Nel proprio

Da “Solo intorno al mondo”, Joshua Slocum, Mursia. Pag.186,

Giornata di grande intensità, studiando il mare, le correnti, i venti e i luoghi d’ormeggio della rotta che mi aspetta a breve, lungo le coste del Libano e di Israele, per l’Egeo e lo ionio, a bordo di Mediterranea, e poi, come ogni giorno da ottobre, lavorando allo splendido libro sulle isole che sto scrivendo per Bompiani, che uscirà a ottobre. Fin dall’alba sentivo che avevo voglia, bisogno direi, di riprendere passi amati di navigazione e di vita. Nei giorni precedenti sono stato rapito da molte cose, e mi ero molto distratto, sentivo il bisogno di rientrare in me e nel mio mondo interiore. Non si può consultare una carta senza ispirazione, del resto. La geografia non è interessante per uno scrittore marinaio, che si occupa solo di Geosofia. Com’era naturale, mi sono trovato dopo poco a rileggere le avventure del primo giro del mondo del Comandante Slocum. Quando cerco di spiegare che i libri di Moitessier sono illeggibili e brutti, e che traggono meraviglia solo dalle avventure e dalla natura dell’uomo straordinario e affascinante che li ha scritti, tutti i “velisti” si indignano. Mai toccare i miti di qualcuno! Ma basta prendere in mano Solo intorno al mondo per capire cosa intendo. Scritto magistralmente, ispirato, pieno di misurato slancio, dignitoso, sempre con l’uomo al centro, perfino rispetto alla sua barca e al mare, con passi memorabili, da sottolineare continuamente.

Tra quelli che amo di più ce n’è uno, nelle pagine finali, di cui posto sopra la foto. E una riga, soprattutto: “È cosa buona trovare la propria strada verso terre già scoperte”. Ieri l’altro avevo scritto (e poi perduto il post) del fatto che non amo i record, le asticelle, ed ecco qui subito uno spunto su quella falsariga, scritto da un uomo che pure fece per primo qualcosa che mai era stato fatto, ma senza alcun senso del primato. Non era per essere il primo a circumnavigare il globo che salpò, mai in una riga fa riferimento a questo, nel suo libro, dove pure sarebbe stato legittimo che vi accennasse. Tant’è che rimane Slocum anche dopo che il suo “record” è stato battuto da mille imprese, di cui però io non ricordo nulla, né nomi né citazioni. Il suo viaggio, come quello del Liberdade, avrebbe potuto essere d’altra natura, o interrompersi alle Chagos, o nello Stretto di Magellano, non sarebbe cambiato nulla per lui, né per noi che leggiamo. Chi non cerca cose inadatte a sé o in modi inadeguati a sé, non è mai inetto. Chi non cerca nuovi continenti, per il gusto di essere il Primo, scopre molto di più.

E poi qualcos’altro, che ha molto a che fare col viaggio di Mediterranea: l’ultima riga del brano nella foto. La dignità di non aver dovuto pagare nessuno, ingraziarsi, chiedere, pregare, solo pensando a portare “a compimento” (non “a termine”) ciò che ci si era prefissi. Degna chiosa a quel “diritto a una propria opinione in faccende riguardanti il mare” di cui scrive nelle prime pagine. Anche noi, non abbiamo sponsor, non chiediamo niente, facciamo la nostra rotta con le nostre vele, e se qualcuno ci ha aiutati nel momento del bisogno ogni giorno ce ne ricordiamo, potevano non farlo, e non erano sovrani o politici, ma gente che ci seguiva. Quelli di cui amo leggere sono gli uomini liberi, ma liberi davvero, anche dai simboli, anche dal desiderio di superare se stessi, che godono di ciò che fanno, nel modo appropriato, con rispetto, potendoselo consentire. Che bell’insegnamento. Quando le giornate iniziano nel proprio, in compagnia delle parole care, degli uomini che compongono il nostro Parnaso esistenziale, studiando, leggendo, scrivendo e sentendo come è giusto che faccia un uomo come me, tutto, allora, diventa possibile. Anche le cose che costano di più.

Share Button

Domani (24 marzo)

Domani, 24 marzo.

Venerdì 24 marzo alle 15:30, cioè domani, mi intervista Annamaria Trevale, del blog “Sul Romanzo”. Tema: Rais. Interverrà anche il responsabile editoriale di #Frassinelli, Giovanni Francesio, che stimo molto, uno dei pochi intelligenti, liberi e coraggiosi editori del Paese. Se volete, potete seguire l’intervista live su Facebook, sulla pagina di Frassinelli.

Domani, in diretta, dalla libreria Mondadori Megastore – Via San Pietro all’Orto, Milano. #FrassinelliDiretta

Share Button

Euromediterraneo. Il momento è adesso.

.

Vi segnalo il mio pezzo sul Fatto Quotidiano di oggi.

Nei giorni della Brexit e dell’EU “a due velocità”, dunque mentre si assiste al crollo, apparente, di un progetto, occorre riflettere e immaginare. E questi pensieri vanno fatti oggi. Tenendo conto degli errori del passato.

Ecco l’articolo, cliccate qui.

Share Button

La spesa

La carne fa male. Proprio vero…

Esco dopo aver scritto e corretto per ore. Sono bello allegro, la giornata è soleggiata e fresca. Gran spesa di verdure da un contadino che sottolinea con orgoglio: “questa è roba mia!” (e una signora bella ruspante gli fa eco: “perché, l’altre de chi so’?”, satura tota nostra est). Poi m’incammino verso casa. Però è tanto che non mangio carne, non ricordo neppure l’ultima volta, forse in Piemonte, ah no a Firenze, vabbé entro dal macellaio. Mai stato prima in quel negozio, guardo il banco, la carne sembra bella, ben frollata, asciutta. Ci saranno sei o sette persone in attesa. Il macellaio sembra sapere il fatto suo. Aspetto.

Per un accenno che non ho sentito (ero soprappensiero), ecco che avviene ciò che mi auguro sempre che non accada mai. Un uomo, più o meno della mia età, risponde a qualcuno: “Esatto! Hai visto che è successo?”. (Simone lascia perdere, anche se hai già intuito cosa sta per accadere, mi raccomando. Può darsi che non sia come temi…). L’uomo però prende il telefono dal giubbotto e aggiunge: “C’ho qui un video di Salvini che dice proprio questo!”. Sento i muscoli maxillofacciali che si contraggono per dare il via all’azione muscoloscheletrica dell’apertura della mia bocca (Simone, no! Ti ho detto no! Ignoralo!). L’uomo cerca nel telefono e continua a spiegare che ha quel video, ne è sicuro, in cui Salvini dice una cosa molto importante, ma che peccato, non lo trova, ma se lo trova ce lo fa vedere. Il mio palato molle si solleva, la lingua s’irrigidisce, la laringe inizia a vibrare: “Beh, è un peccato che non lo trovi! Salvini che dice una cosa importante è un brano molto raro, roba da cineteca!”. (Simone, no, il sarcasmo no, ti avevo detto di stare zitto…)

Lui non si volta verso di me, ma replica: “Beh, meglio di tutti questi politici del PD che parlano e basta”. Io riprendo il controllo e taccio, annuisco soltanto, sardonico, guardo il bancone. (Così Simone, prendi la carne e vai via. Tutto a posto). Ma lui non ne approfitta: “E comunque io non me ne vergogno, io voto Lega. Del resto sono di Trento… Io a tutti questi extracomunitari gli darei un calcio nel culo, altroché!”. Fremito. Qualcuno borbotta, ma direi che il clima non è di dissenso tangibile. Il mio autocontrollo è a zero, mi accorgo che sto parlando solo dopo che ho già iniziato a parlare: “E se ne vanti pure di pensare queste stronzate! Lo dica anche ad alta voce quanto è ignorante! Ma soprattutto, ci spieghi perché non è rimasto a vivere a Trento, che è un quesito che mi attanaglia. Ci lasci ripercorrere l’articolata trama esistenziale per cui abbiamo vinto la sua presenza qui, a sud di Roma, e il premio inestimabile di averla qui tra noi in questo negozio ad arricchirci della sua sensibilità!”. (Simone, sei un deficiente… Cinquant’anni buttati nel cesso).

Lui borbotta, il mio tono può avere solo un epilogo, e lui evidentemente non se la sente di giungervi. Finisce di pagare masticando qualche frase sconnessa e se ne va rapidamente. Io pago, faccio a mia volta per uscire. Sulla soglia però mi fermo, mi volto verso il locale, guardo i sei o sette avventori che si osservano i piedi o fanno finta di niente.  (Simone, la morale no! Quella almeno evitala! Silenzio!). “Scusate, solo come memento per il futuro: la prossima volta, per evitare di sembrare d’accordo con certe argomentazioni subculturali, parlate. Aprite la boccuccia. Ci fate meno brutta figura. Arrivederci. (Non hai ancora capito niente. Eri e rimani un somaro.)

Share Button

Tentare la diversità

Qualcosa sul senso del nostro infinito combattere, anzi, sulla sua insensatezza. Cambiare vita. Smettere di opporci a tutto, fare pace con il mostro che ruggisce dentro. E soprattutto, tentare la diversità, per conoscere le nostre molte identità. Cambiare.

Da Rais (Frassinelli), durante la presentazione alla Libreria “Il Mare” di Roma. Buon ascolto.

Share Button

Arboricoli

Meno male che poi guardo il prato

Periodo di crescita e di riflessioni. (Crescita: quando in ciò che non ti piace cerchi i tuoi errori, e rinunci alla tentazione di chiamarli torti subiti). Soprattutto su un punto: la deformazione della realtà, cioè tutte le volte che ho avuto la tentazione di vedere solo il lato migliore delle cose, o delle persone, cieco sul resto, e poi la tentazione opposta di vedere solo il peggiore, cieco sul resto. Capita con le amicizie, gli amori, il lavoro: prima meraviglia, dopo delusione e rancore. Quella cristiana (o quel cristiano, o quel progetto) non erano santi prima e non sono demoni adesso, sono esseri umani, progetti fatti da umani… peccato che facciamo di tutto per non vederli (cioè per non vedere noi stessi in loro). Polarizzare il giudizio su qualcosa (tutto buono e poi, dopo, tutto cattivo) è una forma di menzogna grave. La peggiore, quella detta a noi stessi. Occhio, dunque, quando diciamo che qualcuno mente o ci ha delusi: credere a qualcosa di diverso dalla realtà (cioè solo a qualcosa che vediamo, non anche al resto che vediamo ma non vogliamo cogliere) è mentirsi a prescindere che ciò che vediamo sia vero o no.

Ieri un amico (molto saggio e consapevole) mi ha ricordato quando un giorno, a bordo di Mediterranea (Mediterranea è soprattutto un esperimento sociale, a bordo si fa una specie di autocoscienza in continuo, 24hxday), aveva cercato di spiegare questo concetto a due amici comuni, un ragazzo e una ragazza. Non ricordavo quell’aneddoto, ma discussero a lungo sul tema della responsabilità. I due non capivano, o comunque non accettavano, come tutto (ma tutto eh, non qualcosa soltanto) sia la proiezione di ciò che vediamo, sentiamo, determiniamo agendo. Tutto (qui di solito scatta l’iperbole per difendersi: “eh sì, tutto… e se ti prende un fulmine?!”. Quando qualcuno per spiegarci quel che dice ricorre all’iperbole ha matematicamente torto. Le cose vere si spiegano senza iperboli). A distanza di anni, tuttavia, le cose si vedono chiaramente. Cosa è accaduto? Piccolo dettaglio: essendo passati anni dobbiamo assumere che: 1) il tempo è trascorso e non torna; 2) se almeno si è capito qualcosa il futuro sarà migliore; 3) se la si pensa ancora così siamo malmessi.

Sulla quarta del mio primo romanzo c’era scritta una sola frase, citazione dal testo: “Una sola vita non basta”. Era stata scritta per significare tutt’altro, e cioè che siamo molteplici e non riusciamo a compierci vivendo una sola delle nostre vite (poi dici: da dove viene “Adesso Basta?”, ecco… diciamo: da molto lontano). Ma oggi la rileggo anche in altro modo: in una vita non si fa a tempo a compiersi sulle dinamiche principali, quelle da cui deriva benessere e malessere. Figuriamoci sul resto.

Trovo solo noioso e avvilente che si debbano ancora dire queste cose nel 2017. Finirà che considererò il mondo diviso in due: da un lato la (poca) gente normale, dall’altro gli arboricoli psicologici, tenacemente ciechi, inossidabilmente eteroriflessi, immarcescibilmente convinti di qualcosa di assurdo, tragico e palesemente non vero. E finirò col diventare intollerante. La loro “lightning philosophy” (la sindrome del fulmine, come la chiamo io) è una tossina sociale.

Share Button