Bisogno di risonanze

(Grazie a una domanda di Fulvio [a cui ho risposto nei commenti di uno o due post indietro] sul perché di certi miei articoli scritti in modo lirico, ecco qualcosa per tutti sulla mia visione della comunicazione in questo sito. Grazie Fulvio)

Ciò che a me preme, qui, è raccontare una storia, la nostra di uomini e donne in cambiamento, delle nostre vite sensibili. Storia articolata, cangiante, meticcia, controversa, spezzata, a volte inafferrabile. Dunque un sentiero che cambia di continuo, e impone la frequente sostituzione del tipo di auto per percorrerlo. I miei romanzi sono diversi uno dall’altro, per la stessa ragione. Mi chiedo come facciano molti miei colleghi a scrivere sempre lo stesso.

La lingua, il ritmo, lo stile, le parole, la sintassi, la prosodia, la retorica, e tutti i numerosi altri strumenti della scrittura narrativa, descrittiva, poetica, che studio e affino da una vita, sono gli attrezzi della grande avventura della scrittura, e vanno usati a ragion veduta, con cognizione di senso. Ma senza mai piegarli a nulla che non sia la precisione, lo scavo, la capacità di incidere, andare giù profondi.

Se a volte la mia scrittura si liricizza, se dunque a volte il legame tra quelle immagini non lo faccio io con la sintassi e l’organizzazione del discorso ma deve farlo il lettore con l’immaginazione e la musica che sa rintracciare tra le mie parole, ma dentro di sé, lo si deve al terreno su cui mi spingo. Io non faccio nulla per rendere facile qualcosa, ma faccio di tutto per renderlo possibile. Il che implica necessariamente la relazione, la partecipazione di chi legge. Se quello che scrivo non risuona dentro di lui/lei, la comunicazione è fallita. Dal canto mio sacrificherò sempre l’attenzione di molti alla comprensione di uno. Il che è l’opposto delle regole “social“. Avrete notato che chi qui cercava solo “Adesso basta“, ce lo siamo perso per strada. Non era interessato alla sua vita, tantomeno alla nostra. Voleva la pillola, ma qui non si spaccia Viagra.

La descrizione (soggetto, predicato, complemento) non è dunque sempre il miglior media possibile. Descrivere l’indescrivibile non si fa con le descrizioni. So bene cosa dovrei fare per evitare imbarazzi e aumentare i “follower”: video di trenta secondi; brani di trecento caratteri; foto e cartelli da poter condividere, e molte altre cosette. Cioè, parafrasando la nota battuta di un grande film: “scrivere quello che l’italiano medio può leggere e comprendere nel tempo di una cacata media” (Lawrence Kasdan).

La forma contemporanea più grave e dannosa della comunicazione è questo tragico surf, questo galleggiamento perenne da un video a un altro, da una citazione di qualche santone a un articolo di giornale non confermato. Tramite questi frammenti di un discorso evanescente e mai compiuto, le persone si drogano, si anestetizzano. Se mai v’è stato uno strumento di potere morbido, perfino piacevole con cui si fa di tutto per governare menti e coscienze, vendere prodotti e politica, cloroformizzare il pensiero unico depotenziando l’azione, beh quello è internet

Io questo, come si sarà compreso, voglio evitarlo. A me interessa scavare nella comprensione per cercare e comunicare ciò che vedo laggiù. Che poi, senza tanti giri di parole, è quello che unica sa fare l’arte, da sempre.

Share Button