Ho detto troppe cose mie, ho fatto troppe cose che spargevano benefici intorno, ho agito troppo spesso per primo, invece di aspettare che altri facessero la loro quota di fatica, ho insegnato troppo e tutto quello che so, come se fosse gratis, ho coinvolto in sogni troppo belli, vissuti come fosse normale esserci, ho consolato troppo, ho sostenuto troppo, sono stato troppo attento alle parole utili in quel momento per quella persona, ho difeso troppo, in loro assenza, senza essere difeso, in mia assenza, ho ricevuto troppe confidenze, come se fosse normale riversamele addosso, ho risposto troppo velocemente a troppi messaggi, come se fossi sempre pronto per chi mi scriveva, ho lavorato troppo perché qualcuno avesse benefici tangibili (un lavoro, del denaro, un insegnamento, un’opportunità), ho dato troppo spazio, per includere, per far partecipare, ho dato troppe attenzioni gratuite, come se vi fosse qualcosa a cui prestare attenzione, ho offerto slanci e entusiasmo troppo intensi, e troppo spesso, ho mantenuto troppo aperte le porte, anche quando dovevano essere chiuse da tempo, ho donato cose di valore, rare, preziose, anche quando capivo che venivano prese per moneta corrente, ho preso parte a troppe cose di altri, come se fossero interessanti, ho detto troppi sì, troppo pochi no, e poi troppi no, troppo pochi sì, a seconda dei casi, quando invece no e sì potevano essere in quota più prossima a quel che mi conveniva, e poi, soprattutto, ho pensato troppo, a troppe persone, troppo intensamente e autenticamente, collegando davvero i miei stati d’animo a qualcosa che non ero io, ma loro, tenendo troppo a poca cosa.
Di solito, quando faccio questo elenco, penso sempre che comunque lo rifarei…