Claustrodinamici

la barca, appunto…

Rientrato in Italia. Cipro, poi un’isola greca, a manutenere una barca (non una qualsiasi) e a immaginare una vita (qui non saprei se straordinaria o qualsiasi… certamente, la mia.). In entrambi i casi, nel mio Mediterraneo, che vissuto d’inverno è sempre struggentemente affascinante (come faccio a spiegare cos’è vivere nel Mediterraneo non in vacanza, non quando è peggiore…?). Anche per ragionare tra stare e muovermi. Mi sono sempre mosso molto in vita mia, per piacere, per lavoro, per tutto. Per entrare bene dentro occorre stare, fermarsi, generare immobilità e permanenza. Ma anche il contrario. Non ho mai compreso gli ipercinetici, come non ho mai compreso gli iperstatici. Chi nasce vive e muore nello stesso posto lo guardo come un animale esotico, di cui non comprendo il senso. Ma faccio lo stesso con chi non fa che ronzare, muoversi, e mi verrebbe da dire: fuggire.

Dove sia il punto d’eccesso, dove una cosa buona diventi estremo, non l’ho ancora capito. “Fingersi” un altro spostandosi altrove è affascinante. Consente di ricominciare. “Far finta” di non vedere gli altrove è claustrofobico, avvilente, eppure c’è una vena di spiritualità nell’immobilità, almeno se si è in grado di non essere “soltanto lì”, dunque anche altrove, pur senza muovere un passo. Ho a lungo ragionato su questo aspetto quando ricostruivo la vita del Rais. E l’ho risolta come sa chi ha letto il romanzo.

Ricordo di essermi spesso mosso compulsivamente, in passato. Mi pagavano anche per essere altrove di frequente, spostando inutilmente gli atomi del mio corpo, ma senza che l’anima seguisse il ciclo. Ora non avviene più. Per qualche insondabile evoluzione i bite dell’anima e gli atomi del corpo si muovono insieme. Forse è per questo che oggi mi chiedo qualcosa sul movimento e la stasi. Disarticolarsi tra mente e cuore non è esattamene muoversi. Smembrare l’anima dal fisico non coincide con “ricominciare“, semmai sembra “sospendere“. Interessante quesito, anche perché a febbraio mi muoverò parecchio. Ho già messo il mio cuore nello zaino. Non vorrei dimenticarmene. Mi servirà

(già che ci siamo, se volete, votate RAIS come libro del mese di Fahrenheit inviando un’email (entro le 16 di domani 7 febbraio) col titolo “Rais” a fahre@rai.it)

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