Non finché…

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Sabir Maydan – Cittadinanza Mediterranea – Tunisi 2015 – Sala 137

 

Ho ironizzato. Non potevo trattenermi. Quando vedo (fuori) lo spreco (idee, giovani, energie, bonghi…) ricordo una per una le mie scelte, le riconfermo, mi ricordo perché ho ragione.

Ma ora, seri per un istante. A Tunisi c’era tanto, c’erano cose importanti. Il primo raduno vero, migliaia di Cittadini Mediterranei che parlavano di comune cittadinanza. Mettevano le basi per ragionamenti e ascolto. Gente in gamba, gente che si impegna. Parlo dei relatori del Sabir Maydan, ad esempio. Non mi capita spesso di ascoltare tante persone, tutte giovani, così determinate, così preparate, così motivate. Non laggiù a disperdere talenti, ma qui a lavorare.

Abbiamo parlato di religioni, di diritti delle donne (forse una delle tre più grandi questioni del Mediterraneo), di dialogo, di superamento delle divisioni, di democrazia. Ne abbiamo parlato in sede anche teorica, ma molto applicata. Pareva che serpeggiasse concreta, quasi fisica, la voglia di coesistere, la testimonianza su come organizzarsi. Dovessimo un giorno avere una comune, vera, unita Cittadinanza Mediterranea, direi che il primo giorno che l’ho sentita sulla pelle è stato l’altro ieri a Tunisi, nella Sala 137 della Facoltà di Diritto. Non per strada, non negli slogan, ma nella sessione dove si lavorava.

Le persone che ho ascoltato, soprattutto donne a parte il coordinatore Gianluca Solera, un turco e io, erano manager di successo rubati al business inutile. Gente che avrebbe potuto essere a capo di una Business Unit, di un’impresa. Gente che ha studiato, che ha carattere, che ha idee, internazionale, che parla le lingue. Tutti o quasi sotto i trentacinque anni, ragazzi che potrebbero guadagnare 200 mila euro l’anno in qualunque compagnia. Dunque talenti non sprecati, non piegati al consumo e al denaro, impegnati a elaborare, scrivere, pensare, comunicare, lavorare per la pace, per l’unione del Mediterraneo. Dunque per me gente stimabile e credibile perché ha fatto scelte e gioiosamente le paga. Il resto, solo chiacchiere.

Ho ascoltato Fatima Abdelrahim Saeed Idris, ad esempio, rappresentante dell’associazione Tadamon Egyptian Multicultural Council, Mustafa Utku Güngör, rappresentante turco di Helsinki Citizens’ Assembly, Rasha Shaaban, giovane e carismatica egiziana esponente di WoMidan Project, Gianluca Solera, direttore del Dipartimento Italia-Europa-Cittadinanza globale COSPE, e tanti altri (continuate a seguire il WSF qui). Gente così fa tornare la voglia di fare. Fa capire quali risorse ci sono in questa nostra regione quando uno in gamba smette di chiacchierare, si alza e fa. La voglia di non vederli uniti, i mediterranei, è enorme. Ma credo che non prevarrà. C’è troppa qualità nel Mediterraneo. L’epoca della decadenza è già tragica. Non riuscirà a durare per sempre. Non finché persone come quelle che ho ascoltato fanno scelte così importanti e spargono energia e idee verso un altro, nuovo destino.

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5 pensieri su “Non finché…

  1. Questo blog sta diventando un dialogo a 2… 3, massimo 4 persone 😉
    Non mi spiego il perché… Nei post di Simone io ci scopro talmente tanti spunti che potrei andare avanti a scrivere e quindi a “conversare” per ore ma chissà…forse molti pensano che questo tempo sia speso male o forse non “trovare il tempo”, o chissà…non hanno nulla da dire…

    Religione, politica, socialità, ironia… (quanto ho riso con il precedente post!) e infine diritti delle donne, una delle tre più grandi questioni aperte del Mediterraneo, del VI Continente e forse di tutto il globo terracqueo.

    Qualche tempo fa una persona che stimo mi disse che “ero in gamba ….ma…”.
    Questo “ma” mi perseguita ogni secondo della mia giornata e forse anche quando dormo. Non conosco le lingue (poco inglese scolastico ma intere canzoni a memoria, e quel po’ di francese imparato aiutando mio figlio a studiare, sganasciandoci dalle risate mettendo la bocca a “culo di gallina”…).
    Non mi sento “internazionale” e, da poco, mi piacerebbe potermi classificare come “mediterranea”. Senza una laurea ho cominciato a lavorare e sono diventata Assistente del Mega Direttore Generale (il Presidente) di una società di consulenza e formazione aziendale ormai fallita. Ho vissuto con il senso di perenne inferiorità nei confronti dei tantissimi consulenti uomini (alcuni dei quali, ho scoperto poi, non essere neppure laureati) e di quelle poche donne consulenti. Con il tempo, quella poca sicurezza e stima in me è andata esaurendosi. E ho fatto scelte sbagliate, consapevoli, ma sbagliate. Ora so che quelle scelte sono dovute anche, in parte, a quella enorme sottovalutazione di me stessa, a quella paura di non essere “all’altezza”, ma soprattutto a quella sensazione forte e crudele di “non essere ascoltata” in quanto donna. Lo so che qualcuno nicchierà. Lo so che qualcuno si stringerà nelle spalle, butterà gli occhi al cielo pensando “eccone un’altra”. Ma ahimè le cose stanno esattamente così. Ed ora di finirla di far finta di niente. Sono circondata da donne senz’anima, fantasmi di loro stesse, che con il tempo si sono dimenticate di cosa erano, di cosa avrebbero potuto divenire. O meglio. Hanno ostinatamente seguito quegli orrendi stereotipi del matrimonio e del fare figli o comunque di vivere all’ombra di una luce di una stella più grande, di un sole, di un uomo, appunto. Lentamente hanno smarrito qualsiasi barlume di lucidità, di consapevolezza, correndo appresso a doveri imposti, ritmi terribili, dogmi a cui sottostare…e hanno fatto male, certo. Ma io che ho provato a “sparigliare”, io che ho provato a cambiare le regole del gioco, oggi, ancora oggi, mi sento zittire dal mio ex compagno o da mio padre con le stesse maledette frasi fatte, che inibiscono, arrossano il volto, e fanno venire le lacrime agli occhi: “sei isterica, datti una calmata, straparli, sei pazza, il mondo non lo puoi cambiare…” e dal mio datore di lavoro narciso e sessista, nel momento in cui mi permetto di interromperlo…”stai zitta”… Come il titolo di quel bellissimo libro di Michela Marzano “Sii bella, stai zitta”, uno dei tanti che ho letto nella disperata ricerca di una “normalità” che non fosse omologazione, di risposte alle mie eterne domande…e poi ancora domande…Con il tempo ho compreso che in molti casi il maschilismo è talmente radicato e talmente ben occultato che nemmeno ci si rende conto dei danni ingenti che semina nel suo percorso.

    Per dire che…Mi auguro davvero che le donne siano messe in grado di contribuire a un cambiamento davvero radicale. Spero davvero che qualcuno si accorga dell’enorme perdita di valore umano, intelligenza, sensibilità, coraggio, forza, capacità organizzative e di “problem solving”, dell’enorme lavoro silente che ogni giorno, con estrema fatica e in assoluta solitudine, portano avanti, lavorando con fiducia su se stesse e sugli altri, sui loro figli… con un sorriso, il trucco sbavato e i loro tacchi 12 per apparire giusto un po’ più sexy…

    • Forza, Barbara, non stare a piangerti addosso! Non serve essere un uomo o avere una laurea per vivere come si vuole. Non metterti limiti, non ci sono limiti…puoi fare quello che vuoi.
      Noi donne siamo gente in gamba!

      • Cara Mary, ti ringrazio. Ma vedi è proprio quella forza che mi permette di andare avanti da sola accettando i soli compromessi in funzione anche del fatto, non irrilevante, di avere un figlio. Se il tuo datore di lavoro ti dicesse,per esempio, “attenta a quello che dici, pensa a tuo figlio!”, tu che cosa penseresti? Che lo fa per il “tuo bene”? Ma vedi il problema è anche un altro. Io sono attorniata da donne che, come me, di fronte a una frase del genere, o a un comportamento indubbiamente sessista, chinano il capo, dicono di “sì” e diventano fantasmi di loro stesse e appena possono si lamentano ma non riescono mai a essere solidali con le altre, non rischiano mai nulla pur di continuare a perpetrare quel “modello” di donna, la “vestale”, o se preferisci, la “velina” o anche “l’Olgettina”…In vece questi comportamenti vanno sottolineati, perché sbagliati e illegittimi. Questi atteggiamenti tolgono dignità alle persone. E ripeto, sarebbe ora (forse è anche un po’ tardi) non solo di dire apertamente quello che si pensa (nella maniera certo più rispettosa possibile), ma addirittura di perorare la causa di qualcun’altra. Io questa solidarietà tra donne non la vedo, purtroppo. E non ho nessuna intenzione di sacrificarmi sull’altare di un qualche vezzo o, peggio, dogma di stampo cattolico. In quanto donna e, soprattutto, in quanto madre, ho rilevato atteggiamenti maschilisti, sessisti e, se va bene, pregni di quel paternalismo odioso e sfrontato permeato da arroganza e sicurezza, non sempre supportate, tra l’altro, da una preparazione culturale “adeguata”. Dietro a tutti questi atteggiamenti si nasconde una enorme fragilità, naturalmente. Una paura atavica di venire smascherati e di scoprire di essere purtroppo e banalmente…“quello che si è”, con tutte le fragilità del caso. In questo hanno agito in maniera devastante quegli stereotipi orrendi del machismo per esempio, che dettano ancora legge, mostrando uomini alla fine impauriti e privi di identità. Dicono che siamo composti da una parte femminile e da una parte maschile. Entrambe andrebbero ascoltate, incoraggiate, sviluppate. Gli stereotipi ammazzano queste potenzialità. La mia “parte maschile” è stata zittita, brutalmente. Quella parte violenta, arrogante, cinica, molto razionale…un po’ superficiale…matematica….è stata fatta tacere. In quanto donna sono stata educata a non lamentarmi, a chinare la testa, a tenere ben chiuse le gambe, a non alzare la voce… Come a un bambino non si permette di giocare con le bambole, di lavare i piatti o chissà di stirare e, soprattutto, di piangere, vivaddio, davanti agli altri… Questo tipo di “sviluppo”, a mio parere, è malsano, antisociale, nevrotizzante e soprattutto parziale. Ripartire da un nuovo modello educativo potrebbe essere un primo importante, fondamentale passo per fare in modo che l’essere umano tragga beneficio di entrambi i generi, ottimizzando le peculiarità di ciascuno di noi … Ciao!

  2. Ciao Simone, grazie per questo stimolo alla riflessione e anche per l’informazione. Io non sapevo che esistessero questo genere di iniziative a un livello così alto. Cosa pensi che si possa iniziare a fare dentro il contesto in cui ci si trova, per contribuire a questo movimento? Io mi sento da sempre assolutamente mediterranea. E’ la mia identità e la condivido volentieri con chi egualmente si sente mediterraneo. C’è letteralmente “da fare un mondo” quello che esisteva un tempo e adesso è coperto e attende di essere riconosciuto e riconsiderato.

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