Molto spesso

med3 379

Kavala, qualche mese fa…

 

La campagna con le pecorelle sul declivio, l’albero in controluce, i colori tenui del tramonto, ingannano, perché da lì, dove sei, la puzza delle pecore, terribile, non la senti, l’umido che evoca quell’imbrunire, se hai una casa, non ti angoscia, l’albero isolato, se non sei depresso, non ti fa scoppiare a piangere, dunque quel panorama non esiste, solo il filtro deformante, del tutto immaginifico, orrifico, come vuoi tu, e la condizione umana la devi conoscere, altrimenti non vedrai mai né la pecorella né la puzza, così è la vita nei suoi giorni migliori, né puzza né pecora, né solitudine dell’albero né profilo evocativo sul tramonto, né un successo né una sconfitta, solo che ora sai, e trovarci dentro la poesia è un miracolo di forza evanescente, perché sai che accade in quell’equilibrio? nulla, l’atarassia, dunque quell’istante salva e condanna un uomo temporaneo, questo siamo, tra un precipizio e un’euforia, per questo hanno inventato lavoro, soldi, rumore, per distrarti, generare tante piccole euforie, che sono nulla e tu prendi per verità, e allora modera i tuoi toni enfatici, risparmia le parole, smettila di fingere, ma non ti fai un po’ pena? guardati, serve misura, perché non sei riuscito a cambiarti, non ci riuscirai mai, e non ti basta semplificare, sei un povero illuso, neanche caricarti, che fai pena, siamo molto meno, molto spesso, e va già molto bene, poteva anche piovere, ma tu avresti maledetto il clima, dunque è tutto inutile.

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19 pensieri su “Molto spesso

  1. nè puzza nè pecora i giorni migliori. Nella pecora sono i sogni, la puzza è inscindibile, l’inevitabile smarrimento del giorno dopo, quando si ripresentano le domande e allora non è cambiato nulla e non bastano una o 1000 pecore.
    L’atarassia dunque, comune ai giorni migliori,liberazione dell’anima,che non può essere tutti i giorni, ti annulleresti.
    I giorni migliori, che fatica guardarli in faccia, non accettano finzioni

  2. Ciao Simone, mi sono riletta il tuo passaggio di “Adesso basta” dove dici che l’anno sabbatico non è una soluzione perché quando ritorni nella vita reale paghi un prezzo, perdi il “grip”. Non condividevo quello che avevi scritto, invece adesso dopo essermi presa un anno sabbatico e cercando di rientrare nella vita reale mi rendo conto che hai perfettamente ragione! Probabilmente hai più esperienza della vita di me e hai colto subito questa cosa. Consigli? Pensi ancora questo dell’anno sabbatico? Grazie, ciao!

    • si gattolibero. Io credo che a pochi anni dalla nostra morte (poco importa se 10 o 30) non possiamo consentirci scelte intermedie. Cauti per cosa, per paura di cosa? Finirà tra breve, anche se non vogliamo ammetterlo. E ancora prima sarà “troppo tardi”.

  3. Ciao Simone,

    vorrei chiederti un’informazione “aziendale”, un consiglio tecnico che ha a che fare con il tuo passato.
    C’e’ modo di contattarti via mail da qualche parte?

    Grazie

  4. Queste parole mi fanno un effetto rassicurante: sono perfettamente al corrente del fatto che conteniamo moltitudini, come dice Whitman.

    E sono perfettamente consapevole delle magnifiche distrazioni che cerco. Il pensiero è la prima tra quelle, l’amore la seconda, la ricerca la terza. Delle altre taccio giacché non è conveniente parlarne più di tanto né in pubblico. Non perché siano imbarazzanti ma perché perderebbero la forza che hanno. Che poi è quella di non apparire come tali.

    E del resto si tratta di distrazioni comuni a tutti. Niente di speciale, quindi.

    Una distrazione distrae dall’altra e tutte contribuiscono a renderti quello che sei o a farti entrare dentro l’idea della realtà che vivi. Io ci ho basato la mia vita (su quella consapevolezza, non sulla distrazione in sé) e la cosa mi piace. Mi piace questa coscienza. Mi piace perfino l’inutilità da quando ho smesso di cercare il suo senso.

    Trovo che il presente abbia un immenso potere. L’ho scoperto da molto poco, qualche anno forse. Lungi da me, quindi, poter dire qualcosa di sensato su questo post. Quelle sensazioni, però, sono le mie. Solo che riuscire a prendere il loro ritmo, entrarci dentro e farci un giro di valzer senza troppo starci a pensare mi ha portato più soddisfazioni di quanto pensassi.

    Poi c’è la verità. Quando ti senti nudo così, con la voglia di sfidare e con la sensazione di aver scoperto i giochi. E’ uno spazio di autentiticità. Si può godere anche di quello.

    Credo che mi abbia salvato, in fin dei conti, riuscire ad accettare il Mistero. Consapevole, però, di esserne parte anch’io.

    Begli spunti, Simone.

  5. Se però in quel panorama ti ci sei infilato ieri e tornerai a infilartici domani, il fatto che tu oggi lo contempli da lontano è cosa buona e giusta, mi pare: la lontananza atarassica, per quanto sfalsata, è pur sempre una prospettiva (una delle tante) da cui osservare il mondo, la vita, se stessi.

  6. Come Bloved …avrei posto la stessa domanda e mi sarei aspettata la risposta che ho letto. In effetti l’effetto che sono piuttosto sicura che volessi dare, e’ quello di uno schiaffo in piena faccia senza nessuna carezza. Nessuna giustificazione nessun alibi. E infine nessuna pieta’. Uno sguardo duro freddo …caustico direi con un significato profondo, escatologico che parte da un singolo uomo ‘temporaneo’ e decadente. Che sei tu, e poi tutti noi. Un abbraccio terribile…da cui ci si libera domsndandosi appunto ‘ma allora a cosa serve il ‘sogno’? A cosa l’impegno il lavoro la disciplina, la lotta dolente e quotidiana del proprio angolo di ‘liberta”? E la Rifondazione Sociale con queste premesse come si sviluppa? Tappe verso il “nulla”?

  7. Simone, tu stai parlando a te stesso.
    Dunque sarebbe tutto inutile?
    Lavorare su se stessi, cambiare vita. Quando poi scopri che devi ripartire daccapo?

    • Beloved, premesso che per rispondere a quello che mi chiedi dovrei scriverti un libro.. non mi sto riferendo a me con quell’affermazione finale. Mi riferisco a chi quando piove se la prende col tempo, non con se stesso. Dunque a chi non ha capito, ed e’ troppo presuntuoso per capire. Ma, certo, quell’uomo siamo noi, molte volte. Grazie al cielo non sempre…

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