Comporre

IMG-20140521-01976

Ciò che occorre trovare in questa immagine, ciò che la definisce e che dobbiamo descrivere, è ciò che non riusciamo a vedere

Scrivere è come immergersi, apnea in cui è necessario uscire da sé, perché il sé consuma ossigeno, invoca l’aria, distoglie dal mondo delle profondità, pretende che il corpo faccia ciò che lui impone, mentre comporre è fingersi altri, altri sé, con altri respiri, altri battiti del cuore, dunque vite parallele, per questo si può fare di tutto nel rumore e nella promiscuità, ma non comporre, non creare, che è condizione vagamente ipnotica, a tratti tragica, quando funziona estatica, che annulla il tempo, fa scomparire lo spazio, modifica luce e ombra, rende circolare ciò che è spezzato, ricongiunge attraverso lo straniamento, come se per capire fosse necessario abbandonare, spostarsi in un altrove che consente di vedere, perché l’angolo fa la visuale, lo scorcio il panorama, almeno tanto quanto il contrario, dunque per perdere luoghi servono luoghi, per i pensieri un pensiero, per uno stato una circostanza, che vuol dire un gran caos, e sarebbe bello se ci fosse una formula, se si potesse fare click compiutamente sulle cose raffinate, sofisticate (su quelle semplici, meccaniche [anche belle ci mancherebbe] l’interruttore c’è) per potervi accedere a comando, ma non c’è, anzi, ogni cosa intensa, che si anima di “un’altra vita”, in cui si tocca il cielo, si procede oltre ogni arcobaleno, si supera il limite di sé, onanismo esistenziale e basta, è il risultato di un processo, un percorso, segni che si aggiungono a comporre una figura, note che si affastellano alla volta di una melodia, attimi che disegnano un’epoca, gesti che provano a manifestare ciò che le parole non spiegano, e la sua metafora, un libro, quella rappresentazione straordinaria della realtà in cui riusciamo a emozionarci anche se non siamo lì, non fa differenza, anzi, ne è l’eruzione, qualcosa di più vero della realtà, solo che non è reale, o forse sì, un filo nero che corre, corre, corre, si dipana su una pagina bianca, tracciato per anni, ogni giorno, ogni giorno, e che non si può interrompere per non dissiparne la magia, e insegue immagini insensate, idee, sogni… ed è finito.

Share Button

Ricomincio a scrivere

IMG_20151207_120348_edit

Da qui

Tornare a casa, lupo solitario che rivà nella tana, in viaggio sempre, qui come per le rotte mediterranee, a braccetto con i mostri e gli angeli, inevitabilmente, mai al riparo dalle emozioni, mai dietro il separè dell’irrealtà. Ritrovare il Fienile dell’Anima, il luogo dove si deve essere, stare, per poi riandare, unico luogo a cui tornare. Ogni uomo deve avere una bitta a cui dar volta con la cima del senso. Per non naufragare.

Metà del romanzo, ed oltre, da costruire. E ora c’è una data, che cambia tutto. La seconda metà, quella più difficile. Nella prima i personaggi ti rincorrono, faticano a starti dietro. Nella seconda tu corri dietro a loro, scompostamente, difficilmente, trappole narrative che si moltiplicano, rischio di perdersi. I personaggi che hai creato, che pure sono appesi al filo della tua penna, vivono di vita propria, scelgono inopinatamente, differentemente. Cattivi che si rivelano migliori, buoni che si rivelano orribili. Amore che genera disamore, vita che genera morte. Sogni. Che romanzo scrive un autore? Quello che i suoi personaggi decidono. i suoi infiniti sé a confronto. Difficile spiegare. Dare vita impone il rispetto della vita data. Anche perché non c’è alternativa.

Come i monaci. Ogni mattina alle 6.00. Ogni giorno fino a sole alto, quando si perde tutto, quando la spossatezza intorpidisce la visione. Pieno di errori, perché l’alba è il tempo dell’immaginazione e dell’imperfezione. E poi ogni pomeriggio, quando non sapresti creare neppure un’immagine, ma sai correggere, smontare, rimontare. Lo scrittore immagina al mattino, aggiusta nel pomeriggio. Architetto e artigiano. Poi passeggia nei boschi, costruisce oggetti, ripara. E la sera, di fronte al fuoco, nella solitudine assoluta, nel silenzio inviolato, patisce, accarezza la stanchezza a volte affranta, a volte esaltata, del procreatore. Scrivere è fare l’amore, tantrica e saltuaria eiaculazione d’inchiostro.

In mare a lungo, mesi, per anni. Nella cristallizzata perfezione di questo luogo che ho costruito, a lungo anche qui. Molteplicità che non deve negarsi, non deve nascondersi: eccolo il privilegio di cui essere orgogliosi. Qui nascono le immagini, i pensieri. Qui nascono i personaggi. Qui si traccia il filo sottile delle storie. A seguirlo, non si va verso l’autore, tuttavia. Ci si immerge nell’abisso del proprio mondo negato.

Ho ricominciato a scrivere.

Share Button