Quarta

tatuaggio

Motivo ispiratore: il Mu-Ga giapponese. L’empty mind. Un cerchio vuoto che racchiude e focalizza. Sul mio braccio.

Fortezza libertà resiste. A gennaio sono otto anni, di cui almeno sei per smaltire le tossine della vita precedente. Fuori è cambiato tutto subito, dentro no. Ci pensavo stamattina, notando che anche solo andare in auto per me è diventato poco concepibile. Lo faccio per necessità quando devo, ma ormai percorro meno di 600 km l’anno in macchina, e quando osservo che milioni di persone in auto ci vivono ore al giorno, ho una delle misure del mio cambiamento. Se lo traduciamo in soldi lo capiscono anche i soliti money-maniaci, anche se il senso, al solito, è un altro.

Grandi riflessioni sul futuro, anche organizzativo-logistiche, in questo periodo. Mi sento meglio, sto scavallando questi due anni durissimi, crisi finale di rigetto tipo il Cristo nel Getsemani. Cose che, ho notato, interessano poco i miei interlocutori, giustamente presi dai loro anni durissimi. Io però mi sono stancato di dolermi e ora penso a me. Oggi, col dentro che ha fatto il suo corso, posso lavorare al fuori con maggior titolo. Ne deduco che: per quanto ne fossi cosciente e ne facessi un’alta bandiera, ho cambiato il fuori prima del dentro. Errore, prenderne debita nota. Mi accorgo anche che quando ne parlo tutti fanno sì con la testa come a dire “certo, certo, ovvio…”. Altra nota: battaglia persa, fine delle spiegazioni, tanto nessuno capisce. La vita corre ma o lo sai oppure la perdi. Non si può spiegare a nessuno. Score di questi anni, comunque: 8-0 per me. Punteggio ragguardevole. Ognuno calcoli il suo.

Cresce la voglia di fare due cose: costruire (da un lato) e svuotare (dall’altro). Costruire: strade, percorsi, roba che stia in piedi, che duri, anche cose concrete, oggetti grossi, forse enormi. Svuotare: togliere da dentro quel che non serve, focalizzare, circoscrivere, rendere armonico, circolare. Il passaggio dalla mia prima vita alla seconda sortì un tatuaggio dello Spray (la navigazione, spalla dx); il passaggio dalla seconda alla terza, una penna d’oca (la scrittura, spalla sx); quello dalla terza alla quarta un cerchio (foto sopra, avambraccio sx). Se continuo a cambiare vite il mio cadavere somiglierà a quello di un maori, o a una carta nautica, piena di canali, isole, approdi, mede con miraglio. Quanto alle rotte segnate… impossibili da interpretare.

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9 pensieri su “Quarta

  1. Ciao Simone ti scrivo dal mio ufficio,giornata pesante, come tante altre.
    Si corre,problemi,un marasma di leggi e regolamenti,nuove procedure,il pc che dà problemi con la stampante nuova. Il capo (che è una donna) oggi è particolarmente nervoso(a). Meglio non contrariarla. Io ho la pressione un pò alta. Meglio non sforzare le arterie. Starò qui fino alle 14 oggi. Poi si pranza in piedi al bar perchè per campare e tirare a fine mese si fa il secondo lavoro. Di stipendio prendo poco. Grande città. Mutuo. 2 figli adololescenti. Non bastano. Lavoriamo in due ma non basta uguale. Inizio nuovamente alle 15 più o meno. Fino alle 18 circa. Tutto dichiarato. Tasse pagate al 100%. Poi spesina veloce e di corsa a casa a fare la cena per 4. Mi piace cucinare. Poi alle 19 riesco per accompagnare mio figlio in palestra. Lo sport fa bene. Almeno non stanno per strada e si scaricano. Poi tornerò a casa dopo un 15 minuti di traffico. Mia moglie e mia figlia saranno appena tornate da pattinaggio artistico. Saranno stanche,affamate e magari pure nervose. Anche perchè c’è da finire i compiti. E stirare per domani. Sicuro. A casa si comunica veloce. Problemi sul lavoro. Le spese di condominio. La rata del dentista da pagare per l’apparecchio di entrambi i figli. Un bonifico da fare online. Allora le ragazze cenano e si finiscono i compiti. Io aspetterò il maschio che andrò a riprendere alle 21. Torniamo a casa,lui farà la doccia,scambieremo qualche parola e poi si butta giù un boccone insieme. Facendo i conti con i miei 48 anni tiro le somme e sarò stato in giro dalle 7,15 di mattina alle 21,00 di sera. In mezzo alla gente, ma quasi sempre da solo. Anche scambiare qualche pensiero con i familiari è un’impresa tra scuola,lavoro,impegni sportivi,amici,compiti e social network. Si tira avanti la baracca perchè a casa ci si vuole bene. E poi perchè è giusto così. La famiglia e i figli prima di tutto. Siamo o non siamo la spina dorsale del paese? Chi li manda avanti gli aereoporti? E gli ospedali? E le scuole? E i ministeri? Noi. Un grande paese siamo. paese che è fatto anche dei nostri anziani, che dobbiamo accudire,accompagnare,sostenere (anche economicamente) perchè non è giusto lasciarli da soli,anche e soprattutto quando sono malati di roba tosta. C’è affetto e riconoscenza. E poi almeno loro hanno il tempo e la voglia di parlare! E di farsi i tatuaggi. Mia madre 79 anni ha fatto il suo primo tatuaggio l’altro ieri. Un simbolo e il nome di mio padre che ci ha lasciato tre mesi fa (dopo due anni di dura lotta, da grande uomo). Ora mia madre ha deciso di andare a vivere alle Canarie. E non vuole sentire ragioni. Anche lei cambierà vita. Io invece ora vorrei fare una doccia. Certo adesso non posso. Ma sarebbe stato bello.

    • Caro Gianluca, per prima cosa…hai una mamma da “sogno”, come direbbe il nostro Crozza-Briatore… Sembra molto in gamba e appoggio totalmente, per quel che vale, la sua decisione di trasferirsi alle Canarie…
      Per il resto, mi sono identificato con facilità in molte delle tue attività quotidiane. Il “mezzo” lavoro-alienante da una parte e la “vita” famigliare dall’altra. Io vivo sola con mio figlio, adolescente. Ricordo però perfettamente le mie “corse” all’asilo nido prima e poi alla scuola materna. Le mie richieste di cambiamenti di orario a lavorare per “ottimizzare”, per “tenere insieme” il tutto che ti fanno arrivare a sera prostrato, stanco e nemmeno in grado, appunto, di farti una doccia…. Ricordo i pianti, ricordo le telefonate fiume con l’avvocato, il terrore di perdere la casa….di non riuscire ad arrivare, non riuscire ad essere….
      Metà “lavoratrice”, metà “madre”…e la “donna” persa letteralmente per strada, pensando, un giorno, di recuperarne almeno i cocci e di avere la pazienza di rincollarli proprio come quella tecnica giapponese…. E sai che c’è? Non funziona. Le persone non subiscono lo stesso trattamento degli oggetti. Quello che è perduto è perduto, per sempre. Il tempo passa e diventi un’altra persona, inevitabilmente ti trasformi e non sempre ti piace quello che vedi. per quanto sai, perfettamente, che non avresti potuto fare di meglio, che ce l’hai messa tutta. Non so se tutto ciò si possa definire “normale”. So quello che mi è stato inculcato: sii responsabile. E forse sì, sono quell’albero che esplode dentro una notte liquida e nera …(quello di un post di feisbuk di Simone), quello che non si sposta, che rimane sempre lo stesso ma non per “partito preso” e nemmeno per debolezza… Un albero che ha protetto, per quanto ha potuto, con grande forza e costanza, le proprie radici che hanno scavato senza sosta in cerca di acqua e di risorse.

      …In assenza totale di tatuaggi sul mio corpo, la parola rilevante per me, di questo post, è “focalizzare”… mettere a fuoco…riposizionarsi, ritrovare il proprio fulcro, il proprio baricentro, forse la propria “essenza”, in un momento dove tutto quanto è massimamente destabilizzante.

    • Gianluca, splendido commento-racconto, il tuo. Bel ritmo, bella ironia, e pure tante cose non semplici tra le righe. Uno spaccato tragicomico, come spesso sono le nostre vite viste da fuori. Molte cose vere e giuste, dici, ed anche, permettimelo, un quadro che forse fa riflettere. Abbiamo fatto tutto bene, tutto come rifaremmo? non sono un po’ tante cose? O forse no, sono giuste, per numero e peso… Ognuno si dà la sua risposta. Io non ho la forza che hai te, dunque a me suonano massacranti. Ma quel che conta è starci dentro a pennello, o quasi.

  2. Per il tempo che vivi, mostrati e non addolorarti affatto. La vita è per poco, il tempo esige il compimento.

    Oggi ho letto questa frase..mi è piaciuta e la condivido con voi.

    • “Mostrati” e “compimento” sono due termini molto forti. Quanti si “mostrano” (a se stessi, avvengono, occupano il loro effettivo spazio)? E quanti si “compiono” (consumano se stessi liberando energia che rende fatto)?

  3. ” costruire (da un lato) e svuotare (dall’altro)”.
    Detta così non ci avevo mai pensato.
    Già costruire è complicato.
    Sapevo già che il solo volerlo non basta. Occorre una vera forza propulsiva che solo lo slancio iniziale può dare.
    Questo pensavo fino a poco tempo fa.
    Adesso un’altra idea si sta facendo strada.
    Rimane sempre fuori cosa fare dall’altra parte.

  4. Concordo su tutto… vedo le mie riflessioni sul futuro, la durezza delle mie scelte (a modo mio, mi dicesti, e così cerco di fare), penso a ME sempre di più. La vita corre e la cosa mi angoscia di per se senza troppo pensare alle cose da fare. Costruire: il futuro via da qui delle mie ragazze che prevede sforzi tra i quali quello economico è l’ultimo ma sarà una cosa che dura più di ogni strada o torre. Svuotare: oggetti che non si usano (mai veramente usati?), tempi morti, pensieri inutili. Ecco, finisco qui i pensieri che come sempre un tuo scritto stimola in me…. manca però una riflessione, in completo disaccordo con una tua frase. Dici “i miei anni durissimi che poco interessano i miei interlocutori”. Mai altre volte nella vita mi è capitato di cercar di capire così tanto una persona che ho conosciuto così poco personalmente ma che così tanto ha influenzato la mia vita. Poche parole scambiate, pochi rapidi importanti incontri, letture di pensieri… beh questo mi basta per poter dire che tu mi interessi per quello che fai ma anche per i tuoi stati d’animo che, quando sento “diversamente felici” provocano sincera preoccupazione. Penso che posso, da egoista al cubo, preoccuparmi di te proprio perchè mi hai insegnato che le mie cose “durissime” per le quali soffrivo spesso erano tutte balle! Un pensiero quindi a te, navigante, mi sembra il minimo di riconoscenza.

  5. Oggi è il mio compleanno e inconsciamente mi hai fatto un bel regalo con queste poche, pesantissime righe! L’altro giorno avei citato questo Mu-Ga come fosse uno slogan, un cartellone pubblicitario, un vestito da mettersi addosso, un contenitore vuoto ( il fuori ). Oggi hai messo davanti quello che sta dentro al contenitore, sotto il vestito, il significato che tu dai a questa filosofia. E questo, credo non solo a me, piace! Ottimo vento direi!

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