Ecco la Rotta 2024. Avanti.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante mappa e il seguente testo "Itaka Messolonghi akinthos Nauplio Aegina Andros Kalamata Spetses Pylos Paros Milos los EDITERRANEA 1"Eccola. poco meno di 1500 miglia a vela a girovagare, portando avanti progetti scientifici, culturali, e stando insieme a vivere. Qualcuno, un po’ involuto emotivamente, psicologicamente, relazionalmente, sottovaluta quest’ultimo aspetto: il laboratorio sociale che svolgiamo a bordo di Mediterranea. Non io, naturalmente. Considero questo una delle maggiori acquisizioni di Mediterranea, che da quasi dodici anni esiste nelle menti, nei cuori, nelle azioni di un mucchio di gente proprio per consentirci una esperienza di vita e di conoscenza di se stessi, degli altri, del nostro mondo. Conoscenza rotonda, quasi omnicomprensiva, che altrove è molto difficile praticare.

Costruire oasi per le nostre vite, dove sia possibile ogni sospensione del giudizio, ogni clichet, dove dunque i muri sia possibile ridurli di altezza, se non abbatterli, è forse la maggiore esperienza umana. Ad essa è collegato sia il sapere che il sentire. E questo, soprattutto oggi, mi pare straordinario.

Ecco perché si riparte ancora e ancora. Con enorme orgoglio.

Clicca Qui per la rotta.
E scrivi qui per avere informazioni: info@progettomediterranea.com

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Podcast “Dialoghi Mediterranei” – Quarta (e ultima) puntata

 

“L’unica cosa che vale di un “NO” è l’essere l’inizio di un’immaginazione”.

Quarta e ultima puntata del mio podcast “Dialoghi Mediterranei”. Stavolta, dalla busta delle lettere dell’alfabeto (pescate a caso e senza conoscere a quali parole erano collegate) escono la M di Mediterraneo, la N di “No!”, la G di Guida, e poi W di Web, K di Kronos, J di Jung…

Ultime parole-chiave prima di vederci a Catania, tra pochi giorni, il 10-11 febbraio, per la seconda edizione dei nostri dialoghi filosofici. Ascoltate, fate crescere i significati dentro di voi. Lasciate che le parole prendano il sopravvento.

“Se un giorno fosse arrivato un marziano e avesse chiesto ‘come avete reagito, cosa avete pensato, avrete immaginato certamente come venirne fuori..’. Ecco, il non aver avuto una risposta per quel marziano, sarebbe stato tragico”.

Buon ascolto.

 


(Podcast realizzato da Valter Carasso e Carla De Meo al “Fienile dell’Anima“)

(I frammenti musicali dell’intero podcast sono tratti dal mio (nostro…) primo album, in uscita il 2 marzo. Zone Franche con Marcello Ferrero e Stefano Mattozzi)
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Podcast “Dialoghi Mediterranei – Simone Perotti dalla A alla Z”. Seconda puntata.

 

“In questa epoca le forze dell’oscurità stanno prendendo il sopravvento…”
“Un uomo non muore quando finisce il suo corpo. Muore quando il suo cuore e la sua mente non sono più in grado di immaginare quello che non c’è”
“L’umanesimo immaginava. Se noi non lo facciamo più siamo in un’epoca di grande decadenza. Questo preoccupa molto di più di una terza guerra mondiale”.

———————-

Seconda puntata del Podcast “Dialoghi Mediterranei – Simone Perotti dalla A alla Z“. Proseguo a estrarre lettere dalla busta di Valter Carasso e Carla De Meo e a tentare di cercare significati alle parole collegate. Oggi escono la Z di zavorra, la T di thanatos, la F di finanze, la L di legami, la D di dubbio, la B di bordi…
Secondo passo per chi si sta preparando ai “Dialoghi Mediterranei – Seconda Edizione” il nostro incontro di Catania del 10 e 11 febbraio (https://www.simoneperotti.com/…/dialoghi-mediterranei…/).

Buon ascolto (anche dei brevi frammenti musicali tratti dal disco “Chiedi alla polvere” di “Zone Franche“, inseriti nel dialogo).

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Per rotta. Il mio augurio per il 2024

Per rotta. Solo questo posso augurarmi, per me, per voi… Di seguire ad avanzare per rotta. Perché una rotta c’è, e lo sappiamo abbastanza bene tutti. Anche i più riottosi, quelli che negano, che vogliono farsi andare bene quello che c’è, com’è, com’è sempre stato. La rotta si sente nel cuore. Ognuno sa esattamente quali sono i suoi “Momenti Buoni”, sa come poterli avvicinare, se non vivere, quanto costerebbe perseguirli, qual è la moneta di scambio col destino.

E allora, nell’ennesimo ultimo giorno dell’anno, non c’è che da augurarsi di accostare con la prua quanto basta, e ritrovarsi giusti di rotta, cioè nella direzione che in fondo al cuore conosciamo bene, che terrorizza quasi tutti quelli che non ci vanno, e fa da balsamo agli altri.

Quel posto c’è. Quella condizione esiste. Quella vita si può fare, e molte altre perfino sconosciute. E oggi è ancora “in tempo”, prima delle grandi tristezze, prima delle malinconie definitive e senza rimedio. Prima che arrivi il giorno “fuori tempo massimo”, quello in cui ciò che non può più essere sarà così salato da pagare da rendere inestimabile ciò che oggi sembra troppo difficile da tentare. Un uomo, una donna, si definiscono forse proprio qui, in questo intervallo di senso e tempo.

Cercheremo di non far mancare l’ascolto, e neppure le parole. Per quel che servono, per quel che possono. Anche se non è fuori, non è “da qualcuno”, che quelle parole e quell’ascolto potranno arrivare a ognuno. Anche, ma non solo. Le parole sono le orecchie che le colgono, non le bocche che le dicono. E quelle orecchie, fatalmente, non possono che essere le nostre.

Saliamo su un albero, quest’anno; seminiamo una pianta; attendiamo la luce buona in silenzio; viviamo nascosti; restiamo soli, ma aperti a un incontro inaspettato (proprio perché soli…). Duri fino all’impermeabilità, ma teneri quanto serve per sperare.

Il gioco di questi anni non è semplice. Non viene incontro, non rassicura nessuno. Almeno, se è il gioco vero. E allora restiamo accanto. Non ci allontaniamo troppo. Così che un richiamo, una voce inattesa, dal centro del bosco, quando ci parrà che tutto sia finito, possano invece farci accennare un sorriso. E una risposta compiaciuta.

“Ci sono un mucchio di cose da fare. Basterebbe vivere, a segare il tempo”

#Dialoghimediterranei

#zonafranca

(La citazione finale è tratta da una canzone dell’album “Chiedi Alla Polvere“, primo disco del gruppo musicale “Zona Franca“. In uscita quest’anno)

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Mediterranea su RAI 3 e RaiNews24

Una barca insolita, l’ha definita Roberto Alajmo nel suo TG Mediterraneo, su RAI 3, ieri l’altro.
Insolita… Che curiosa definizione. Non solita. Non la solita barca. Non le solite persone. Dunque, per estensione del concetto: diversi.

Nell’epoca dell’omologazione, “diversità” è una parola che si spoglia di tutto il suo alone “anomalo” (non inseribile nel “nomos”, cioè nella regola) e si veste di qualcosa di proprio. Magari sono solo quattro stracci, una camicia strappata, un paio di braghette tutte lise, però sono i propri abiti. Qualcosa capace di identificare.
Non cosa di poco conto…

A ogni modo, ecco il servizio su Mediterranea.
Buona visione

 

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La “Bandiera per il Mediterraneo” su Rai1 – Linea Blu

In collegamento dall’Ultima Thule per lanciare l’iniziativa.
Il Mediterraneo non ha una bandiera. E allora disegniamola. Una bandiera per unire le diversità. Le bandiere sono belle, ma a volte sono pericolose. Disegniamone allora una in cui riconoscere la propria identità, capace di accogliere e dialogare, per cui valga sempre la pena di vivere, mai di morire.

Qui il servizio su Rai 1 dal minuto 20’15”:
https://www.raiplay.it/video/2020/05/lineablu—ritorno-al-mare-2b863e39-4451-49dd-8a0b-29405bffd280.html

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Ultimo anno. Lisbona-Genova

Ecco la #Rotta2019 di MEDITERRANEA.
Per venire a bordo e avere tutte le informazioni, scrivete all’indirizzo: info@progettomediterranea.com

Inizia l’ultimo anno di navigazione a vela della spedizione nautica, culturale e scientifica “Progetto Mediterranea” che si concluderà a Genova il 12 ottobre 2019.

Per me una grande emozione.
Questa spedizione è salpata sei anni fa, nel 2013, poi ufficialmente nel 2014 dopo i Balcani e il Golfo di Venezia. Ho faticato tanto a tenere duro nei momenti difficili, e grazie a Francesca Piro e ai compagni di viaggio “Mediterranei” e agli “Amici di Mediterranea”, siamo arrivati fin qui. Grande avventura. Vivere, nel senso più completo e ricco del termine. Il mio “liberi di”.

Tra giugno e ottobre navigherò da Lisbona lungo una rotta che riporterà Mediterranea definitivamente in Italia. Le tappe principali sono quelle indicate sulla mappa e lì si svolgeranno i cambi dell’equipaggio, mentre durante la navigazione ci saranno soste in baie e in eventuali piccoli porti intermedi. Navigherò da #Lisbona lungo il #Portogallo, tornerò nella bella Lagos, per fare poi una breve puntata in #Spagna, in una città che ho amato tanto, Cadice, e traversare da lì sulla costa marocchina. Approderemo a #Tangeri, per proseguire poi per #Melilla; da lì, con una lunga traversata – verosimilmente senza soste intermedie perché la nostra diplomazia ci ha messo in guardia sull’Algeria, vedremo… – raggiungeremo #Tabarka, le Isole de La Galite, #Bizerte, e quindi la #Tunisia. Ai primi di agosto, torneremo in Italia passando dalle Egadi, da #Trapani e quindi la costa nord della #Sicilia, senza mancare Palermo e le Eolie. Proseguiremo poi verso la #Calabria, per iniziare la risalita verso nord, con soste nelle principali città costiere, nelle isole pontine e nell’arcipelago toscano e naturalmente a #LaSpezia. L’arrivo è previsto a #Genova il 12 ottobre. Avremo percorso a quel punto poco meno di ventimila miglia in sei anni per tutto il Mediterraneo, tranne alcune località dove la guerra ci ha impedito di andare.

Chi vuole venire con noi è il benvenuto, anche solo per una settimana. Basta che scriviate all’email: info@progettomediterranea.com.

La rotta 2019
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Quelle mani

Esce oggi, in Germania, e in tutti i paesi germanofoni. Lo pubblica Wagenbach, un grande editore.

La mano di una donna di Dusseldorf lo appoggerà su un tavolo bianco, in una cucina che sa di verza stufata resa agra dall’aceto, dandogli appuntamento a presto, speranzosa di ritrovarlo al proprio ritorno dall’ufficio; quella di un trentenne di Colonia che indossa una cravatta alla moda e torna ora da un viaggio d’affari faticoso lo afferrerà per concedersi qualche momento di sogno, seduto su un divano, immaginando se stesso a bordo di una barca a vela nella prossima, lontanissima estate; le dita di un’anziana signora di Brema ne accarezzeranno la copertina senza neppure aprirlo, ancora, e seguiranno la linea del confine tra l’isola di Milos e il mare, che lì è sbiadito ma che lei ricorda benissimo azzurro intenso, in gioventù, colorato dalla sua voglia e dalla memoria di quegli anni; le mani di Klaus, un berlinese di circa cinquant’anni, ne soppeseranno la mole in una luminosa libreria non lontana da Potsdamer Platz, aprendolo, sfogliandolo, cercando di capire se possa essere più affascinante o più pericoloso, leggerlo, dato il momento delicato della sua vita….

Quelle mani, bianche per il poco sole, quelle anime di ragazzi, donne, giovani o anziani tedeschi o austriaci o svizzeri, affascinati dal Sud, dalla parola “Mediterraneo“, dai ricordi e dalle suggestioni di un’appartenenza sempre difficile, sempre controversa e incomprensibile, correranno tra le pagine fino in fondo al libro, o digitando su uno smartphone, alla ricerca dell’autore, a caccia di un dettaglio sull’uomo che le ha scritte. Spereranno, come sempre sperano le mani di un lettore, di individuare un buon motivo per non comprare quel libro, di cui avvertono il rischio, la cui energia potrebbe generare sconquassi, o di una valida ragione per comprare parole di cui hanno già intuito la luce.

Poi, come le mani e le anime di qualunque donna o uomo italiano o di qualunque altro luogo del mondo, con un gesto impulsivo lo porteranno alla cassa, o lo poseranno sullo scaffale dove lo hanno preso. Come chiunque, in quel bivio tra un essere umano e un libro, sceglieranno senza commettere alcun errore.
Avverrà così, per l’ennesima volta, anche a Stoccarda, a Colonia, a Norimberga, o forse a Vienna, a Zurigo… l’antico miracolo mancato o colto del contatto e del riconoscimento: si leggono sempre, soltanto, le storie che abbiamo già scritto dentro di noi. In case così diverse da quelle dove è stato generato, a latitudini distanti decine di gradi da dove la vita lo ha suscitato, un libro troverà spazio su un tavolo, o su un comodino, su un divano o su una mensola, come se lì fosse nato, e verrà dimenticato o letto, riletto, rivenduto, sfogliato da soli o in compagnia, mostrato, occultato, scarabocchiato, sottolineato, portato con sé in un viaggio, o regalato, prestato… Forse, verrà dimenticato, il triste destino di molti libri, magari in una stanza d’albergo, o durante un viaggio. Su un’isola…

Le parole, emerse senza spiegazione nel turbine del sentimento e dell’alchimia di un giorno e di un luogo lontanissimo, e poi circolate ora in un altrove senza limite, in ogni caso, resteranno. Viaggeranno. Produrranno come sempre un istante di vibrazione, un millimetro di spostamento. E tutto, ancora una volta, si sarà compiuto.

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Sta finendo qui

ma qui dov’è…?

Una settimana dura. Questioni personali. Lo vedete, non sto scrivendo, né qui né altrove. Dunque dovrò rivedere quello che sto dicendo e pensando, a mente fredda. Ma scrivere, comunicare, farlo professionalmente, a volte perfino come fosse una “missione”, non è come tenere un diario personale. Implica una certa quota di sacrificio e di impegno. Per questo, eccomi qui, ci provo, anche macinando sassi.

Sono a Gibilterra. Un limite, una porta. Qui Vandali, Ostrogoti, poi arabi per 650 anni (!), poi spagnoli (che fecero la “Reconquista” di qualcosa che non era mai stato loro), francesi, inglesi, e ora ogni altra cosa. E Genovesi, che dal ‎XVI secolo ai primi del Settecento erano quasi la metà della popolazione. Commercianti, naturalmente, ma anche pescatori d’alto mare. Nel 1753 i genovesi erano il gruppo più grande della popolazione civile di Gibilterra. Fino al 1830 l’italiano fu usato tra le lingue ufficiali. Oggi i cognomi liguri restano il 20% del totale.

Qui la lingua ufficiale è l’inglese, ma i gibilterrini usano il Llanito (pronuncia “Yanito”), un miscuglio di dialetti andalusi e inglese con molte influenze liguri. L’arabo è parlato dal 7% degli abitanti. Insomma, un bel miscuglio. Molto “mediterraneo”, se si vuole. Non è un caso che nel mio grande viaggio io sia venuto qui, non è solo un transito obbligato per Lisbona.

Eppure, in questo momento, sono nel New England, o in qualche porto a fiordo inglese. Lo potete vedere bene dalla foto. Il clima qui è umido come una colonia britannica, ma senza il sole dei tropici, semmai le nebbie del Sussex. La “consistenza fiscale” di questa comunità richiama valori e principi del tutto anglosassoni. Denaro. Marchi di griffe importanti. Grattacieli. Tabacco e alcolici free tax. TV che mandano incessanti le partite del Liverpool. Eccessi serali di gente troppo dedita a sballarsi bevendo e urlando. Un ubriaco, ieri sera, che tentava di raggiungere la sua barca, barcollando (appunto…) sul molo.

E allora un pensiero (che mi pare già tanto riuscire a formulare in questi giorni): il meticciato non è tutto uguale. Non è come il bianco, che viene sempre a galla ruotando un disco di mille colori. C’è contaminazione e contaminazione. Come per la cucina: ingredienti diversi, diverso cibo. Il meticciato, suppongo, resta sempre una risorsa, ma può essere adatto di più o di meno a te che lo frequenti. Non è un caso che io abbia avuto sempre la tendenza ad andare a est e a sud. Qui siamo a ovest. E sento che “il mio mondo” sta finendo qui. Vedremo. Domani, Cadice.
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L’inevitabile

La cosa migliore di andare (navigare, ma non solo) è che le cose della tua vita avvengono. Hai immaginato, hai temuto, ma poi tutto si è compiuto come deve.

Se salpare sarà stato altro da ciò che ti raccontavi, i Lestrigoni certamente ti ghermiranno, i Ciclopi faranno strazio della tua immaginazione sotto i grandi macigni dell’abbandono. Le sirene, soprattutto, quelle che ti sorridono ma hanno sguardo di fiera, t’inviteranno con successo a deviare.

Se invece salpando sarai nel tuo (proprio-dove-dovevi-essere), le cose avverranno com’è naturale e adeguato che avvengano. Ai Lestrigoni resteranno solo brandelli della tua camicia, alle sirene solo l’odore del tuo corpo. Destinato a procedere per rotta, sarai sempre lontano dalle insidie dei Ciclopi.

In entrambi i casi, accadrà l’inevitabile: la linea correrà, correrà, disegnando una matassa apparentemente casuale e inestricabile, oppure non procederà, e rimarrà solo un punto sul posto, all’inizio del foglio.
Groviglio e punto, belli o inquietanti che siano, sono il disegno particolareggiato del tuo volto.

Riguardandolo, potresti non riconoscerti, ma sei tu che ti sbagli: quel segno minuto o folle sei proprio tu. Tu al di là di ogni illusione, di ogni presunzione, di ogni supposizione. Di ogni inconsapevolezza. Di ogni infingimento.

(nel video, la rotta di Mediterranea 2013-2019)

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