Può darsi che io sia diventato più ambizioso. Dunque può essere che io mi scopra ancora indietro perché ho alzato l’asticella… Tuttavia, mi scopro in ritardo (e questo un po’ lo sapevo) e molto bisognoso di crescita. Scoperte non esaltanti, devo ammetterlo. Non si finisce mai, verrebbe da esclamare… Eppure, almeno, va meglio di quando neppure lo sapevo.
In ritardo (come Dragut Rais…) perché certi ragionamenti sulle proprie forze e sulle proprie debolezze, andrebbero fatti un po’ prima dei cinquant’anni. Bisognoso perché mi accorgo di fare fatica notevole a sganciarmi dai miei vizi di percezione, le mie sensibilità di relazione.
Mi conforta sapere che su questa strada impervia potevo non finirci, ed ritrovarmi ancora altrove prima di questi ostacoli. Non così magra consolazione, tutto sommato, perché è chiaro che dopo nove anni di vita senza additivi, senza scuse, senza rete, ora molte faccende le vedo per quello che sono, con la loro cruda e inevitabile evidenza, e devo ritenermi fortunato per questo. Il punto vero, della vita che facciamo generalmente, è che si tratta di una droga, che è un po’ come la neve: copre tutto.
Sta di fatto che con un po’ di preoccupazione e un certo sconcerto, anche se sollevato perché ho la sensazione che si tratti di una sorta di “battaglia finale”, mi accingo a lavorare duro sulla mia autonomia delle sensazioni, sull’autonomia del tempo e delle creazioni, e l’obiettivo è enorme: salvare tutto il buono, ciò che sono sempre stato, gettando via i vizi modali, le tare del bisogno, badando a sostenermi da solo ad ogni passo. Niente droghe, niente attese, più calma. Quello che faccio deve essere a ritorno zero, lasciando al caso o alle buone storie il compito di stupirmi. Semmai.
Mi chiedo, a volte, dove io sia stato fino ad oggi. Quanto tempo buttato avendo solo sentore della realtà, senza comprenderla davvero. È spaventoso chiamare l’egoismo con un nome più civile, così come sotto sotto dare sempre ad altri la responsabilità di ciò che non funziona, quando è solo, unicamente, nostra. Fa rabbrividire rendersi conto del peso che portiamo nello zaino da così tanto tempo, senza essercene mai del tutto, veramente, accorti. Faccio oggi con compiuta consapevolezza ciò che avrei dovuto fare a trent’anni. E vent’anni di ritardo, su questioni così fondamentali, così incidenti sulla mia armonia, sono davvero troppi. I titoli in sovraimpressione, fateci caso, dicono bugie. Ma basta guardare le immagini che scorrono. Si poteva capire tutto fin da subito.