Vita

migranti lesvos

Mentre si lavano

Io non avevo mai visto i migranti. Ieri ci ho passeggiato accanto, dentro, mi sono seduto con loro, li ho osservati, fotografati, ho tentato di vivisezionare i loro volti, capire. Erano stanchi, coi vestiti fradici, bisognosi di tutto…. Avevano nostalgia di casa, alcuni si sentivano soli, seduti con le braccia sulle ginocchia, e guardavano intorno a loro con un’espressione di spaesata e fatale attesa. Poca basilare assistenza intorno a loro, bottiglie d’acqua passate di mano in mano con trepidazione, solo una decina di bagni approntati alla bell’e meglio, odore di piscio, feci, corpi sudati, giubbotti salvagente dovunque, l’arancione, il colore accecante del naufragio. Certo, ho visto tutto questo. E mi ha fatto molta impressione. Con loro non c’era che qualche sparuto volontario. Non erano chiusi in alcuna gabbia, ma in un’area aperta, sul porto, e per la città, quasi rispettosamente al limitare di essa, fusi con i greci, eppure separati da un filo invisibile.

Eppure… ho visto sorrisi, tra loro. Ho visto bambini che giocavano, mamme pronte a intervenire, uomini che si raccontavano stesi su un molo, abbracci, selfie, qualcuno che si lavava con un goccio d’acqua preziosa, ragazzi dal volto di studente che lavavano in mare i propri vestiti. Non ho visto straccioni, miserabili, ma persone. Ho visto che gli asiatici tendevano già a riunirsi tra loro, come i mediorientali, riproducendo una città migrante di quartieri. Ho visto l’intraprendente che provava a vendere acqua avuta chissà come. La ragazza che guardava il ragazzo che non conosceva. L’uomo che guardava il vicino di tenda. La famiglia seduta a circolo, qualcuno che alzava un braccio, mi lanciavano un sorriso, accompagnato dalla ricchezza inesauribile della parola. Ho visto la vita che corre, inesorabile, sui destini veri degli uomini, non quella che pensiamo noi. E ho visto che dai nostri occhi erano dei derelitti senza nulla, ma dai loro erano dei vincenti, tutt’altro che disperati, speranti migranti che ce l’avevano fatta, perché avevano avuto il coraggio di partire, di non arrendersi, e non erano morti per la via, e stanotte nessuno li avrebbe aggrediti, violentati, uccisi. Erano in salvo.

Ingenui, immemori, inconsapevoli. Ma cosa pensavamo, che gli uomini non migrassero? Che non cercassero una vita migliore? Lo fanno da sempre, a miliardi sono migrati, sempre, da un milione e mezzo di anni. L’uomo primitivo nasceva nell’Africa lussureggiante e meravigliosa, mai contaminata dall’uomo, dal suo sfruttamento, dal suo colonialismo, eppure si mise in marcia, prua a nordest, l’Egitto, la Georgia caucasica, lì si divisero, prime intemperanze sulla meta, qualcuno accostò per l’Europa, altri per l’Asia. Dove andavano? Cosa li spingeva? Cosa cercavano? Alla base del castello di Mitilene ieri leggevo che le case del borgo settentrionale furono occupate nel 1922 dai 180.000 migranti che provenivano dall’Asia Minore, fuggiti da un cataclisma geologico. Oggi ci vedo i migranti che fuggono dalle guerre. La storia si ripete. la storia dell’uomo vero, non di quello che inventiamo noi. Che non esiste. Quella vita assurda, che non abbiamo fatto noi, che è tragica, immotivata, addolorata, eppure speranzosa, possibile, che non può che essere tentata, dove un sorso d’acqua ha valore, dove un sorriso ha valore, dove la speranza è un miraggio, ma è l’unica cosa che abbiamo.

(Che il loro arrivo trovi noi europei impreparati, divisi sui valori dell’accoglienza, incapaci di condividere le nostre fortune, dunque di aiutarli davvero, è tutt’altro discorso, troppo lungo per queste mie prime impressioni).

(Sono qui con Progetto Mediterranea. Segui quel che “vediamo” del Mediterraneo su www.progettomediterranea.com)

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15 pensieri su “Vita

  1. http://www.doppiozero.com/materiali/commenti/tutti-corrono-ma-da-cosa-scappano
    Già…noi da cosa scappiamo? Perchè siamo noi quelli che scappano, mi pare… Anche dal dovere di informarci, di evitare facili slogan (rimanere umani cosa vuol dire? farsi ammazzare da chi si pensava avesse bisogno del nostro aiuto? e così non possiamo più aiutare nessuno…) e scivoloni ideologici e azioni disorganizzate dettate dall’emozione. E’ verosimile che per noi la vera emergenza sia l’ondata migratoria, e non le guerre che infuriano altrove nel mondo, c’è un lato umano della vicenda che ci commuove e non può lasciarci indifferenti, ma non dovrebbero esserci indifferenti neppure i poliziotti ungheresi piazzati da un regime di estrema destra a prendersi sassate da migranti, a volto coperto, armati di estintori e immortalati nell’atto di lanciare pietre contro i poliziotti immobili dietro la rete (su internazionale della scorsa settimana le foto cui mi riferisco). Conoscere anche il lato politico alla base delle migrazioni è fondamentale e necessario per gestire il fenomeno, che non è gestibile solo sull’onda dell’emozione.

  2. Io non riesco a guardarli senza commuovermi (e li vedo solo in tv…) perché nei loro occhi vedo fatica e stanchezza, paura e gioia, lacrime e sorrisi di chi, anche se non sa cosa farà domani, almeno per oggi è arrivato fin dove poteva e immagina che possa andare solo meglio. Io vedo solo persone. Grazie Simone!

  3. Ciao Simone…penso che sia arrivato il momento per tutti di rimboccarci le maniche e dare una mano. Se poi questa situazione ci darà modo di aiutare pure qualche famiglia italiana in difficoltà ben venga…chissà se Gregorio ora è lì in mezzo a loro,da perfetto sconosciuto, a distribuire acqua e organizzare attività per far passare qualche ora spensierata ai bambini,con il suo inguaribile ottimismo…già me lo immagino…..vita vera

  4. In riferimento ai post scritti prima di me e allo scritto di Simone: io credo esistano due piani di discussione distinti, uno politico e l’altro umano, che non possono essere confusi e penso che spesso dirottiamo i nostri ragionemanti sul piano politico perchè quello umano richiederebbe una presa di responsabilità personale che non vogliamo assumerci.
    Non entro nel discorso politico, non ne conosco abbastanza ed è anche piuttosto lontano dalle mie attitudini, penso solamente che un coordimamento organizzativo dall’alto sarebbe necessario e che se ogni Stato pensa solo al suo ” culo ” non andiamo da nessuna parte. Credo che tutte le teorizzazioni sul ” bisogna aiutarli a casa loro ” e ” bisogna risolvere il problema alla radice, il terrorismo e la guerra ” siano poco attuali nell’emergenza contingente, che sarebbe bello si ma ora ci sono priorità diverse da fronteggiare.
    Mi interessa più il lato umano della faccenda e credo che lo scritto di Simone si riferisca a quello, anche perchè mi pare inutile sindacare se chi arriva è uomo o donna, disertore o meno, sono tutte persone, stremate, impaurite, bisognose di aiuto.
    Spero di non fare un torto a Simone, che so essere ateo, riportando qui uno scritto che mi sta particolarmente a cuore e che credo dovrebbe essere da guida ad ogniuno di noi in questo momento:
    ” Ci impegniamo noi e non gli altri
    unicamente noi e non gli altri,
    né chi sta in alto né chi sta in basso,
    né chi crede né chi non crede.
    Ci impegniamo
    senza pretendere che altri s’impegnino,
    con noi o per suo conto,
    come noi o in altro modo.
    Ci impegniamo
    senza giudicare chi non s’impegna,
    senza accusare chi non s’impegna,
    senza condannare chi non s’impegna,
    senza disimpegnarci perche altri non s’impegna.
    Ci impegniamo
    perche non potremmo non impegnarci.
    C’è qualcuno o qualche cosa in noi,
    un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia,
    più forte di noi stessi.
    Ci impegniamo
    per trovare un senso alla vita,
    a questa vita, alla nostra vita,
    una ragione che non sia una delle tante ragioni,
    che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore.
    Si vive una sola volta
    e non vogliamo essere “giocati”.
    in nome di nessun piccolo interesse.
    Non ci interessa la carriera,
    non ci interessa il denaro,
    non ci interessa la donna o l’uomo
    se presentati come sesso soltanto,
    non ci interessa il successo né di noi né delle nostre idee,
    non ci interessa passare alla storia.
    Ci interessa di perderci
    per qualche cosa o per qualcuno
    che rimarrà anche dopo che noi saremo passati
    e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci.
    Ci impegniamo
    a portare un destino eterno nel tempo,
    a sentirci responsabili di tutto e di tutti,
    ad avviarci, sia pure attraverso un lungo errare,
    verso l’amore.
    Ci impegniamo
    non per riordinare il mondo,
    non per rifarlo su misura, ma per amarlo;
    per amare
    anche quello che non possiamo accettare,
    anche quello che non è amabile,
    anche quello che pare rifiutarsi all’amore,
    poiche dietro ogni volto e sotto ogni cuore
    c’è, insieme a una grande sete d’amore,
    il volto e il cuore dell’amore.
    Ci impegniamo
    perché noi crediamo all’amore,
    la sola certezza che non teme confronti,
    la sola che basta per impegnarci perpetuamente.”
    Primo Mazzolari

  5. Simone, nel 1922 non era “un cataclisma geologico”. Erano Greci dell’ Asia Minore che fuggivano dall’ esrecito di Kemal Ataturk (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/02/18/gli-ultimi-giorni-di-smirne.html), lanciato in una delle tante “pulizie etniche” dello stato neo-turco, alimentata quest’ ultima da un rozzo ed ingenuo interventismo del governo greco dell’ epoca, troppo propenso a fare il cagnolino docile della “entente cordiale” (Lloyd George e Clemenceau) che mirava allo smembramento dell’ impero ottomano. I miei nonni materni ne facevano parte. Saluti da Atene.

    • Lo so Nondas. E infatti ci siamo stupiti, ma quello c’era scritto sulle targhe e io l’ho riportato fedelmente. Devo anche dirti che dalle foto sembravano tutti turchi. Un abbraccio! Ciao!

  6. Grazie che ci racconti quel che hai visto, Simone!
    Sulla base del guardare la realtà nuda e cruda, siamo chiamati a dare subito una prima risposta, e i nostri sentimenti ci guidano.
    Su questo livello, allora,il problema è: come abbiamo educato i nostri sentimenti? Chi e perchè li ha educati in una certa maniera?
    E’ illuminante l’eredità spirituale di Vittorio Arrigoni: “Rimaniamo umani!”. Se la facciamo nostra non possiamo non sentire sulla nostra pelle quel che succede ai migranti oggi.
    Ma, secondo me, il fenomeno delle migrazioni oggi, ci schiaffa davanti il vero, grande problema, per il quale la “cultura” dominante risponde, per ora, educando al rifiuto: alla lunga siamo chiamati a ristrutturare la società globale e a ridistribuire le ricchezze. Dobbiamo imparare (“re-imparare”) a condividere le risorse esistenziali.
    A questo punto, il problema vero non è il fenomeno delle migrazioni ma l’accumulo, l’accaparramento delle ricchezze in poche mani: questo è il più grande problema, generato dall’egoismo e dall’avidità degli esseri umani, per il quale la risposta è la violenza del rifiuto e del respingimento.

      • Non so cosa abbia scritto Carlo perché non visualizzo il suo post… ma potrebbe essere un problema solo mio …o meglio del mio pc… aziendale che ha qualche problemino di connessione… Mi piacerebbe leggere cosa ha scritto, dal momento che leggo la piena concordanza con il pensiero di Simone.

        E’ un argomento “ostico” da trattare soprattutto se non si vuole scadere in banalità e in pensieri di poco conto, ma è necessaria una testimonianza da chi, per una ragione paradossalmente proprio inversa, si trova lì, in una rotta che forse mai, quando è stata pensata e progettata e sognata e poi realizzata, avrebbe immaginato di dover raccontare… Un progetto, quello di Mediterranea, che assiste a una realtà che urla la propria dignità, l’essenziale originalità, ma soprattutto la propria libertà di “muoversi”, di “andare”, di “cercare” altrove, che è un diritto innegabile di ogni essere umano. Se poi, a spingere, a provocare questo movimento, non sia una scelta pensata e progettata, ma qualcosa d’altro, la fame o la guerra e quindi la “vita”, non è il punto, a mio parere, da mettere in discussione.

        Perché devo stare a ragionare o a discutere con qualcuno per capire se è giusta o sbagliata la facoltà o legittimità di un essere umano di scappare dalla guerra? Non è una risposta scontata?
        Lo sarebbe, se non avessero ridotto il mondo intero a un bivacco di orrore, prevaricazione, soprusi e violenza…dove l’unica frase possibile potrebbe essere “mors tua, vita mea”. Non c’è posto, non c’è lavoro, ci sono milioni di esseri umani che “non servono”, che sono ritenuti inutili…vittime collaterali..

        Posto qui le parole di Zygmunt Bauman (utili a mio parere…):
        “Noi viviamo in una condizione che definisco di “diasporalizzazione”: i vostri nonni, i genitori dei vostri nonni sono migrati in massa, spesso in America Latina, perché essi non potevano sopravvivere qui. Adesso questo fenomeno continua, ma in altre direzioni: questa è l’unica differenza. La migrazione è un fenomeno che ha riguardato la “modernità” dalle sue origini ed è da essa imprescindibile. Perché la modernità produce “persone inutili”. Esistono due “industrie” della modernità che producono “persone inutili”: una è quella cosi detta della “costruzione dell’ordine”, dove ogni regola e sistema vengono costantemente rimpiazzati da nuovi sistemi e regole che producono esuberi, persone eccedenti. L’altra industria che produce “persone inutili” è quell’industria che noi chiamiamo “progresso economico” che consiste, fondamentalmente, nel ridurre costantemente la forza lavoro. E questo semplicemente produce persone inutili. E queste persone andranno dove c’è pane, promesse di pane e acqua potabile.
        Quando i migranti arrivavano cento anni fa in un paese europeo la politica nei loro confronti era chiamata “assimilazione”. Ricordo quando ero studente: i termini centrali dell’antropologia, all’epoca, erano assimilazione, accomodamento, adattamento. Il “problema” era che i migranti erano diversi, in maniera “irritante” dai nativi. E quindi si dovevano adattare, assimilare, accomodare per divenire tutti uguali a noi, con le nostre abitudini, la nostra civiltà. Il problema non era accettare o convivere con le differenze, il problema era sbarazzarsene. Lo straniero era imbarazzante perché distruggeva la chiarezza delle cose. Lo straniero è “strano”, un essere singolare e sconcertante… È una situazione di conflitto tutt’oggi ma le società, le città sono e saranno sempre più “miscelate” ed integrate.
        “Intanto non ci sono più quartieri degli operai, mancano le istituzioni e le forme di aggregazione dei lavoratori. Ma soprattutto, la sinistra, o l’erede ufficiale di quella che era la sinistra, nel suo programma, ammicca alla destra con una promessa: faremo quello che fate voi, ma meglio. Tutte queste reazioni sono lontane dalle cause vere della tragedia cui siamo testimoni. Sto parlando infatti di una retorica che non ci aiuta a evitare di inabissarci sempre più profondamente nelle torbide acque dell’indifferenza e della mancanza dell’umanità. Tutto questo è il contrario all’imperativo kantiano di non fare ad altro ciò che non vogliamo sia fatto a noi.

        Siamo chiamati a unire e non dividere. Qualunque sia il prezzo della solidarietà con le vittime collaterali e dirette della forze della globalizzazione che regnano secondo il principio Divide et Impera, qualunque sia il prezzo dei sacrifici che dovremo pagare nell’immediato, a lungo termine, la solidarietà rimane l’unica via possibile per dare una forma realistica alla speranza di arginare futuri disastri e di non peggiorare la catastrofe in corso.”

  7. Simone caro, ho lavorato in Medio oriente per tanti anni. Io le cosidette primavere arabe non le ho mai sostenute ideologicamente, sapendo i risultati che avrebbero portato. Mi semba che adesso sia troppo comodo, vedendo i risultati , essere dalla parte di chi se ne va. Io ho visto partire l 80% di uomini, e vi ripeto, essere dissidenti del governo di Assad. Con la vita non si scherza, ma abbiate rispetto di qste persone, sul serio, non quando fa comodo.

    • Io però Alberto non ho mica capito di cosa parli. Qual è il tuo pensiero su quel che ho scritto? Non su altro, possibilmente, che non ho detto.

  8. ” ma dai loro erano dei vincenti, tutt’altro che disperati, speranti migranti che ce l’avevano fatta, perché avevano avuto il coraggio di partire, di non arrendersi, e non erano morti per la via, e stanotte nessuno li avrebbe aggrediti, violentati, uccisi. Erano in salvo “…

    Voi state scherzando..il 90% degli uomini saranno dissidenti dell ´esercito di Assad.

    E qsti sarebbero eroi?..quelli che invece sn rimasti in patria a cambattere l Isis invece cosa sono ?

    • Non dire stupidaggini Alberto. Qui c’e’ di mezzo la vita. Mi rendo conto che con i livelli di attuale alienazione si faccia fatica a capire. Ma la prima volta che ti trovi in un paese in cui sgozzano, stuprano e uccidono, lascia un altro post. Diverso.

  9. Questi sono i nuovi “corsari”, “pirati” di oggi senza vascelli, ma con un carico di disperazione, speranza e paura. Questa è l’attuale storia del Mediterraneo. Questi sono i racconti del Mediterraneo di oggi!!
    Grazie, Simone!

    • Messa così ,non ci sono dubbi: per salvare la propria pelle ( la maggioranza dei “migranti” sono giovani uomini) non si è trovato, fino ad ora, un mezzo migliore della fuga. Chi può, fugge; chi non ha i denari per pagare i trafficanti, resta. Ci sono poi i giovani curdi e le RAGAZZE curde, che combattono per il loro popolo: ma questo è un altro discorso.

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