Non si sono trovati

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Per anni, essere stati sulle nuvole. Di altri.

In questo momento nell’anno accadono generalmente delle cose, si fanno incontri Ad esempio con persone che emergono da tempi sconfinati, perduti nella memoria, simboli di una vita che non è più la mia da decine di anni. Volti e parole (sempre le stesse…) che pure sono vissute in quel tempo, sono state fiato, vibrazione, tentativi di significato.

Le guardo, queste persone, penso a cose care mentre parlano, poi colgo una parola, m’impegno perfino a rispondere. Mi guardano come un oggetto sconosciuto. Fanno fatica a farmi domande, hanno paura (di che?), forse non vogliono ascoltare quello che potrei rispondere. Allora lo faccio. Lascio trapelare qualcosa dei miei mondi: il silenzio del fienile, le baie all’alba, il parnaso favoloso della mia fantasia, la mia libertà, i cambiamenti a venire. Vedo che i loro occhi si perdono, vacui, lasciano ciò che vedono per sfiorare ciò che non vedranno mai. Rimuginano le domande che dovrei far loro, che non faccio tuttavia, forse s’indispettiscono per le persone di cui dovrei mostrare curiosità, e di cui invece non ho mai voluto più sapere nulla. Essermi mosso, l’essere salpato per orizzonti instabili, lontanissimi, perdendomi, non ha cancellato solo il me che ero, come se alla partenza di qualcuno che ci riguarda terminassimo anche noi di esistere, almeno per ciò che eravamo in sua presenza. e se non ci fosse altro?

Vanno via, alla fine. Tornano dove stavano, da dove non si sono mai mossi. In me non hanno trovato il passato in cui mi facevano risiedere. Non si sono trovati.

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8 pensieri su “Non si sono trovati

  1. Qualche giorno fa incontro uno dei miei fantasmi. Vado nella sua tana. Non so cosa mi abbia spinto a farlo. Dovevo esorcizzare una parte di me, credo. Una parte rimasta indietro. Dovevo farle tendere una mano dalle parti che, nel frattempo, avevano progredito. Così… l’ho fatto.
    Non pretendo che questo possa aiutarti a capire cosa sia accaduto: questo è un intervento egoista, Simone. E me ne scuso. Ma lo appoggio delicatamente qui. Perché, come al solito, scorgo assonanze… e incredibili sincronismi.
    Cerco quella persona. Ma, un po’ bastardamente, faccio in modo che sia lei a trovarmi. Le offro persino un caffè. Voglio essere gentile con i miei dèmoni. Voglio esser loro grato.

    Tutto il resto è esattamente come racconti tu in questo ennesimo, gigantesco post: i “tentativi di significato” vogliono appiopparteli loro. Con loro arroganti protocolli predefiniti. E tu cosa puoi fare? Cosa ho potuto fare… io? Ho potuto solo avere… compassione. Ho teneramente accarezzato i miei dèmoni. Li ho lasciati dire. E fare. E insinuare.
    La mia strada è un’altra, adesso. Distante da quella che è ancora la loro. Da quella che era la mia.

    Grazie per lo spazio, Simone. Un abbraccio. Buon 2016.

    • Grazie andrea. Anche epr il non detto, che lascia a me tutto lo spazio per immaginare. Che e’ un ottimo strumento per capire. Buon anno a te.

  2. Io la chiamo, quando la provo io, la mia sindrome della straniera. In alcune sensazioni e pensieri mi riconosco molto in quello che dice Simone ma, ahimé, anche ancora in quello che dice Barbara. Quando mi ritrovo con alcune persone, magari le conosco oppure no, mi sento lontana, da un’altra parte. Può capitarmi con ex colleghi ma anche in fila al supermercato circondata di alieni.
    Riconosco di essere partita da lì e so che in quel punto non ci tornerò perché non è più il posto che sento mio. Però, una sensazione ancora di disagio (ma non so se dovrei davvero chiamarlo così) la sento anche con quelli che mi somigliano di più. O forse dovrei dire quelli a cui io somiglio di più. Quelli che mi sono vicini magari, anche molto vicini ma hanno fatto strade e percorso sentieri che li hanno portati molto più avanti da mille punti di vista. Così mi ritrovo straniera un po’ dappertutto e non ho capito esattamente se in fondo può essere anche quella una bella identità, completa di per sé. Voglio dire di poter anche desiderare di restarci in terra straniera e va bene così. Un po’come un’esploratrice, una pellegrina, una viandante, non so. Forse l’idea sbagliata è stata di pensare di raggiungere qualche luogo mentre probabilmente il punto era solo partire… Non so.

  3. Mondi ormai diversi che non presentano intersezioni comuni, se non a quel livello di cose molto superficiale. O forse neanche a quello, data la quotidianità così diversa, figuriamoci su questioni esistenziali.
    Difficile da accettare, per entrambe le parti. Ma forse per chi è pronto e ha scelto di propria volontà è un evento per cui si è preparati. Per chi certe scelte le subisce, e delle quali non conosce le misure, risultano incomprensibili per mancanza di esperienza, è più difficile farsene una ragione. A meno che la vita non abbia già addestrato così bene a lasciar scivolare tutto, senza stridori nè domande, perdendo a profusione pezzi di sè, che vivevano solo grazie alle circostanze…

  4. Chi cerca trova, chi non vuol cercare non trova nulla.
    Ognuno agisce come ritiene giusto, l’ importante è rispettar le regole seguendo diritti e doveri.
    Non capisco perché dovrei occuparmi e preoccuparmi delle reazioni altrui, considerato il fatto che non ho la presunzione di modificare il pensiero del prossimo.
    Generalmente si raccoglie ciò che si semina.
    Traduco: non si son trovati e quindi?
    Vale

  5. Conosco questa sensazione. Dal 2 novembre sono stata sbalzata malamente fuori dalla ruota del criceto. E forse, proprio come lui, toccato terra, mi girava vorticosamente la testa. Ero (e sono ancora in qualche modo) parte di un ingranaggio cigolante, rumoroso, fastidioso… dentro ai ritmi di bus e metro’ (andata e ritorno …in circa due ore, due ore e mezza), poi cucinare velocemente per il figliolo che torna da scuola e via con i compiti…poi di nuovo cena, piatti da lavare e poi …l’amato fine settimana…cosi’ per gli ultimi 15 anni da quando mi sono separata (gli altri 15 leggermente diversi…). L’ultimo anno, violento nei modi, nelle parole e nei gesti di quelli con cui condividevo tutti i giorni della settimana per almeno 6, 7 ore al di’…come una medicina, meglio un veleno. Dosi da cavallo … ma dovevo salvare il mio ‘posto di lavoro’, la mia collocazione nel mondo. E non importa se ogni sera aprivo la porta di casa piangendo… buttandomi giu’ un po’ di gocce di moment… sai, il mal di testa… Poi qualcuno ha deciso che bastava cosi’. Forse lo dovrei ringraziare, chissa’…. Ora, quando raramente mi capita di sentire una mia ex collega che mi descrive quei luoghi, quei gesti, quell’assenza, mi pare di essere gia’ cosi’ lontana e faccio fatica a ricordare. Come un trauma. Sto ‘rimuovendo’ o ci sto provando… Io non sono ancora ‘altro’ e temo di dover ancora tornare su quella maledetta ruota… Intanto oggi pero’ mi sono fatta un giro su un’altalena, ho visto piccole margherite ancora socchiuse tra l’erba bagnata … e ho finalmente respirato…..

  6. A prima botta leggere questo post fa venire un po’ freddo. Poi invece a ripensarci quasi scalda, perche’ uno pensa ‘che fortuna non essere piu’ li’. Ma tutto sommato anche questo finale non e’ soddisfacente e l’ultima scena (per me almeno) rimane aperta fino a quando, in un tempo non ben definito, uno di loro si fara’ coraggio e porra’ le domande a cui puoi rispondere. Allora li’ sara’ bello ritrovarsi e condividere, anche solo per un breve momento…

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