Lo schema

Nuvole e luce.

Lo schema è congegnato in modo praticamente perfetto. Verità non ce ne sono, non definibili ufficialmente come tali. Ognuno va a braccio, a tentoni. La sensibilità su ciò che accade è collocata dentro il sacchetto di pelle, dunque il mondo viene visto da un punto soltanto, come se vi fosse una sola possibilità d’interpretazione che stravince su qualunque facoltà anche sviluppata a mettersi “nei panni degli altri”. I riscontri sono sparsi in ogni dove, di modo che chiunque possa dimostrare quasi tutto, senza vera prova di smentita. In più c’è la solitudine, la paura di restare soli al mondo, che spinge in ultima istanza chiunque a potersi garantire qualche amico, cioè qualcuno che per terrore è disposto a fingere (senza neppure saperlo o comprenderlo) di essere d’accordo con noi (il che illude lui di sfuggire alla solitudine e noi circa il fatto di aver ragione).

Ma non basta. Qualcuno ogni tanto ci si para innanzi ci dice qualcosa di estremamente vero su di noi, qualcosa che risolverebbe il nostro rebus, la soluzione! e che dovremmo accettare anche se sovverte ogni nostra convinzione (con la quale ci difendevamo e auto-assolvevamo), dunque qualcuno che ci sta offrendo l’opportunità di vederla veramente per come è, (seguitemi qui!) qualcuno che dice dove sta il nostro baco del sistema, dove sbagliamo, cioè la falla per tappare la quale noi abbiamo costruito tutta la nostra finzione… ma che (ecco l’idea straordinaria) a sua volta è nei guai con la SUA vita, ha il SUO difetto congenito, non è dunque al di sopra del giudizio, fa a sua volta errori (magari altri rispetto ai nostri che ha capito di noi…), e dunque se da un lato finalmente potremmo ricevere da costui l’indicazione-chiave, l’agognata soluzione, e potremmo comprendere per sempre IL PUNTO dove per noi si risolve tutto… dall’altro lato la nostra disonestà può delegittimarlo, può smontarlo, depotenziarlo, salvando noi in corner ed evitandoci di dover ammettere le cose per come ce le ha mostrate e disvelate definitivamente quel tale. Pari e patta anche stavolta. Occasione preziosa andata in fumo.

Dunque non è che non si possa mai capire. Si potrebbe. E qualcuno “che vede” ci sta anche rivelando come, finalmente. Solo che nel marasma in cui le nostre peggiori intenzioni sono immerse possiamo sempre raccontarcela. E in più, dato che stiamo sempre un po’ affogando, godiamo del fatto che intorno a noi, fin da principio, si è sviluppata tutta una cultura dell’autodifesa che ci sostiene nell’atto di mandare a quel paese il mondo (“ma sì, ‘fanculo tutti! ‘Sti stronzi… Nessuno mi capisce”), nel non voler dare ascolto, nel ribattere. Nel non voler vedere.

In sintesi: nessuno (o quasi) progredisce oltre ciò che è, nessuno si svincola dalle proprie catene. E tutti vivacchiamo fino alla fine dimostrandoci che, in fondo, non è che senza capire si muoia prima (“lo vedi?!”). E per somma ironia, chi ha saputo emanciparsi, chi ha capito, non lo sa spiegare, fa esempi che valgono solo per sé, a cui è possibile controbattere cose tipo: “e vabbé, grazie, così siamo capaci tutti”. Dunque ottiene qualche ammiratore e fine lì. Come chiunque altro, stessi riconoscimenti, stesso ruolo del suo reciproco. Tutto identico.

Non so a voi, ma a me pare un capolavoro. Verrebbe da disperarsi, se non fosse che si resta ammirati per tanta perversa perfezione.

(a questo punto una bella fetta di noi dovrebbe alzare il mento, occhi sgranati, e finalmente… capire! Capire la cosa ascoltata di recente, che abbiamo avversato con sdegno, o qualcosa che ci è stato addebitato tempo addietro, che abbiamo fermamente rifiutato. Solo che dato che lo schema è perfetto, immediatamente negheremo tutto con qualche motivazione, per altro, plausibile).

(l’estrema evidenza della perfezione dello “schema” è che la prima cosa che avete fatto leggendo è stata pensare a quando voi eravate quello “che vede” e dicevate qualcosa di vero a quello che avevate di fronte, quello “che non vede”. Non il contrario. Fantastico…).

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19 pensieri su “Lo schema

  1. C’è una persona a me molto cara, che è pure molto brava a vedere le questioni in cui mi perdo in un bicchier d’acqua ed a metterle lì in fila, tutte in ordine per mia doverosa consultazione: quindi qualche riscontro per fortuna ce l’ho. Per il resto ci vorrebbero le trasformazioni di Lorentz dell’anima, così potremmo sapere dove siamo al di là di chi ce lo dice (mica come quando pensi che finalmente si parte e invece è il treno di fianco).

  2. La risposta di Simone a Gio rispetto alle “righe” da tracciare…. Linee di demarcazione che si possono spostare, come i confini. Il ragionamento ci ha condotti qui. Siamo dunque partiti da uno schema, uno schema che io ho definito “perfetto” perché funziona così. O meglio siamo abituati a utilizzarlo in questo modo. Perché fa parte della “natura umana”. Perché tendo a non vedere i miei difetti, le mie imperfezioni e invece sono bravissima a scovarli negli altri… E mentre spiego all’ “altro” e illustro con estrema precisione ciò che ho visto, nlle mie parole trovo sempre qualcosa di me stessa. Come se negli “altri” ci fossero pezzetti di me. Come se quella remota esplosione di stelle inevitabilmente ci avesse investiti tutti quanti, in proporzione diversa, forse. Questo mi dovrebbe consentire di essere estremamente cauta quando emette un giudizio, quando cerco di fissare, una volta e per sempre, l’ “altro”, quando lo definisco “altro da me”, lontano, irraggiungibile, indefinito. Quindi mi serve uno schema preciso da seguire che poi però rischia di diventare una gabbia in cui mi ci ritrovo rinchiusa a mia volta. Allora sposto l’asticella, sposto solo un po’ il limite… Mi sento meglio. Ecco il concetto di limite e di confine. Non sono riuscita, alla fine, a definire un bel nulla! Non sono riuscita ad alzare mura abbastanza poderose per limitare l’accesso a ciò che non mi piace (di me e degli altri). Oiobò! ma allora il limite è stato ampiamente superato! E allora in questa società liquida tutto scorre… Non posso oppormi, non posso creare protezioni abbastanza resistenti, non posso non guardare….mentre tutto mi crolla intorno…. E non ho più certezze, e non so più dove sono i buoni e i cattivi e fatico a elaborare un pensiero che vada oltre, ben oltre, a quel giudizio definitivo e mi guardo pensare al “libero arbitrio” davanti al mare così blu e indefinito.. E a qualcosa che assomiglia ancora una volta all’amore. Scrive Franco Arminio:
    ‘Erano stati capaci di odiarmi e di amarmi, ma mai di vedermi’.
    Ecco.

    • “Chiaro che siamo in guerra, ed è una guerra di accerchiamento, ognuno di noi è assediato, vogliamo abbattere le mura dell’altro,
      e mantenere le nostre, l’amore verrà quando non ci saranno più barriere, l’amore è la fine dell’assedio.”

      ~ Josè Saramago ~

  3. Esiste l’ evidenza del fatto, non mi sembra sia tutto relativo, dopodiché se si vuol vedere mistificata la realtà basta fantasticare.
    Forse è uno dei problemi primari dei nostri tempi: non distinguere le situazioni o valutarle poco seriamente.
    I punti di vista sono molto limitati se non supportati attentamente.
    Manca capacità di analisi, preparazione ed equilibrio ed i risultati spesso sono sotto i nostri occhi: disastri a non finire, purtroppo.

  4. Ciao Simone
    Cio` che a me manca in questa vita sono proprio i riscontri, o meglio la relativita` di questi riscontri. E un mondo pieno di riscontri di “mamma”, quanto sei bravo e bello: ma poi si fatica a capire dove si é realmente: talenti, comportamenti, ambizioni. A guardare noi stessi non siamo capaci, all`animale uomo penso sia solo concesso provarci. Forse il punto e` che dobbiamo smettere di cercare riscontri che si rivelano essere fasulli (come dicevi, si trova sempre qualcuno che ci dia retta) e guardarci intorno in maniera piu` ingenua: mangiare, dormire e amare.
    Cio` che cerco di fare é di non dare giudizi sugli altri e nei momenti di troppo orgoglio (spero rari), mi ripeto la frase di Pirandello “l`uomo si figura di essere bello buono generoso e infelice, e questo fa tanto ridere a pensarci”.

    • ad ogni modo, la “relatività” dei riscontri c’è eccome, Gio. Tutto è talmente relativo a chi parla, al contesto… che non c’è mai niente di oggettivo. Mai che si possa dire: “questa cosa è evidentemente e definitivamente così”. È il bello della vita, così come al tempo stesso la sua pena. Quel confine tra aleatorio e indiscutibile ce lo diamo noi. Io, recentemente, ad esempio, ho tirato un bel paio di righe, linee di confine insuperabili. Se non ci si trova su alcune questioni, decido io dove sia il limite. E mi pare che tutto funzioni meglio.

      • ..alla mia prima frase mancavano un paio di parole per concluderla (toppa fretta). Cio` che volevo dire é che proprio la relativitá dei riscontri crea confusione in me. Concordo che faccia parte del bello della vita ma a volte destabilizza. Come fai tu, ha quindi un senso “tirare delle righe” usando tutto il ragionamento che si ha; ma a volte in maniera forse troppo severa con me stesso mi trovo a ammettere che anche queste righe sono relative e che magari (come dice Pirandello) sono tanto ridicolo. Allora concluderei che questa consapevolezza é giá un risultato; e con l`esperienza, magari, queste righe possono essere spostate o appena curvate.

        • E’ vero. Quelle righe cambiano, paiono perfette ma poi ci si trova a cancellarle e a spostarle. Già sull’interpretazione (se vi siano mille verità relative o molte meno più verificabili) siamo in disaccordo (mi riferisco alla risposta di Valentino), figuriamoci oi quando passiamo al merito. Io compiango, sia chiaro, che sia tutto così soggettivo e aleatorio, ma non faccio l’errore di negarlo, e in questo Gio hai ragione, la consapevolezza è già molto. Resta il fatto che ognuno può e deve costruire un’etica di riferimento per tracciare righe, percorsi, dandosi opportunità e limiti. Senza ingabbiarsi, ma neppure senza perdersi in un deserto inintellegibile.

  5. Sto sorridendo al fatto che son pieno di difetti e limiti e me li tengo, raccogliendo ciò che ho seminato.
    Mi impegno semplicemente nell’ imparare qualcosa di nuovo tutti i giorni, farne tesoro, non aver la presunzione e meno che meno l’ arroganza di entrare nella zucca altrui.
    In altre parole: nessuno mi paga tasse e spese, evviva la vita, che tanto dona ed altrettanto toglie.
    Troppo semplicistico? Forse e va bene così!
    Buon ferragosto a voi!

  6. Risposta al finale: Sbagliato!… la prima cosa che ho pensato (bravo che hai messo l’ultima frase separata da tutto!) è che io ho capito benissimo…di non essere quello che vede!… dopo che tu (ed altri… persone, fatti e situazioni), tempo fa, hai cominciato a far vedere. Ho anche capito che continuo a sgranare gli occhi e ancora troppe volte continuo a negare, a dire che non si può, che non posso. Una cosa ho fatto mia e vale oro… LA CONSAPEVOLEZZA di tutto ciò. Ed è già tantissimo!

  7. Babaji, che per chi non lo avesse mai sentito è un grande Maestro, diceva:”Su mille uno mi cerca, su mille che mi cercano uno mi trova!” … La racconta lunga sulla condizione umana! Purtroppo chi ha fatto il “salto” passa poi molto tempo a cercare di svegliare gli altri, poi capisce che serve … tempo, o meglio che ognuno ha i suoi tempi e che gli schemi non sono uguali per tutti! … Ma la vita è meravigliosa … per chi si sveglia!

  8. Lo sai Simone? Quando lavoravo in un grande Ente (..che se ci ripenso ora ho ancora i brividi “in differita” per i trofei di alienazione che riuscivo a procurarmi tutti i giorni ), questo gioco del “noi e loro”, l’ho utilizzato per anni, per procrastinare la decisione che avrei voluto prendere. In pratica parlavo a tutti del mio diasgio dentro quello schema, di quanto mi sentissi di fallire ad ogni timbratura di cartellino e mi aspettavo di trovare appoggio, di trovare uno tra i tantissimi colleghi, in grado di dirmi “ti comprendo, mi sento anche io così, sai che ti dico? saltiamo insieme!”. Invece sbattevo ogni giorno contro muri in c.a. (citazione professionale..sta per cemento armato), che per lo più anzi, rafforzavano il mio senso di inadeguatezza, nel ripetermi quanto fossi fortunata a rivestire quel ruolo e che tutto il mondo fuori, avrebbe voluto essere al posto mio. Spesso mi additavano come ingrata: “hai tutto questo e lo disprezzi”. Sai quando ho smesso di giocare al me e loro? Quando una mattina ho capito che l’appoggio avrei dovuto cercarlo nell’unico posto in cui fosse disponibile, cioè dentro di me. A quel punto, delizia e croce, ogni schema decade. Un saluto Comandante. Buon vento a tutti noi 🙂

    • Tu parli dunque dell’altro lato della medaglia, del procedimento inverso. Io qui mi riferivo più a ciò che di VERO gli altri ci rappresentano. E a come li delegittimiamo per non ammettere che ci stanno dicendo qualcosa che ci riguarda, cambiando il quale andremmo oltre. ma il processo che racconti lo conosco bene, e incide molto, moltissimo.

  9. “Fratello, perché osservi la pagliuzza nel tuo prossimo e non scorgi la trave che hai nel tuo???”
    Quasi sempre i difetti che ci fanno rabbia degli altri sono i difetti che cerchiamo di celare in noi stessi, quasi sempre l’invidia che proviamo per altri potrebbe essere semplice apprezzamento per la capacità di godersi la vita. La nostra presunzione, me per primo, ci porta a non imparare ne dai difetti degli altri e ne dai loro pregi.
    Un abbraccio

    • Mescoli molte cose. La citazione dal vangelo che riporti ha sempre colpito molto anche me. Odio il vangelo, primo perché sono invidioso come romanziere (un insieme di storie e aneddoti praticamente perfetti, una genialità narrativa che mi fa incazzare non avere io…), e poi perché troppo spesso parla di me, e io che sono radicalmente ateo mastico male questa evidenza. Resta il fatto che hai ragione: io dico a te che hai un difetto, invece che occuparmi io di me che ne ho uno identico o maggiore. E questo, dal punto di vista della considerazione umana, della dignità, è una consapevolezza tragica. Io non mi rassegno a questo, vorrei sconfiggere questo circolo vizioso.

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