Tutto ma non liberi. E’ indecente

Tanto per fare un po' di pubblicità ai bravissimi ragazzi di Linosa

Questo è business”. Hanno avuto il coraggio di scrivermi questo su internet. Io raccontavo che sono in mare, quello che faccio, come sto, e che è possibile raggiungermi. Che tristezza

Che tristezza dire a me che faccio business, io che se va bene dalla vela porto a casa 5000 euro in un anno facendomi un mazzo tanto (e divertendomi altrettanto). Che tristezza questa Italia immobile e moralista, criticona e polemica. Che tristezza questa facilità di dire, accusare, attaccare, senza sapere, senza neppure farsi una domanda. Che tristezza chi non legge, non sa, non s’informa e spara ad alzo zero su chiunque tenti qualcosa, provi a salvare almeno la propria vita dall’immensa palude dell’epoca e del Paese. Che tristezza non verificare che in mare tutto costa quasi il doppio, e io per stare bene con me stesso, per far stare bene gli altri, decido di ospitare la gente a bordo guadagnando meno del dovuto. Che tristezza non sapere che la barca su cui lavoro si è pagata col lavoro stesso, mese per mese, euro su euro, facendo tutto da solo o insieme ai miei amici, finché possiamo, finché sappiamo, finché ci proviamo. Che tristezza vivere in modo così simbolico, che se di mezzo c’è una barca diventiamo tutti Briatore. Che tristezza internet, così gravida d’ipocriti protetti dal nickname, fancazzisti senza qualità, che hanno anche il coraggio di parlare di libertà e democrazia della Rete…

Emaciati, pallidi, tristi, insani, al limite con la sussistenza, così dobbiamo essere? Beh scordatevelo. Tollerate qualunque cosa, ma non che si tenti di vivere liberi, vero?! Questo suona come indecente in questa epoca, non è così?! Mai dire che stai bene, mai dire che provi a vivere, mai dire che stasera hai goduto del sole che tramonta, di un buon bicchiere, di un cibo preparato bene. Che tu ci provi e fallisca, al contrario, sta bene a tutti. Anzi, è prezioso! Che tu ci provi e riesca, invece, genera ondine di fetido risentimento. “Stai barando, certamente. Nessuno può!”. Schiavi tanto da non saper immaginare, da non saper neppure sorridere se qualcuno corre via nel campo di grano, si allontana dalla prigione, fugge inseguito dai cani. Neppure il tifo sapete fare, sperate che i cani gli addentino le caviglie! Quel fuggitivo non sei tu?! Non è la tua speranza?! Se non ti vedi, se non ti riconosci in quella schiena fustigata che suda correndo, sei già morto. Non ci avevi mai pensato?

Eccola la nostra cultura, invidiosa, malevola, maliziosa, che augura a tutti il naufragio mentre affoga, che spera nella caduta, che sogna che nessuno possa, se noi non possiamo. Che nessuno tenti se noi non ci proviamo. Ma che razza di morti viventi siete?!

Cara classe media del pensiero comune, cara gente senza alcuna immaginazione, che non credete mai a niente, ossessionati dalle truffe e dal marciume, che giudicate falso ciò che voi vivete falsamente, che spendete su un monitor tutte le vostre poche energie attaccando tutto e tutti… fatevi un bel giro, una bella passeggiata. Ossigenatevi, date fiato ai pensieri. Elaborate prima di morire qualcosa che sia vostro, un’idea anche minima, ma che possiate realizzare. Impegnatevi a fare, non guardate da questa parte, lasciatevi in pace. E lasciate in pace anche me. Siete il peggio del Paese, ve lo dico con franchezza. Siete voi che consentite all’enorme Leviatano di stare in piedi, di schiacciarci. Fino a che potrete sfogare rabbia e frustrazione nell’immensa cloaca a cielo aperto della Rete avrete il vostro pane e il vostro circo, messo su ad arte dal Sistema per far fischiare la valvola della vostra parossistica pressione. Voi da cui non c’è niente da temere, che non farete mai niente di eversivo, che non tenterete mai una via vostra, che non avete il coraggio dell’accusa vera, quella che si fa agendo. Dobbiamo a voi, alla vostra immobilità, ai vostri sospetti, ogni disagio, ogni degrado, ogni potere che ci opprime. Uomini-mai-stati-liberi, che non tollerate alcun vagito di libertà, smettete di cercare il baco, la nota stonata, sono anni che ci provate, anni che vi rispondo punto su punto. Che vi è successo in questi anni, come siete vissuti? Io così, come sapete…

E non chiamatela critica, almeno, non fate quest’ennesima figura da mistificatori. La critica è una sofisticata arte della comprensione. La fa chi ha studiato, chi ha tentato, chi riesce a misurare su di sé mentre fa, perché su-di-se-mentre-non-fa non serve a niente, e toglie diritto di parola. Fa solo rumore. Fa il gioco del nemico.

Su internet resta tutto, grazie al cielo. Tra qualche tempo rileggeremo ogni affermazione, ogni “pensiero”. Vedremo chi c’è ancora, cosa fa, com’è andata. Vedremo chi mentiva. Vedremo chi c’è ancora e che senso avevano le sue parole. Quel giorno io spero solo di non dovermi vergognare, spero di constatare che dicevo quello che facevo, quello che ero. Per alcuni sarà un brusco risveglio. Non vorrò essere nei loro panni, ma nei miei. Come oggi.

 

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