Non quando ci sei

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Devo pensare, riflettere come fare.

Mi sto rendendo sempre più conto del grande dislivello di vite che facciamo. Chi ha tempo, chi segue la mente e il cuore nella fitta concatenazione quotidiana delle emozioni e dei sentimenti, che seguono cronologie e tipologie insondabili, si ritrova solo. Chi ha da fare scorre, sbatte, si stanca, si distrae, parla, parla, parla, e poi si deve riposare, stanco. E quando ha tempo è distratto, si perde molte cose, soggiace a bisogni inevitabili, compressi nel tempo e nello spazio. La libertà rende spesso soli, costringe a vivere in sé e con sé i momenti che vorrebbe condividere, è soggetta a ritmi non suoi, che non può non rispettare. Costruire, progettare, o anche solo sentire, essere parte del flusso emotivo, sensoriale e psicologico che conduce non dove dobbiamo, ma dove siamo, non sono accessori, sono la vita, ed è dura poterla mettere in comune, raccontarla, farla e viverla insieme quando accade, perché bisognerà farla e viverla quando si potrà. Cioè quando, magari, quell’emozione non ci sarà più, e ci si dovrà sforzare. Neppure l’amore facciamo quando ne abbiamo voglia, tanto che spesso la voglia non ce la facciamo neanche venire quando non si può. E quei momenti di desiderio non tornano.

Incapaci di concepirci liberi, imberbi dell’autenticità, quasi non ci pensiamo a questo. Forse neppure lo sappiamo. Distratti da mille altri problemi, non immaginiamo che si possa esistere assecondando ciò che si sente quando lo si sente, o quando sarebbe bello donarci a chi sente, regalargli ciò che lui sente, nel momento in cui lo vive. Già riuscire ad avere tempo per fare qualcosa quando si può, ci pare tanto. Compriamo biglietti con mesi di anticipo: e se quel giorno non mi andrà di viaggiare? Prenotiamo ristoranti: e se non avrò fame? Rimandiamo a quando avremo tempo e modo l’amore, le parole, il nostro tempo finalmente “libero”: e se quella settimana avrò voglia di lavorare? Non si vive quando si è vivi, ma quando qualcuno ha deciso che è opportuno.

Ecco la lunga mano del sistema imperante, che ti raggiunge comunque, anche se ti sfili. Ecco dove prende le sue rivincite, costringendoti a essere solo quando vorresti qualcuno accanto, o quando ti porta a condividere le cose di maggior valore nei momenti “utili”, non nei migliori. E’ una tragica consapevolezza questa, su cui bisogna lavorare. Devo studiare, capire come sia possibile contrastare questo colpo di coda del grande scorpione dorato. Non può tollerare di essere stato battuto. Cerca, e trova, ogni giorno, la sua rivincita.

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25 pensieri su “Non quando ci sei

  1. Pingback: Non quando ci sei – di Simone Perotti | HubNews24

  2. Caro Simone,
    devo dirti sinceramente che avrei voluto scrivere questi concetti, se solo sapessi scrivere come tu sai fare. Talmente vero ed illuminante!

  3. Ciao Simone, …
    Sono un senzatetto ormai da 8 anni e da 2 ho una piccolissima pensione ed in più faccio qualche ora a voucher. Sto cercando di riscoprirmi con un blog http://vitascintillante.blogspot.it/?m=1 e un canale Youtube ( gabriele mei lives ) e volevo solo dirti che oltre che a scrivere come piacerebbe a me ( ma ho solo la terza media ) esponi Grandi Pensieri. È un piacere leggerti .
    Un saluto

  4. cresco, sempre uguale
    corro, e l’impressione è di camminare
    a rilento
    mi violento, tutti i giorni
    paradosso dirsi di volersi bene

    mi ritrovo nei luoghi di nascita
    nella semplicità della luce
    tra i limoni a costellare la vista
    a muntagna ca mi canusci
    mi visti nasciri e sempre idda mi talierà
    quannu moru

    ecco cos’è la liberta
    fare uscire la voce
    le parole, mie e di nessun altro
    agire perché c’è stata una emozione
    vivere le giornate degnamente
    esplorare perché poche sono le cose che so
    moltissime ancora quelle da scoprire

    l’esperienza di sé
    è capire come si è cresciuti
    ppi canciari strata

    un abbraccio

  5. Sei un attore, te lo assicuro, conoscendo il settore, purtroppo a volte Bari con te stesso e con il mondo intero, pazienza, ci siam capiti eccome, va bene così…
    Buon pom

  6. Ops, dimenticavo: probabilmente te lo avevo già confidato ma non dirlo a nessuno:
    Lavoro quando mi ricordo e vedo sempre di divertirmi qualsiasi attività svolga senza far danni a nessuno.
    Ti prego, non confondermi per un ” rentier”, non lo sono e raccoglierò solo il mio seminato.
    Ciao

  7. A tratti ti rendi buffo e dimentichi facilmente, coerente quando ti conviene e testardo come pochi.
    Un esempio: quando la tua barca, causa burrasca, si schiantò sul molo del porto in Adriatico, per te i quattrini non furono un problema, infatti utilizzasti anche quelli altrui, tramite una colletta…
    Scritto ciò, ” ti stimo fratello” come recita il tuo ex collega ed attore Giovanni Vernia, per il tuo modo pittoresco di vivere la vita.
    Ciao

  8. E’ un tema per me da sempre nodale, direi forse il tema fondamentale. Da quando lessi da giovane “Fuga dalla libertà” e riflettendo scoprii che molto banalmente la tanto desiderata libertà in pratica è come l’ossigeno puro da respirare. Tanto che, agognata da tutti, ma alla fine in moltissimi finiscono per scegliere vari tipi di sottomissione…..diluiscono l’ossigeno in modo tanto rarefatto quasi da farselo mancare pur di decidere e scegliere in prima persona per la loro vita. Svegliarsi ogni mattina e mettere tutto in discussione e non soggiacere a compromessi è durissimo e sfibrante tanto meglio far si che qualcuno scriva il copione per noi.
    Come dici tu fare esattamente ciò che si sente nel modo e nei tempi appropriati, consoni. Ma proprio sempre. E’ un’opera ciclopica. Ma doverosa secondo me! Ci sto lavorando e provando da una vita….

    • Avrai visto forse su facebook, i commenti di chi, terrorizzato che vi sia un’ipotesi di libertà, interpreta questo post come la conferma che non bisogna, che non si deve, che non ne vale la pena. Sono cosi terrorizzati che si possa, e dunque che loro anche dovrebbero, che in quel che scrivo trovano conforto. Pensa come stanno, pensa come ci fa paura tentare, sudare per provare la via della vita vera. Tutto giusto quel che scrivi. Ciclopica e necessaria.

  9. Il fatto è che non siamo stati creati per lavorare.
    Ma lavorare ci fa comodo.Assai comodo. Quando non addirittura necessario.
    Bottom-Up. Top-Down.
    Ma il Sistema di Vita ci è imposto. Imporre non significa dettare i tempi a colpi di tamburo come nelle galee.
    L’informazione è arrivata a proporsi lei stessa e a proporre i suoi prodotti che ce li fa addirittura desiderare. Altro che frustate.
    Dove e come se ne esce ?
    Conosco due vie.
    Quella singola. Quella personale. Quella di Simone che esce da tutti e da tutto, saluta e se ne va.
    O quella collettiva.
    Lavoravamo 60 ore a settimana. Poi 48, adesso 40, poi 35.
    Inoltre potremmo arrivare a 20, a 15.
    Tutti. Coinvolti e decisi per cercare di andare verso una qualità di vita diversa.

  10. Caro Simone, il “sistema imperante” siamo noi. I ritmi lavorativi, le regole del consumismo, ecc… sono il frutto di un processo graduale che, secondo me, è bottom-up e non top-down. La stragrande maggioranza delle persone è, in fin dei conti, rassicurata / confortata dalle routine, dalla collegiale vita d’ufficio, dalle istruzioni del capo, dal salario mensile. Avere pieno controllo sul proprio tempo e sulle proprie azioni ci metterebbe di fronte a domande del tipo “come impiego il mio tempo oggi? Perchè? Chi voglio essere e chi sono davvero?” ecc… Domande che per il 90% degli individui sono angoscianti se non terrorizzanti. Meglio quindi sapere che alle 9 ci sono dei colleghi che ti aspettano in ufficio per una riunione, sapere che le vacanze saranno ad agosto, identificare il nostro successo con il ruolo nell’organigramma e lo stipendio.
    Non credo, pertanto, che vi sia un sistema contro cui combattere. C’è da cambiate la natura umana!
    Con simpatia e stima, un tuo ex collega

    • Lo so bene Vincenzo, intorno a questo punto ho sempre girato e rigirato, facendone il centro della responsabilità e della “prestazione sociale” cui m’ispiro. Un saluto. ciao.

    • Vincenzo, sono parzialmente d’accordo, se un cambiamento potrà esserci dovrà venire proprio dal basso e restando dentro il sistema, combattendo contro il sistema. Occorre il coraggio di fare esclusivamente il proprio lavoro, senza abboccare alle cazzate delle carriera inseguendo chimere in cambio di extra lavoro, che abbatte non solo le proprie resistenze fisiche e psicologiche ma anche il posto di lavoro del tuo vicino.Occorre la solidarietà tra colleghi, non la competizione. Occorre dire no alle richieste di superlavoro per raggiungere gli obiettivi: se l’azienda per cui lavori vuole raggiungere obiettivi ambiziosi e lanciarsi in sfide spaziali, provveda ad assumere la quantità di persone necessaria per fare quel lavoro. Se non può assumerla, è già fallita in partenza e se tu ti fai carico del superlavoro perché credi di essere un superman che può tutto, perché vuoi il superbonus, perché vuoi la promozione, allora anche tu sei un fallito in partenza. Ovviamente il tu è un tu generico, non è riferito a te. Occorre il coraggio di disertare i centri commerciali la domenica, occorre la voglia di cancellare gli abbonamenti tv a pagamento, occorre la capacità di riparare le cose che abbiamo prima di comprarne altre nuove. Siamo capaci di porre dei LIMITI? Io penso che dobbiamo imparare (di nuovo) a porre dei LIMITI, ovunque, in ogni campo, in ogni pensiero. Oggi si parla tanto di worklifebalance: una cavolata. L’avevano già messo nero su bianco 40 anni fa, questo concetto. Con gli orari di lavoro, che io penso siano la cosa più intelligente che possa caratterizzare un lavoro, altro che flessibilità, occorre rigidità, separazione netta tra gli ambiti, occorrono, confini e limiti. Non per dividere, ma per consentire una adeguata creazione di se stessi, in ogni ambito.

  11. C’è un posto nel mediterraneo, un’isola sulla quale amo trascorrere il tempo. Sono “costretto” ad andare da solo, nella seconda metà di settembre, perché il mio compagno “deve” lavorare a settembre, quindi non potrà godere con me di quei momenti meravigliosi. Non c’è verso, è impossibile che lui possa ottenere giorni di libertà dop0 il 5 settembre, giorno di chiusura nazionale delle sbarre. So che in quel posto abbiamo provato insieme emozioni bellissime, so che insieme potremmo provarne altre, perché lì sentiamo una vita diversa dentro di noi. Vacanza? Si chiamiamola pure vacanza, ma nel senso più nobile del termine. E nel momento migliore dell’anno, lui non potrà esserci. Poca cosa direte…Si in effetti i drammi sono altri. Io parto solo. Ma come te Simone, proprio in questi giorni riflettevo sul fatto che sarò solo e non potrò condividere con la persona che amo…un tramonto, un piatto di sardine, un bagno, un impressione su un libro letto, un sole che sorge, una birra. Passerò le mie giornate solo, qualche chiacchiera qua e là certo, al bar, in spiaggia, molte arrampicate, corse all’alba in bicicletta per scoprire qualche collina nascosta e profumata, ma sarò fondamentalmente solo. E un po’, però, mi serve farlo. Ecco, non potrei non farlo. Ho bisogno della mia solitudine, di quella solitudine, ma nello stesso tempo vorrei rendere partecipe la persona che amo di più, di tutte le cose belle che in quel periodo di settembre potrebbero riempire la nostra vita. Ma non si può. Magari il Padre m’avesse castrato giovane…e invece. Ciao, caro simone.

  12. Ho fatto la stessa riflessione qualche giorno fa ( scritta molto peggio ovviamente ): ora che sto gustando la soddisfazione, la felicità, la libertà e mi piacerebbe condividere queste emozioni con qualcuno, mi trovo da sola. E come se ciò non bastasse il solo esprimere il desiderio di questa condivisione scatena la malizia di molti, che si arrogano il diritto di interpretare in maniera esclusivamente sessuale le mie parole e quindi di giudicarle negativamente ( e anche se fosse? Non ci vedrei comunque qualcosa di male ma evidentemente il fatto che una donna di 40 anni espliciti bisogni di questo tipo fa ancora scandalo ).
    Per ora sono giunta alla conclusione ( parziale e temporanea quanto banale ) che meglio soli che mal accompagnati, ma la cosa non mi soddisfa per niente.

  13. Grazie.
    È una vita che mi sento fuori tempo e fuori dal sistema.. una strana sensazione, sempre alla rovescia.. sentirsi soli in compagnia ed essere soli quando la compagnia è voluta.
    Purtroppo faccio parte di quelle persone che faticano a scollocarsi.. per vari motivi, non ultimo quello economico.. allora ho cercato una strada diversa, che non sempre mi riesce di percorrere in un sistema in cui mi sento solo schiava di ritmi non miei.. vivere l’attimo qualsiasi cosa io debba fare o stia facendo… Fermarsi, sentirsi. Respirare odori, vivere emozioni, godersi relazioni per quanto piccole ed effemere.. e godermi il fuori sincrono della mia solitudine, che curiosamente a tratti mi regala gioie immense.. e così si riparte ogni giorno, qualsiasi cosa accada, finché un’altra alba mi dà il buongiorno.

  14. Si: la libertà rende soli.
    E cresce dentro di me, ogni giorno di più, la convinzione che si può essere realmente liberi, solamente se si è soli.
    È troppo difficile avere un anima libera e adattarsi alla routine delle abitudini. Degli obblighi. Dei doveri. Delle aspettative . Del dovere rispondere a una telefonata di chi l’ha decisa/voluta quella telefonata . Ma tu no.
    È difficile essere liberi e dover subire la musica allegra e ad alto volume, che sta suonando nel ristorante davanti a te, in una serata come questa in cui le immagini dei tragici avvenimenti di oggi ti provano profondamente.
    E non riesco a tacere:
    faccio presente che non è la serata adatta per far festa e la risposta mi lascia sgomenta… ferita , delusa, amareggiata . ” e per quale motivo non dovremmo far musica…non è accaduto mica vicino a noi ”
    Un colpo secco allo stomaco.
    Rabbia .
    Sgomento
    Domande.
    Desiderio di essere teletrasportata immediatamente su Marte!!!

    È troppo difficile a volte accettare certi pensieri.

    Quindi l’unica oasi è la solitudine .

  15. È esattamente come dici. La soluzione credo che risieda nell’imparare ad ascoltarci e questo non può accadere nel modello attuale. Abbiamo bisogno di tempo per vivere, per fare scorrere quel naturale “flusso sensoriale, emotivo e psicologico” e imparare a rapportarci con esso. È incredibile quanto siamo lontani da ciò, non tutti magari. Ciao

  16. Ti ho inquietato, mi spiace, so che è un tema caldo per te, sei un inguaribile sognatore è ti auguro tutto il bene possibile.
    In proiezione, avendo davanti il tempo che inesorabilmente avanza magari con la pensione sociale, sdentati e con gli inevitabili acciacchi, chi non ha ammortizzatori se la caverà al meglio.
    Dai forza e coraggio, ognuno raccoglierà il proprio seminato.
    Un abbraccio
    Vale

    • Per nulla Valentino. Ci vuole ben altro, grazie al cielo. Era solo per rispondere sul filo della logica della realtà. ciao.

  17. Bella Simone.
    Tutta l’estate e ancora oggi ci penso e lotto anche io.
    Viene in mente Rambo: vivere per niente o morire per qualcosa. Che poi questo morire presuppone una vita piena.

    Non è facile ma per spiriti liberi e ontologicamente ribelli a qualsiasi catena, è inevitabile sfuggire al sistema. Sistema che è morto,lo sa, ma non lo accetta. Cose impensabili fino a 15 anni fa. Nulla è immutabile.

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