Alter ego

Dalla “Nota dell’autore” in calce a “Un Uomo Temporaneo” (Frassinelli):

Ho convissuto con Gregorio per anni. Ho fatto il tifo per lui, ho temuto per lui. Non so quante volte sarei voluto essere lui. E non so quante volte ho immaginato un capitolo ancora di questa storia, dopo quella frase finale: “Nessuno li…”. Come nei film, quando finiscono e tu vorresti sapere come è andata dopo

Ho spesso tentato di immaginare il suo volto, la sua corporatura, le sue mani, la sua andatura, i capelli, il colore degli occhi e la forma del suo sorriso. (…) Tanto il suo viso, quanto molte delle sue plausibili gesta, dovevano restare a disposizione del lettore, libero di vedersi in lui o di vederci un uomo a cui sarebbe voluto somigliare. L’ho fatto anche per me, per non dover combattere troppo con le certezze, per lasciarmi libero le mani quando avevo voglia di gesticolare con la fantasia. (…)

Gregorio è il mio fratello immaginario, il mio alter ego. E solo perché non ho saputo essere come lui. Ci ho provato, quando lavoravo. Timidi tentativi, qualche piccolo successo, tante sconfitte. Forse, sulle prime, sarebbe stato sufficiente avere un incoraggiamento dalla fortuna e tutto sarebbe potuto cambiare. Chissà. Poi, visto che non cero capace, ho lasciato e sono andato via. (…)

Quando riesco a non pensare a Gregorio in questi termini, così personali, ragiono invece sul suo significato politico. Mi affascina la sua totale mancanza d’ideologia, e il fatto che di lui ci si possa chiedere se è un imbecille o un genio senza che la domanda stupisca nessuno. Non ho mai amato le persone di cui è chiaro, fin dal primo sguardo, se siano qualcosa o il suo opposto. Il dubbio è più affascinante della certezza perché ci riguarda, è una domanda rivolta a chi la pronuncia, dunque rivela di me qualcosa di nuovo prima ancora che investigare di altri qualcosa di ignoto. (…)

Nel frattempo continuo a immaginare Gregorio per le vie del mondo, nel tempo che segue il romanzo. A quest’ora quanti anni avrà? Come si sarà guadagnato da vivere? E Vincenzo? E Betta? Ecco, vedete, non so resistere. Riparto subito con la mente e col cuore. Non vedo l’ora che la finiate di leggermi, mi posiate sul comodino e mi lasciate da solo con questa storia. Io e Gregorio abbiamo ancora un mucchio di cose da dirci.

Febbraio 2015 – Istanbul, a bordo di Mediterranea

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17 pensieri su “Alter ego

  1. bellissimo il commento /analisi di Mario al libro di Simone, ci aiuta ancora di più ad una riflessione interiore ,sull’argomento.
    grazie Mario
    Raffaella

  2. splendido commento/lettura di “Un Uomo Temporaneo” di Mario vaccarone, che l’ha pubblicata su facebook. Necessariamente, va inserita anche qui. Grazie Mario, complimenti a te.

    “Un Uomo Temporaneo” di -Gregorio Perotti- (fratello siamese di Simone, l’uomo che tutti noi vorrebbero almeno incrociare).
    Presuntuosa “critica letteraria” di Mario Vaccarone.
    Ciao Simone,
    Ho letto il tuo libro il giorno stesso che l’ho acquistato con la voglia, la curiosità, di sapere come poteva evolversi il pensiero di un amico.
    Nulla che non mi aspettassi… tutta una sorpresa!
    Mi sono addormentato con un mare di cose da dirti, e mi sono risvegliato allo stesso modo.
    Dicono succeda solo agli innamorati. Per me, amante delle parole scritte e delle idee che racconta chi le scrive, non è così inusuale ma non capita, peraltro, con tutti i libri.
    Quello che leggo e quello che mi par di capire tu voglia dirci è “sarebbe potuto andare così, avrebbe dovuto andare così, dovrebbe andare così”, ma leggo dell’altro e te lo spiegherò alla fine.
    All’inizio sembrano esserci due fronti, noi ed il sistema. Un sistema che vuole le persone dentro ben precisi limiti quasi dentro una gabbia.
    E’ davvero così? Non credo.
    La gabbia è fatta da noi, con metodo, cura, e apparentemente a prova di fuga.
    Ogni tanto qualcuno capisce che c’è una porta e che è aperta. La spinge timidamente fino a spalancarla, esce, si volta per dire “seguitemi o almeno provate ad uscire di lì”.
    Quello che in genere accade, dopo che delle persone escono molte delle quali per rientrare subito, è che qualcuno si avvicina e con cura si richiude dentro.
    Rassegnati Simon/Gregorio, non potrai mai cambiare per tutti l’azienda che hai descritto che altro non è che la metafora della vita.
    Tu ci hai provato, un tempo, e la storia sembra quasi dire “ecco come avrei voluto fosse andata”.
    Tu ci provi e ti par di riuscire e qualcosa pare cambiare, alla fine però dovrai iniziare un TUO viaggio e sparirai mentre come un mito tutti si chiederanno dove sei andato.
    Forse hai scritto queste pagine per spiegarci che la tua meravigliosa e durissima scelta ti ha portato a farti incontrare, qualche volta, i fantasmi della paura e dell’incertezza?
    Forse volevi poter fare quello che stai facendo non uscendo dal “sistema” ma al suo interno, in modo di avere almeno qualche certezza, non ultimo economica?
    Avresti potuto davvero farlo? Saresti divenuto quello che sei? Avresti scritto per noi?
    La risposta te la dai da solo, Simon/Gregorio… alla fine parti, e la lettera di “licenziamento” da questa vita la lasci a noi che le diamo un’occhiata senza il coraggio di aprirla per farla nostra.
    Grazie a te, ai tuoi libri, alle tue parole davanti ad un caffè in quel di Milano (ricordi?) tante cose per me sono cambiate e molte muteranno ancora.
    Se ricordi qualcosa di me, ricorderai il motivo per cui non sono con te su “Mediterranea”. Sto insegnando a volare alle mie figlie, le spingo fuori dal nido e cerco di spiegar loro che potrebbero entrare in una gabbia ma che possono entrare e uscire a loro piacimento, se solo lo vorranno.
    Proprio ieri, proprio concludendo l’emozionante lettura delle tue parole (destino?), la mia più giovane aquila, ancora incerta sulle ali, riceve dalla Scozia una mail che le permetterà di intraprendere gli studi che desidera da lei fortemente voluti.
    Sua sorella maggiore è già partita anni fa, ora vola via anche lei.
    Questo ho insegnato loro e ieri mentre correva fuori in giardino a darmi la notizia, la mia orgogliosa gioia si è bagnata in una lacrima di infinita nostalgia mentre guardando in alto la immagino sparire nel sole.
    Cosa farò ora? Cosa farò domani?
    La risposta la ricavo forse da quello che, alcuni giorni dopo il caffè Milanese, mi dicesti in risposta alla mia decisione di non partire: “hai fatto bene! Stai in ogni caso seguendo la TUA strada, a modo tuo… vai avanti”. E’ stata la cosa più bella e saggia che mi sia mai stata detta.
    Farò così, andrò avanti cercando non di seguire la strada ma di tracciarla.
    Ti ringrazio ancora per quelle parole. Altri irresponsabili, persi nei LORO sogni, mi avrebbero spinto a fuggire, a fare scelte sbagliate, o forse non giuste in quel momento.
    Che altro dire.
    Io sono ancora un piccolo, grande Gregorio, che ha ancora addirittura la sua scrivania, e cerca di cambiare le cose almeno per se convinto come sempre che “la salvezza sia individuale”.
    Tu hai avuto l’ardire di “spiegare le ali al folle volo” e ancora stai a pensare a chi è rimasto.
    Non lo fare. Ci sono pochi spiriti liberi nel mondo e quasi nessuno nella nostra nazione (non scrivo cose già dette non fosse altro per alimentare qui inutili polemiche).
    Qualcuno potrebbe pensare che questo libro sia la tua vita e la partenza finale sia la partenza di Mediterranea, la fuga dall’odiato sistema.
    Io non credo sia così… se non altro perché manca l’odio.
    Non vedo un odio che giustifichi una fuga e fuggire per odio è spesso sbagliato.
    Come spiegare il “non odio” di Gregorio?
    Gregorio NON odia la sua azienda perché lei è, o è diventata, Mediterranea… e non si odiano i propri sogni!
    Simon/Gregorio non odia, e cambia. Capisce che cambiando se stesso cambia gli altri e muta radicalmente la sua vita ma comprende anche che non basta più.
    Cambiare gli uffici, la mensa, la produzione, guardar comete sul terrazzo (o dal ponte di Mediterranea?!) non basta più.
    Partire con i camion per consegnar le cose, consegnare ad altri i propri sogni non basta più.
    Partire con Mediterranea, non basta più!
    Il TUO viaggio continua ma da quando il progetto è nato tu già avevi previsto che si sarebbero passate le “Colonne d’Ercole”… e questo, almeno nel cuore, NON è Mediterraneo, non te lo raccontare.
    Simone, tu, Uomo Temporaneo, che temporaneamente attraversi la tua e la nostra vita, passerai quel limite e forse tornerai di qua. Tu sì, ma non il tuo cuore e davvero sarà inevitabile allora spiegar le ali al folle volo.
    Ho finito di leggere ma come vedi non ti poso sul comodino e non ti lascio solo con Gregorio.
    Avrai con te, come Gregorio, “un tuo legno ed una compagnia picciola da la qual non sarai diserto” e di te, in cuor nostro, resterà la traccia lasciata nelle nostre vite temporanee mentre ci chiederemo “dove sarà mai, ora?”
    Mario Vaccarone

  3. Anche io, come Controtendenza, parlo di Simone Perotti, cerco di spiegare il progetto “Mediterranea” e racconto di un un libro che è appena uscito ai miei “colleghi”. L’ora di pranzo, infatti, si limita ad essere uno spostamento di fondoschiena da una poltrona a un’altra. Più di una volta mi sono detta “Adesso, basta! Smetto di parlarne.” Perché: 1) è estremamente faticoso per me, unica donna dipendente, discutere con 4 uomini (soci e quindi, nella piramide gerarchica, al di sopra della sottoscritta). 2) perché non prendono per niente sul serio quello che dico (spesso penso naturalmente di non avere sufficiente assertività o di usare troppo il canale della “bassa” emozione). 3) perché ti guardano con un’espressione commista di sufficienza condiscendenza e paternalismo (tutte evidenti “doti” che non tollero e che comunque non aiutano la conversazione) che mi aspetto sempre, alla fine, un puffetto sulla guancia o una pacca sulla spalla, come a dire “povera creatura che crede ancora nelle favole!”. Ecco questi momenti, all’inizio, mi prostravano. Un po’ riuscivano ancora nel loro intento di farmi sentire una semi-idiota. Insomma poi, una donna…che si emoziona per un nonnulla. Ho dovuto lavorare molto su me stessa per fare in modo che non succedesse più. Per prima cosa, dunque, ho smesso di parlarne ma mantenendo sempre un po’ un’espressione come a dire “poveretti, mi dispiace che non riusciate ad ascoltare o, peggio, a mettervi in discussione”. Allora è successo che uno dei manager un giorno mi dice “ma il “Perotti” è quello della trasmissione andata in onda tempo fa su Rai 5 (Un’altra vita)… ? Lo invidio molto. Perché certo, essendo un manager a quei livelli chissà quanti soldi ha preso di liquidazione e certo con quelli ci ha comprato la barca…Piacerebbe tanto anche a me mollare tutto e stare in barca (a vela poi!) tutto il tempo!”. Perfetto. Come volevasi dimostrare. Capito…niente! Benissimo. Rispiego un po’ a fatica…e poi mi fermo. Una cosa che ho capito è che parecchi uomini sono “invidiosi” e basta. Cioè a dire non ce la farebbero mai a confrontarsi direttamente con il Perotti in persona ma con me fanno i “fighi”. O i “bulli”, se più vi piace. Cercano di “smascherarmi”. Scaverebbero nel passato dello scrittore pur di trovare qualcosa, qualsiasi cosa che li scagionasse, che gli permettesse di reiterare ancora e ancora la solita nenia: “è tutto falso. Non si può fare. Il mondo non si cambia. Sono un lavoratore onesto e indefesso e mantengo la mia famiglia, altrochè ciance!!!”. Per queste persone quindi non c’è leader che tenga. Non ci sono aggregazioni atte a supportarli. Perché, io penso, che siano bloccati da una paura raggelante e paralizzante di guardarsi davvero e di non vedere nulla. Di aver costruito un mondo “tutto intorno a loro” caruccio, con le tendine di pizzo, la moglie che li ama tanto…la scrivania ad attenderli che se non ci sono chissà cosa mai succederà…Niente, non succede niente. Perchè in questo momento varrebbe anche la pena di pensare a quanto valore diamo alle nostra vite e quanto invece disprezziamo quelle di molti altri che in qualche modo, loro sì, provano a varcare un confine, a cercare un altro modo di vivere (o di sopravvivere), sperando di trovare, legittimamente, uno spicchio di felicità…..

    • Come hai ragione, Paola, è successo e qualche volta succede anche a me. Ma allora, cara Paola, puoi dire al tuo collega e socio che il Perotti la barca non l’ha comprata da solo, che il viaggio nel Mediterraneo lo sta facendo con altre 45 persone con le quali condivide onori ed oneri del Progetto, che nessuna delle 45 persone ha stravolto la propria vita per “fare il Progetto”. A volte la realtà è molto più semplice di come ce la immaginiamo, a volte basta semplicemente informarsi, perché non c’è bisogno di scavare… la vita del Perotti è tutta qua, nei suoi libri e in questo blog. Basta leggere.

      • Cara Francesca, ti dico solo che ho preferito usare un “nome di fantasia” piuttosto che il mio, proprio perché mi sono un po’ stancata di “dovermi difendere” da questi sterili attacchi…e anche perché temo qualche ritorsione…Intendo anche solo atteggiamenti dispotici che, insieme a sessismo e condiscendenza, mi risultano alquanto insopportabili. Ti dico solo che ho dato precisamente la risposta che hai indicato tu…e, a quel punto, l’espressione è nettamente cambiata (non in tutti…c’è sempre qualche “zoccolo duro”…) e qualcuno è riuscito anche a proferire la seguente frase “ma allora è davvero un magnifico progetto!”… Non avevo, non ho, e non avete bisogno del benestare, del beneplacito di determinate persone che, a mio parere, purtroppo, non sono comunque in grado di comprendere…Grazie. Ciao!

  4. Parlando dell’uscita del tuo libro con un mio collega lui mi ha detto: “Perotti fa cose rivoluzionarie però gli manca l’approccio rivoluzionario. Fa individualmente e racconta ciò che fa, si mette a disposizione, ma non mi pare che faccia qualcosa per “aggregare”.
    Altri fanno più o meno cose simili a Perotti, ma nello stesso tempo militano o sono leaders di movimenti per la Decrescita Felice.
    Il downshifting, come decisione individuale ha un non so che di buddista. Ma resta pur sempre un’azione individuale.In altre parole, Perotti (e tanti come lui) si difendono, chi invece tenta di aggregare prova anche ad andare all’attacco. Il tentativo di aggregazione è tipico degli attivisti”.
    Io l’ho controbattuto con i miei argomenti ma sarebbe interessante avere una replica “autentica” (cioè dell’autore del libro).

    • E questo blog cos’è? Non è aggregazione? Non siamo qui, tutti quanti, perchè Simone ha deciso, oltre che parlare, e scrivere, e fare esempi pratici, di aggregare?

    • Eccomi qui Controtendenza. Grazie di quel che mi scrivi. Sempre utile avere feedback da varia provenienza. Per curioso e tutto italico paradosso, le critiche più acute e acuminate vengono non tanto da chi passeggia sulla sponda opposta del mare, ma da chi sta sulla propria, magari solo un po’ più in là. Ma è comprensibile anche questo, tutto sommato. Quando qualcuno fa qualcosa c’è sempre chi dice che si potrebbe fare meglio, senza curarsi che già muoversi è comunque utile e interessante.

      Allora: intanto distinguerei questi “altri” cui fa riferimento il tuo collega. occorrerebbe capire se questi altri hanno un’idea, se hanno iniziato a metterla in pratica, del tutto o solo in parte, radicalmente o meno, etc. lo dico perché quando si generalizza non si considera che le scelte fatte sulla propria pelle non vanno prese alla leggera. Anche una sola cosa in più o in meno rende il tutto più o meno facile o vivibile. Faccio un esempio: riscaldamento a petrolio/elettricità sì/no? Ed ecco che già si comincia a scremare. Il freddo è freddo, sarà poco ideologico ma annebbia le motivazioni più salde. Verificare per credere.
      Messo tutto in fila (cioè tutte le componenti di una scelta di cambiamento vero e profondo), direi che questi “altri” sono pochini. Mia personale valutazione. Ma andiamo avanti.

      Diciamo che per rispondere rischio di scrivere un libro, allora mi limito ad una osservazione di base: le rivoluzioni sono sempre state opera di una elite che ha teorizzato idee nuove ed è stata poi seguita dai grandi numeri. Con un elemento di debolezza profondo: la mancanza di spirito critico e dunque la mancanza di una elaborazione personale da parte dei follower. Le maggiori rivoluzioni sono infatti state cruente, tipico di chi non elabora e a un certo punto decide di spaccare tutto. Risultato: tutti fallimenti. Conseguenza: restaurazione o qualcosa che ci somiglia molto. Valutazione. un disastro.
      Il cambiamento sembra debba sempre passare per:
      – uno che ha un’idea
      – altri che la condividono
      – la massa che aderisce e poi (a seconda dei casi):
      ‘ la via politico-democratica (un partito, le elezioni, un governo, le leggi…) oppure..
      ‘ la via insurrezional-rivoluzionaria (botte da orbi, cambiamento violento, morti e feriti…)

      Ecco, io a questo schema non ci credo per niente. Credo invece in un altro, soprattutto oggi, epoca di diffidenza profonda verso idee e leader:

      – uno ha un’idea, cioè “vede” un mondo migliore, un modo migliore per vivere
      – non rompe le scatole a nessuno
      – ci lavora duro
      – la realizza
      – la racconta (anzi, la testimonia)

      Il che offre ampi vantaggi:
      – non c’è un capo, un leader, un direttore generale
      – non ci sono morti e feriti
      – ognuno guarda, se vuole studia, e poi fa in prima persona qualcosa di analogo (ma con le varianti che sente, vuole, desidera)
      – il cambiamento che ne scaturisce è profondo, in interiore homine (cit. Bianciardi), e duraturo

      Svantaggi:
      – forse (dico forse…) è più lento
      – implica gente in gamba e coraggiosa che non piagnucola ma agisce (dunque direi pochina…)

      Convinto come sono che un uomo che cambia cambia il mondo, non credo ad alcuna altra forma di cambiamento. Occorre pensare, studiare, poi fare, fare bene per sé, provare che una via c’è, farlo sapere, testimoniarlo.
      Questo è quello che io chiamo: fare politica.

      Ci aggiungerei anche un fatto, che non è richiesto, ma che io incarno: io faccio lo scrittore, e anche il polemista e l’editorialista. Cioè non mi limito a testimoniare la mia vita di essere che vale uno soltanto, ma cerco le chiavi per riflettere (io per primo) sui fenomeni facendo riflettere grandi numeri di persone (se ci riesco). Dunque svolgo l’azione suddetta con il booster della cultura/comunicazione. Il che mi rende credo efficace (in sede rivoluzionaria, per dirla col tuo collega) come e a volte più di vari leader di partito/movimento che (quasi) mai si comportano come se il mondo che auspicano ci fosse già. Io invece lo faccio. E lo pago.

      Chi non paga il prezzo delle sue scelte non può parlare delle sue idee. Da questo punto di vista direi che tanta parte di quegli “altri” è ampiamente fuori gioco. E il loro impatto “rivoluzionario” è prossimo allo zero.

      ciao!

      • Quando c’è da modificare uno stato di cose occorre sempre tenere conto che c’è una parte che non vuole cambiare.
        Che ha in mano tutti gli strumenti politici, economici, militari e mediatici per resistere.
        Resistere al cambiamento.
        Alla redistribuzione delle risorse.
        E allora occorre rovesciare. Combattere.
        Metterci la faccia.
        Faticare, soffrire.
        Morire.
        No Pain No Gain.
        Molte volte si perde.
        Qualche volta si vince.
        E si cambia la Storia.
        Eppoi quando si perde la sconfitta non è mai inutile.
        A qualcuno, poi, servirà quell’esperienza.
        “L’Unità è il Bene più prezioso per chi lotta per cambiare”.

      • Grazie per la risposta.
        Gli altri, cui si riferiva il collega, sono Pallante e Schillaci F.
        Scusami, per sintetizzare ho finito per generalizzare.
        Saluti.

  5. Ciao Simone,
    non ho ancora comprato il libro perché lo acquisterò il 15 maggio al Salone del Libro, però ho già un dubbio: leggendo le tue dediche, c’è il rischio, secondo te, che siano in troppi quelli che si sentano sfruttati, sottostimati, sottopagati, insomma le vittime di professione….
    Tra i miei colleghi, io posso fornire un vasto campionario di individui veramente “tossici” per l’ambiente, che passano la vita a lamentarsi o, peggio, che non ammetteranno mai di perdere tempo inutilmente a fare cose assolutamente inutili.
    Un po’ come il mio ex capo che ha letto (dice lui) “Adesso basta” ma non ha capito niente…
    Scusa lo sfogo.
    Un abbraccio.

      • Ciao Simone
        anche io notavo dal video che le prime 7 descrizioni che dai delle persone a cui e’ dedicato il romanzo sono passive:
        -licenziati
        -disoccupati
        -occupati male
        -non valorizzati
        -hanno risorse che nessuno utilizza
        -…

        saluti
        Marco

        • quelle dediche sono serie e al tempo stesso sarcastiche marco. da un lato volevo davvero dedicare il lancio del libro, sotto Primo Maggio, a tutta la gente che soffre sul lavoro per i motivi più vari. Dall’altro, Gregorio per chi si lamenta, non agisce, non fa, tollera, ripete, reitera etc, è un esempio opposto, dunque una sorta di anti eroe, che forse li imbarazzerà. Posso anticiparvi che molti diranno: sì vabbè, è un romanzo, queste cose capitano solo nei romanzi, o nei film, vedrai che ci fanno un film… Che sarà il modo più semplice e superficiale di liquidare la storia. Che tuttavia, ne sono convinto, superficiale non è.

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