Il salto

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Questa faccenda dell’asticella mi ricordo di averla pensata un giorno di grecale teso e buono…

Qualcuno, rassicurato, vede nella mia inquietudine la prova che cambiare vita è impossibile, o almeno rischioso e potenzialmente dannoso. Una chimera che porta alla distruzione. Era molto preoccupato che vi fosse una possibilità, e ogni volta che gioisco, da anni, delle mie conquiste di libertà, patisce, oppure prova a smontarle, fino ad accusarmi di falsa coscienza, falsa testimonianza, ed ogni altro abominevole peccato di cui viene da sempre tacciato chi propone (e vive!) un’idea diversa dal conformismo che schiaccia ma anche, tanto, protegge. Se c’è una possibilità di fuga dal carcere, infatti, la popolazione carceraria si divide sempre in due: una minoranza spera e si adopera per tentare la sua evasione. La maggioranza invece soffre dovendo constatare che ha due vie di fronte: tentare, faticando e rischiando, oppure ammettere che potrebbe ma non ci prova, dunque che di fatto non ha a cuore la libertà come diceva, come giurava. E stare in carcere senza potersi più lamentare della mancata liberazione equivale a morire.

Chi strumentalizza, in questo modo, i disagi della vita, le complessità, le inevitabili sconfitte e i timori ineludibili, dimentica che l’inquietudine non è la mia, ma è dell’uomo. La differenza sta solo in un fatto: gli uomini liberi se la concedono, ci giocano tra le dita, prevalgono o ne escono sconfitti, ma consapevolmente, vivendo la reale natura delle cose. Gli altri invece la negano, drogandosi nei modi più adatti alla bisogna (lavoro, routine, consumo, farmaci, droghe, falsi movimenti…), fingendo che vada bene come va. Del resto, per chi ha problemi col coraggio e con la libertà, è sempre meglio una buona bugia che una cattiva verità.

Mi sono convinto che si tratti di una questione di ambizione. L’asticella cade se tenti di superarla col tuo miglior balzo, ma il fatto che cada è sia prova del fallimento del salto sia prova della meraviglia di aver tentato. Una vita da sportivi restando alla base di quella rampa, immobili, a guardare un’asticella che non cade solo perché mai un balzo verrà tentato, è per molti una rassicurazione. Per un saltatore in alto è il totem della sconfitta. Il punto di quell’asticella, naturalmente, non è superarla (anche se questo ha un suo grande senso) ma il salto. Ma se la questione maggiore risiede nel salto, solo chi non stacca la sua ombra da terra è fallito. Chi supera o non supera l’asticella, ce l’ha fatta.

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28 pensieri su “Il salto

  1. A volte il problema non arriva da dentro. A volte non è il coraggio, l’ambizione, la voglia di nuovo che manca… puoi essere allenato e pronto psicologicamente al tuo tuffo, è che purtroppo, spesso, si deve far conto col Dio denaro, perchè è lui che ci amputa le gambe prima del grande salto e tuffarsi senza slancio ha conseguenze non belle! Io, marito, due bambini un altro in arrivo, un cane, una barca (da cambiare) e un mondo da vivere che ci aspetta. Siamo tutti grandi tuffatori, tutti allenati, pronti con piano d’attacco, pronti al via. Poi però ti accorgi che quello che ti frena, anzi ti blocca è che a volte i sogni non bastano. Quindi sul podio c’è posto solo per ricchi? Così arriva la rassegnazione che è peggio della sconfitta. Rimani col tuo sogno nel cassetto e una testa che non smette mai di frullare per cercare di trovare una soluzione al mollare gli ormeggi e non morire di fame. Nel frattempo però pensi a quanto sei fortunato a poter vivere due mesi d’estate in barca con la tua famiglia, regalare ai tuoi figli due mesi di vita su una casa galleggiante, fargli assaggiare quello che potrebbe essere la loro nuova vita, in attesa che la ruota giri.

    • oppure né desisti né aspetti fatalisticamente il giro di ruota. Cioè pianifichi la tua evasione. Io ci ho messo quasi dodici anni, perché sono uno lento e perché all’epoca non avevo alcun precedente o riscontro o consiglio a cui affidarmi. Dodici anni di lavoro per scavare il tunnel dell’evasione. per me fu soprattutto un tema psicologico, per decidermi e trovare il coraggio, ma anche economico, non per mettere da parte soldi e vivere di rendita, che infatti non posso fare, ma per capire il reale impatto economico delle mie spese dei miei costi dei miei bisogni sul denaro che avrei dovuto reperire. Uno studia, analizza, poi fa un piano a tre anni, a cinque anni, a quel che l’è, e poi va. Facciamo così con cose minori, da una semplice rotta fino ad altro, dunque facciamolo anche per cose così importanti. Buon vento. Belli i vostri due mesi liberi in mare… Bambini fortunati.

      • In effetti muoversi a piccoli passi è una buona strada, iniziando magari a fare un piano di 6 mesi, che non è così impossibile…ma la barca è da cambiare e il cane si morde di nuovo la coda…va bhe per il momento viviamo il sogno realizzato da altri aspettando il nostro turno continuando a seguirti e rompendoti le balle con mio marito che ti scrive del Mikado 56 😉

        • ah siete voi! bene, ok… non ci rompete, quando avete bisogno siamo qui. Noi siamo a Cipro, e tra pochi mesi in Libano e Israele. ciao buon vento.

  2. Al fiume c’è una roccia sui 3 metri, tutti quel oggi si tuffano di piedi; io salgo e decido di andare di testa (non sono un tuffatore coraggioso), decido anche di non esitare. Arrivo su mi alzo in piedi e mi butto subito. Mi faccio un po male alle palle. Riemergo e chiedo alla mia ragazza ridendo come è venuto il tuffo, dice “bene” sorridendo.
    Cosi mi son ricordato di quanto a volte sia bello buttarsi senza pensieri.

  3. ciao simone,
    non scrivo da tanto ma lo faccio volentieri sfruttando il link di questo bel post trovato su linkedin. E quale sito migliore per parlare di fuga e realta’ di vita nuove e alternative , qui dove si trovano tante persone a parlare di rapporti umani basati tutti sul business e il lavoro ….. sempre piu’ spesso competitivo. Qui nell’ambiente e nella cultura di oggi del mondo del lavoro l’asticella e’ sempre piu’ alta e superarla non e’ una sfida ma un obbligo . Questo condiziona la quotidianita’ di molti uomini e donne negativamente.
    buon vento!
    mf

  4. io ti faccio i miei migliori auguri per la tua avventura
    la tua esperienza, le tue riflessioni sono di aiuto ad una riflessione che stiamo facendo con mia moglie per iniziare un percorso come il tuo.

    • Ciao Simone,
      la paura maggiore di chi non prova è..riuscire.
      Forse era già emerso, ma giova ricordarlo.
      Un abbraccio
      Tommaso

      • sai che non ne sono sicuro? la paura maggiore di chi non tenta è… dover ammettere che non ha un sogno per cui si giocherebbe le sue migliori energie, tutto quello che ha..

  5. Aggiungo: evviva il tentativo, ricordiamoci di controllare il materasso è che sta sotto, altrimenti ci si fa male, anche seriamente.
    Ovviamente la finalità è quella di riuscire a saltare senza far cadere l’ asta, magari con un balzo acrobatico da autentico felino della savana.
    Cambiar vita è un diritto dovere soprattutto morale, almeno per chi ha dignità: siam convinti?
    Dai, forza, io ho scalato marcia 13 anni or sono ed ufficialmente fermato il tran tran della monotonia fantozziana da 10 circa.

  6. Eddai, capitano, tranquillo, solo scambi di opinione è punti di vista diversi, sia chiaro, le critiche vanno sempre viste in forma costruttiva.
    Scritto ciò se vuoi ti scrivo che sei bravo bello e pure simpatico ma serve a ben poco.
    Di natura sono permaloso, ma nel tempo mi sono allenato a riflettere su ciò che ascolto, leggo e vedo e ti assicuro che meditandoci sopra, ottengo spunti interessanti di riflessione.
    Penso che nessuno abbia la presunzione di farti cambiare idea o peggio modificati, non avrebbe senso, tra l’ altro; nel mio caso affermo solamente che alcune decisioni sono veramente pesanti e sono alla portata di pochi coraggiosi e con condizioni particolari, poi la strada del downshifting è un jolly di vita!
    Oh, avanti tutta e viva la vita!
    Ciao
    Vale

  7. Ciao Simone, grazie come sempre per questo GRANDE stimolo.
    Temo, come peraltro hai già detto tu, che l’altezza dell’asticella, e di conseguenza la nostra presenza o meno sul podio, sia un “confine” relativo, soggettivo, imposto cioè dalla nostra ambizione. E’ dunque la nostra ambizione il vero punto. E temo che la nostra ambizione sia inevitabilmente “dopata” dai condizionamenti sociali che inevitabilmente ci raggiungono.
    Esempi dozzinali: “Il salto è stato un successo se riesce a portare a casa 800€ al mese”, “Il salto è stato un successo se riesce almeno a farsi una vacanza degna di tal nome”, “Il salto è stato un successo se appare felice”… eccetera.
    Ma.
    E se gli obiettivi – anzi: gli scopi – cominciassimo a darceli noi, slegando la nostra ambizione dalle aspettative pruriginose della restante popolazione carceraria? Se, come giustamente dici, lo scopo fosse intanto quello di separare l’ombra dai nostri piedi? Se, una volta che siamo in volo, ci disinteressassimo di quanto è lontana quella maledettissima asticella? Se, come dice il bambino-prodigio di Matrix riferendosi al cucchiaio, “…l’asticella non esistesse”?

  8. Il tentativo è ciò che conta!
    Il passeggero che sta sul treno non ha le preoccupazioni e le difficoltà di chi viaggia in solitario al volante del proprio mezzo, ma neanche la libertà nel tentar di essere.

  9. Ciao a tutti.
    E’ il viaggio, il percorso, la strada che si percorre, e quindi il presente, il salto che ti rende vivo a te stesso.
    Che l’asticella rimanga al suo posto dopo il tuo volo è marginale, è solo una prova che documenta il progetto, il fatto che non cada indica che la sfida è vinta, e quindi finita, ricarica il tuo orgoglio e il tuo ego.
    L’asticella a terra invece è motivo di riflessione, di comprensione e di stimolo per ripartire sul sentiero della maturazione e concretizzazione dell’idea.
    Riorganizzare un altro salto ma a questo punto l’asticella è già sotto di te.

    • condivido. un brano del mio romanzo Rais recita: “Sai Kadir, qual è il momento più esaltante di un guerriero? la sconfitta…”

      • anche io! L’asticella è il momento ultimo di un percorso, fatto di sudore, gioia, lividi e contusioni. E’ questo che ci rende vivi e più forti, a prescindere dal fatto che si riesca, alla fine, a superare o meno l’ostacolo.
        Si, se si arriva in battaglia preparati e consapevoli del valore delle cicatrici che ci siamo procurati nel tempo, allora anche la sconfitta può essere esaltante. Soprattutto la sconfitta.

  10. Penso di conprendere, in parte, il tuo stato d’animo.
    E sono qui a scriverti perchè quell’asticella l’ho vista alcune volte cadere davaanti ai miei occhi.
    Anche adesso.
    Ma non mi abbatto e continuo il mio allenamento preparando la tattica per il prossimo salto.
    Purtoppo però, comprendere perchè ci sia sempre qualcuno che, invece di godere del tuo sbaglio, non occupi il tempo nel cercare di continuare il proprio allenamento, rimane molto difficile.
    Non si è vincitori se si arriva sul podio solamente perchè il nostro sfidante si è infortunato, o gli si è rotto il motore.
    Quella non è una vittoria .
    Il vincitore e il piu forte, rimane comunque lui.
    Guarirà dall’infortunio,aggiusterà il motore e vincerà la prossima gara.
    E tu?

    • L’incipit del mio nuovo romanzo, “Rais” è: “Abbiamo fatto troppo la guerra. Non ne valeva la pena…”
      Usare la metafora della sfida è un bene, ma serve solo per farsi capire. Una volta compreso il punto, bisogna abbandonarla, perché ogni sfida è un errore emotivo, una devianza dell’anima. Serve in alcuni passaggi, ma il nemico va abbandonato, consapevoli che lo abbiamo generato per coprire le nostre responsabilità con un velo taumaturgico e menzognero. Una volta ho avuto a che fare con due persone che mi avevano eletto a nemico per aggiustare le loro beghe, le loro mediocrità. Io cerco di fare tesoro di scene deplorevoli come queste. Non voglio fare la loro fine; dover dire cazzate, uno, e doverci credere, l’altro. Io voglio dirmi le cose come stanno, quando ho sbagliato, quando non sono stato all’altezza, quando ho solo coperto le mie di mediocrità. Sarà più duro, ma è più vero. Il viaggio non lo conclude nessuno, che almeno sia autentico. Poi, intorno, che accada quel che deve. ognuno è legato stretto al suo destino, non può che seguire o governare il proprio cavallo pazzo. Quel podio, non esiste.

  11. Caro Simone, è evidente che una scelta come la tua fa venir fuori, dall’animo delle persone, il meglio e il peggio.
    Non scrivo normalmente qui nel blog, ma lo seguo sempre, e noto che nella stragrande maggioranza si tratta di gente che ti approva, ti segue, e spera…..
    Spera in un modo o nell’altro di trovare la via per il cambiamento, che può essere definitivo come il tuo oppure anche solo parziale, o significativo in qualche modo.
    Vuol dire che il seme che hai gettato qualche frutto lo darà, te lo auguro ma ne sono sicuro, perché quel tarlo, quel dubbio, quell’interrogativo che suscita la tua scelta è lì che scava e per forza deve farci chiedere: “Ma io qui che ci sto a fare?”.

    Un caro saluto
    Sandro

    • Grazie Sandro. Grazie per aver scritto, visto che lo fai di rado. Buon vento per oggi. Che già è tanto. Anche vedere sempre il tempo diacronico, mai solo l’oggi… vabbè, mi fermo che altrimenti scrivo una altro post. ciao!

    • Si Simone scusa ma spesso non riesco a tramutare in parole i miei pensieri.
      Certamente quel podio non esiste…o meglio…ci arriviamo…ma poi arriva il momento di scendere.
      Ed è essere consapevoli che sono passaggi che fa la differenza.
      Confermo comunque l’idea che alcuni purtroppo godono delle difficoltà altrui per sentirsi migliori .
      E purtoppo alcune sfide non si possono abbandonare se c’è in gioco la tua vita.
      Certamente vorresti ” tranquillamente ” portare avanti la tua vita, ma c’è chi, per interessi propri e del sistema, se ne fotte!
      E allora:
      o abbandoni la guerra e muori.
      O continui a lottare e vivi.
      Parole dure ma vivo una situazione molto difficile. Se ti interessa comprendere meglio questi miei post semidislessici ..” Asl n 5 nega i farmaci salvavita: costo troppo” ( il secolo xIx ven 19 agosto e La Nazione) .
      A volte, per goderti. ” un altro giro di giostra” sei costrettto a fare la guerra.

      • e se sei costretta Laura, ci sta: falla. E falli morire d’invidia…
        Tutti sanno che io non faccio regate. Non mi piace competere sul mare. Mi riservo il diritto di “sentirmi” io in regata se ho una barca accanto, mentre navigo, che cerca l’ingaggio. Allora lotto fino all’ultimo millimetro di scotta. Fino a che mi va. poi viro di bordo e prendo per una delle infinite direzioni del mare. Buona regata.

    • Certo che il fine è l’armonia ma se parli di guerriero….
      Un guerriero lotta per la vittoria ed un atleta si allena per le olimpiadi.
      Poi purtroppo alcuni si ritrovano ad essere guerrieri per pura difesa o per non adattarsi ad un sistema. E un atleta certamente rimane tale anche se non partecipa alle olimpiadi. Ma se vi partecipa, il fine è il raggiungimento dell’ obbiettivo: il primo posto sul podio.

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