Per amore

L’altroieri

Prima di leggere queste righe dovreste vedere i due video qui sotto. Vi avvicinereste allo stato d’animo giusto per seguire queste poche parole. Che però sono necessarie. Direi, perfino, doverose. Non c’entra niente che amiate il calcio o no, come non dovete necessariamente ammirare la boxe per amare e soprattutto comprendere la storia di Muhammad Alì, o la vela per sognare con quella di Bernard Moitessier, o l’atletica per emozionarvi con Pietro Mennea e ci aggiungerei perfino altre storie, che so già che farebbero arricciare il naso, come Mujica, Guevara e molti altri. Seguitemi, non cominciate a pensare: sto parlando dell’emozione delle storie. Penserete dopo, se vorrete. La storia ha a che fare con il talento e con le scelte. Dunque, dal mio punto di vista, con l’ambizione: quella vera, santa, buona, cioè l’ambizione di essere amati generando emozione, che spinge i cuori veri e puri a immolarsi (senza neppure dover morire, per altro). Seguitemi.

Nel calcio esistono i buoni calciatori; poi ci sono i campioni; poi ci sono i fuoriclasse. Questi ultimi associano talento, fisico, voglia di vincere, cervello, umiltà. Per questo sono fuoriclasse. Ne nascono pochissimi, in relativo sul numero degli atleti. Fanno cose speciali, con una naturalezza disarmante. La sorte ha dato loro un dono inestimabile, possono avere tutto, chiedere qualunque cosa e l’avranno. E loro che fanno? Ma fanno quel che tutti noi facciamo! Scelgono. Onore, gloria, trofei, soldi… oppure, qualcos’altro.

Francesco Totti l’ho visto giocare molte volte. Valeva il prezzo del biglietto da solo, anche se era della squadra avversaria, come nel mio caso. Mai sono uscito dallo stadio senza dire: “accidenti, ma hai visto cosa ha fatto Totti?!” e lo dicevo con l’ammirazione più pura, e anche con una domanda inespressa, che restava dentro di me: “perché?”. Perché un fuoriclasse come lui non aveva cambiato squadra capitalizzando la sua fama di asso del calcio? Ha rifiutato molte offerte, le migliori! Perché non ha cercato squadre che potessero valorizzare il suo talento più della Roma, quelle con soldi a palate, dove giocano solo i migliori, e che finiscono sempre prime in ogni competizione? Perché non ha capito che se avesse giocato nel Real, nel Milan di qualche anno fa, nella Juve, sarebbe stato titolare per vent’anni nella nazionale italiana, vincendo forse due o tre mondiali? Non che guadagnasse poco, Totti: 2,5 milioni l’anno, ma niente rispetto ai 78 di Ronaldo, ai 76 di Messi, o perfino ai 16 di Pogba o di Thiago Silva, o perfino i 4 di Giovinco. Per i non addetti: Giovinco potrebbe al massimo andare a fare il giardiniere di Totti; Pogba e Thiago Silva sono ottimi giocatori (i campioni di cui parlavo) ma non sono dei fuoriclasse, e mai nella vita si sognerebbero un sesto della carriere e anche solo dei “numeri” che ha fatto Totti. Dunque: perché?

Per amore. Ma non quello verso la maglia, verso i tifosi, verso la città di Roma. C’era anche questo, senza dubbio, chi lo nega. Ma la vera ambizione, quella profonda e unica, la più potente, era un’altra: essere amati, avere un ruolo e un posto nel cuore della gente. Questo fanno i fuoriclasse autenticamente ambiziosi, gli uomini veri, fragili nelle loro straordinarie doti. Rinunciano ad alcune cose (cambiare squadra, vincere un mucchio di trofei, guadagnare sempre di più, essere conosciuti in tutto il mondo…) perché vogliono essere amati. Danno tutto, perdono molto, strapagano quell’amore, e fanno tenerezza da quanto spendono per averlo. Ma lo fanno.

La storia di Totti è bellissima. E lo è per un motivo molto semplice: di solito chiunque strapaghi per l’amore che cerca, non lo ottiene. Francesco Totti c’è riuscito. La vita è così crudele, sempre, che più spendi, più ti sacrifichi in cerca di quell’amore, e meno te lo dà. Il calcio, con tutte le sue contraddizioni e le sue storture (forse dovrei dire: lo sport…) è ancora una delle cose più umane del mondo. Perché sa ancora offrire quell’amore a chi sia davvero un talento, a chi lo cerchi davvero, a chi sia davvero disposto a scegliere di immolare quasi tutto quel che un fuoriclasse, generalmente, mette invece a frutto. La prova è che nessuno ama Ronaldo, Messi, Ibraimovich.

Il suo “ho paura” del discorso di addio letto all’Olimpico due giorni fa, è la prova di tutto quel che sto scrivendo. Nell’infinita umiltà tipica di chi cerca amore e si danna e fatica e si consuma in ogni modo conosciuto per garantirselo, Totti ora ha paura. Paura che senza poter mostrare il suo smisurato talento ogni domenica, senza far sognare i tifosi con la sua eccellenza, quell’amore svanirà. Come tutti gli umili cercatori d’amore, pensa che senza dare, non avrà più. C’è una frase minima, nel suo discorso dell’altra sera, che forse pochi avranno notato, ma che la dice lunga su tutto questo: Totti se la sta prendendo comoda nel fare il suo discorso, è emozionato, deve leggere la lettera ma sta tergiversando. A un certo punto se ne rende conto e dice: “Vado (nel senso di: “inizio”, ndr), sennò si fa troppo tardi, c’avete fame”. Se ci pensate è terribile quella frase. Lui sta abbandonando il calcio, è il momento tragico in cui la sua ricerca di amore entra in crisi, finisce. Un lutto. Ha paura. E la gente (lui pensa) vuole andare a mangiare, dunque si preoccupa di una cosa minima, irrilevante, invece che patire, gioire, celebrare con lui. Di questo è convinto il fuoriclasse-cercatore-d’amore: che alla gente non freghi che poco o nulla di lui, nonostante tutto quel che ha ricevuto dal suo straordinario impegno e talento. E infatti, subito dopo, forse per la prima volta, non ce la fa, e si confessa: “io starei qua altri venticinque anni…”. Notate: non qui a giocare, ma qui nel momento di massima espressione dell’amore.

Molto ci sarebbe da dire, evidentemente. Ma basta così. La storia di Totti è una bella, crudele storia d’amore, per una volta, tuttavia, finita bene. Per quanta paura possa avere Francesco, credo che si sbagli. Nessuno lo dimenticherà. Ma lui fa bene ad avere paura. Di solito le cose vanno diversamente…

(Breve nota personale, di ordine estetico-filosofico: ho sempre amato Francesco Totti perché faceva un uso smodato del pallonetto. Il pallonetto è il tiro a palombella beffardo e preciso che scavalca il portiere. Nessun calciatore al mondo ne ha mai fatto così tanti come lui. Il pallonetto è la supremazia dell’astuzia sulla forza, l’intelligenza che si fa gesto. È morbido, dilata il tempo dell’emozione del goal, fa di velluto la corazza dura del tiro, dunque è come l’umorismo, che mentre ti fa ridere ti fa piangere, parola invece di urlo, sguardo invece di schiaffo. Io sono sempre stato con Ulisse, non con Achille. L’Odisseo, di fronte al portiere troiano nel derby balcanico-anatolico, avrebbe fatto certamente una finta, forse avrebbe guardato di lato per disorientarlo, e poi lo avrebbe superato con un lentissimo pallonetto centrale).

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22 pensieri su “Per amore

  1. Come esci dai campi per cui sei divenuto giustamente un personaggio pubblico diventi di una superficialità disarmante.Questo calciatore nell’arco della sua carriera spesso si è macchiato di spregevoli comportamenti che con lo sport non c’entrano niente.Il lato poetico lo nota solo il suo tifoso.A proposito di stipendio ti dovresti documentare meglio.Molto approssimativo.

      • Non so cosa significhi arrabbiato per te,già una volta in un post su facebook hai dimostrato di avere una lunga coda di paglia.Voglio ricordarti solo come l’autore di “Adesso basta”,tutto il resto è delusione.Ecco l’aggettivo giusto:deluso non arrabbiato.Molto deluso.

  2. E’ rimasto sempre alla Roma, è vero, ma anche per opportunismo. Durante la sua carriera ha avuto tanti infortuni, e comodo gli ha fatto mantenersi il suo orticello sicuro alla Roma. Che poi sia anche amore per la maglia nessuno lo vuole mettere in dubbio.
    Ricordo però che ad un certo punto ha rifiutato le convocazioni in nazionale e ne è stato giustamente estromesso per sempre. Un campione che vuole essere amato non rifiuta mai la maglia della nazionale.
    Quindi, direi di non esagerare con tutte queste lodi a Totti.
    Tra l’altro si è distinto anche per eclatanti falli antisportivi, ricordate questo?
    https://www.youtube.com/watch?v=5uQ7zWuToDs
    ciao
    e.

  3. Spesso chi non legge “fabulae”,storie di destino altrui,non sa niente del proprio, e si accontenta del surrogato della fabula: la “fama”. È vero che sono due termini che hanno la stessa radice. Ma senza fabula il fato non si compie e cede il passo al “così dicono tutti”, al “così fan tutti”. Gli ebrei hanno un proverbio che amo:” Dio ha creato l uomo per sentirgli raccontare storie”. L uomo fiato impostato di tempo e carne è L unico capace di raccontare la sua fabula, il suo destino e le sue destinazioni. L ‘ uomo racconta. Il linguaggio è la casa del nostro vivere, dove cresce prima di essere messo in pratica. Grazie Simone per le riflessioni che ci invito a fare. Marzia

  4. Totti appartiene a quella categoria di persone che vogliono farcela a modo proprio, anche pagando per questo, ma senza mai perdere la loro unicità.
    Se fossimo nel mondo aziendale, direi che Ronaldo, Messi e gli altri sono dei manager; Totti è un imprenditore.

  5. Grazie Simone. A volte abbiamo bisogno di sentircele dire, le cose, per vedere e sentire (col cuore), veramente; il tuo post ha colto nel segno.
    Ammetto che qualche volta ho pensato: “che fesso Totti, a non capitalizzare fuori da Roma..”.
    Poi ripenso alla mia infanzia e…c’erano Gigi Riva, Paolo Pulici..

  6. ciao Simone, tutto vero quello che hai scritto e anche a me, che seguo poco il calcio, Totti fa simpatia … je fo’ er cucchiaio … però forse molte delle lacrime e dell’emozione dell’altra sera erano legate al pensiero del tempo che passa e non torna più … non a caso refrain di millemila canzoni popolari … siamo umani e questo è un altro insegnamento non da poco der Pupone!

  7. Non vedo perché un non romanista dovrebbe amare di più Totti per il suo essere rimasto alla Roma. Proprio perché il tifo non c’entra, si potrebbe argomentare che Totti ha privato i non romanisti di quell’amore, e che ha privato tutti della possibilità di vederlo splendere in una squadra alla sua altezza. Tutto il tuo discorso è, al netto delle argomentazioni debolucce, riconducibile a “Totti è grande perché è un giocatore d’altri tempi e i bei tempi andati erano meglio”. Non sono d’accordo. Sono invece d’accordo in modo completo e privo di riserve con la bellissima nota personale, la vittoria dell’astuzia sulla forza e la finta di Ulisse, il mio eroe preferito 😉

    • si vede che non sono riuscito a spiegarmi. Quel che ho scritto è tutt’altro, e riguarda le dinamiche psicologiche che agiscono dentro di noi e ci fanno scegliere. C’è gente che è felice facendosi i fatti propri, e se ha talenti li usa per sé (soldi, riconoscimenti) e chi invece ha una condanna: non saper essere felice se con i propri talenti non fa felice anche qualcun altro. In cambio (e qui sta il tranello della vita) spera che lo amino. intendevo questo…

  8. Non ne so quasi niente di calcio. Guardavo solo i mondiali …con gli amici. Era divertente. Eravamo uniti e nessuno litigava. Poi una volta ho scelto una squadra ‘alternativa’ all’Italia e ho scelto di tifare Camerun! Il mio patriottismo cominciava a scricchiolare…
    Mio padre così come il mio ex e anche mio figlio sono tutti interisti, forse anche io, un po’ per ‘contagio’. E tutti i nostri amici milanisti. Durante un derby, mio figlio era piccolo, il Milan stava vincendo, tutti urlavano ed erano felici… Io gli spiegavo che era un gioco, solo un gioco e lui rideva, poi si è sciolto in lacrime, come a dire ‘ho scelto una squadra perdente’! Allora gli ho parlato di Zanetti, il mitico capitano. Gli ho spiegato, per quel poco che ne sapevo, dell’attaccamento alla squadra, alla ‘maglia’, ai tuoi ‘compagni’, ai tifosi.Credo abbia capito.
    Non segue più molto questo sport, preferendo quello che ha scelto di praticare, cioè il tennis.
    Ma il giuoco del calcio è cambiato. E, a mio avviso, è peggiorato, tanto. Troppo denaro e pochi giocatori ‘buoni’. Troppo razzismo. Troppa competizione urlata, senza ‘ciccia’, senza sostanza. Totti rappresenta, per me, l’ultimo baluardo di ciò che dovrebbe essere lo ‘sport’. Mi sono commossa anche io. Perché nel suo personalissimo, autentico commosso addio alla carriera, io ho chiaramente visto il tramonto di uno sport inteso in quel senso, in un senso umano, troppo umano…… Unico. Indimenticabile.

    • Bravo, un laziale che dice questo mi piace assai. E io sono tifoso accesissimo del Milan.. ma qui si parla di uomini, cosa su cui abbiamo scarsi materiali, assai spesso… quando ce n’è vanno usati..

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