Ricevo un post ricchissimo di spunti e di grande valore. Ve lo sottopongo con molto piacere.
“GENERAZIONE C (a 1000 EURO)
“Ciao Simone e ciao a tutti,
è la prima volta che ti scrivo, e lo faccio dopo aver pensato parecchio a quale contributo dare alla “causa”. Ho letto il tuo libro, visto tutti i video, letto qua e là qualche post e commento sui blog e fb… ah molto bella la tua recente risposta al giornalista di Affari Italiani che ti voleva subito dare una comoda “etichetta“…Ti scrivo per fare assieme a te e magari ad altri che condividono la mia situazione di lavoratore con uno stipendio attorno ai 1.000 / 1.200 € (cioè tantissime persone) su come affrontare comunque un percorso di downshifting se questo è ciò che veramente desideriamo.
Forse altri hanno già fatto notare questo aspetto sul blog o Fb, io non ne ho trovati e mi permetto di lanciare questa riflessione, che naturalmente non vuole essere una critica. Nel libro parli della tua esperienza personale di ex manager con un livello retributivo medio alto, se non ricordo male il tuo budget annuale di aspirante “downshifter” è di circa 26.000 € che è il doppio di quanto io guadagno attualmente lavorando tutti i giorni. Quando nel libro racconti del tuo conoscente che fa il ricercatore a 1.500 € e che potrebbe fare downshifting basandosi sulla auspicabile rendita dell’alloggio dei suoi genitori che comunque prima o poi erediterà, se non ricordo male è forse l’unico momento in cui affronti l’ipotesi del downshifiting per quelli che come me hanno retribuzioni basse e quindi minori possibilità di mettere da parte soldi.
Ma le persone che vivono con 800/1.000 € nella fascia tra i 25/35 anni, anche laureate o con buone qualifiche professionali, sono tantissime, vorrei dire la maggior parte. Non stiamo li a cercare le motivazioni e le cause generazionali, ma di fatto la gran parte dei giovani in Italia riceve uno stipendio davvero basso rispetto agli attuali costi di vita, e da qui tanta frustrazione, i trentenni che ancora devono vivere con i genitori, la difficoltà di programmare il futuro da soli, in coppia, con un figlio, etc… Ma è proprio questa l’età in cui se lo si sente dentro, si può cominciare il cammino verso il downshifting, proprio come hai fatto tu 12 anni fa, in modo tale da non avere un’età troppo avanzata quando finalmente ci si potrà liberare del lavoro fisso e godere a pieno del nostro tempo e dei nostri interessi. Purtroppo chi come me ha letto il libro e ha fatto paragoni tra i conti economici che tu hai proposto e la nostra attuale situazione economica, potrebbe sentirsi un po’ escluso da questo interessante processo di liberazione. E quindi noi che dobbiamo fare??
Cerco di lanciare a te e questa comunità un messaggio che porti alcune riflessioni che mi riguardano personalmente e spero possano incontrare conferme e ulteriori approfondimenti da quella fascia di giovani che vive la mia stessa situazione lavorativa ed economica. Innanzitutto spesso mi trovo a discutere seriamente con i miei amici, anche loro della generazione 1.000 €, sul fatto che per lavorare 5 giorni a settimana per 8 h al giorno e guadagnare comunque così poco, in più senza intravedere nel nostro ambiente possibilità di crescita professionale e di aumento di compenso, tanto vale fare qualche lavoretto saltuario (bar, ristoranti, artigianato, decorazione, giardinaggio, lavori vari su internet, traduzioni, etc..) e non credo sia difficile racimolare a colpi di 100/200 € quasi la stessa cifra mensile che percepiamo di stipendio e ridurre ancora un po’ i nostri consumi e le abitudini più costose. Immaginiamo quanto tempo libero si guadagna e soprattutto si spezza la routine della sveglia fissa/traffico/lavoro/casa dandoci spazio per avere il tempo di fare anche altre cose. Già parecchie persone che conosco vivono in questo modo e vedo con piacere che se la passano meglio di tanti altri che hanno il posto fisso. Tra l’altro, a livello psicologico, lasciare un posto senza prospettive di crescita economica, potrebbe essere più facile che lasciare una carriera avviata e ben remunerata.
Ho 33 anni, una laurea breve, parlo e scrivo bene in 3 lingue straniere ed ho avuto varie esperienze lavorative alle spalle in Italia e all’estero alla ricerca del lavoro “giusto”. Da 4 anni vivo a Torino, in pieno centro, lavoro in ufficio a 15 min a piedi da casa, con un contratto di collaborazione a progetto da 1.000 euro, non ho più l’auto da 4 anni, non mi serve e soprattutto non potrei comprarla con i miei soldi e non potrei mantenerla, ma tutto questo ora non mi pesa per niente. Anche se lavoro circa 8 h al giorno, i nostri orari sono flessibili e quindi non devo essere in ufficio per forza alle 9 e chiedere permessi per le cose che ho da fare. Forse sono già una persona fortunata per questa combinazione di casa/lavoro/orari, infatti quando ho letto il capitolo del tuo libro “Tutto quello che non possiamo fare” ho constatato con piacere che erano pochissime (forse solo 2) le voci dell’elenco che potevo spuntare, quindi tutta quella serie di limitazioni tipiche di certi profili professionali già non mi riguardano. Questa cosa mi ha confortato e mi ha fatto riflettere sul fatto che sarà pur vero che ho una situazione lavorativa precaria e a basso reddito, ma la mia attuale qualità di vita è già sicuramente buona. Quindi le persone che sono nella mia situazione potrebbero pensare come faccio io, di essere più o meno consciamente in una fase di “inizio downshifting involontario” ed esserne felici; mentre chi appartiene alla categoria di lavoratori che purtroppo si riconosce a pieno nelle limitazioni da te elencate, potrebbero anche valutare il fatto di rinunciare alla loro routine frenetica e stressante per dedicarsi intanto ad un’occupazione più a misura d’uomo in termini di qualità della vita, impegno ed orario. La testimonianza di Silvano Agosti sulla qualità di vita in Kirghisia dove la maggior parte della popolazione lavora 3 ore al giorno, ci fa capire che non stiamo parlando di utopie e sogni.
Come ultima considerazione, riprendo l’idea da te proposta di una condivisione dello spazio abitativo tra più persone o nuclei familiari nella fase di avvicinamento alla vecchiaia che ritengo validissimo e che vorrei cercare di sviluppare e porto un esempio semplice da realizzare che stiamo sperimentando attualmente con gli amici. Nessuno di noi potrebbe permettersi un alloggio in montagna per sciare che sia in affitto né tanto meno in proprietà. Quest’anno però in autunno siamo andati a cercare un alloggio grande per tutto il gruppo in una piccola stazione ai confini con la Francia, ideale per chi ama lo snowboard come noi. Risultato: abbiamo affittato una mansarda con una zona comune grande con cucina e 2 camere con 12 posti letto, riscaldamento con stufa a pellet (un sacco costa 4/5 € e scalda tutto l’ambiente per un giorno intero) alla cifra di 1.500 € per tutta la stagione da Dicembre ad Aprile. A seconda dell’uso che ognuno ne fa, con 100 /150 € a testa abbiamo a disposizione una casa in montagna per quasi 5 mesi. Good deal!!
Bene mi sono reso conto che la mail è stata forse un po’ troppo lunga, ma da tempo queste riflessioni mi girano per la testa e te le volevo comunicare. Ti saluto ringraziandoti per lo stimolo che hai saputo dare con il tuo libro a me e a tante altre persone. Peccato che non sei venuto a presentare il libro a Torino.
Un abbraccio
Cesare”