniero dei suoi ragionamenti da piccolo uomo; è finito ciò che non genera benessere autentico, olistico, emozione, ispirazione; è finito il mondo della produzione e del consumo così com’è oggi, a vantaggio del lavoro per autoprodurre ciò che davvero serve al minimo del costo possibile; nel prossimo futuro genererà più economia chi ha visione di chi ha denaro. Produrrà più benessere chi è in grado di lanciarsi su territori aggregativi senza garanzie di chi cercherà la quadra legale ed economica prima di fare un passo. La fiducia nella potenza dell’ispirazione eliminerà contratti, clausole, penali, dunque avvocati, fiscalisti, consulenti finanziari, collegi dei “probi” viri, rappresentanza sindacale delle minoranze, trust, esclusive, proprietà intellettuali. Ci aiuterà più un filosofo, di questi professionisti.

Naturalmente il passaggio sarà “corsaro”, non certo regolare. La linea di abbordo tra la barca della post-modernità e quella del Nuovo Ordine Sociale sarà spezzata, non lineare. Dovremo accettare compromessi con le nostre convinzioni, e ci sarà guerriglia dei comportamenti e delle scelte. Qualcuno salirà sull’arca, qualcuno scommetterà che non piova troppo. Ma il mutamento della relazione tra uomo e società può essere compreso prima o subito dopo. pensiamo al patto sociale, alla famiglia, al mutuo soccorso, alla disposizione verso relazione e solitudine, come anche al tema dei costi della vita, della bellezza dei luoghi. E’ normale, è sempre così. Non bisognerà avere paura, o meglio, fronteggiarla con coraggio e saldezza d’animo. L’antico adagio: per amore o per forza.

Il Nuovo Mondo non avrà solo nuove regole, avrà nuovi giochi, e chi è in grado di vedere già oggi tra le nebbie del futuro prossimo venturo ha delle responsabilità enormi: parlarne, coinvolgere, progettare, realizzare, tentare. Siamo qui per pochi istanti ancora, cosa possiamo perderci?

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Deserto e clamori

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Sotto, la mia piccola iniziativa con gli amici di Mediterranea

 

Giorni in cui tutto si manifesta per quello che davvero è. Giorni dunque confusi e solitari, talmente tanto da farmi sembrare il mondo un deserto in cui riecheggi soltanto il silenzio che prima era stato voce. Solo qualche bagarre mediatica, a cui devo, se non altro, il potere del diversivo.

Quando scrivi, la cosa più interessante sono i commenti, e tanto è più aperto il luogo tanto più vedi il Paese, la sua rabbia, la sua cieca visione. Come è accaduto ieri sul Fatto Quotidiano. Riporto anche qui il pezzo (lo ammetto, dolente e urlato…) anche se queste pagine per me, ma forse anche per voi, sono luogo di riflessioni più intime, ecoscandaglio minimo del mio, e forse nostro, percorso umano.

Qui sotto, riporto anche una piccola iniziativa collegata, che mi rappresenta. Alla faccia di chi si lamenta di quello che scrivo e mi apostrofa per ogni riga. Non sanno che già di solito sprecano pelle sui tasti del loro computer. In questi giorni amari, ancora di più.

 Dove siete benpensanti, che inorridite per la morte di nove intellettuali ma ve ne fregate di 330 uomini, donne, bambini che sono affogati l’altro ieri nel Mediterraneo? Eravate così arrabbiati quei giorni, facevate la voce grossa, pronunciavate parole taglienti, sembravate pronti a tutto, perfino a togliervi la cravatta, ora dove siete? Dove sono le vostre belle manifestazioni
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Aderisci a questa campagna, condividi e fai girare. “Io non sono europeo, io sono mediterraneo”

#iosonomediterraneo #jesuismediterranéen #iammediterranean

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Difetti di vista

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(4 immagini scattate ieri in una bella gita – 4 immagini macro, e micro, in cui perdersi)

Ieri sera Speciale Tg1 su Silicon Valley, impressionante. Un’elite del mondo va a una velocità supersonica. Il digital divide si fa fossato profondo, trincea, canyon invalicabile. Una piccola parte del mondo sta già di là, gli altri di qua. In questi giorni, intanto, mi scontro con la tecnologia. Mi accorgo di essere rimasto indietro, non posso più recuperare. Forse ho concluso oggi l’immane lavoro per imparare il nuovo telefono e il nuovo computer, trasferire tutte le mie informazioni, perché i vecchi strumenti se li è mangiati il mare. Ho impiegato tanto tempo, ho avuto bisogno di tanto aiuto, se non fosse stato per il mio amico A. sarei ancora nei guai. Le due cose (tg1 e miei problemi con la tecnologia) mi fanno molto riflettere. Non mi ero mai sentito tagliato fuori da qualcosa. A senso, non mi piace. Poi però, forse, bisogna accettarlo…

Da quando Seneca scriveva le Lettere a Lucilio, sono passati un bel paio di migliaia di anni. Le rivoluzioni tecnologiche hanno stravolto il mondo varie volte. Tutto sommato questa non è maggiore di altre. Eppure leggiamo Seneca come leggeremmo un contemporaneo. Che vuol dire? Queste immense novità, talmente grandi da lasciare indietro uno come me, che pure è attento, curioso, moderatamente intelligente e colto, pronto a cogliere le novità, riescono a “cambiare la vita”? Penso e ripenso alla “rivoluzione” che avviene nel romanzo che esce il 21 aprile, che sto correggendo in bozze. Anche quella rivoluzione, tra le pagine, sembra enorme, eppure l’uomo che fa? Come possiamo evolverci, svilupparci dal gravame che ci impedisce di librarci il più possibile nella vita?

Penso anche a quel che farò: ho due o tre idee, a cui sto lavorando: scelte di vita, cose da fare, intraprese mie e di altri. Che ruolo hanno nel mio destino? Come si associano alla temperie evolutiva in corso? Se il mondo esplode in una galassia di applicazioni che sconvolgeranno la realtà, e se io invece vado cercando angoli di pianeta, porzioni di anima dove fare esperimenti sociali, coabitazioni produttive, creatività ambientale e abitativa, basate sul gusto, la ricerca, la cultura… Sarò in linea col mondo? Sarò fuori dal mondo? Convergo con la linea progressiva della mia civiltà, oppure sono parallelo, o addirittura divergo inesorabilmente?

Occorre fare uno sforzo, mi pare: visione micro, sul singolo progetto, sulla sua analitica attuabilità, e visione macro, la fotografia grande, l’epoca, il pianeta. Tendiamo ad essere astigmatici e presbiti, e questo non ci agevola.

Mi tolgo gli occhiali, provo a guardarmi allo specchio da vicino, a lungo. Poi guardo la valle nel sole, il mare, le Apuane…. Le due immagini sono sfasate, i contorni non combaciano. Come gli occhi in un quadro di Picasso. Sono io, o è l’immagine?

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Molto spesso

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Kavala, qualche mese fa…

 

La campagna con le pecorelle sul declivio, l’albero in controluce, i colori tenui del tramonto, ingannano, perché da lì, dove sei, la puzza delle pecore, terribile, non la senti, l’umido che evoca quell’imbrunire, se hai una casa, non ti angoscia, l’albero isolato, se non sei depresso, non ti fa scoppiare a piangere, dunque quel panorama non esiste, solo il filtro deformante, del tutto immaginifico, orrifico, come vuoi tu, e la condizione umana la devi conoscere, altrimenti non vedrai mai né la pecorella né la puzza, così è la vita nei suoi giorni migliori, né puzza né pecora, né solitudine dell’albero né profilo evocativo sul tramonto, né un successo né una sconfitta, solo che ora sai, e trovarci dentro la poesia è un miracolo di forza evanescente, perché sai che accade in quell’equilibrio? nulla, l’atarassia, dunque quell’istante salva e condanna un uomo temporaneo, questo siamo, tra un precipizio e un’euforia, per questo hanno inventato lavoro, soldi, rumore, per distrarti, generare tante piccole euforie, che sono nulla e tu prendi per verità, e allora modera i tuoi toni enfatici, risparmia le parole, smettila di fingere, ma non ti fai un po’ pena? guardati, serve misura, perché non sei riuscito a cambiarti, non ci riuscirai mai, e non ti basta semplificare, sei un povero illuso, neanche caricarti, che fai pena, siamo molto meno, molto spesso, e va già molto bene, poteva anche piovere, ma tu avresti maledetto il clima, dunque è tutto inutile.

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