L’elencuccio

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Nell’elencuccio ci va anche la barchetta, ovviamente. Con la “e” aperta…

Paradossi. A poche miglia da qui transitano indisturbati (e preda degli scafisti) migliaia di migranti senza documenti, che passano frontiere su frontiere con il beneplacito della polizia. Qui invece, a Izmir, l’antica Smirne, non c’è un luogo dove fare dogana regolarmente per una normale barca a vela. Il mondo alla rovescia. Poi qualcuno si sente offeso quando tuono veementemente contro la burocrazia e l’assurdo di questa nostra società regolamentata (quando gli pare…). Invece che farsi prudere le mucose basse, provasse a ragionare su quello che scrivo, così magari fa un salto evolutivo verso la comprensione non già di me, ma di sé e del mondo in cui vive.

Basta dogane che bloccano i viaggiatori e favoriscono i trafficanti. Basta. E basta a tutto quello che è insensato e illogico, e che subiamo come fosse un karma inevitabile. Basta fare i finti tonti, turisti distratti, passeggeri eterei nel mondo pesante. Basta. Buddisti e varie anime belle diranno che non va bene arrabbiarsi. Barricaderi e nostalgici della lotta dura invocheranno l’indignazione radicale. Fate voi. Basta che siamo tutti d’accordo che quando osserviamo questo mondo vediamo un groviglio assurdo. Basta che questa nostra società non la difendiamo come fosse il meglio del meglio. Basta che ci togliamo dagli occhi la narcolettica indifferenza, sorella siamese del menefreghismo e dell’atarassia culturale. Se noi galleggiamo in un mondo che non esiste, tra il bar e l’ufficio, strafottendosene altamente del ruolo politico del giudizio dell’individuo (possibilmente colto) e di quello culturale della critica, non è affatto detto che la nostra sia l’opzione migliore, la più utile, la più doverosa.

Occhio, ma occhio vero, a non dormire sonni perenni. Se la vacanzina è andata bene, se l’investimentuccio ha reso più dell’inflazione, se nel prossimo programma di licenziamenti di massa non siamo inclusi per un miracolo, se la leggina sugli sgravi fiscali ci include, se il nostro figliolo è entrato nelle graduatorie dell’asilo pubblico (per miracolo o per spinta), questo non vuol dire molto. Fuori da questo elencuccio miserrimo c’è un caos di follie, un gomitolo di leggi idiote, una liturgia di stronzate planetarie con cui da un lato si crea il miraggio dell’elencuccio, e dall’altro la realtà di quando domani in quella lista non ci sarà niente. Dunque, datemi retta, occhio a fare i buonisti, occhio a non esercitare il dovere dell’osservazione e della critica. Occhio ad avere occhio. Anzi, a non chiuderli entrambi.

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8 pensieri su “L’elencuccio

  1. Rileggo “Adesso basta”, perché è un libro che si può rileggere. E ne ho regalata una copia a mio fratello. Il tutto nella speranza di piantare un semino buono dentro e fuori di me. Un semino “anti-elencuccio” (io lo dico con la e chiusa perché qui, nel mare che ospita la tua Mediterranea quando si riposa, si pronuncia così). Ciao Comandante.

  2. Dai tempi delle Torri Gemelle sostengo che questo è un Mondo sintatticamente sbagliato.
    Un Mondo che appare lasciato a se stesso e alla forza degli eventi a cui la Politica (sana, purulenta, buona o cattiva) non sanno dare risposta.
    E’ vero che le Dogane debbono essere abolite e che ci deve essere una libera circolazione di persone (di cose già esiste quasi dappertutto).
    Ma è altrettanto vero che io o il signore che attende l’emissione delle liste di accoglienza dell’asilo, o quello che guarda gli indici di borsa ogni mezzora abbiamo, hanno il Diritto si sapere chi è che viene ad abitare vicino a te.
    Se poi cucinerà peperoni la mattina presto pazienza. Se il suo prato non sarà più un prato pazienza. Se la sua auto sarà sporca e piena di ciaffi pazienza.

  3. Grazie Simone per quello che scrivi, soprattutto ieri 26.9, con l’elencuccio.
    Lo sai scrivere così bene…grazie, grazie, grazie. Io lo so solo pensare e impreco, maledico e…mi sento impotente, come singola persona, non faccio parte di nessun gruppo, nessuna organizzazione, men che meno partito o altro, mi sentirei soffocare solo all’idea. Ma la singola persona è niente, è nulla, purtroppo.

  4. Non so se avete sentito di quel bimbo afghano di 9 anni. Aveva perso i genitori e poi anche la sorella. Ha provato a “suicidarsi”. Avete letto bene… Cercava di “tagliarsi le vene”, o forse, chissà, di farsi del male, e urlava che voleva morire. A 9 anni.

    Gli elenchi diventano “elencucci” nel momento in cui tutto andrebbe “riproporzionato”.
    Il mio specifico problema di non aver trovato posto per mio figlio, a suo tempo, in un asilo nido statale e di doverne pagare uno privato, rispetto alla notizia con cui ho esordito in questo post, è una quisquilia, una cosa da niente, una banalità.
    Ma evidentemente non è così. Questo “malfunzionamento” sociale che impone a una donna una scelta paradossale (pagare un nido privato con il proprio stipendio pur di mantenersi il lavoro) è chiaramente una cosa sbagliata. E non smette di esserlo. Ma queste sono le “basi” da cui partono i lunghi elenchi ai quali vengono aggiunti, man mano, e ormai quotidianamente, voci che peggiorano il “quadro di insieme”, che, in sintesi, ci dicono, chiaramente che stiano andando in una direzione sbagliata…. Il problema rimane sempre quello di rimanere indifferenti, freddi e impassibili rispetto a qualcosa che non a te ma al tuo vicino di casa…figuriamoci poi se le notizie riguardano qualcuno di cui non sappiamo nulla, che vive a kilometri di distanza. E la scusa, l’alibi, è sempre lo stesso: “che ci posso fare io? ho già i miei problemi… Non posso occuparmi anche di quelli degli altri”. Fino a che non diventerà evidente che quegli “altri” siamo noi… niente potrà cambiare. Fino a che passiamo il tempo a uccidere l’empatia, a evitare di provare qualsiasi emozione rispetto a quello che succede appena “più in là”, continueremo a coltivare il nostro lindo orticello, pensando e sperando di diventare invisibili… o forse di esserlo già…E allora mi viene in mente una frase letta da qualche parte…. “Avviate almeno il coraggio di impazzire!”…

  5. Ho imparato da tempo a non avere la presunzione di cambiare il mondo e men che meno chi mi circonda, mi impegno nella quotidianità a far del mio meglio riconoscendo i miei limiti e difetti.
    Viviamo un’epoca fatta di miseria e povertà intellettuale, mediocrità diffusa ed ignoranza, vivere, a volte diventa snervante, occorre smarcarsi più possibile e mantenere i nervi saldi.
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