Sapere chi sei, onestamente, sapere dove vai, ma dove vai davvero, conoscere i luoghi dove non andrai, le persone che non sarai, perché non è roba tua. Il centro è lì, e l’azione è quella della finzione, cioè fingersi, immaginarsi, ciò che siamo in pectore, che diventeremo, ma ancora non siamo. E’ lei a farlo essere già oggi, a farlo diventare.
Dirsi stupidaggini, stanca. Tanto quanto non fingersi. Nel primo caso il motore gira a mille per mostrare a sé e agli altri ciò che ad andatura nostra non saremmo mai. Nel secondo caso il motore non gira affatto, l’immaginazione non raggiunge quel gesto futuro che possiamo già compiere oggi, diventandolo. Siamo stanchi a fine giornata, o durante, a parte gli eventuali disagi fisici in corso? Ecco…
L’energia genera, ma anche rivela. Se tentiamo di essere l’uomo che non siamo, come se non tentiamo affatto di vivere come l’uomo che possiamo diventare, non ne produciamo, anzi, ne consumiamo tanta di più di quella che abbiamo. Risultato: sfiniti.
Grazie Simone,
ti invierò altro materiale…dove sei ora?
Ti ho visto che dovevi intervenire su Rai 3, alcuni giorni fa… Ti hanno inquadrato …ma poi non ti hanno più chiamato, se non sbaglio !?
Strano!
ciao
G.
Si guglielmo. Ero in collegamento da genova. Pero non mi facevano parlare e allora me ne sono andato. Mi sono tolto il microfono e ciao.
Caro simone, leggo spesso il tuo blog e il tuo adesso basta. Ti interessa, ti piace la poesia? Volevo inviarti qualcosa di mio …cosi tanto per condividere esperienze. Ciao g.
Volentieri Guglielmo. Ti prego, pubblicale qui, credo faccia piacere a tutti leggerle. Puoi anche usare questi lettori che siamo come riscontro del tuo lavoro.Ciao!
Queste trasmissioni televisive sono ridicole a volte.
Fanno cosi male alla “Televisione”.
Problemi complessi sono compressi in pochi minuti.
Io volevo sentire il tuo intervento- pensando che sarebbe stato interessante- ma poi ho cambiato…, mi sono stufato…non ti hanno più chiamato.
non fanno parlare nessuno- poi danno la parola sempre ad un altro cha ha di solite cose stupide da dire !
Boh !
Eh, si, il risultato…
Lo si ottiene semplicemente agendo al meglio, evitando bleuff contro se stessi ed altri, è, inoltre, il frutto di equilibrio, saggezza, buon senso ed art de vivere.
Tutto il resto è noia, specie in questo periodo estivo.
Serenità a voi tutti
Vale
Grazie Simone,
ecco uno stralcio del mio ultimo lavoro “La forza degli schiavi”.
Credo che molti versi siano affini ai sentimenti e alle idee che muovono questo tuo blog fin dalle origini . Ciao, e buona navigazione !
la forza degli schiavi
Algo, ser algo, ser algo,
menos lo que soy ahora:
un poeta, las raìces
rotas, al viento, partidas,
una voz seca, sin riego,
un hombre alejado, solo,
forzosamente alejado,
que ve ponerse la tarde,
con el temor de la noche.
Cualquier cosa, pero viva,
por más pequeña que sea.
Si, cualquier cosa, Señor,
pero viva, cualquier cosa…
Rafael Alberti
Balada de la Sinceriad
al Toque de las Animas
Dr. Livingstone, I suppose !
“in te ipso redi, in interiore homine habitat veritas”
Sant’Agostino
well
yes I am
dear Stanley
io avevo una fissazione
per l’uomo &
mentre ti aspettavo
ho letto la bibbia 4 volte
& mentre leggevo
& leggevo
amavo osservare sulle rive
l’umana sofferenza
dentro le disgraziate
capanne negre
che orrore! Stanley
che orrore!
tutto era profonda
tenebra
finalmente ho
capito
la vita è sempre
un dono
e non va mai
sfidata
-come ho fatto io-
Stanley
non c’è niente di nuovo
per l’uomo
sul fronte occidentale
le ragioni della polvere
consumano sempre nelle cose
è tutto sotto il cielo – e sopra
nulla
solo l’amore cambia
oh mio Signore
tu sei tan grande
grazie
ero un parto scagliato
verso un mondo
in un arco una freccia
a cercare una traccia
prima che tu ci fossi
eravamo già tu & io
insieme – Signore
e tu senza saperlo
eri già tutto in me
presente in me
dentro di me
& io attratto
mi allontanavo da te
e costruivo per me
un’architettura di dolori
e tu preparavi per me
opere e missioni
la mia speranza
che gradualmente
diventava parola
con architravi forti
di essenza
ponevo fragili
colonne di pensieri
e così per mia gioia
ripagavo te
in una vita para bellum
mordendo
un odio largo
quanto un lago
del continente nero
oh mio Signore
tu sei tan grande
grazie
io intesi ingenuo
che utilizzando la sinistra
avrei cambiato il mondo
ma tu -Signore
cambiasti me
mi indicasti la rotta
da funambolo
su soglie di luce
& segni & segnali
che scegliesti tu od io?
e venivi a me
con le tue idee
le mie
a partorire immagini
dal profondo
& ora tutt’ intorno
il mondo tuo
mi parla
la lucertola sul caldo asfalto
la buganvilla sul muro
ruvido
bianco di calce
emettono un senso
di estremo linguaggio
il muso caldo
nel concavo del ginocchio
lo sniffare sordo del cane
emaciato
africano
sull’uscio
misero della porta
fumante
l´anello di comprensione
finora mancante
oh mio Signore
tu sei tan grande
grazie
ti chiedevo
mi dicesti
when you’re ready
you’ll find it
così ho attraversato il mondo
& spesso in questo mondo
mi son perso – Signore
cercando cercando
ma il mondo eri
tu & la mia casa
& nell’economia
dei sensi ritrovai
la rotta del dolore
che cessava
non era compito mio
cambiare
mi feci solo da parte
e lasciai che l’alfabeto
s’incagliasse
sul fondo mio
di fango
oh mio Signore
tu sei tan grande
grazie
you know
the streets of London
are paved with gold
a quei tempi vivevamo
in Gloucester Road
col sole dritto in faccia
poi era venuto
monotono il freddo
delle siepi sui due lati
della strada
tutto era ordine e lustro
in UK ognuno curava
il suo orticello
& io non potevo
stare fisso alla forca
delle 7
non volli cedere
alla sconfitta pendolare
della cella del sudoku
ero ricercatore
urbano & africano
non impiegato
del verso capitale
oh mio Signore
tu sei tan grande
grazie
& mi ritrovavo
camminando per le strade
ma stavo già viaggiando
osservando le persone
la domenica nei bar
ben vestiti passeggiare
& sapere
tutto ciò
non mi apparteneva
le case ben arredate
ed ordinate degli amici
in cui non potevo
essere partecipe
se non a metà
oh mio Signore
tu sei tan grande
grazie
non potevo rischiare di
finire coi piedi sul parquet
più che produrre
reddito piacere mio
era produrre idee
e solcare sentieri
per nuovi cammini
e così decisi
non attraversai più il viola
del parco della vittoria
monopoli del mondo dove
uomini vili sbattono bilance
nelle tracce cercavo
una sintassi di parole
nei luoghi liquidi
esistevo
straniero alla mia
stessa terra
mi compivo
nella favela dell’anima
nella dissenteria spirituale
nei posti dove strutturavi
la mia marginazione
oh mio Signore
tu sei tan grande
grazie
& mi indicavi
come imparare ad essere niente
& intanto apprendevo
a nutrire paziente
la mia calma
& tu venivi a me
a salvarmi
dalla mens sana
in corporate sano
-Signore
quando anche dei libri
& della poesia
& delle sporche
scarpe di fango
era oramai
l’estremo ennui
oh mio Signore
tu sei tan grande
grazie
& era “nulla die sine linea”
cosí sull’orlo
di questo letto
inizierò il mio verso
il più delle volte
ci si nutre di piccole cose
che poi si sommano a fiumi
parole affluenti
ed arriva il tuo verso
-oh Signore
ad estuario o a delta
preciso o confuso
in tempesta sull’acqua
parola
-ciò non importa
oh mio Signore
tu sei tan grande
grazie
non importa dove scorra l’alveo
se rompa gli argini
la traccia
è solo prendere la
feretra in mano &
scagliare frecce al cielo
che conta – Signore
oh mio Signore
tu sei tan grande
grazie
tutto contiene l’uomo
l’oro & il fango
l’unico dono
è dopo tutto
la forza degli schiavi
di ascoltare
la forza degli schiavi
di rialzare la testa
la forza degli schiavi
di guardare in volto
la bellezza &
solo degli schiavi
di aprire
sempre
le braccia
al prossimo
che ti si para
davanti
oh mio Signore
tu sei tan grande
grazie
perché tutto è
come deve essere
porterò ancora alta
nel vento
la bandiera bianca
della nostra rivoluzione
Ulisse
“ l’uomo senza dei è nulla ”
Nettuno al naufrago Ulisse
vento caldo tra i rami
dell’uliveto sull’isola
Itaca
cipressi annuiscono
al vento
& ai pentagrammi
dei cancelli
cani ululano alla luna
vento a pelo d’acqua
che sale sui declivi
& ti viene a cercare
tra gli orti
passeggiando
chiusi
tra muri a secco
di pietra sull’isola
vedo l’uomo
svoltare l’angolo
chi sarà
forse me stesso
forse nessuno ?
nulla mi ostacola
se non una figura convessa
che mi somiglia
il sentiero mi chiamava
………………………………….
partii …
fu delle chiome
il turbinio del vento
si disciolse in tasselli
di sale di sole di sabbia
che costituiva la pelle
la prua dello scafo
incideva
le onde del mare
piccole linee
parole di questo grande
quaderno
così…incerto
domandai al mio verso:
qual’e’ il senso dell’onda ?
forse le penelope palpebre
schiudersi
mentre a pelo d’acqua
emergono
versi & parole
che aggrumano
presso lo scoglio la roccia
dove son significato
d’amore
& poi …
questo continuo
controllare gli stralli
le cime
& armare le navi
salpare partire
all’arrembaggio
sbarcare
alla prossima spiaggia
& continuare a nutrirsi
di felicità & disperazione
questo lasciarsi cadere
questo non resistere
questo essere sconfitti
& rinascere
incessante come il mare
forte universale animale
come il mare
la marea
-eterno fracasso dell’onda
sulla spiaggia
sempre sempre sempre
questo continuo ripetersi
dell’onda sulla riva
questo parlare orale
dell’onda del mare
del mare orale
della bocca dell’onda
questo linguaggio
primordiale
secco acuto minerale
del mare orale
& alla deriva
questo poter ancora alzare
gli occhi al cielo
e gridare
cosa vuoi da me ?
non mi è rimasto nulla
nulla
solo la vita…la mia vita
che cosa devo capire ?
cosa ?
voglio che tu capisca
che l’uomo senza
dei è nulla
nulla
& poter ancora apprezzare
fresche
sul volto la fronte
le note della pioggia
vibrare
scrivere un pentagramma
di senso
& il corpo totalmente
avvolto immerso
in un panno d’acqua
quest’acqua tagliata
come lamina di metallo
che brucia la pelle
e questo dire ancora
si si si
& ancora si
mentre affondiamo
affoghiamo
si si si
sono io sei tu
Signore
piccolo piccolo piccolo
umano troppo umano
Fletcher Christian
Da un certo punto in avanti non vi è più modo di tornare indietro.
È quello il punto al quale si deve arrivare.
Kafka
in un pub del porto
di Londra
avevo spesso udito parlare
un marinaio francese
“dans la vie il faut
(d’abord) durer ”
ma erano oramai
i tempi lontani
ero durato ma
in un altro modo
in un altro mondo
sotto un altro cielo
ora sull’isola
mi facevo fisico
& tutto organico
gonfiavo i polmoni
come due spinnaker
& sentivo
una grande orchestra
vibrare le stelle tutte
tatuate in petto
a Pitcairn
ammutinato
alla mia stessa vita
avevo messo
una stella del cielo
nel faro del porto
sulla porta d’ingresso
inciso una frase:
non aspetto altro che svestirmi
& di tutto
mi spogliai
solo la mappa la bussola
& la bibbia conservai
al buio della capanna
trovai al loro posto
i fiammiferi
asciutti
& illuminai la mappa
che mi aveva guidato
in silenzio di notte
oscuro il mare la mare
sulle rive
del letto
mi veniva a svegliare
aprii la finestra
la feci entrare
le mie spalle alle sue
come due pinne in barca
& le dissi
ora scivola sulle mie labbra
& trasformati in parole
Maimiti
amore mio
spero i tuoi vagiti
non siano ancora finiti
Maimiti
amore mio
i tuoi profondi vagiti
mai terminati
ancora infiniti
cammelli accovacciati
sulle dune dei tuoi seni
altalene come
ludiche lingue
bagnano granelli
di pomice verso
l’oasi d’Adamo
appesa al collo una collana
di pensieri perfetti
mi ricordavo di te & di tutti
i miei stretti
Dardanelli
(& i suoi bordelli)
Bab El Mandeb Panama
Suez
Hormuz Gibraltar
*
noi
vittime
inconsapevoli
dei nostri stessi sogni
noi
esuli del cuore
non possiamo tornare
sono le ultime carte
da poter giocare
non siamo mai
ciò che vorremmo essere
lui fu solo ciò
che poté essere
sempre qualcosa
d’altro
ai confini
lui
che sognava i sogni
di tutti quanti gli altri
voleva respirare un’aria nuova
voleva liberarsi di tutto
persino del nome
& della parola
noi
la parola
sempre riconosciuta
sul foglio
Fletcher ingenuo
la tua parola non era forse
di quelle che si scrivono
perché più importante del verso
è saper
declinare le cose
*
non avevo mai saputo
cosa muoveva il mio cuore
la voglia irrefrenabile
di sovvertire l’ordine
un’avversione naturale
per i capi & le posizioni di potere
& dopo tutto
mi resi conto
del personale senso storico
del naufragio
(dei sensi)
sulle carte
nominavo sempre
i luoghi piaciuti
inospitali
marginali
sconosciuti
con una delle mie più
belle mappe in mano
dicevo agli amici
ammutinati
seguitemi
conosco un posto
dove il sole sorge ancora
& potrete
grattarvi le croste
alle ginocchia giovani
addio chimere, ideali, errori ?
Rimbaud
addio chimere, ideali, errori ?
Bligh ormai lontano
poteva comandare
sulla tolda ma non
nei nostri cuori
addio chimere, ideali, errori ?
spesso
lo spleen mi era
sospetto
entravo nella mia
camciatca mentale
variazioni
sullo stesso tema
un gioco a somma zero
false partenze
per lasciare una scia
addio chimere, ideali, errori ?
della mia mente chimere
allora solo trovavo piacere
a diserbare
il giardino
vicino al torrente
di levante
la bussola in un angolo
di ponente
comincia l’analisi
dalla presa
di coscienza delle cose
col tempo che è trascorso
si è accumulato ai lati
il senso
la giostra si è fermata
non ci sono più capi
né soldati
tutto è silenzio
& abbandono
al tempo che passa
senza reagire
senza ragione
guardo in cielo
con calma
ignote mani muovono
panini di nuvole
un grande gioco
di prestigio
di cui non riconosco
l’attore
cercavo un confine
che non fosse
minato
perché l’isola è
analisi
del rifugiato
in nuovi mondi
mi aveva chiamato
ora nello specchio
scheggiato
non cercavo neppure
di riconoscermi
radevo la mia mezza faccia
& ho pensato
tutto mi appartiene
mentre assisto muto
a questo processo
senza difese
che irrimediabilmente
mi condanna
a ricordare a dimenticare
ad osservare dall’alto
il Bounty bruciare
un mondo vecchio
andare
dover uccidere il passato
è il più grande atto
di un dissennato
*
i lacci delle mie scarpe
erano anguille
la penna una lisca
incidevo parole
su un foglio
di squame d’argento
slegai la cima dalla bitta
sciolsi nel palato le parole
poi girai intorno alla boa
& sull’orlo del letto
affilai questo mio verso
scorsoio
hai conquistato
algide montagne
& cime che non conosci
porti lontani
desolate
banchine di container
& facce negre
riflesse lucide
sulle tue scarpe
bianche
abbagliato nel miraggio
questo è il mio lavoro
dove mi infingo
costantemente
nel linguaggio
osservavo l’amaca di luna
appesa a due chiodi di stelle
mi stupivo la mano
alla luce della luna
girando il gesto
divenne palma
mentre fissavo
atomi di polveri
il filtrare la luce del sole
tra il fogliame
delle canne
del tetto sul letto
& in me emerse
il Salvador
Salvador de Bahia
de Todos os Santos
& lontano
ricordò
quelle sere di Maceió
ah le sere di Maceió
le sere di Maceió
i fari furono stelle
il mare era il cielo
il cielo era il mare
tirarono a riva
reti & lampare
che raccolsero …
poi la roda
cominciò
nelle sere di Maceió
granchi giravano lubrici
tra la rena aragoste
voluttuose donzelle
dervisce
un granchio dispettoso
tagliò
-tratteggiando con le sue chele
la carta stropicciata
del mare di Maceió-
& la mare parlò
con le labbra
di una conchiglia
tra le foglie cadute
di una palma
sulla spiaggia di Maceió
ecco
la nostra grande prescrizione
elettro-cardiogramma del mare
questo profilo dell’onda
che siamo
& tutto si stempera colando
sulla realtà in parole
di inutili versi
spartiacque in cui
riconosciamo il sopravvissuto
a continua espansione
mancato appagamento
di questa scena tragica
a cui fortemente
dobbiamo partecipare & girare ogni giorno
la questione
è sopravvivere
& ricordare
& dimenticare
& sfiorare l’acqua col naso
sull’orizzonte perduto
la linea forse
immaginaria
di galleggiamento
osservare spade
come prue di legno
sfettare
l’onda del mare
& resistere
& resistere
a questo peso di piombo
nel fondo del petto
che ci àncora
ancora
E questo peso di piombo… bella!
Hai ragione Simone, hai delineato i due limiti entro cui si agisce. Uno è quello superiore: tentare di essere ciò che non siamo, che spreco enorme di energia, che lavaggio del cervello ci facciamo fare e poi alimentiamo da noi! E così ci convinciamo di essere altro e quest’altro è quello che viene riconosciuto come buono e desiderabile dalla società. Quel che in realtà desideriamo che fine fa? Pfui, mica conta rispetto a un po’ di rispettabilità sociale: dimenticato. Il secondo limite è quello inferiore, quello di colui che non ha aspirazioni, che non si muove, che si basta così com’è. Forse è ancora peggio del primo, non so, ma nessuno dei due mi è mai piaciuto. Da buon pigro attivo, ho sempre fatto una certa attenzione a non sprecare energie in ciò che non ha senso e, con il tempo, sto imparando a investirle con generosità in ciò che invece è importante per me. Grazie.
Fabio, quel limite superiore non sempre lo subiamo. Spesso lo genera anche la nostra incoscienza di noi stessi, e una profonda, tragica, obnubilante presunzione…
Hai ragione Simone, il pericolo vero è dentro di noi, è il nostro ego. E’ semplicistico atteggiarsi a vittime. Mi viene in mente una delle più belle e ispirate canzoni di Gaber: https://youtu.be/LUlGAt0WJak
Grazie per il post.
Hai perfettamente ragione, vivere quello che nel profondo non siamo e’ massacrante sia a livello mentale che fisico.
Ma purtroppo e’ cosi difficile trovare il proprio “Io”, quello che si e’ veramente.
Ci sono cosi tanti condizionamenti e pressioni esterne.
Bisogna avere la forza di leggere in maniera semplice e onesta nel profondo del proprio animo e il coraggio poi di agire di conseguenza.
Onestamente non ho ancora trovato la forza per farlo.
Forse la possibilita’ di condividere il percorso con altri in simili situazioni potrebbe aiutare, altrimenti ci si sente anche isolati perche’ in tanti – per ragioni anche di circostanza – vivono con la maschera e non condividono.
Ciao.
Andrea, si puo essere utile condividere. Ma per condividere bisogn avere qualcosa da mettere in comune. E quello lo possiamo trovare solo noi. Dentro.
Hai ragione Simone, la partenza deve venire da dentro di Noi. Io penso che tutti abbiamo qualche cosa da condividere. La difficolta’ sta nel trovare il meccanismo iniziale per sbloccare la situazione e un’ idea di percorso.
Pero’, per esempio, gia’ essere qui sulla tua pagina a discutere di tutto questo – e anche a condividere la frustrazione per le nostre difficolta’ – forse e’ un inizio (piccolo).
Tutt’altro che piccolo andrea..
Dimenticavo! Quella scultura è meravigliosa!!! E la foto …altrettanto…Chi l’ha fatta? Grazie perchè mi ha fatto luccicare gli occhi…. Ciao. Barbara
Bellissima riflessione. Dopo molti anni di ricerca di me, sono arrivata solo da poco a comprendere che condividere non è per nulla cosa da poco. Anche quando ci lamentiamo e additiamo gli altri di non aver condiviso. Spesso non ci siamo posti una semplice domanda: avevamo chiaro che cosa volevamo condividere? E’ una scoperta e ci si deve di continuo lavorare su, ma ne vale la pena.
Vedi Marianna, quel tuo ‘ne vale la pena’ è bello perché fa capire che hai capito. Tuttavia la locuzione che usi è emblematica (anche perchè universalmente accettata). Quella definizione si usa per dire che qualcosa potrebbe essere fatto oppure no, ma che se venisse fatto sarebbe certamente utile e portatore di benefici. Quell’ambito umano, quella ricerca non sono qualcosa da fare o no, sono l’unica cosa da fare. Bizzarro sarebbe considerarle un’opzione positiva.
Mi siedo sui gradini, fuori dall’ufficio. Fumo una sigaretta e guardo la mia pelle bianca. La preferirei un pochino più colorita. Sento il corpo stanco. Mi fanno male le gambe. Non si respira oggi a Milano. E’ così da molti giorni. dentro, in ufficio, fa leggermente meno caldo…
Mi sono sempre molto impegnata nel mio lavoro. E anche stamattina ho provato a proporre. Come sempre chi sta sopra di me, in quella piramide di cui molti di noi hanno già detto, non solo non comprende ma reputa il suo giudizio migliore del mio. Il risultato si chiama “prostrazione”, sfiancamento…SFINIMENTO.
Se il lavoro che cerchi di fare viene osteggiato e finanche svalutato fin nelle minime azioni, ti arrendi. Lasci che le braccia scivolino lungo quel fianco che è scoperto e che è già stato predato e depredato…
Non ti rimane che sforzarti di pensare all’altra te, quella bella, giovane, piena di forza e di energia, quella che riesce sempre a trovare un lato ironico … per provare a sorridere anche dove non si potrebbe nè dovrebbe.
Prova a immaginare che tutte le sue capacità, qui senz’altro sprecate e solo, unicamente e biecamente “retribuite”, potrebbero, già da ora, servire ad altri e far rinascire l’altra, quella decrepita e depressa e senza più forze. Nè parole.
Sì, quel Ne vale la pena significa Quanta pazienza. E ce ne vuole: dentro incontri infinite resistenze. Sono d’accordo sul fatto che non esista altra soluzione, come so che soltanto chi ha cominciato a mettersi in dubbio possa essere in grado di pensare questo, proprio perché desiderava nell’intimo di essere più autentico. Non so se mi sono spiegata. Grazie!
Hai riassunto in poche righe ben scritte quello di cui sono anch’io convinto…e sono altrettanto persuaso che le migliaia (milioni?!?) di piccole depressioni, astenie, risvegli già stanchi che purtroppo si vanno moltiplicando sono “solo” segnali che il nostro corpo e la nostra mente ci mandano per dirci: ” Basta, non ci attiviamo più per quello che ci fai fare, smettila, cambia, fai una buona volta quello che davvero vuoi fare, ci stai nauseando!”.
Improvvisamente, stanchi, stremati, esausti se ci concentriamo sul FARE qualcosa che davvero ci interessa e ci piace, di adatto a noi, le energie arrivano di colpo, l’entusiasmo torna, la creatività riemerge, l’anima respira…
C’è poco altro da aggiungere, Simone, anche su questo punto hai ragione ed il tema credo sia molto grande, diffuso e da approfondire.
Ciao!
Neanche puoi immaginare quanto sia importante questo post. Proprio in questo momento. Eventi sincronistici, li chiamano.
Gia Marica….
Pavese scriveva, nel Mestiere di vivere, che ogni volta che pensava a qualcosa di importante, finiva poi coll’aprire un libro e leggere qualcosa che riguardava esattamente quel punto, quella questione. Era meravigliato della ricorrenza di questo, costante, puntuale…