Ecco la Rotta 2024. Avanti.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante mappa e il seguente testo "Itaka Messolonghi akinthos Nauplio Aegina Andros Kalamata Spetses Pylos Paros Milos los EDITERRANEA 1"Eccola. poco meno di 1500 miglia a vela a girovagare, portando avanti progetti scientifici, culturali, e stando insieme a vivere. Qualcuno, un po’ involuto emotivamente, psicologicamente, relazionalmente, sottovaluta quest’ultimo aspetto: il laboratorio sociale che svolgiamo a bordo di Mediterranea. Non io, naturalmente. Considero questo una delle maggiori acquisizioni di Mediterranea, che da quasi dodici anni esiste nelle menti, nei cuori, nelle azioni di un mucchio di gente proprio per consentirci una esperienza di vita e di conoscenza di se stessi, degli altri, del nostro mondo. Conoscenza rotonda, quasi omnicomprensiva, che altrove è molto difficile praticare.

Costruire oasi per le nostre vite, dove sia possibile ogni sospensione del giudizio, ogni clichet, dove dunque i muri sia possibile ridurli di altezza, se non abbatterli, è forse la maggiore esperienza umana. Ad essa è collegato sia il sapere che il sentire. E questo, soprattutto oggi, mi pare straordinario.

Ecco perché si riparte ancora e ancora. Con enorme orgoglio.

Clicca Qui per la rotta.
E scrivi qui per avere informazioni: info@progettomediterranea.com

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Esce oggi “Chiedi alla polvere”. Stavolta non un libro, ma… un disco.

“Scrivere un verso, piantare un albero…” Si dice così, no? Il senso della vita sarebbe fare tre o quattro cosa. Chissà…
Per me, a dirla tutta, è esplorare ciò che amo. Vorrei fare un viaggio nel profondo del cuore di mia F, ad esempio. Sarebbe il viaggio più bello, ma so che non è possibile, e forse neppure giusto… Eppure io sono diventato così: non più particolarmente interessato a tutto… ma alla profondità di ciò che davvero amo, di ciò per cui sento identità e appartenenza.

Ecco perché ho provato enormi emozioni a scrivere musica. Perché è un passo oltre, una spedizione nuova, nel grande viaggio della creatività delle parole, del senso comunicabile, dell’evocazione. Io vivo di parole, eppure queste mi mancavano. Mi mancavano le parole accanto alle note. Mi mancava che scaturissero dalla musica pensata e sentita da un caro amico, Marcello Ferrero, ma fossero anche venute da me, dalle mie evocazioni, dalle immagini che affollano la mia testa, il mio cuore. Mi mancava poter proporre a Marcello una nota diversa, a Stefano Mattozzi un ritmo diverso, o accogliere una loro nota, un loro ritmo, e le loro parole…

Ma la scrittura musicale è così precisa. Lo spazio è angusto, la penna quasi non ci sta per dritta. È una caverna, una grotta, una canzone… ma poi scopri che dietro ha una finestra sul mondo. Entri come uno speleologo, e finisce che poi salti e puoi perfino volare. Quanti musicisti, quante frasi musicali, quanti testi ho amato fin da ragazzo nella musica. Oggi ascolto solo jazz africano, prima etiope ora arabo e mediorientale, ma quanto spazio ha avuto la musica nella mia vita: i Queen, i Genesis, i Pink Floyd, i Rush, fino ai Dave Matthews Band, passando per Paolo Conte e De André. E che emozione oggi, dopo tanta strada, comporre…

Insomma… Potrei raccontarvi per giorni. E magari nel tempo lo farò. Ma eccolo qui, il frutto di due anni di lavoro insieme a Marcello e Stefano, ma anche Emiliano, Lavinia, Barbara, tanti altri… e recentemente Gianluca (autore della clip).
Come fosse un film. Come fosse un libro. Come fosse, ed è, un pezzo di vita. Mio e nostro sopra ogni cosa.
Ladies and Gentleman, only for you, only tonight… Zone Franche e il loro primo album “Chiedi alla polvere“.

 

PS
Se ve lo volete comprare…. una sola canzone o tutto l’album, ecco qui dove farlo: Apple Music, Amazon Music.

 

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Dialoghi Mediterranei – Catania 10-11 febbraio ’24


A Catania torneremo il 10 e 11 febbraio 2024. Seconda edizione dei “Dialoghi Mediterranei“, appuntamento di tre mezze giornate per fare (non per “parlare di”…) filosofia.

L’atteggiamento base dell’uomo, quello ovvio, automatico: uscire di casa, guardarsi intorno (e dentro) e cercare di capire la realtà. Ma non la realtà in generale, non la vita nei suoi sistemi necessariamente massimi. La nostra realtà. La nostra vita.

L’anno scorso è stato avviato un pensiero, un ragionamento, una pratica. Quest’anno andremo a fondo, là dove è difficile arrivare.

I “Dialoghi Mediterranei” sono il mio modo di contribuire alla società. Sono il mio spazio, il mio tempo, la mia energia dedicate a chi vuole percorrere la via della comprensione e dell’identità, della consapevolezza e della vita.
Per questo sono uno spazio gratuito e volontario. Dove chiunque, da me in poi, viene per donare, prendere, offrire, portare via, prestare, stando alle leggi base della cultura mediterranea.
Che non sono quelle del denaro…

Vi aspetto.

(clicca sull’immagine, oppure QUI, per registrarti.)

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Un anno. Il primo

Buon compleanno alla Bandiera del Mediterraneo.
Un anno. Mica poco…
Uno è il primo passo di tutto. Anche delle grandi marce destinate a giungere chissà dove.
Oggi alle 18.30 ora italiana invitiamo tutto il Mediterraneo a issare la bandiera. A fare foto ma soprattutto video dell’atto di apporla, fissarla, issarla da qualche parte, dovunque.
Poi invitiamo tutti a pubblicare il video, le foto, etc… e a segnalarci tutto, così da consentire a Progetto Mediterranea di montare un video complessivo. Video e foto mandatele qui: fotovideo-mediterranea@googlegroups.com.

Io sono pronto.
Qui sull’isola saranno le 19.30, ora greca.
Alzeremo un bicchiere di vino vedendola lassù. Con grande gioia.
Una bandiera bella, nata dall’ingegno di tre ragazzi, votata da migliaia di persone desiderose di vederla sventolare. La Bandiera del Mediterraneo, che prima o dopo non sarà più solo un continente de facto, ma anche un Paese unito e reso ricco e consapevole dalle proprie preziose diversità.
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Generalmente d’inverno

quello che si dice una baia…


Oggi ho realizzato che tra un mese, più o meno, sarà tempo di rientrare. Sono partito dall’Italia il 4 marzo, con la sensazione di prendere l’ultimo traghetto prima del caos. Non avevo un programma di ritorno, almeno fino a giugno, perché dovevo navigare… Dunque vivo su quest’isola mediterranea da quasi sei mesi. Il tempo-non-tempo che si è mostrato eterno, poi è volato via. In Val di Vara, da ottobre, credo che cercherò tutto da capo. Farò come quei cani, che non staccano mai il naso da terra. Ciò che sparge e sfila nelle vene adesso, dovrò pur rintracciarlo. Impossibile raccontare ora.

L’irraccontabile, cioè l’invisibile, è il materiale di cui è fatta l’arte. La letteratura, la poesia, la scultura, l’immagine. Metterò tutto lì, quasi certamente. Sta facendo anche capolino un’idea. Meno di una visione fugace, al momento. Ma io so come fa, la riconosco. Il punto è se saprò ritrovarne i materiali costruttivi profondi.

Le mani, strumento della meditazione, sono servite come solo una volta prima di oggi; la schiena, che ha ceduto due volte soltanto, ma per il resto ha fatto ancora (e ancora…) inopinatamente il suo dovere, e messa così tanto alla corda…; gli occhi, saturi di colori, di luce, mi hanno nutrito ogni giorno. La mente è stata, invece, quasi sempre fuori controllo. Non ho saputo seguire il suo flusso. Di solito la uso, qui invece la inseguivo. Che movimenti inopinati, che filo astruso… Vagava. In balìa, quasi sempre. Ho anche cucinato in modo diverso dal solito, non ci ho capito quasi niente. Quando non andavo a memoria, mi perdevo. Ho sperimentato poco, tentato sapori e odori di qui ma senza capire bene tutto. L’anima ha goduto e sofferto come una prostituta liberata dal lenone, ha sperato, si è staccata più volte da me, poi s’è ricongiunta, commossa. Ha atteso. Ha trovato.
Chi è venuto qui mi ha donato molto. Qualcosa, spero, ho restituito.

Tutto il resto, se l’è preso il Mediterraneo.
Credo che sarà da lui che avrò le restituzioni maggiori. Mi pare anche di aver scoperto una sua caratteristica: saper prendere, per poi offrire. Il segreto della sua capacità conservativa sta tutto nella dilatazione. Il nostro tempo è limitato, è una stanza stretta. Il suo no: è un enorme altipiano, spazio-nel-tempo, dove alberga la nostra vita migliore. Poi, per i meno immemori, i più focalizzati sul sentiero, i non àscari esistenziali, sarà possibile una restituzione. Generalmente, d’inverno.

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Con le mie proprie mani

L’inizio
La conclusione (sotto il testo, potete vedere tutte le fasi intermedie)

La fortuna sta nel trovare l’argilla. Ma d’altro canto, qui, non ci sono capitato per caso. Dunque come la mettiamo, la fortuna esiste o te la devi andare a cercare? Io credo che fortuna è tutto quello che ti capita quando sei sul sentiero. Il tuo.

Certo, non era scontato trovarne una grande quantità. E neppure una bella catasta di mattoni refrattari fatti a mano. Chi è che voleva costruire un forno, decenni fa, proprio qui? E cosa glielo aveva impedito?
Quell’uomo, comunque, guardandosi intorno in questa terra sul mare, aveva detto un giorno: “qui ci starebbe bene un forno”. Pensare a una focaccia quando si guarda l’orizzonte azzurro è, credo, uno dei gesti più mediterranei di sempre.

Argilla e refrattari, dicevo. Potevo esimermi dopo quel ritrovamento? E così ho iniziato. Avevo mai costruito un forno? Sì, ma con i moduli di refrattario, e poi l’intorno (struttura, sarcofago, isolamento, bocca…). Insomma, fare una volta di mattoni… è un’altra cosa. E senza usare neanche un cucchiaio di cemento poi… E con una regola: non avrei guardato tutorial. Una regola antica, per me. Io voglio costruire il mio forno, non quello di un altro. Per dolermi io, essere orgoglioso io. Per mangiare (e vivere) io.

Fatto sta che sono partito. Impastare terra e acqua, sversarla e pareggiarla. Solo argilla. E sopra i mattoni, fatti a mano, seccati al sole, uno diverso dagli altri. E poi col regolo di legno al centro, un compasso rudimentale per misurare l’identica distanza orizzontale e obliqua di ogni mattone: primo cerchio, e mi pareva di aver già fatto tanto. Poi sopra un altro. Poi il terzo.
E una domanda tragica: quando la verticale di un mattone, a furia di salire con la volta, sarà più interna della base, crollerà?
Dubbi archetipici dell’homo faber.

Ma salendo, non è crollata. Col cuore in gola ho messo l’ultimo mattone, la chiave di volta della cupola. Mi sentivo Brunelleschi a Santa Maria del Fiore. Quel momento balza tra i quattro di maggior soddisfazione della mia vita. Tutto, solo, con argilla e mattoni. Fantastico.

Ma un forno non è solo archi e vettori. È soprattutto calore, da trattenere. E allora ho iniziato un sarcofago esterno, e ho inventato di una coibentazione a strati di tegole fatte a mano in terracotta (la vecchia copertura della casa) ripiene di argilla. Si rivelerà straordinaria. Del resto, non mettevo i fogli di giornale sotto al maglione, andando in motorino d’inverno? Il principio è lo stesso: strati sottili invece che un solo materiale spesso. L’uomo-sarago mantiene il calore con le squame.
Poi, con le tegole, ho fatto anche la canna fumaria. Non tanto per il fumo, qui è aperto, potrebbe uscire dalla bocca in fase di accensione, ma per riconvogliare il calore sulla volta. Ottimo espediente.

In inverno qui era già caldo, da fare il bagno. Avevo ben altro da fare, le opere essenziali della casa. E il forno l’ho iniziato a costruire a tempo perso, nelle pause in cui attendevo i materiali principali. Per questo ci ho messo tre mesi e mezzo. Ma è stato tempo prezioso: per studiare bene, ogni volta, una soluzione a ciascun problema. Senza consultare nessuno, senza studiare niente. Ma quante pizze ho mangiato in vita mia? Quante focacce, quanti arrosti ho preparato nel forno a legna? A nove anni mio padre mi piazzò davanti al forno a legna e mi spiegò. Con la pasta che lievita e le teglie di rame e stagno ci sono cresciuto. Per me una casa deve avere un forno a legna, fine della faccenda architettonica. Avevo dunque diritto a una mia opinione su un forno. Come quando costruii quella scala al Fienile: quante ne aveva scese e salite? Il resto, vada sempre come deve.

Lo stupore è stato accenderlo. Cucinarci. Scoprire che 24 ore dopo era ancora caldo a sufficienza per una lasagna con la pasta fillo, per dei peperoni. Mai visto un forno tenere il calore così. Molto bene, risparmierò legna grazie alle squame.

Jack London si esaltò tenendo bene una nave a vela, al timone, con mare grosso. “Ce l’ho fatta! L’ho fatto con le mie proprie mani!”. Si esaltava anche vincendo a nuoto o tirando di boxe. Collegava l’azione fisica, il gesto manuale, alla sua propria realizzazione. Diceva che avrebbe preferito prevalere in una gara a stile libero piuttosto che “scrivere il Grande Romanzo Americano”. Poi seppe fare anche quello. I superdotati o ti abbattono, o ti stimolano.
Però lo capisco. Provare, fare errori, ricominciare. Mani nella malta, fino al gomito. Bisogna essere zozzi di giorno, poi purificarsi con l’acqua al tramonto. Schiena a pezzi, perché la pala piena di terra pesa. Ma sperimentare, sempre, da soli porco demonio, da soli! Non applichiamo soltanto. Creiamo. Nell’epoca delle cover, bisogna stare molto attenti. L’App è utile, a volte. Ma può uccidere.

La fine della storia è che un giorno tiri fuori la farina, la mescoli con l’acqua come avevi fatto con l’argilla. La fai lievitare. Poi accendi, condisci, inforni. E dopo un certo tempo, tiri fuori una focaccia fatta bene.
Quel giorno non ci sarà tutto, ma c’è quanto di meglio si possa immaginare.
Quanto di meglio posso immaginare io.

Sopra alla gettata di argilla, il pianale di refrattari
I primi cerchi col compasso. Fin qui era facile
Qui cominciavo un po’ a tremare per l’inclinazione
Ma il cerchio era perfetto…
Qui, uomo di poca fede, avevo messo un riempitivo di terra in caso di crollo. Non è servito.
Chiuso! Mi pareva di aver finito…
L’ho guardato per giorni…
Esternamente, mattoni e cemento e pietra
La mia invenzione per la coibentazione: squame di terracotta riempite di argilla asciutta
Altro scary moment: la bocca… sempre refrattari e argilla
Mattoni finiti. Ne ho dovuto comprare trenta per chiudere il davanti. grrr
Con quattro tegole antiche, canna fumaria. Sempre ricoperta di argilla
Mattonelle di cocci di tegola. Ho visto che ci isolano lo Shuttle così.
E sopra tutto, ancora, ricoperto di 6-8 cm di argilla
Chiuso…. Reggerà il calore?
Finito!
l’Homo faber felix
Quattro accensioni minime, graduali, con calore crescente, in quattro giorni diversi. Poi, quella vera.
Dalla lamiera di un serbatoio ausiliario di caccia della II Guerra, ecco lo sportello. Con due cerniere di finestre adattate, il manico.
Tutto sotto lo sguardo austero (ma compiaciuto) dei Numi tutelari dell’Egeo
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Il vento soffia ancora

Eccola!!
Finalmente strappa nel vento!!
La Bandiera del Mediterraneo a Linea Blu.

Io commosso ed entusiasta. Questa bandiera sale su una bella barca con vela latina per la prima volta in televisione, per tutti, con Donatella Bianchi autentica madrina d’eccezione.

Un enorme senso di appartenenza, anche se non l’ho mai ancora avuta tra le mani. Il grande mondo, il Settimo continente, la grande casa mediterranea. Casa mia. Nostra.La prima bandiera che unisce e non separa, che non genera dogane, che non implica eserciti e predominio, ma che comincia a cucire a ogni curva del suo vento la trama di una lunga storia a venire. Una storia d’amore.Il Mediterraneo dal grande, immenso passato, ora più che mai lavora sul suo futuro.

Issiamola tutti, ragazzi, su un gommone, su una vela, nel giardino delle nostre case, sul mare o nell’entroterra. Che sia sempre a fianco della Croce di San Giorgio, del Leone di Venezia, della croce a otto punte di Amalfi, di quella di Pisa e delle centinaia, migliaia di altre bandiere del mare a ogni longitudine e latitudine.

Il 30 giugno 2020 è la data della sua proclamazione (e futuro annuale anniversario del Mediterraneo Unito prossimo venturo); oggi sventola in televisione per tutti; il 24 luglio a Imperia, in una cerimonia pubblica e ufficiale, si celebrerà la prima issata su Mediterranea. E poi verrà il resto.

Tutto questo è già scritto da sempre, prima che ne prendessimo coscienza, nei nostri cuori mediterranei. Ora dobbiamo viverlo.

Evviva!

Ecco la puntata di poco fa, subito, in avvio, dal minuto 2’13”: https://www.raiplay.it/video/2020/07/LineaBlu-Cilento-c68014d2-0694-485a-a175-8e55c98b0c6f.html

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Vota!

Tremila voti. Mille al giorno: Straordinario…

Vota la Bandiera del Mediterraneo.

La più votata la stamperò, la manderò ai capi di stato, ai vertici europei, alle autorità. Perché sentano il nostro mondo.
Che sta arrivando.

VOTA LA BANDIERA DEL MEDITERRANEO
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“Qui” (ultimo capitolo)

5.

Per divertirci, mi accorgo, non abbiamo ancora speso una moneta. Questo è un buon segno. Il “divertimento” a pagamento è un’invenzione di quel mondo, quello che ho lasciato. Divertimento è vivere, quando non è tragedia, quando una lama di sole riesce a sollevare il cuore. E vivere crea, non costa. Produce, costruisce, non devi spendere. Semmai rende.
Rende piantare i limoni, le querce, quelle che quando scavi pensi che non le vedrai poi così vecchie, ma sei ancora giovane abbastanza per il gesto della vanga, che frutta ora, dà subito in cambio: un po’ di fatica e un sorriso grato. “Che bello piantare alberi insieme”.
Rende pensare. Sempre. Rende progettare. Tu sai con certezza come saresti finito senza creare…

E allora forse una risposta c’è: qui, stiamo vivendo.
Selvaggia prova, vivere. Senza sconti. Qui ci giochiamo tutto. Io. Tra noi. E poi a salire: come anime, come comunità. Non giocarsi tutto dà gli effetti che ho visto in questi mesi, sui giornali, nei commenti… Meglio il mio spaesamento di uomo che trova con fatica, al disorientamento di chi neppure cerca. Qui paghiamo e pagheremo tutto, possiamo solo andare avanti. Forse ispirare. Chissà. Un uomo e una donna, poche prove e subito dal vivo, fiducia l’uno nell’altra (che follia, la fiducia. Commuove per quanto è assurda. Per quanto è bella), ecco, due così… possono comunque tentare.

Possono andare laggiù, in basso a destra per chi non sa dove sia il sud est, fate così con le dita, allargate lo schermo, altrimenti non trovate l’isola. Laggiù… a piantare una melanzana, che cresca bene, che dia buoni frutti; a costruire un patio sul mare, che faccia ombra alla mente bombardata; a erigere una cucina che sia adatta a cibare il cuore di uno solo o di tanta gente, che venga o non venga fin qui, perdonata sempre, capìta solo a volte; a fare un forno d’argilla, per la focaccia; a strappare energia dal sole, per questa tastiera; a recuperare l’acqua piovana, per la melanzana, per la cucina per la tastiera. A imparare l’antica lingua del Mediterraneo, che è fatta di greco e vento, e che parla, parla, parla, sconclusionata ma più chiara della lingua madre. Poche parole, quanto basta. Laggiù, qui, a macinare meraviglia con la pietra del tempo per una manciata di esistenza fina da far scorrere tra le dita, poi da impastare col senso… un giro d’emozione… un pizzico di paura. Sul fuoco caldo di una promessa, forse, verrà fuori gustosa. “Toglila, non farla bruciare”.


A noi, qui, pare tutto enorme. E anche quando ci sovrasta, tuttavia, cos’altro dovremmo fare? Dove dovremmo essere? A sperare che? Quelle notizie, fanno tremare solo me?
Ma lamentarci non ci si addice. Scavare, va bene per noi, uomini vanga, donne piccone. Erigere un muro di pietra, va bene: che sia lì a ricordarci la fatica del solido e del tempo. Costruire il nostro letto, l’unico modo per potersi riposare. Scommettere, con poche garanzie, investire energia, l’unica moneta che vale. E mantenere fiducia: che ci sia un modo, che esista un altro mondo, e che sia ancora libero, vivibile. Sei il mio antidoto alla vita.

 
Che qualcuno ci odi, se necessario, o ci ignori, se del caso. Lei non patisce di questo. È dura come l’ardesia, nata nell’intervallo tra due burrasche, sorta dalle acque nuda, candida, scintillante, labbra vuote dalla boccata di mare che per tutta l’esistenza affoga. Io invece ne soffro. Non sono così forte. Sono nato nell’onda, mi sono sollevato già ansante sulle quattro leve affondate nella sabbia, condannato a sputare per sopravvivere, a sentire nelle orecchie l’eco violenta del mare, per sempre. Io infatti vivo scrivendo. Lei vivendo.

E quando, se non adesso? E dove se non qui, nel centro del Mediterraneo? Gente di mare, siamo soltanto questo, e nei giorni migliori. E il buon mattino, come il vento alla vela, non càpita, si cerca. Si tenta.

Questo è: “Qui”. Una frontiera, il limite che giustifica se stesso. Il suo senso è l’oltrepassamento, né da dove vieni, né dove andrai, né chi sei, né come andrà a finire. Né, tanto meno, perché. E forse non è poco. Ma so da tempo come va: chi vuole capire immagina ogni cosa non detta, accennata, neppure compresa, non vista, o quando è niente, quando è tanto, quando è caos, quando non si riesce… Qui, comunque, facciamo così. Sarebbe impossibile andare avanti, altrimenti. Qui nessuno è felice, lasciamo ai poveri di spirito le battute su una vita che non esiste. Qui però è lottare. Con fierezza, con orgoglio. Perché sarebbe troppo arrendersi. 

“Smetti di scrivere… Guarda oggi che luce sul mare”.
Tutto qui.

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Una bandiera per il Mediterraneo

Inizia oggi. Anzi, è iniziata l’altro ieri.
E andrà avanti fino al 15 giugno.
Si intitola: “Una bandiera per il Mediterraneo“.
Non è un concorso, è molto di più. È l’invito, rivolto a tutti, a disegnare la bandiera del Mediterraneo, che non c’è.

E allora disegnatela, e aggiungete massimo dieci righe di “concept”, per spiegare perché quella forma, perché quei colori, quali valori esprime. Poi fatene un PDF (no altri format) e mandatelo a INFO@PROGETTOMEDITERRANEA.COM. Da oggi fino al 15 giugno. Poi faremo votare a tutto il mondo le migliori 4.
E il 30 giugno sapremo qual è la prescelta.

Quella sarà la nostra bandiera. La manderemo a capi di stato, ai vertici dell’UE, a chiunque. E soprattutto, con immenso orgoglio e grande gioia, la isseremo.

Solo il Mediterraneo, che ha già visto la tragedia che deriva dall’uso improprio delle bandiere, può inventare LA PRIMA BANDIERA CHE NON SEPARI, che non contrapponga, che non renda ostili.
Oggi dunque non stiamo solo creando una bandiera che non c’è, ma disegnando UNA BANDIERA CHE NON C’È MAI STATA PRIMA.
Occorre che il Mediterraneo issi e faccia garrire LA PRIMA BANDIERA IN GRADO DI INCLUDERE E AGGREGARE. Una bandiera per cui sia bello vivere, non morire. Una bandiera che non inciti al confine, alla secessione e alla guerra, ma all’accoglienza, all’integrazione, alla pace, alla coesistenza delle diversità che arricchiscono.

Sarà la bandiera dei futuri “Stati Uniti del Mediterraneo”, che andranno dal Mar Nero all’Atlantico portoghese, dal Golfo di Aqaba al Mar Ligure, dal Mar di Marmara al Golfo della Sirte.

Dunque partecipate. Disegniamo la nostra bandiera.
Leggete la scheda che segue qui sotto.

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BRIEFING E SCHEDA PER PARTECIPARE ALL’INIZIATIVA
“UNA BANDIERA PER IL MEDITERRANEO”:

IDEA E SIGNIFICATO:
L’area del Mediterraneo è un sub continente, qualcuno lo ha definito il “Sesto Continente”. Certo, ha il maggior tasso di diversità concentrato in una sola zona, ampia ma definita. Secondo Ferdinand Braudel, il Mediterraneo inizia con i primi ulivi e termina a sud dopo la fine delle palme, con la zona desertica. Una definizione suggestiva, e forse vera. Il Mediterraneo, composto da 30 paesi (includendovi la Giordania, che si affaccia sul Golfo di Aqaba, e il Portogallo sull’Atlantico, oltre a tutti i paesi del Mar Nero), e da tre continenti (Asia, Europa, Africa) coinvolge da millenni le sorti individuali e collettive di uno straordinario numero di persone, che solo nei paesi del Mar Mediterraneo propriamente detto ammonta a oltre 350 milioni di persone. Si incontrano in questa porzione di mondo, da sempre, culti religiosi, popoli, visioni del mondo. Qui è nata la gran parte del sapere come disciplina di ricerca e di applicazione primigenia. Qui sono nate le religioni, le filosofie dell’esistenza.

Eppure, nonostante una storia così lunga, consuetudini così radicate e comuni, il Mediterraneo è stato teatro di grandi divisioni, alcune fisiologiche e storiche, altre volute da interessi disgregatori, che ancora operano. Mentre alla salute dell’Europa cooperano ogni giorno milioni di persone in infinite sedi, economiche, politiche, istituzionali, alla frammentazione del Mediterraneo lavorano altrettanti soggetti, Stati, interessi economici e strategici. Eppure, come scrive Tahar Ben Jelloun, nel Mediterraneo “ogni mattina la vita prevale e trionfa”. Esiste un’identità mediterranea possibile, condivisa, capace di definire e rappresentare la nostre infinite diversità e le molteplici assonanze? Ed esiste un modello di sviluppo sociale, economico, di relazione, su cui costruire le basi per unione, cooperazione e pace?
La scommessa è che il Mediterraneo possa individuare tutto questo al suo interno, grazie all’avanzamento di un comune ragionamento di dialogo, comprensione, comunicazione. Unione!

Ma può un popolo non avere un simbolo di ciò che, a tendere, potrebbe manifestarsi? Una possibile futura unione, gli Stati Uniti del Mediterraneo, ha bisogno di una bandiera.
Una bandiera non certo da sventolare in battaglia, o che escluda. Le bandiere sono pericolose quando vengono issate da chi non abbia rispetto della diversità. Una bandiera invece per unire, per rappresentare un percorso comune, per far sentire tutti noi cittadini del nostro mondo, un mondo antico ma nuovo ed aperto. Oggi, isseremo una bandiera col cuore; domani con la ragione, i diritti, le leggi.

Per questo, invitiamo chiunque abbia a cuore il proprio mondo, a disegnare una bandiera. Come quando eravamo bambini. Una bandiera che possa rappresentare tutti i Paesi e gli uomini e le tipologie e gli orientamenti del Mediterraneo. E accanto alla bandiera, invitiamo tutti a scrivere un massimo di dieci righe per spiegarne il concetto, il senso, le motivazioni dei colori, delle forme, delle immagini, delle geometrie scelte per questa bandiera. Nessuna bandiera senza accanto questo concept potrà essere ammessa all’iniziativa.

A partire da oggi, le proposte (disegno+concept) potranno essere inviate a info@progettomediterranea.com. Fino al 15 giugno alla mezzanotte.
Le 4 bandiere/concept più interessanti tra le tante che perverranno a Progetto Mediterranea verranno mostrate e comunicate, sui media off/on line, sui social network,
dovunque, per poter essere votate dai concittadini mediterranei. Il 30 giugno la più apprezzata diventerà la prima Bandiera del Mediterraneo.

Quella bandiera verrà inviata a istituzioni, soggetti aggregativi, politica, mondo del mare, istituti di cultura… con l’invito a
issarla con gioia ed orgoglio. Quella bandiera, per ragioni forse inevitabili del Pianeta, della grande Storia, dell’attualità, sarà carica di significati e di prospettive, oltre che di
memoria e ricchezza, più di qualunque altra.

AREA GEOGRAFICA DEL MEDITERRANEO:
Quando parliamo di Mediterraneo come sub continente, intendiamo un’area molto vasta, ad oggi rappresentata da questi Paesi:
Grecia, Albania, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Croazia, Slovenia, Italia, Turchia, Georgia, Federazione Russa, Ucraina, Romania, Bulgaria, Siria, Libano, Israele, Stato della Palestina, Egitto, Giordania, Cipro, Malta, Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, Gibilterra, Portogallo, Spagna, Francia, Principato di Monaco.

A CHI È RIVOLTA L’INIZIATIVA:
tutti possono partecipare. Non ci sono limiti di età.

COME SI PARTECIPA:
disegnando una bandiera a colori, corredandola di un testo (max 10 righe) a spiegazione delle scelte cromatiche e di design collegate ai valori che esprimono, salvando tutto in un file PDF e inviandolo a questo indirizzo: info@progettomediterranea.com

QUANDO:
dal 2 maggio al 15 giugno 2020. Dalle 00:00 alle 24:00.

Le candidature verranno analizzate da una commissione di cittadini del Mediterraneo che voterà le 4 proposte più convincenti. Queste verranno messe online e soggette a una pubblica votazione su social network e sui media.

L’autrice o l’autore della bandiera più votata sarà invitata/o a bordo dell’imbarcazione Mediterranea per presenziare alla cerimonia di issata della bandiera.

#progettomediterranea
#mediterranea
#mediterraneo
#unabandieraperilmediterraneo

MediaPartner: Bolina, La Stampa, Linea Blu di Rai1

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