Boschi, sentieri e porte

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Cartagena, pochi giorni fa.

Secondo Oliver Burkeman del Guardian, stando al numero di ricerche effettuate su Google, la poesia “La strada che non presi” di Robert Frost (quella sul sentiero che si biforca nel bosco) è la più famosa della storia moderna. Con qualche salto acrobatico, Burkeman arriva a parlare della famosa “crisi di mezza età”, definendola come un momento di svolta obbligato dovuto al fatto che la nostra condizione di uomini e donne è immutata da sempre mentre la vecchia vita sembra non avere più senso. Ne occorre una nuova.

Frost, nella nota poesia, pare ad alcuni volutamente imperscrutabile. I due sentieri si somigliano, nessuno dei due è vergine; nessuno potrà dire, se non troppo tardi, quale fosse la scelta migliore; tutto sommato, le cose nella vita si equivalgono, dunque è inutile sbattersi eccessivamente; le decisioni cruciali possono anche palesarsi irrilevanti (o cambiare tutto). La cosa migliore del pezzo di Burkeman è la chiusa: “Comunque, non è per fare il guastafeste, ma nessuno esce mai vivo da quel bosco”.

Pensavo a questo poco fa, trasportando legna dal bosco verso il Fienile. Accidenti alla Liguria che non ha un metro di pianura, solo salite (e le salite, solo in Liguria, non diventano mai discese). Sono qui per una scelta che ha cambiato ogni cosa nella mia vita, o quasi. Dunque i miei mostri quotidiani cosa sono: l’occulta vita che non avrei mai fronteggiato? E sarebbe stato meglio o peggio non scegliere? Oppure segnano il confine che avrei dovuto attraversare comunque? Sfide diverse, per una diversa vita, o vita diversa per identiche sfide? In sostanza: cambiare ogni cosa della mia esistenza che valore ha avuto? 

Conosco un uomo assai ottuso, una specie di mulo che sbatte testardamente contro una porta serrata sostenendo che sbaglia lei ad essere chiusa. Il suo problema è tutt’altro, ma lui non lo saprà mai, non ci arriva. Dunque cambiare sentiero, con buona pace di Frost, serve a smettere di sbattere la testa sulla porta sbagliata? E sbattere la testa su una porta giusta, fa meno male? Direi di no, almeno fino a che non la buttiamo giù. Solo che fino a che non cede somiglia in tutto e per tutto all’altra.

Nel bosco mi sono fermato, ansimante. Non c’erano sentieri che si biforcano. Semmai, parecchie porte. E la testa mi faceva un po’ male.

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25 pensieri su “Boschi, sentieri e porte

  1. Simone, sarei curiosa di una tua rielaborazione in chiave narrativa del testo della poesia piuttosto che l’articolo del Guardian che sembra un po’ generico sopratutto nella chiusa per certo ovvia.
    Credo che possa generare piu’ chiare ed entusiasmanti riflessioni, aggiungere la tua luce all’oscurita’ del testo, sopratutto considerando il tuo vantaggio esperienziale non solo nel aver scelto la strada ma nell’averlo fatto con iniziale consapevolezza.
    Avevo letto Adesso Basta appena uscito in un momento critico della mia vita, poi non ti ho perso di vista e ho continuato sullo stesso cammino in cui mi trovavo. Oggi sono davanti ad un bivio decisamente ancora piu’ critico, e volevo confrontarmi.
    Non ho letto nulla di te da allora quindi scusami se magari ti chiedo riflessioni che hai gia’ sia maturato che espresso, ma il riferimento alla poesia di Frost mi e’ piaciuto ed ero curiosa di esplorarla un po’ di piu’. Questo tuo post suona un po’ scoraggiante purtroppo, ma forse leggo male. Quel gran dolore alla testa sembra che ti leghi ancora a quel bivio, ai ripensamenti, al come e perche’ scegliere, all’idea che il senso di tutto-vita sia li’ davanti ad un bivio, quando invece il poeta suggerisce che una strada porta ad un’altra, e tanto fa’ abbandonarvisi visto che solo troppo tardi potremo capire -forse- se sia stata quella giusta, cosi’ tardi che non servira’ a nulla e quindi ben meglio abbandonarsi all’incidentalita’ della vita. Si’, certo tutti possiamo soffrire della nostalgia per la perdita delle opportunita’ ma per non rimanere intrappolati in quella nostalgia inutile, tanto importante e’ lo spirito con cui ci poniamo davanti al bivio, con la leggerezza delle discese mentre si sale, lascindoci andare con un passo forte.

    • Marcelle, il bivio ha una caratteristica: non puoi non scegliere. E anche un’altra: non puoi sbagliare. Noi scegliamo sempre nel modo migliore, perche da animali razionali abbiamo sia mente che istinto, una macchina perfetta. Solo che spesso sosteniamo di esserci sbagliati, che l’altra strada era meglio, etc. Ma non e’ cosi. Dunque sereni, sempre. Scegliamo, alla fine, e quella scelta e’ sempre giusta. Semmai cerchiamo di accettare di essere diversi da quel che pensavamo. Fossimo stati altri, altre sarebbero state le scelte. Ma siamo così. Ciao!

      • apprezzo davvero chiarezza e sintesi, ha il dono di lasciarsi ricordare!
        mi concentro su quella serenita’, chissa’ che cosi’ non mi accorga neppure di passare il bivio. grazie, ciao!

  2. Simone, non trovo la casella giusta per rispondere al tuo commento nella posizione esatta, quindi lo faccio qui.
    Il problema non è che io e te non ci capiamo, perché, io credo, che invece debba essere possibile, o almeno lo spero ancora vivamente, esprimere opinioni che non siano sempre in perfetto accordo ma che, anzi, possano stimolare la discussione, senza scadere nel banale, possibilmente, e senza perdita di tempo per nessuno, certo… Non sono argomenti “facili”, quindi penso sia legittimo e quasi indispensabile. porsi delle domande. Non sono io, in questo caso, che parto da “fuori”, sono i diritti umani fondamentali che lo sono, per loro stessa natura (come dici anche tu “naturalmente”). E’ solo su questo che ragionavo. Io metto in correlazione il “fuori” con il “dentro”, non escludo né l’uno né l’altro, perché penso che dovrebbero e potrebbero coesistere. Cerco quindi di trovare un punto di equilibrio tra i due concetti proprio perché non li reputo antitetici e perché continuo a pensare all’essere umano relativizzato ad un contesto e alla convivenza con altri esseri umani.

    • Ci mancherebbe Barbara! E chi negava la possibilità di confrontarci tra opinioni opposte?! Qui proprio mai, dovresti saperlo. Resta che la pensiamo in modo antitetico. Ma non e’ grave. Ognuno a suo modo. Prima tutta la parte nostra, poi il resto. Io la penso così

      • ….Se scrivi “non ci capiremo mai”, blocchi di fatto la comunicazione, volente o nolente… Poi io sono” testona”, come sai bene, e rispondo ribadendo il mio “diritto” di dirlo…ma se non se ne discute, ovviamente, rimangono solo 2 opinioni diverse, dove la mia è sicuramente meno autorevole della tua…
        E comunque ,,,,,,,,uno può, forse, lasciare la terra dei fuochi …(come uno “può” scappare dalle bombe in Siria), ma ciò non legittima l’avvelenamento reiterato e impunito né tantomeno il bombardamento e la totale distruzione di una città. Per non parlare del fatto che i prodotti agricoli della terra dei fuochi (la mela cotogna, per esempio, di cui va ghiotto il mio “amico” Saviano o la mozzarella di bufala…) arrivano sulle nostre tavole…Come vedi la “tracciabilità” diventa una lunga scia di sangue e da questo non c’è modo di fuggire…

        • ammetterai barbara che facciamo sempre lo stesso discorso. Sembra un dialogo tra sordi. A me interessa, nell’ordine:
          1) fare io tutta la mia parte (guarda che è tanta eh…), senza la quale qualunque discorso sul mondo è delegittimato dal punto di vista etico e filosofico
          2) dopo (non contemporaneamente, dopo.. o almeno a processo assai avviato) occuparmi della società, della politica, di lamentarmi di ciò che non va e non funziona e dovrebbe essere modificato.

          Considero vagamente immorale e certamente dannoso lamentarsi, chiedere che i politici vadano a casa, stigmatizzare come va il mondo, da come vengono trattate le donne fino alla filosofia della decrescita, PRIMA di aver davvero imboccato il cammino del cambiamento come individui, massicciamente, radicalmente, con pensieri ed azioni.

          ERGO, di fronte a ogni questione relativa al cambiamento, non potrò mai essere d’accordo col discorso che periodicamente fai, perché sovverte questo ordine morale: io – il mondo.

          Il mondo va male proprio perché questo ordine morale è sovvertito.

          In questo senso dicevo “non ci capiremo mai”, che è definizione iperbolica in uso per accentuare una differenza sostanziale tra le posizioni. Dunque non un dissenso circoscritto al tema, ma al metodo.

          Ovviamente, ognuno fa bene a sostenere le proprie tesi. Se ne è convinto. Ciao.

          • Né sorda né, tantomeno, a-morale. E nemmeno lamentosa e vittimista. Ognuno ha la “sua” storia, unica e personale e, magari, anche, privata.
            Negli ultimi 15 anni non ho mai smesso di lottare e di pensare che ciò in cui credevo profondamente fosse la strada giusta. I miei interlocutori, ex-interlocutori ormai, non la pensavano come me. E’ quindi stata una fortuna incappare in un libro che, poco o quasi niente, aveva a che fare con questo. Un libro che si domandava dove fossero finiti gli uomini e, in un certo senso, anche le donne. La mia ricerca mi ha portato quindi a “tutto il resto”. Mi ha condotta fino a “Adesso basta”, “Avanti tutta”, e ai romanzi. Ho finalmente compreso come significasse “downshifting”, ma mi ritengo una principiante. Il “tema” però era centrato, era il “fulcro”, era e rimane, un modo nuovo, diverso, rivoluzionario, di intendere la realtà, “il fuori”. Era quello che avrei voluto dire io ma con parole molto più chiare e con l’evidenza dei fatti: qualcuno lo aveva fatto, ci era riuscito, e testimoniava tutto questo…Niente di facile, certo, niente di scontato: non attendere risposte dalla politica che non sarebbero arrivate e che, molto probabilmente, non arriveranno. Non consentirsi alibi e non raccontarsi cazzate, duro sì… Un percorso irto di ostacoli, pieno di sirene bugiarde e di controcanti. Ho osservato, a tratti, una stanchezza nel “dire”, ho sorriso e gioito per le provocazioni e per tutte le “stigmatizzazioni” di rituali obsoleti e finanche ridicoli (penso al video che hai pubblicato sui call center piuttosto che all’articolo su Expo e a tutti i messaggi pubblicitari…). Con tutto questo materiale non resta che costruirsi il proprio “puzzle”, incastrare le tessere, pensavo, non sarà poi così difficile. E invece mi sbagliavo. Può essere che il lavoro su me stessa, il mio grado di consapevolezza non siano ancora “maturi”. Può essere che io abbia ancora troppa paura di deludere me stessa. Solo una cosa è certa: ci sto provando. Per una serie di circostanze, quel poco lavoro che sosteneva un vecchio e consunto canovaccio, è “andato”… In un giorno di novembre, mi sono chiusa una porta alle spalle, ho sceso alcuni gradini …sapendo che sarebbe stata l’ultima volta e ho pianto. Mi è piombata addosso una stanchezza totale e senza contorno, infinita… In questo momento sono su quel sentiero che si biforca nel bosco…e sono anche nella “famosa crisi di mezza età”… Purtroppo ho perso per strada quell’entusiasmo, quella leggerezza, quell’ironia che mi ha sempre sostenuta. E’ come resettare un PC ma …più complicato. Ora mi sto occupando, intanto, di ripristinare “l’antivirus”, di provare a ripulire, con calma, i circuiti… Mi concedo, ogni tanto, ancora, di incazzarmi, di indignarmi per alcune cose… e penso di saper distinguere nettamente l’ “io” dal “mondo”, forse devo “solo” lavorare sul “metodo”.
            Ti ringrazio, comunque, per questo spazio che concedi a ognuno di noi. Ciao.

          • No, appunto. Il fulcro e’ il dentro. Non il fuori. Per questo dico che abbiamo due rispettabili visioni opposte.

  3. alla soglia dei quaranta, con la testa tumefatta, ho smesso di sbattere sistematicamente contro porte chiuse. Incredibilmente il coraggio di intraprendere nuove strade ha dato i suoi frutti anche se non immediatamente, anzi dopo periodi che addirittura sembravano più cupi di prima. Non sono mancati i momenti di riflessione sulle scelte fatte e le relative conseguenze ma mai ho avuto rimpianti per quello che ho fatto anche in quei casi dove il risultato sperato non è stato in linea con quello ottenuto. Occorre contestualizzare ed andare avanti. Le occasioni, fortunatamente limitate, di ripercorrere la vecchia strada con porte e finestre, ovviamente chiuse, si sono ripresentate ( non si cambia completamente dal giorno al domani) ma la consapevolezza di possedere un libero arbitrio ha permesso di intravedere altre strade altrimenti nascoste da nebbia. Che dire? Sono passati molti anni dalla prima svolta ma il cambiamento è continuo e assomiglio sempre di più alla persona che voglio essere.
    Importante punto di partenza, anche se alcune volte viene meno, è la profonda consapevolezza dei doveri, in mancanza della quale molto spesso si cade nel vittimismo.

  4. Anche per me è così.
    Ho faticato come un mulo per arrivare fino a qui, machettelodicoafare??
    Ora, di nuovo, un bivio.
    Da un lato vedo un’offerta di collaborazione in provincia di Trento che potrebbe immettermi in un circuito molto favorevole, culturalmente ed economicamente: inventare, costruire e coltivare un orto botanico da inserire in un parco già famoso, in mezzo ai monti, con circa centomila visite all’anno.
    Dall’altra parte la continuazione della mia vita veneta, quella dello svegliarmi al mattino e chiedermi “ed oggi che faccio per guadagnarmi il pane?”, e non sempre mi sveglio con idee brillanti. Qualche mattina vedo solo mostri intorno a me e, lo ammetto, me la faccio sotto per qualche ora.
    In entrambi i casi devo spostarmi, trovare casa, terreno, piantare di nuovo.
    Va bene, non è un problema. Ma che scelgo? Perché questa decisione va al di là della separazione dalla famiglia, dal sistema, dall’uso improprio del denaro.
    Ora che abbiamo tutta questa libertà, com, che ne facciamo?
    Dimmi la verità, tu che mi somigli un po’.
    Riconfermersti le scelte “in solitaria” o le condivisioni?
    Mumble mumble

  5. Davvero un argomento da 100 Mln.
    Un commento preventivo. Se PriLa, come credo, è una donna dovrei essere il primo uomo a commentare. E il ché la dice lunga.
    Si parla di strade, più o meno erbose. Si parla di Segni Zodiacali che sono sinonimi di tenacia e di coraggio.
    E già. Il coraggio.
    No. E’ un classico problema di Ricerca Operativa.
    Come ha detto e scritto qualcuno prima di me “..and the pursuit of Happiness..” essere felici non è un Diritto.
    Dovrebbe essere dentro di noi. Lo stare meglio che si sente sprizzare da ogni poro della pelle. Ci siamo. La stella che hai atteso è lì.
    Ricerca Operativa dicevo e cioè applicare quello che “sentiamo”.
    Sappiamo tutto. E quello che non sappiamo lo immaginiamo prevedendo con la nostra sensibilità quello che poi sarà e diventerà è.
    Allora si deve, si dovrebbe, andare.
    Poi le emozioni, lentamente, cambiano. Non ci si rende quasi conto di cambiare o di essere già cambiati.
    “riconoscere il confine ed avere il coraggio di attraversarlo..” sono importanti. Scegliere i tempi è fondamentale.

      • In che senso odi i diritti? Che va bene per la felicita’, concetto astratto, ostico, momentaneo e molto, molto individuale. Ma per la liberta’? Mi pare che piu’ di qualcuno ci abbia lasciato le penne per difendere questa possibilita’, per garantirla a chi non ha voce…. Nel percorso democratico della polis di Atene, sono state nenessarie riforme su riforme e, soprattutto, un, IL concetto di ‘uguaglianza’ che ha dato un forte impulso a tutto cio’….che poi da qualche parte si e’ incagliato…. essere contro i ‘diritti’ non diventa un concetto troppo ‘libertario’ che e’, a mio parere, alla base dello sfascio e del decadimento di questa nostra Societa’? Non aumenta una visione eccessivamente individualista e narcisistica del ‘sistema’???

        • al contrario Barbara. Alla decadenza si va dritti pensando che ciò che ci riguarda sia un diritto. Non parlo dei diritti umani fondamentali, naturalmente. Nè delle lotte necessarie, ancora, in molti paesi. Parlo di noi, che scambiamo i doveri con i diritti, facendo solo rumore inutile. La libertà è un dovere. La salute è un dovere. Il tempo è un dovere. L’amore è un dovere. L’equilibrio è un dovere. L’onestà è un dovere. La giustizia è un dovere. Il rispetto è un dovere. L’ascolto è un dovere.
          Si lotta consapevolmente per queste cose, ma non perché sono un diritto. Chi non ha queste cose, quasi sempre, non ha lottato, dunque non le merita.

          • Posto che siano presenti, attuati a attuabili, quelli che tu definisci i “diritti fondamentali”, cosa discutibile, se pensiamo solo, ad esempio ai rifugiati e, più in generale, alle donne, e se la salute è uno di questi, fondante e fondamentale, come il “lavoro”, che cita anche la nostra beneamata Costituzione all’art. 1, ti pare che nella Terra dei Fuochi, per fare solo un esempio, questo “diritto” sia presente? E ti pare che l’onestà o., peggio, la giustizia sia un “dovere” nel paese di Stefano Cucchi? Non lo è, purtroppo. e qui che subentrano urlando a gran voce i diritti che ogni persona ha, o dovrebbe avere, di farli rispettare SE per alcune persone, molte in verità, non è chiaro il concetto di dovere…. Non metterei in questo elenco l’amore e nemmeno l’ascolto. Cosa altra e diversa da salute, giustizia, lavoro, e…onestà. Ci sono principi e valori che dovrebbe essere fondanti in una Società che li rispetta. Se non lo fa è un problema che riguarda tutti, CI riguarda. Dati i fondamentali, la ricerca dell’amore, dell’ascolto e, anche appunto della “felicità” possono essere definiti doveri individuali, la cui ricerca dipende soprattutto dal singolo individuo che può liberamente decidere se “lavorarci”, se “spendersi” o meno, assumendosene le proprie. sacrosante responsabilità.

          • Non credo ci capiremo mai Barbara. Tu parti sempre dal ‘fuori’. Io sempre dal ‘dentro’. Il fuori e’ un processo, spesso utopistico, comunque orientato da mille fattori, tra cui noi stessi. Giusto fare e operare per coadiuvarlo. Ma il dentro pertiene del tutto a noi, cento per cento.
            L’impatto del ‘dentro’ sulle nostre vite e’ enorme. Quello del ‘fuori’ e’ minimo.
            In più, senza aver fatto l’intero percorso del ‘dentro’, e’ quasi immorale parlare del ‘fuori’.
            Mi limito a farti notare che dalla terra dei fuochi si può andar via. Dai propri mostri no.
            Quasi tutto ciò che dovremmo fare noi lo chiamiamo diritto e lo invochiamo da altri. Così proprio non va.

      • Bella la tua risposta.
        Mi hai spostato il tema di 180° ed hai ribaltato l’approccio.
        La Felicità non è un diritto ma un Dovere.
        Dovere di lottare per cercare, solo cercare, di averla.
        Si.

        • Pensaci Alberto. In Italia nessun libro vende 100.000 copie. O ne vendono tremila oppure se arrivano a 100.000 vanno oltre il milione. E’ un fatto di target e di scatenamento statistico del passaparola.
          Però “Adesso Basta” ne ha vendute quasi 100.000. Come mai?
          Lo sai perché?
          Perché quel che hai colto, e che ti è piaciuto, ha scatenato (insieme a mille altre cose) l’interesse di una minoranza della gente. Quella che può capire, sentire, condividere quel passaggio. Agli altri, quel passaggio fa male. Sposta la responsabilità su di sé. Non sul “nemico”. E questo non piace. Il passaparola si è fermato lì. interessante, vero?! E molto istruttivo.
          Ciao.

  6. Hai un tempismo perfetto! In questi giorni di fine e inizio anno, durissimi, dopo essere stata molto ferma al bivio a pensare e finalmente aver imboccato il sentiero della chiarezza e dell’onestà, più volte mi sono soffermata a pensare al perchè le cose non stanno migliorando, anzi a come lui, dopo la la mia presa di posizione, si sia inasprito e incattivito. Fronteggio quotidianamente bordate destabilizzanti e resto in piedi, frastornata, ma in piedi…e poi tu scrivi del toro e della fierezza, della dignità e io mi sento tosta, anche se la sera sono stanca…e ora dici, giustamente, che l’aver scelto questa via non mi renderà le cose più semplici, almeno non subito. Ma vedo che siamo in tanti ad aver bisogno di ghiaccio per i nostri bernoccoli e questo mi rasserena, non essere l’unica che lotta per ESSERE mi fa sentire meglio.

  7. Il cammino di un viaggiatore è lastricato di incertezze e possibilità. Lungo la via sapere riconoscere un confine ed avere il coraggio di attraversarlo è il massimo che possiamo chiedere a noi stessi.

  8. Interessante, ora che ho cambiato vita, il mio compito per il 2016 è capire quello che voglio veramente e senza sforzo, sono un’ariete sbatto la testa a priori!
    Spesso la mia testardaggine mi porta a combattere sempre a qualunque costo… Ora, dopo aver vissuto una settimana a Parigi proprio la settimana del 13 Novembre ho capito quanto sia sottile la linea che mi ha portato a scegliere una strada ed un ristorante piuttosto di un altro… Scelgo il sentiero che mi ha portato qui, è così facile cambiare tutto, è così stimolante un nuovo gioco, scelgo di essere coerente con me stessa mettendoci la giusta quantità di sforzo, cercando un equilibrio…

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