Giorni così

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Una delle cose che mi aiuta a generare energia, ad esempio, è il Barbaresco

Stamattina mi sono svegliato con una serie di frasi dette dalla propria voce di Dragut nelle orecchie. Parole forti, come noci che si rompono, legna che si spacca. E mi è venuta su un’energia antica, gli occhi della tigre. In due ore ho avuto due buone idee, lanciato messaggi, fatto proposte, chiesto informazioni. Ho fatto sgommare la mia vita, le ruote hanno fatto fumo, hanno cantato, poi un balzo in avanti. Quando lavoravo erano i giorni in cui i miei collaboratori volevano nascondersi sotto la scrivania. Pensavo poco fa che siamo come il nucleare: energia, oppure bomba. Dipende chi è che la usa.

La cosa più eccitante, al mattino, è leggere quello che ho scritto. Trovarci dentro quello che so, quello che volevo da sempre trovare in un libro. Poi smetterà di essere così, avrò bisogno di altre pagine, e allora dovrò scriverle. Ma ora, ancora, Rais è il mio libro, mio come lettore intendo. E al mattino quelle parole che scoppiano, le schegge che vanno dovunque, ti trafiggono il cuore, scatenano un boato dentro. Le ho scelte a una una perché generassero questo, e ora mi godo la detonazione.

Un’amica a cui dico che ho deciso due o tre cose e che oggi sto così mi risponde: “Bravo… che la vita scorre”. I giorni come oggi mi dicono un mucchio di cose. Su di me, su quanto ci vuole per arrivare a essere in movimento, su quanto chi sta fermo dovrebbe evitare di parlare del mondo, della vita: “Prima ti muovi tu, paghi il prezzo, consumi energia, costruisci, generi cose che non c’erano, imposti progetti, mondi! e poi apri bocca“. Pensiero, idee, progetto, azione, una concatenazione difficile da mettere in fila, ma che quando c’è accende i razzi del destino. Mi ricordo: il mio destino l’ho sempre fatto in giorni così. E per onestà, dato che me ne ricordo, non mi lamento mai degli altri, della sfortuna, di niente. Solo di me. Perché la vita la fanno questi giorni, e anche quelli prima, quelli senza detonazione.

Io so da dove viene questa energia, ci ho studiato tanto su questo. E se mai si dovesse sostenere che qualcosa della vita l’ho capito, è proprio questo: l’energia, cos’è, quanta ne serve, da dove viene, come generarla, a che costo, con quale efficienza tra combustibile e risultato finale. Attenzione perché è lì il punto, il resto consegue. La benzina del motore-vita. L’energia. Voi… da dove viene, come generarla, quanta ve ne serve… lo sapete? Pensateci, è essenziale.

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Qualcosa di reale

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Che rotta fai? Non lo so…

Che romanzi scrivi?” Quando me lo chiedono vorrei essere lontano… Sarebbe come se io domandassi: “Che vita vivi?” “Ma no dai, intendevo: che genere…?” Ecco, appunto…

Vita dramma, vita comica, vita avventura, vita d’amore, vita tedio, vita obblighi, vita libera, vita studio, vita fuga, vita errore, vita tradimento, vita speranza, vita sogno che non mi posso consentire di sognare, vita che quel giorno speravo mi dicessi quella cosa, vita che non me l’hai mai detta, vita che quando ho capito che dovevo dimenticare ho ricominciato a vivere. Vita buttata, vita errore, vita di cose che non so, vita che mi piacciono solo le cose che già so, e non saprò mai il resto, vita che oggi sto bene ed è bella, vita che oggi sto male e non mi ammazzo solo grazie a te, vita che è andata, vita che ancora ce n’è. Vita che non c’è stata mai. “Che vita vivi? Drammatica? Umoristica? Avventurosa? D’amore? Storico-aneddotica? Poliziesca? Rosa, noir, gastronomica, manualistica, di viaggio, di formazione?”. E io di cosa dovrei scrivere? Guarda che scrivo a te

Ogni volta che per capire chiudo, segmento, recinto, sfoltisco, so già che non servirà a niente. Ogni volta che per ascoltare devo aver già capito, ho una fitta al cuore. Ogni volta che mi chiedono di spiegare sento che non ce la farò: non avrò parole, o ne avrò troppe, e chi ho di fronte non resisterà. (Di che parla il mio romanzo? Allora…). Ogni volta che quella cosa non me la dici, vorrei capire perché. Ogni volta che l’attendo, anche. Quando mi chiedo che tipo sei, mi domando: “che ci faccio qui?”.

Quasi tutto quello che merita attenzione, non può essere definito se non con un lungo giro di parole vane. Io non saprei definirlo, ecco, diciamo così. Ogni cosa che scrivo vorrei non fosse definibile, perché somigliasse a qualcosa di reale. Altrimenti per capirlo dovremmo uscire. Mentre scrivere, come leggere, come vivere, è entrare.

Lei non vede il mondo. È più recluso di me, perché io, schiava, osservo ciò che non sono, mentre lei, libero, vede soltanto se stesso.” (Rais, Frassinelli, 2016)
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– 0. Avvertenze di lettura

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Antipasto a due colori per Rais

Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero….“. Inizia così, in modo sorprendete e splendido, il famoso romanzo di uno dei maggiori scrittori di sempre. E io vi dico la stessa cosa. Sedetevi comodi, nel vostro angolo preferito, lasciate che tutto rimanga fuori, state per iniziare a leggere Rais, l’ultimo romanzo di Simone Perotti, storia d’amore e inganno, di pirati e avventure, di mare e di esplorazioni, di amicizia e tradimento, di speranze, perdizioni e redenzioni. Mettetevi dove volete, raggomitolati o coricati, purché stiate bene, con le gambe stese, e forse una copertina addosso, che al freddo si legge malvolentieri, ma non troppo, perché il caldo è anche peggio. Spero che ci sia luce, perché leggere al buio è fastidiosissimo. Le sigarette a portata di mano, se fumate, e il portacenere. Che c’è ancora? Dovete fare pipì?

Soprattutto, fate all’autore e a voi stessi una grande concessione. Se dedicate a un libro una mezz’ora, fatelo con concentrazione, essendoci. Smettete di pensare a Pino e Mariuccia, al capoufficio, al vicino di casa che fa sempre rumore. Fare l’amore non dura molto di più, ma non lo fareste mai distratti. Mangiare non dura tanto di più, ma mai vi perdereste un boccone. Un libro è una storia, leggete lentamente, non abbiate fretta. Come la rotta per Itaca, che il viaggio duri tanto, che Itaca non si profili troppo presto all’orizzonte, riducendo le nostre avventure. Una storia non è “come va a finire”, ma soprattutto come va.

Le parole vi porteranno lontano, ma non sono solo un ponte. Sono un fine e uno strumento al medesimo tempo. L’autore le ha scelte a una a una, talvolta azzeccandole, talvolta meno, ma sempre chiedendosi molte cose prima di scrivervele. Vi riguardano, sono una lunga lettera rivolta a voi. Non perdetevele, non tirate lungo con l’ansia di arrivare chissà dove. Una di quelle parole potrebbe innescare un pensiero, e come una farfalla che batte l’ala scatenare altrove una burrasca. Leggere è la via per quella burrasca, e le parole sono la vostra navicella.

Le prime cinquanta pagine di ogni romanzo ambizioso, che valga la pena leggere e poi rileggere, sono le più importanti. Entrati in quelle vi sarà difficile uscire dalla storia. Concedete all’autore di seguirlo in quelle prime pagine, con maggior attenzione, con quel pizzico di vuoto-intorno che oggi è negato a quasi ogni cosa che facciamo. Sarete autorizzati a maledirlo, se vi deluderà, ma non fatevi biasimare da lui per la vostra estraneità.

Potete leggere il libro come io l’ho scritto, dato che, come diceva Saramago: “Ogni buon romanzo è soprattutto una questione di montaggio“, e a volte seguire una sola delle voci narranti, perché un romanzo è una mappa, ma il lettore fa il suo viaggio, seguendo le sue suggestioni, con le sue soste, le sue accelerazioni.

Se posso permettermi un consiglio, leggetelo di mattina. O comunque non alla sera. Ci arriverete dopo aver letto centinaia di pagine sul computer o il telefono, i vostri occhi saranno stanchi, la mente ingarbugliata, e non vi godrete nulla. Al mattino, tra sogno e realtà, avrete ancora la possibilità di fingervi, cioè di sognare, cioè di sentire. I romanzi, soprattutto quando parlano di noi, al mattino sono tutti più belli.

Ora godetevi la storia, la sua magia, la speciale immersione nel suo mondo fatato. Per un antico paradosso letterario, se siete bravi, se l’autore sarà stato all’altezza, troverete lì dentro qualcosa di vostro. Magari proprio QUELLA cosa, che andate cercando da così tanto tempo… O la perderete, finalmente… A me sono capitate entrambe le cose, scrivendo.

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