Cap(it)a…

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Istanbul – Il grande Ara Guler durante l’intervista, pochi giorni fa.

 

Capita che mentre insegui gli orizzonti mediterranei, fai anche uno scoop. Per questo riporto anche qui (oltre che su www.progettomediterranea.com) l’intervista al grande Ara Guler. Buona lettura.

Entrare all’AraKafé, nella traversa quasi invisibile di Istiklal Caddesi, mi ha fatto lo stesso effetto che mi fece entrare nella taverna U Kalicha, a Praga, dove Bohumil Hrabal si rintanava a scrivere e dove sui muri si possono ancora leggere le sue frasi e quelle dei suoi ammiratori, oppure entrare al Floridita, nella vecchia Avana, dove Hemingwaysi rifugiava a bere i suoi proverbiali daiquiri, pontificando e discutendo con amici e avventori.

Oggi il suo posto è recintato da un cordone di velluto bordeaux, nessuno si può sedere all’angolo del bancone, sul lato corto, dove si sedeva e faceva tardi il grande Ernest. Ma di luoghi simili me ne sono venuti in mente molti altri, entrando. Da Santo Stefano Belbo al caffè A Brasileira, solo per citare Pavese e Pessoa.

L’AraKafé è tappezzato da gigantografie degli scatti di quello che è, quasi certamente, il più grande fotografo vivente della generazione di Cartier-Bresson e di Robert Capa. Un monumento, un “mostro” si sarebbe detto negli anni Settanta. Certamente il più grande della squadra della Magnum ancora in vita, nato come attore e cineasta, poi fotografo per vocazione irresistibile, primo corrispondente a collaborare dalla Turchia con TimeLife, all’epoca una rivista da palcoscenico mondiale. Seguono Paris Match, Stern e il The Sunday Times. E’ proprio Cartier-Bresson a portarlo alla Magnum, là dove i grandissimi soltanto accedono.

Ara Guler adesso ha 93 anni, è un vecchino barbuto, un po’ curvo, malato – “sono appena tornato dall’ospedale, mi scusi, devo mangiare una zuppa per riprendermi” – e incute un rispetto quasi venerando con i suoi occhi umidi, dolcissimi, ma capaci di guizzi che fanno sussultare.

Gli chiedo come fotograferebbe Istanbul oggi. “Grandi cambiamenti, grandissimi… Il business cambia tutto. Ma c’è qualcosa che rimane…”. Sospende le parole, un po’ per lo sfinimento dell’età, un po’ per un’incapacità a definire del tutto ciò che vede guardando nell’aria del suo locale. Come nelle sue fotografie, spesso sfocate, sempre controluce, sempre indefinite, e per questo terribilmente evocative. Cosa rimane? “L’uomo… Ogni cosa ha come centro l’uomo. E ogni cosa resta…”. Devo confessare che sono emozionato, non mi vengono le domande.

Gli chiedo se abbia visto il mediterraneo, fotografando Istanbul. “Questa è una città del Mediterraneo. Certo che l’ho visto. Guardi qui…” e mi mostra le sue foto di almeno cinquant’anni fa, il Bosforo, scatti in bianco e nero, al tramonto, di notte, sul Corno d’Oro che lasciano addosso l’intero senso di un’epoca. Non è un caso che tutti lo chiamino “L’occhio di Istanbul”.

“Io non sono un fotografo giornalistico. Ho fatto anche quel lavoro, ma io sono un fotografo dell’umanità. Queste mie foto, tutti dicono che sono un documento di Istanbul, di un’epoca… ma sono un documento dell’umanità”.

Ara Guler ha pubblicato 56 libri fotografici, ripubblicati e tradotti in tutto il mondo, e ha schedari di scatti che vengono conservati in sei appartamenti, cioè i sei piani del palazzo alla cui base ci troviamo adesso. Gli chiedo del suo rapporto con i grandi. “Nessuno è grande!” sembra quasi infastidito. Gli dico che lui è un grande della fotografia, ad esempio. “Forse, può essere… ma non conta. Capa era uno che non faceva abbastanza. Non era completo. Aveva sempre un mucchio di donne con lui, un viavai. La famosa foto del miliziano che cade colpito alla testa, ad esempio, non l’ha fatta lui, ma una ragazza che era lì con lui. Di lui non si sa mai quali foto abbia scattato e quali gli siano state attribuite ma non sono sue. Cartier Bresson invece faceva tutto lui, è tutta roba sua, e lui è stato un grande, certo…”. Incredibile, la foto per cui Robert Capa è famoso non sarebbe la sua… “. La Magnum non esiste più. Solo gente mediocre. Non fanno più fotografie vere, artistiche. Solo pubblicità, per vendere. Tutti, a questo mondo, corrono dietro alla pubblicità”.

Mi racconta che è stato a lungo in Italia, Francia, Germania, Inghilterra, dovunque “fin nelle più remote isole del Pacifico. Ho girato tutto il mondo”.

Torno a chiedergli cosa vede dall’obiettivo immaginario (non credo faccia più foto ora, ndr), cosa guarderebbe. “Tutto cambia. Ma tutto resta. Tutto sembra diverso per sempre. Quella foto del ponte di Galata, ad esempio. Quella foto è soprattutto il suo angolo di visuale. La potenza viene da lì. Cosa ho fotografato lì?” I suoi occhi si perdono nella gigantografia alle mie spalle, la più bella esposta qui. Gli chiedo di Gezi, di Piazza Taksim, lui mi dice costernato che è accaduto qualcosa di brutto, ma non va oltre. “Ho fatto quattro guerre mondiali io, e sono ancora vivo. La vita è insufficiente, devi immaginare per fare fotografie. La fotografia è un fatto di composizione. Il fotografo è un compositore. E la composizione è una parte del cervello”. Sta andando un po’ a ruota libera ma è bellissimo seguirlo, senza fare domande nelle sue lunghe pause.

“Guardi questa foto. Questo è Mediterraneo! Questa gente però, non il mare o la costa! Guardi questi ritratti di lavoratori stanchi a fine giornata. Eravamo negli anni ’50 qui. Non avevano una casa dove andare a riposarsi. Entravano in un caffè e si addormentavano, sfiniti. Era quel caffè la loro casa. Eccolo il suo Mediterraneo! Eccolo il fatto umano che ho tentato di registrare. La fotografia, la mia opera intera è una registrazione del fatto umano. E la gente, mi creda, non cambia mai. E’ sempre la stessa. Ora spero che abbiamo finito. Sono così stanco…”

Ecco la foto “di Capa” di cui parla Guler:

Miliziano

 

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19 pensieri su “Cap(it)a…

  1. Premesso che sono a digiuno di fotografia e di fotografi(fino a ieri non sapevo neanche chi fossero Capa e Guler, per cui ringrazio Perotti per aver instillato in me quel minimo di curiosità), letta dall’esterno questa polemica, appunto da perfetta ignorante, mi è sembrata più che altro un infantile rifiuto a voler mettere in discussione i propri miti. A mio avviso non ci sono miti in giro ma solo grandi fotografi come Capa e Guler (mi sono documentata).

  2. Molto interessante questo dibattito sull’attendibilità di una fonte anche primaria, come nel nostro caso. Premesso che della querelle relativa alla foto in questione sono completamente all’oscuro per cui la mia non sarà una presa di posizione a favore o contro, ho alcune considerazioni da fare.
    In primo luogo, nel valutare l’autenticità di una fonte non possono rientrare considerazioni personali, nella fattispecie (cito a caso): ha 93 anni, è un mostro sacro del settore, non ha bisogno di pubblicità, era amico di Capa ecc. Sarà pur vero, ma pertiene all’ambito delle interpretazioni soggettive, è una nostra elaborazione critica e, sebbene qualunque storico sia cosciente della difficoltà di cogliere la realtà esterna a noi se non attraverso di noi, cioè filtrata dalle nostre sensazioni ed interpretazioni, la fonte va epurata il più possibile da elaborazioni individuali.
    Arriviamo al nodo della questione: una fonte primaria è automaticamente attendibile? Banalmente si potrebbe citare la divergenza a volte diametrale tra le testimonianze anche dirette di un incidente stradale o di un fatto giudiziario, ma trattandosi di una foto che ha fatto la storia, vorrei citare le parole di Federico Chabod che con le sue “Lezioni di metodo storico” è una pietra miliare nello studio sulle fonti: “L’aver risolto la questione circa la primarietà o meno di una fonte, non conclude tuttavia la ricerca circa il valore di quella fonte: anzi, pur se si tratti di una fonte primaria , insorgono successivamente altri problemi […] e cioè:
    1) fino a che punto poteva il cronista A o B essere informato e conoscere i fatti di cui parla? ( qui si fa riferimento a fonti narrative, ma possiamo adattarla al nostro caso: l’affermazione di Ara Guler deriva da una visione diretta dell’evento o è un fatto riportato, una confidenza, una voce di corridoio?)
    2) quali erano le sue tendenze, quali le sue aspirazioni, l’animus in una parola, con cui si accingeva a scrivere la storia? La visione che egli ha delle cose è tendenziosa o no? “
    Insomma, credo che prima di distruggere la carriera di un rinomato fotografo sulla base dell’affermazione di un collega pur di pari statura, qualche considerazione in più vada fatta e si debba affidare quest’intervista assieme alle fonti che affermano il contrario al vaglio critico degli studiosi che, se ho ben compreso, hanno già dibattuto a lungo sulla questione.
    Apprezzo molto, comunque, aldilà del lancio giornalistico un po’ sensazionalistico, che Simone abbia precisato di essersi limitato a riferire una testimonianza della cui veridicità risponde colui che l’ha pronunciata…a noi rimangono le emozioni che quella foto ha suscitato, vera o falsa che sia…

    • In ogni caso si tratta della voce di un protagonista, non un gossip qualunque. Se Breton avesse detto qualcosa di Picasso aveva valore? Se Amato dicesse qualcosa di Craxi? Se Bartali di Coppi? Se la simeoni di Mennea? Se Tardelli di Scirea? Se Fruttero di Lucentini? Impossibile non riportare questa affermazione, sarebbe stato occultare un fatto riferito da uno dei protagonisti. Poi, il valore che ha questa affermazione ognuno puo valutralo. Chi vuole puo studiare, chiedere, verificare.

      Quanto ad averne fatto lancio o scandalo etc, io ho solo ascoltato e scritto, come faccio sempre. L’eco avuta non dipende da me, ma dal rilievo della notizia. Se scrivo che mi prude il naso non finisce su tutti i media, ma se scrivo una cosa del genere si’. Lo dico perche ho avuto molti commenti, come avete visto in giro, che suonano un po’ come una reprimenda di averne voluto fare un caso io. Io ho solo ascoltato e scritto.. se una cosa fa eco e’ solo perche costituisce essa stessa una notizia rilevante. A meno, come dicevo, da non volerla occultare, ma non capirei perche farlo.

      • Certo che questa testimonianza ha gran valore, certo che non potevi tacerla, ma con le doverose precisazioni che comunque tu hai fatto, con la consapevolezza che, pur autorevole, non è una parola definitiva sulla questione, ma un tassello in più che si offre al dibattito competente…si potrebbe deprecare il modo in cui l’Ansa ha proposto la notizia, ma la stampa fa il suo lavoro e non è colpa tua…nessuna accusa nei tuoi confronti almeno da parte mia, un abbraccio

        • sai Antonella, l’ansa fa informazione, e rilancia notizie. Che uno come Guler, con la carriera e la credibilità che ha alle spalle, dica una cosa come quella E’ una notizia, a tutti gli effetti. E loro non hanno aggiunto un aggettivo, hanno riportato le parole che ha detto Guler. Cosa che ho fatto anche io. Io questa amplificazione della notizia non la vedo. Una notizia, a cui il “cronista” non aggiunge nulla e che l’Ansa rilancia senza aggiungere nulla, è quello che è. Se non è rilevante nessuno la riprende. Cosa che capita al 99% delle notizie. Se invece lo è, come in questo caso, la riprendono tutti. Che è quel che è capitato. Un abbraccio a te.

  3. Che bel racconto e che bello quando i vecchi raccontano, lo fanno in un modo così dolce, pacificato che ti inchioda (e loro lo sanno, furbetti!) e ti pare di essere lì con loro, durante quei fatti lontani. Le emozioni prima di tutto, i dettagli vengono dopo.

  4. succede molto spesso che un grande si prenda i meriti del lavoro fatto da un assistente, non penso che guler a 93 anni voglia infangare la memoria di un amico e collega.

    • Dietro a un grande fotografo c’è sempre un assistente che fa un enorme lavoro ( post produzione). Non voglio pensare che Guler abbia voluto infangare il grande Capa ma le cose si dovrebbero dire quando c’è la persona che può controbattere e difendersi….ora è la sua parola contro quella di nessuno. In ogni modo per me Capa rimarrà sempre un mito anche per l’idea che avuto insieme ad altri fotografi di fondare la coop.Magnum , una innovazione per l’epoca perchè per la prima volta le foto vendute alla rivista rimanevano di proprietà della Magnum difendendo il diritto d’autore.

  5. Di fotografia ne so poco. Conosco solo “Tina Modotti” perché ho letto una sua biografia. Mi interessava molto di più conoscere la sua vita, oltre che la sua arte. Se posso dire, mi sembra una polemica un po’ sterile. Soprattutto quella dello “scoop”. A mio parere il buon Ara Guler non avrebbe mai pensato di scatenare tanto baillamme. Penso si sia reso conto di quello che diceva ma nella sua “semplicità” non penso abbia minimamente pensato di “fare crollare un mito”. E lo dico perché invece a me ha colpito la risposta a proposito del rapporto con i grandi: “Nessuno è grande!”, dice, sembrando alquanto infastidito…Secondo me sta qui la risposta. Per questa persona, dignitosa, semplice, umile ma lucida e “presente a se stessa”, compatibilmente alla sua età, il concetto di “grandezza” non esiste. E forse nemmeno quello di “scoop”. perché dubito fortemente che lo abbia fatto per rancore o invidia… Ha detto che quella foto non l’ha fatta lui, ma anche che, secondo lui, non era un artista completo… Ha quindi espresso un suo giudizio in merito a un’ “arte” di cui è degnissimo rappresentante. Io lo scoop l’ho percepito nel fatto che non ci sono molte donne famose anche in questo campo. Forse ne abbiamo persa una …
    « Ogni volta che si usano le parole “arte” o “artista” in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini. Mi considero una fotografa, e niente altro. »
    (Tina Modotti)

  6. Ciao Simone, sulla foto in questione di Capa sono stati scritti un sacco di articoli: chi sostiene che è stata la sua assistente e compagna dell’epoca Gerda Taro a scattare la foto, chi sostiene che il soldato morto in realtà morto non è ma è una messainscena . A me poco importa tutto questo , per me è importante l’emozione che trasmette quello scatto. Lo scrittore John Steinbeck lo ricorda con queste parole che io condivido “Non so nulla di fotografia. Quello che posso dire sul lavoro di Capa è strettamente legato al punto di vista di un profano, e gli specialisti dovranno sopportarmi. Mi sembra che Capa abbia provato oltre ogni dubbio che la macchina fotografica non deve essere un freddo mezzo meccanico. Come la penna, sarà buona quanto l’uomo che la usa. Può essere l’estensione della mente e del cuore.

    Le fotografie di Capa erano prodotte nella sua testa, la macchina fotografica le completava soltanto. Non si può sbagliare con il suo lavoro più di quanto non potreste con la tela di un grande pittore. Capa sapeva cosa cercare e cosa farci quando l’aveva trovato. Ad esempio, sapeva che non puoi fotografare la guerra perché è perlopiù un’emozione. Ma lui fotografava quell’emozione scattando al suo fianco. Poteva mostrare l’orrore di un intero popolo nel viso di un bambino. La sua macchina fotografica catturava e tratteneva l’emozione.”
    Bella intervista ma sostenere che la Magnum è composta da fotografi mediocri mi sembra una bella fesseria …..con fotografi dal calibro di Paolo Pellegrin, Ferdinando Scianna , Alex Majoli .

    • Cara Laura, io ne so meno di te di fotografia. Mi sono limitato a essere in quel posto con quel grande maestro e raccoglierne la testimonianza. Tra l’altro non gli ho fatto alcuna domanda su quella foto. E’ lui che mi ha risposto e poi ha agginto quelle informazioni. Io mi sono solo limitato a riportarle.

  7. Bisognerebbe non scrivere stupidaggini e baggianate prima di parlare di scoop. Su quella fotografia esistono centinaia di articoli ed anche libri che hanno definitivamente chiuso questi discorsi inutili: la foto è di Robert Capa. Speriamo solo che Guler non sia invidioso o forse l’età…

    • Beh, io ho raccolto la testimonianza di un testimone autorevole dell’epoca, Andrea. L’ho ascoltata e riportata. Dunque quel che ho scritto corrisponde a quella testimonianza ed è ineccepibilmente vero. Poi, se tu hai fonti o riscontri altrettanto diretti e non riportati da altri che confutano quanto afferma Ara Guler, scrivi all’Ansa e fai tu un altro scoop.

      • Non mi interessano gli scoop, però sono interessato alla ricerca delle fonti e delle cose possibilmente vere. Su quella foto esiste una bibliografia sterminata, basta cercare sui motori di ricerca, ed è stata accusata di tutto: di essere falsa, di essere stata scattata in un luogo finto, adesso che non è di Capa. Tutte cose vecchie e per gli studiosi di fotografia già archiviate da tempo, altro che scoop direi bufala!. Dico solo che anche se si hanno testimonianze dirette non bisognerebbe amplificare dei falsi o delle invidie. E’ vero che internet è (anche) il mondo delle stupidaggini ma mettiamolo un limite!

        • Appunto Andrea. Ara Guler è una fonte diretta. Amico personale di Capa, grande maestro della fotografia, membro della magnum, coevo di Robert. Più fonte di così. “Adesso che non è di capa” e quel che dici dopo “cose vecchie” sono un po’ in contrasto. “Adesso” non può essere “vecchio”. Se cerchi su Google con tutte le possibili chiavi di lettura ti accorgi che almeno nei primi venti risultati offerti non c’è traccia di questo dubbio di paternità. Nel libro di José Manuel Susperregui, “Sombras de la fotografia” (Ombre della fotografia), vi è un unico riferimento alla differenza della pellicola e dunque della macchina fotografica utilizzata per la foto e da Capa, e l’autore si limita a far notare che quella macchina era utilizzata dalla sua compagna. La polemica c’è, è enorme, ma riguarda tutt’altro.
          Quanto allo scoop, direi che di questo si tratta. Se vuoi verifica qui quale sia la definizione di scoop (che per un ventennio nel mondo dell’informazione direi che posso garantire): http://it.wikipedia.org/wiki/Scoop_%28giornalismo%29. Scoop (o come preferisci definirlo) è proprio questo: riferire per primi qualcosa che rivela o cambia la conoscenza di un fatto. La testimonianza di Ara Guler è particolarmente interessante e clamorosa (tu che ti interessi di fonti, direi che dovresti apprezzarla) perché Ara Guler non è un 93enne che vuole prendersi qualche rivincita, ma un autentico mostro sacro della fotografia, famoso in tutto il mondo, un vero maestro, che dubito vada in cerca, a 93 anni, di qualche pubblicità di cui, ti assicuro, non ha bisogno. Oltretutto era un coevo e famoso fotografo della stessa casa (la Magnum), conosceva molto bene Capa, personalmente, e fu niente meno che Cartier-Bresson a lanciarlo, dunque che lui dica qualcosa del genere ha valore di testimonianza vera, di fonte appunto, che sarà lui a dover spiegare, certo, ma che non credo possa essere considerata un gossip o essere archiviato come bufala. Se affermi questo dovresti avere delle fonti o delle prove per dirlo. ce le hai?
          Inoltre, e infine, non ho affatto amplificato la notizia. Come si fa normalmente e come faccio per qualunque cosa che raccolgo, la scrivo e la do all’Ansa (che è MediaPartner di Mediterranea, dunque neanche posso esimermi). Nulla di più.

          • Caro Simone giustamente sarà Ara Guler a dover rispondere di questa ennesima offesa ad un fotografo serio (che infatti è morto mentre faceva il suo lavoro). Cordialmente Andrea.

          • Sarebbe tuttavia interessante sapere come fai ad essere certo chi ha ragione e chi no, senza alcuna prova, senza conoscere le persone… come fai a rifiutare il dubbio, come mai pensi che sia un’offesa certamente? Solo mie curiosità.. Io sono sempre divorato dal dubbio su cio che non conosco. Dai qualunque cosa per sapere.. Altra cosa é avere opinioni. ‘Penso che..’ ma essere certi dove sta la ragione e dove il torto, sicuramente…

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