Chi vince?

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Questo è un uomo che ha vinto. Guardate il suo sguardo…

“Che quel dipendente non avesse avviato una causa di lavoro, poteva anche andar bene. Ma che se ne gironzolasse gioviale per gli uffici e che la maggior parte dei dipendenti lo guardasse con simpatia o il sindacato addirittura lo osannasse, questo proprio non poteva tollerarlo.
Un uomo così non l’aveva mai visto. Che uomo è uno che non si cura del giudizio degli altri, che non teme la precarietà, che non si sente emarginato? Fosse capitato a lui, sarebbe stato sconvolto. Quel Gregorio invece, continuava a salutarlo con cortesia quando lo incontrava nei corridoi, o nel parcheggio. Sorrideva. Cosa c’era da sorridere, senza più la scrivania, senza una mansione definita, senza riconoscimenti? Era in bilico, ma non barcollava. Era appeso a un filo, ma non sembrava preoccupato…”.
 
Leggo le notizie del linciaggio del direttore delle risorse umane dell’AirFrance, e sorrido. Non è tanto la paradossale attualità del mio romanzo, a farmi pensare, quanto piuttosto la tipologia della lotta scelta dalle parti sociali. Chi rischia di più, chi viene più sconfitto, quel direttore con la camicia strappata che vediamo fuggire in televisione o Sebastiano Taramelli, il suo omologo nel romanzo? E chi vince di più, chi prevale, i dipendenti dell’AirFrance o Gregorio?
 
“Si ricordi. Se la lotta è per lo stipendio è una lotta destinata alla sconfitta. Se la lotta è per la felicità allora occorre lottare diversamente“. (brani da: “Un uomo temporaneo“, Frassinelli)
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