One-night

“le petit pomme de mur jeune”

Viaggiare, ogni giorno una città, parlando del tuo romanzo, convivendo ancora, e ancora, con i tuoi personaggi, è struggente, bellissimo, tragico, inutile, essenziale. Non c’è relazione tra sforzo, impegno, fatica, tempo, utilità, piacere. Un frammento della famosa “Love Song of J. Alfred Prufrock” rende in modo chirurgico uno dei volti di tutto ciò:

Let us go then, you and I, / When the evening is spread out against the sky / Like a patient etherized upon a table; / Let us go, through certain half-deserted streets, / The muttering retreats Of restless nights in one-night cheap hotels / And sawdust restaurants with oyster-shells: Streets that follow like a tedious argument / Of insidious intent To lead you to an overwhelming question… / Oh, do not ask, “What is it?” / Let us go and make our visit.”

Ieri da Roma fin qui. Oggi ancora via, e ancora altra gente da incontrare. Parlare di un romanzo, facendo migliaia di chilometri, spostando atomi di anima nell’era dei miliardi bite guizzanti. E guardare un vicolo, al mattino, non sapendo nulla di ciò che a tutti pare un’ovvietà. Fingersi per un istante, breve quanto basta per non sprofondare nel gorgo, lungo quanto basta per esserci. L’identità, chi la sente molteplice, la può trovare solo dovunque. Svegliarsi senza sapere immediatamente dove sei, dovendo ri-cordare, fa orrore e sprofonda nella meraviglia.

È una fortuna non avere paura di sé, nonostante l’enormità. Essersi combattuti così tanto da amare il sé-nemico. E hai davanti un altro viaggio e una città per cantare.
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7 pensieri su “One-night

  1. “sono essenzialmente gli stati di non-esistenza ad assicurare all’essere la permanenza e l’identità; e al di fuori di tali stati,se si considera cioè l’essere solo all’interno della manifestazione,senza ricondurli al suo principio non-manifestato,la permanenza e l’identità non possono che essere illusorie,poichè l’ambito della manifestazione è propriamente l’ambito del transitorio e del molteplice, soggetto a continue e indefinite modificazioni.”

  2. Grazie a tutti per esprimere e citare, ciò che la mia molteplice identità, sta lasciando e cercando ovunque.
    È che a volte, come Hansel e Gretel, mi sento smarrita .
    Ma anche questa è una condizione necessaria per cercare altre strade.
    O per diventare più bravi nel ritrovarla .

  3. vorrei ringraziare Saverio che, con i suoi suggerimenti, mi ha portato a seguire una traccia che mette insieme parole e immagini bellissime

    • “L’identità, chi la sente molteplice, la può trovare solo dovunque” … anche “seguendo una traccia che mette insieme parole e immagini bellissime”. E se hai incontrato anche “Gente sul ponte”, in quel caso sei arrivata in Giappone e ritornata anche in Olanda 😉 .

      Comunque grazie a Simone (il primo suggerimento è stato il suo), a Wisława, a Marcel, a Jan…

  4. Spostando atomi…
    “Passo attraverso
    trilioni di molecole
    che si fanno da parte
    per lasciar passare me
    mentre su entrambi i lati
    altri trilioni
    restano dove sono.
    Le spazzole del tergicristallo
    cominciano a scricchiolare
    la pioggia si è fermata
    io mi fermo
    all’angolo
    un bambino
    con un impermeabile giallo
    stringe la mano di sua madre.”
    (la corsa, Ron Padgett per la sceneggiatura di Paterson)
    Corriamo, e la realtà è così come è.

  5. In riferimento alla bellissima citazione (mirabilmente modificata) sotto la foto mi vengono in mente:
    “In libreria con l’opera di Proust
    non ti danno un telecomando,
    non puoi cambiare sulla partita di calcio
    o sul telequiz con in premio una volvo.

    Viviamo più a lungo,
    ma con minor esattezza
    e con frasi più brevi.

    Viaggiamo più veloci, più spesso, più lontano
    e torniamo con foto invece di ricordi.

    E poi, tra parentesi, chi era costui.
    Scriveva, dicono, a letto, per interi anni.
    Un foglio dopo l’altro,
    a velocità ridotta.
    Noi invece andiamo in quinta
    e – toccando ferro – stiamo bene.”
    (Del non leggere, W. Szymborska)
    e chiudendo il cerchio:
    “Finché quella donna del Rijksmuseum
    nel silenzio dipinto e in raccoglimento
    giorno dopo giorno versa
    il latte dalla brocca nella scodella,
    il Mondo non merita
    la fine del mondo.”
    (Veermer, W. Szymborska).

    Ciao,
    s.

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